IL SOGNO E’ POESIA

Io ti dirò,

ti dirò qualcosa,

ti dirò qualcosa d’importante,

d’interessante,

non ti dirò che mi piaci,

né che questa notte diventa poesia perché ci sei tu,

non ti chiederò i baci che ti ho dato

e che ancora non mi hai restituito,

non mi lascerò andare alla melissa nostalgia

in questo tragico frangente del mondo intero,

non ti lascerò un fiore sul cuscino o una lacrima sul viso,

come da copione nei romanzi di Liala,

come da rituale nelle canzoni di Nilla e Bobby,

non ti chiederò perché da me sei andata via

dopo che ti ho aiutata a vincere la balbuzie e la pollachiuria,

non ti dirò dei grandi sacerdoti crudeli

che ancora uccidono in nome del deus ex machina

e stuprano in nome della disonesta castità ideologica,

non parlerò della colorata madonna di gesso

che ci onora a tavola con i cibi prelibati della tradizione,

io ti dirò,

io ti dirò soltanto che il sogno è poesia,

la tua poesia bella, buona e brava

come la Gianna dagli occhi blu,

quella di cui sono follemente innamorato,

come la pubblicità dei biscotti alla nutella,

come la disposizione a delinquere dei colletti bianchi,

come le tangenti e i pizzini dei mafiosi introvabili,

io ti griderò buongiorno,

poi canterò buongiorno a questo giorno

che ti vede senza di me,

buongiorno al latte e al caffè,

buongiorno a chi dorme sorniona e libertina

con le braccia conserte fuori dalle coperte

in questa giornata di sole antico e futurista

come il vino e il pane degli emirati e dei reami,

come il pane e il vino di Marcellino e di fra Pappina,

io ti griderò di stare attenta,

attenta alla botte di piombo che ti libera

quando agiti le mani tendenziose

per salutarmi alla stazione di Conegliano,

mentre slacci le culotte in pizzo e cotone nell’albergo a ore,

mentre io indosso appena uno slippino in microfibra

che fa tanto danno ai testicoli,

specialmente in età senile o dintorno ai vent’anni,

perché se andiamo avanti di questo passo

non ci saranno più bambini furbi o scugnizzi arditi

a fare il girotondo intorno al mondo di Sergio,

semplicemente perché le donne non ci vogliono più bene

se portiamo la camicia nera o a pois con cinque stelle.

Ardimento delle mie brame,

o Ardimento,

regalami una faccetta nera dell’Abissinia

in maniera che io posso farla romana

senza che aspetti e speri un posto

in un parlamento a strozzo e a spruzzo

da tempo occupato come un cesso pubblico

dai soliti compari di madama Dorè

che se la intende per interesse con madama Santè.

O Ardimento,

liberami dal male di tanta malora a spezzatino,

cucinata allo spiedo arcobaleno

negli scantinati scandalosi del colle Vaticano,

mentre la signora Maria cura i migranti

in procinto di occupare Ortigia con le loro mercanzie,

liberami dai preti inutilmente spretati

e dalle suore ferocemente insuorate alla camomilla,

antesignane dei tiranni cocainomani

e di quella immarcescibile vergine cuccia

che becca ancora il piede villan del servo

e che ancora nudo andò,

spogliato dell’assisa clericale

e delle accise politiche sulla benzina,

onde era un giorno venerabile al vulgo,

liberami dai padroncini incandescenti della val padana

e dagli schiavi inconsistenti della pianura asiatica,

insegnami a dormire sonni eterni

e a sognare sogni contingenti

dove libertà e necessità coincidono

in un grande bordello filosofico di tesi, antitesi e sintesi,

spiegami il delirio detto da Hegel

e ridetto dal professore fumatore della scuola,

quella dialettica tra razionale e reale e tra razionale e reale

che mi ha spaccato i maroni a Combai

e i marroni nei banchi di scuola,

in quel Liceo che di Aristotele nulla aveva,

che di tanta gentaglia ignorante tutto possedeva.

Ricordati che il meglio deve ancora venire,

che si trova tra le anse del numero settantasette,

che si ritrova tra le coperte di un rifugio antiaereo

dove si concepivano i bambini a ufo e a sbafo

per esorcizzare l’angoscia di morte.

Sia lodata la guerra.

Oggi e sempre sia lodata.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 10, 01, 2023

FRUTTI ROSSI RETATI

TRAMA DEL SOGNO

“Estraevamo con qualche difficoltà degli strani frutti rossi retati delle dimensioni di una mela dal nostro ombelico.

Mio padre ci aveva spiegato il modo di farlo. Per lo più bisognava insistere e soprattutto crederci.

A un certo punto sono seduto sul divano. Mio fratello nudo sale sul ventre di mia madre nuda a cavalcioni come a compiere una specie di copula che non era una propriamente una copula.

Trovo il corpo di mia madre assai giovane.

Giro gli occhi altrove. Poi mi sposto nell’altra stanza dove sulla mia scrivania vedo un cesto di quei frutti. Hanno al centro, nel punto in cui dovrebbe trovarsi il picciolo, una piccola chiazza bianca perlacea, simile ad una stomatite.

Mi avvicino goloso col pensiero di mangiarli, ma pensando all’improvviso al luogo da cui provengono provo un sottile disgusto.”

Gregorio

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

“Estraevamo con qualche difficoltà degli strani frutti rossi retati delle dimensioni di una mela dal nostro ombelico.”

Ecco il portentoso meccanismo onirico della “figurabilità” in azione!

Gregorio elabora una scena di parto, la trasla nell’ombelico al posto della vagina, rappresenta il feto con “strano frutto rosso retato delle dimensioni di una mela”. Il meccanismo funziona ed è creativo, poetico per la precisione, un’immagine che contiene un bel “fantasma” che risponde alla domanda universale: “come nascono i bambini?” Gregorio si fa assistere nel sogno, particolarmente scabroso nella sua semplicità, da altre persone, per mantenere un certo equilibrio nervoso e per non svegliarsi cadendo nell’incubo: la coincidenza del “significato latente” e del “significato manifesto”. Notare, ancora, come la figurabilità onirica rappresenta il feto: “frutto rosso retato” e la vagina nello “ombelico”, l’organo simbolico del potere della madre.

Mio padre ci aveva spiegato il modo di farlo. Per lo più bisognava insistere e soprattutto crederci.”

Ecco il padre, colui che insegna l’educazione sessuale ai figli, “ci aveva spiegato” come nascono i bambini e anche come si fanno i bambini, “il modo di farlo”. Insomma, il padre di Gregorio ha operato nel migliore dei modi una forma di educazione sessuale, ottemperando beneficamente al suo ruolo. L’elaborazione poetica appartiene al figlio, Gregorio per l’appunto. “Per lo più bisognava insistere e soprattutto crederci” apre lo scenario al coito e alla reiterazione dello stesso, al fine di avere un buon esito per tanta prestazione sessuale. “Crederci” lo decodifico dal latino come “affidarsi” a se stessi e alla donna con cui si è in relazione. Insomma: se vuoi un figlio, procedi con sicurezza e fiducia, sicut pater docet e come figura di riferimento privilegiata specialmente per un figlio maschio. Tutto bene fino a questo punto.

Che il sogno ce la mandi buona!

A un certo punto sono seduto sul divano. Mio fratello nudo sale sul ventre di mia madre nuda a cavalcioni come a compiere una specie di copula che non era una propriamente una copula.”

Dopo l’insegnamento paterno e l’autorizzazione a procedere arrivano i nostri a cavallo di un caval: la madre dal ventre nudo, il fratello nudo a cavalcioni.

Si copula o non si copula?

Gregorio guarda se stesso “seduto sul divano” perché si proietta nel fratello e realizza con la dovuta censura il desiderio libidico di avere dalla madre l’insegnamento sessuale opportuno e concreto. Il tutto dopo avere avuto la licenza didattica dal padre. E’ assolutamente normale e giusto che ogni figlio e ogni figlia si chieda il perché della censura concreta dei genitori in riguardo alla sessualità e all’erotismo, in riguardo alla vita del corpo neurovegetativo. Gregorio procede con cautela morale e si “sposta” sul fratello. Non poteva essere una “copula” vera e propria perché sarebbe stato un incesto e il “Super-Io”, individuale e culturale, non sarebbe stato davvero contento.

Vediamo dove va a parare il nostro eroe puritano.

Trovo il corpo di mia madre assai giovane.”

Che bella immagine!

Che bel vissuto!

La mamma bella e il desiderio bello del corpo vivente sono recuperati dall’età in cui il figlio aveva l’età giusta per desiderare sfacciatamente con pudore. Da bambino Gregorio ha desiderato il corpo della mamma. Freud lo chiamò “complesso di Edipo” e costruì un mare di teorie sopra tragedie antiche e moderne. Immarcescibile questa “posizione psichica” dell’infanzia in universale, al di là delle razze e del censo, al di là delle ipocrisie e delle verità filosofiche, al di là del gusto e del sapore.

Guai al bimbo e alla bimba che non hanno desiderato fisicamente il padre e la madre!

Quasi in un nuovo vetusto e attuale comandamento si coniuga questo “desidera e riconosci il padre e la madre” per avere anche una fausta vitalità sessuale all’interno di una armonica “organizzazione psichica”.

Giro gli occhi altrove. Poi mi sposto nell’altra stanza dove sulla mia scrivania vedo un cesto di quei frutti. Hanno al centro, nel punto in cui dovrebbe trovarsi il picciolo, una piccola chiazza bianca perlacea, simile ad una stomatite.”

Rimozione” e “spostamento” sono due ben precisi “meccanismi di difesa” dall’angoscia di aver tanto peccato nel pensiero e non nell’opera: giro gli occhi altrove” o non ci rifletto e dimentico e “poi mi sposto”, dopo il fratello, “sulla mia scrivania”, mi riapproprio dell’alienato in maniera delicata e compatibile al mio vissuto psichico e ai mie “fantasmi” edipici. Ricordo che il “fantasma” è una rappresentazione primaria della realtà psichica, il nostro modo infante e bambino di pensare che non si abbandona mai, neanche dopo il benefico avvento della razionalità, un pensiero fantasioso e caldo oltremodo ricco di allucinazioni e di emozioni, una modalità onirica di inquadrare i propri vissuti, un essere poeti e “criatori”, come diceva Giambattista Vico. Insomma il “fantasma” è una rappresentazione della realtà psichica sempre e in ogni caso. “L’altra stanza” in cui Gregorio si sposta, quella dove è posizionata la “scrivania”, rappresenta l’attività razionale adulta, quella con cui ha proprio razionalizzato i suoi “fantasmi edipici”, le rappresentazioni fortemente emotive e simboliche delle sue varie relazioni con i genitori e nello specifico la madre. “Quei frutti” sono le rappresentazioni simboliche del feto con tanto di cordone ombelicale: “Hanno al centro, nel punto in cui dovrebbe trovarsi il picciolo, una piccola chiazza bianca perlacea, simile ad una stomatite.” Sono in un “cesto” che rappresenta simbolicamente il grembo materno, l’apparato genitale femminile, il sistema ovarico riproduttivo. Ricordo che il cordone ombelicale è il tramite che lega il figlio alla madre e che dopo il parto si taglia ma non si scinde il rapporto simbiotico psichico con l’augusta genitrice. Io sono ancora affetto da un meraviglioso “complesso di Edipo” e ho un altrettanto meraviglioso rapporto con mia madre, ho un cordone ombelicale ancora ben funzionante e attivo. Di mia madre, fuori di me, conservo la reliquia nel cimitero di Siracusa. Ma questo è tutto un altro discorso e un altro discorrere.

Via con il sogno di Gregorio!

Mi avvicino goloso col pensiero di mangiarli, ma pensando all’improvviso al luogo da cui provengono provo un sottile disgusto.”

Ecco la gola e i suoi peccati, ecco la vitalità sessuale, ecco l’erotismo, ecco il corpo campo d’amore, ecco la “libido” e l’energia vitale di Dioniso e di Sigmund, di Darwin e di Nietzsche e di Bergson. “Goloso col pensiero” ossia il sistema neurovegetativo e il sistema nervoso centrale, la vitalità e la razionalità, l’emozione e la ragione, Dioniso e Aristotele, Giordano Bruno ed Hegel, la poesia e la filosofia, l’essere umano, il vivente per quello che restrittivamente di esso conosciamo e possiamo dire. Dell’altro e di altro non so fin adesso, ma sto cercando con la lanterna di Diogene, sto ricercando con il metodo di Aristotele e di Renè Descartes.

Convergo sul sogno di Gregorio e analizzo “ma pensando al luogo da cui provengono”, l’ombelico secondo “Gregorio padre” e l’apparato genitale secondo la scienza, “provo un sottile disgusto”. Ancora un “pensando”, anzi un “ripensando” leopardiano, la ragione fredda in atto che stacca dalle emozioni e le abbandona pensando di tenerle sotto controllo e senza sapere che ciò che butti dalla porta ti rientra dalla finestra, come la tanta spazzatura che inonda la mia città greca. Ancora ritorna l’emozione del “sottile disgusto”, un gusto emotivo contrastato e contrapposto, una guerra di gusti, quello emotivo e sensoriale e quello razionale e morale, l’eterna diatriba occidentale e psicoanalitica tra Es e Io alleato del Super-Io in questo caso. E’ questo lo psicodramma onirico di Gregorio, l’essere in conflitto con se stesso e nello specifico tra le sue istanze psichiche della vita istintiva ed emotiva, “Es”, della vita censoria e morale,”Super-Io”, della vita razionale e discernitiva, “Io”.

Mi fermo e consegno quanto emerso dal prodotto psico-poetico di Gregorio.

“SO CHE SARO’ FELICE”

TRAMA DEL SOGNO

Ero in un grande piazzale, che poteva essere quello di un’area di servizio autostradale, ma molto più ampio. C’erano molte corsie di entrata e uscita e ne imboccavo una in automobile.

Le altre automobili mi venivano incontro in senso vietato, ma non avevo alcun timore, ero molto sicura e mi sentivo davvero bene, contenta di intraprendere un viaggio.

Di colpo ero a piedi, camminavo su una passerella sopraelevata che portava alla fermata di un tram. Una fiumana di gente mi camminava incontro, ero l’unica a procedere nella direzione in cui procedevo.

Avevano tutti una faccia allegra, nessun muso lungo e anch’io ero in pieno benessere. Tutte le persone che vedevo mi sono sconosciute nella realtà.

Arrivavo in un grande bazar al coperto, molto simile a quello di Istambul, colmo di uomini di diverse età. In questo clima di piacevole caos mi viene voglia di farmi toccare il seno e mi ritrovo a petto nudo davanti ad uno specchio.

Ho il seno gonfio, non più grande di come è di fatto, ma più gonfio, come prima che vengano le mestruazioni. Lo prendo tra le mani e stringo, mi dico che ho delle belle tette, guardo i capezzoli e sono belli, fiorenti.

Sento il bisogno di farmi toccare il seno e un uomo sconosciuto lo prende tra le sue mani e lo stringe. Non lo accarezza, lo stringe, ma senza farmi male.

Nel sogno vivevo questo gesto come molto eccitante, ma non esclusivamente in senso sessuale, proprio in senso vitale. Mi sentivo bene, molto bene, come quando sai che sarai felice.”

Berenice

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

Ero in un grande piazzale, che poteva essere quello di un’area di servizio autostradale, ma molto più ampio. C’erano molte corsie di entrata e uscita e ne imboccavo una in automobile.”

Berenice è in attesa, attende con una buona disposizione e una altrettanto buona disponibilità, è socialmente sicura di sé, si offre all’altro e agli altri: “ero in un grande piazzale”.

La sua offerta è variegata e va dalla relazione banale alla relazione significativa, dal lavoro all’affettività, dalla seduzione alla sessualità: “area di servizio autostradale, ma molto più ampio”.

La precisazione arriva nella predilezione dell’offerta erotica: “molte corsie di entrata e uscita e ne imboccavo una in automobile”. Berenice è orgogliosa e sicura di sé, del suo portamento e delle sua azioni e in specie quelle intese alla seduzione accattivante. Berenice calza bene il suo corpo e associa una valida consapevolezza del suo essere femminile: donna e domina.

Le altre automobili mi venivano incontro in senso vietato, ma non avevo alcun timore, ero molto sicura e mi sentivo davvero bene, contenta di intraprendere un viaggio.”

Berenice è cresciuta e si sente sicura e affermata, decisa e consapevole delle sue doti e delle sue abilità, del suo essere femminile e del suo portamento. Berenice è particolarmente sensibile a cogliere le trasgressioni e a proiettarle negli altri. In ciò dimostra un “Super-Io” consistente anche se non tirannico: “le altre automobili mi venivano incontro in senso vietato”. A tutti gli effetti Berenice è una donna emancipata e non moralista e tanto meno bigotta: “non avevo alcun timore”. Conosce il mondo e le cose del mondo al punto di accusare un benessere nella deroga e nell’innovazione, nella trasgressione e nella competizione, nella seduzione e nell’esercizio della “libido”. La vita l’attrae e sta bene nel suo corpo: “contenta di intraprendere un viaggio”.

Di colpo ero a piedi, camminavo su una passerella sopraelevata che portava alla fermata di un tram. Una fiumana di gente mi camminava incontro, ero l’unica a procedere nella direzione in cui procedevo.”

L’originalità è un’altra dote di Berenice. La donna va controcorrente, è innovativa, non è banale e tanto meno convenzionale. La realtà l’attrae e la concretezza la contraddistingue nel viavai dell’esistenza sua e altrui. In questo tragitto vitale tiene banco ai suoi compagni di viaggio e si distingue per la sua unicità psicofisica: “l’unica a procedere nella direzione in cui procedevo”. L’altolocazione dell’Io si manifesta chiaramente anche nel camminare “su una passerella sopraelevata”. La “fermata del tram” introduce un “fantasma di morte”, un’istanza depressiva di perdita, ma ancora il sogno non dice dove vuole andare a parare e a chi si rivolge, anche se il fantasma appartiene alla proprietaria del sogno, Berenice per l’appunto.

Avevano tutti una faccia allegra, nessun muso lungo e anch’io ero in pieno benessere. Tutte le persone che vedevo mi sono sconosciute nella realtà.”

Niente di depressivo, dietrofront! Anche se il “tram simbolicamente non promette nulla di buono, tanto meno di allegro, Berenice si trova “in pieno benessere” insieme ai suoi simili che sono dissimili nel corpo e nella mente, nella persona insomma. Berenice conferma la sua individualità irripetibile calata nella socialità, tra la gente anonima e affratellata nella condivisione della quotidianità. Mi ripeto. Berenice sta bene tra la gente e con la gente e ama distinguersi dalla massa.

Arrivavo in un grande bazar al coperto, molto simile a quello di Istambul, colmo di uomini di diverse età. In questo clima di piacevole caos mi viene voglia di farmi toccare il seno e mi ritrovo a petto nudo davanti ad uno specchio.”

Al “tram” Berenice reagisce introducendo con piena consapevolezza “il seno”. Al “fantasma di morte” subentra un “fantasma di vita”. Del resto, Eros e Tanatos vanno a braccetto anche in questo “grande bazar al coperto di Istambul” tra maschi mediterranei particolarmente appetiti e ben disposti alla seduzione nelle note erotiche del vangelo di Berenice. “Il “seno ha una ambivalenza simbolica nel coniugare la “libido” nella versione erotica ed affettiva. Il seno è buono perché nutre ed è particolarmente sensibile al piacere, è erogeno nel mantenere la vita e nel vivere la vitalità. Oltre ad essere particolarmente seduttivo anche per questa naturale ambivalenza, il seno racchiude una componente narcisistica e fallica, potere e bellezza. Il “caos” è “piacevole” soprattutto perché il seno è complesso nella sua fenomenologia, coniuga istanze erotiche e affettive con naturalezza e senza imbarazzi di sorta. Berenice sa e appare particolarmente disinibita con i maschi, “gli uomini turchi di diverse età”. Berenice conosce bene il suo corpo e sa come gestirlo in mezzo alla gente: “mi ritrovo a petto nudo davanti a uno specchio”.

Ho il seno gonfio, non più grande di come è di fatto, ma più gonfio, come prima che vengano le mestruazioni. Lo prendo tra le mani e stringo, mi dico che ho delle belle tette, guardo i capezzoli e sono belli, fiorenti.”

Questo capoverso onirico segna il trionfo della “posizione fallico-narcisistica” proprio con la sua istanza a piacere e a piacersi, autocompiacimento. In particolare è la valenza estetica a manifestare la pulsione erotica: prima la bellezza e dopo la funzionalità erotica e sessuale. “Gonfio” contiene lo stesso potere di una erezione prepotente e affermativa. Lo prendo tra le mani e lo stringo” conferma l’eccitazione naturale che travalica nella sana masturbazione, Il senso del Sublime si manifesta nella bellezza e nella sensualità diffusa: “mi dico che ho delle belle tette, guardo i capezzoli e sono belli”. Il capezzolo rappresenta simbolicamente il potere fallico che non è da meno all’erezione maschile. Berenice dimostra una sua personale fallicità restando in un ambito squisitamente femminile e in questa posizione psicofisica richiama il mito di Afrodite, la simbologia fallico-narcisistica in versione femminile e “fiorente”.

Sento il bisogno di farmi toccare il seno e un uomo sconosciuto lo prende tra le sue mani e lo stringe. Non lo accarezza, lo stringe, ma senza farmi male.”

Berenice non è tipo da solipsismo masturbatorio, è una donna che ama relazionarsi e tanto e con tanta gente, è disinibita senza essere trasgressiva, ha una buona consapevolezza del suo corpo, vive bene la sua “libido”. In questo contesto onirico Berenice inventa il suo “uomo sconosciuto” che sa ben dove mettere le mani e come muoverle. La protagonista conosce i suoi bisogni e le sue pulsioni “anali” senza che queste ultime tralignino nel dolore e tanto meno nella violenza. Quel tanto che basta per sentire appieno la vitalità delle sue belle tette. Il suo maschio non è effeminato, ma deciso e volitivo. Questo è il modello maschile di Berenice. “L’uomo è sconosciuto” perché simbolicamente più eccitante nel suo essere trasgressivo. Si conferma il seno nella valenza erotica e sessuale. Il simbolismo affettivo non compare in questo frangente del sogno. Il quadretto è delicato nel suo erotismo diffuso.

Nel sogno vivevo questo gesto come molto eccitante, ma non esclusivamente in senso sessuale, proprio in senso vitale. Mi sentivo bene, molto bene, come quando sai che sarai felice.”

Nella chiusura del sogno Berenice riflette e commenta bene nel cogliere il diffuso benessere psicofisico che ha vissuto dormendo. E’ questo il classico sogno di una persona che sta bene perché si vive bene e soprattutto “in senso vitale”, corpo. Berenice ha una buona carica di “libido” che dispensa in sogno a testimoniare di un futuro prospero e di un avvenire felice: “eudaimonia” ossia “avere un buon demone dentro”. A chiosa metto in evidenza la coscienza di sé, l’auto-consapevolezza di una donna cresciuta bene con se stessa e con gli altri.

Averne di Berenice in questo mondo particolarmente ambiguo e arruffone.

LE BALENE

TRAMA DEL SOGNO

Ho sognato di essere in riva al mare insieme a dei conoscenti che, ad un certo punto, decidono di tuffarsi in acqua senza alcun timore, per raggiungere la sponda opposta di quello che mi sembra la foce di un fiume.

Il mare è molto mosso e il vento è forte.

Io non mi fido a tuffarmi anche perché ci sono molte balene che saltano nell’acqua impetuosa e che mi fanno paura temendo di essere mangiata.

Ritengo possibile raggiungere l’altra sponda camminando lungo la spiaggia, ma arrivata ad una curva rocciosa, il vento mi spinge indietro con alti spruzzi d’acqua.

Desisto e dopo non molto, il tempo migliora, il cielo è blu, il sole splende e il mare calmissimo. A quel punto non sento più l’interesse di dover raggiungere l’altra sponda.”

Moby Dick

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

Ho sognato di essere in riva al mare insieme a dei conoscenti che, ad un certo punto, decidono di tuffarsi in acqua senza alcun timore, per raggiungere la sponda opposta di quello che mi sembra la foce di un fiume.”

Siamo in famiglia e ci troviamo di fronte all’avvenire: “in riva al mare”. I “conoscenti” sono i familiari, per l’appunto. Si vive e si va avanti nella vita con la ricerca coraggiosa di mete agognate, con la forza della giovinezza e il sostegno della famiglia.

Tuffarsi in acqua” si traduce in un coinvolgimento esistenziale fatto di consapevolezza e non di pulsioni inconsce: esserci ed essere sul pezzo anche se questo “tuffarsi in acqua” evoca la figura materna.

La foce di un fiume” significa la parte finale di un percorso e di un cammino operativo, il traguardo di tanti sforzi, ma include anche l’ultima fase del parto e la nascita, l’emancipazione della figlia Moby dalla augusta genitrice.

TRADUZIONE ESTETICA

Mi tufferò in acqua senza alcun timore

insieme a voi,

fratelli e sorelle,

insieme a tutti i nati da madre.

Non avrò paura di annegare,

non sarò fagocitata da colei che mi ha liberata

e da cui mi sono staccata,

non sarò divorata dal nulla inconsapevole ed eterno,

questo mare che tutto bolle e ribolle

o che sta fermo sulla linea dell’orizzonte.

Torno indietro e rivivo mia madre.

Sono cresciuta e sono grande.

Conosco bene mia madre

e saprò anche liberarmi del suo abbraccio fatale,

dalle sue ansie e dalle sue angosce.

Mia madre è importante,

come tutte le madri per tutti i figli.

Il mare è molto mosso e il vento è forte.”

La vita e il vivere si traducono in forti emozioni e impetuosi sentimenti che rasentano lo stordimento e richiedono tanta forza per essere affrontati.

TRADUZIONE ESTETICA

Sul mare non luccica l’astro d’argento,

né placida è l’onda,

né prospero è il vento.

La donna sente dentro,

la donna sente fuori,

la donna si perde nel turbinio dei sensi

insieme alla vita che le scorre vitale

e non è mai appagata in questa ricerca

di una se stessa che è mare,

di una se stessa che è vento.

Portami via con te, o mare, o vento!

Datemi l’ebbrezza di una giornata felice

a bordo dei miei sensi e dei miei sentimenti.

Io non mi fido a tuffarmi anche perché ci sono molte balene che saltano nell’acqua impetuosa e che mi fanno paura temendo di essere mangiata.”

Moby non si lascia andare alle sue emozioni e non si affida alle sue tempeste emotive, perché Moby non si affida alle madri che nuotano nel mare della vita e delle gravidanze. Moby ha paura di essere fagocitata dalla madre, ha bisogno di essere protetta dalla madre, desidera essere nel grembo materno. Moby svela il possessivismo materno che l’ha connotata nella sua esistenza e il suo travaglio a liberarsi dalla madre e dal suo mondo incantato fatto di favole e di regressioni. Moby ha paura della madre e di essere madre. Troppo tormento, troppa tempesta, troppe competizioni e Moby ha timore, è timida, è gentile, è umile, è piccola, è all’erta con le novità repentine.

TRADUZIONE ESTETICA

Madre della terra,

o madre mia carnale,

che vai nuda e sicura con le altre madri

incontro alle tempeste della vita di donna,

vergine di umiltà,

ricca di possesso e potere,

o mamma mia di sempre,

prenditi cura di me

che non so ancora nuotare,

che non so ancora salire le cime tempestose

che portano nel fondo del mare,

di quel mare,

di questo mare,

gli oceani interiori che ribollono dentro fragili e forti membra,

fragili di affanni,

forti di tenacia.

Di sale brilli nell’altare,

di sale il tuo pane sapeva

quando eri stanca di essere madre.

Tienimi con te,

mettimi dentro di te,

nel tuo ventre ampio e calorosamente caldo

che un giorno mi ha visto con te.

Proteggimi dal bene infido

e dammi la forza

di non cedere alle lusinghe del destino infame.

Fa’ che io sia padrona

del mio incedere elegante

in questa sfilata della vita che scorre

anche sui marciapiedi della graziosa cittadina

che mi vide timorosa

e oggi mi scopre civetta.

Ritengo possibile raggiungere l’altra sponda camminando lungo la spiaggia, ma arrivata ad una curva rocciosa, il vento mi spinge indietro con alti spruzzi d’acqua.”

La dialettica psichica della diade “madre-figlia” è aspra e la libertà è lontana vista dalla spiaggia, non è lineare, il conflitto è acceso e il vento spinge a regredire con forti prepotenze materne. La figlia è entrata in conflitto con la madre: “posizione psichica edipica”. Tutto è normale e come da copione, ma la “curva rocciosa” attesta di forti ostacoli intercorsi e interposti nella liquidazione della conflittualità con la madre. Moby ha tanto sofferto per le irruenze emotive e sentimentali vissute durante la sua psicodinamica con la madre e di riferimento con il padre, per cui “l‘altra sponda” non è stata di facile approdo, in special modo per via agevole: “camminando lungo la spiaggia”.

TRADUZIONE ESTETICA

Vento,

ancora il vento mi porta l’odore acre della competizione,

ancora una spiaggia si allontana dai miei occhi ingenui

e ancora il mare mugugna e muggisce

in tanta tempesta dei sensi e degli umori.

Quanta necessità sofferta per far crescere la libertà dentro!

Mamma,

mormora la bambina,

mentre pieni di pianto gli occhi,

per la tua piccolina non compri mai balocchi,

mamma tu compri soltanto le ciprie per te.

Colonie aromatiche della compagnia delle Indie

per una donna d’alta classe,

una boccetta di chopard casmir

per la signorina che verrà,

una bambolina di pezza ruvida con diadema di perle marine

per il regno fantasioso

di una principessa minore e del suo re maggiore.

Desisto e dopo non molto, il tempo migliora, il cielo è blu, il sole splende e il mare calmissimo. A quel punto non sento più l’interesse di dover raggiungere l’altra sponda.”

L’altra sponda” è la libertà dopo la guerra, dopo il conflitto, dopo la sofferenza acuta di rinunciare a un pezzo di radice. La vera e veritiera “altra sponda” è l’autonomia psicofisica, il fare legge a se stessa nel corpo e nella mente, la soluzione delle pendenze edipiche, lo scioglimento dei nodi marinari che tenevano attraccata la barca al molo. Moby mostra a se stessa con il suo sogno la psico-dialettica che ha vissuto e le psicodinamiche che ha istruito per la risoluzione del suo “complesso di Edipo”, tappa che l’ha particolarmente attratta per la figura femminile della madre, fascinosa e misterica nel suo essere l’origine della sua esistenza.

Desisto”, posizione psicologica buddista, non mi coinvolgo, mi lascio andare, cesso di combattere, apatia stoica di chi conosce il vero, latino “de-sisto”, mi colloco da una parte in un’altra parte. Questo verbo così chiaro è altrettanto profondo e ricco di implicazioni mistiche, culturali, religiose, filosofiche, semiologiche e tanto altro. In un semplice “desisto” sono condensati l’approdo e la ricerca ulteriore della verità personale, figlia di quella Verità collettiva e assoluta che non si nasconde più all’occhio smagato e all’intelletto libero di chi ha tanto cercato e finalmente trovato dopo tanto cammino, come Moby.

Il tempo migliora” si traduce sto crescendo e sto risolvendo le mie dipendenze e pendenze, edipiche nel nostro caso, sto maturando e anche l’umore si assesta in una dimensione psichica matura.

Il cielo è blu”, tutto è più tranquillo in me e fuori di me, “sublimo” l’angoscia con la migliore consapevolezza, ho collocato i miei valori in un luogo superiore e le mie verità al di là di ogni discussione logora e logorante, insomma mi sono liberata del “fantasma” materno e adesso mi sento compatta.

Il sole splende”, la luce della ragione illumina il camino della vita e dell’azione, la consapevolezza si è estesa al “senso di sé” ed è diventata autocoscienza, “sapere di sé. “Cogito ergo sum” e sono cartesianamente una persona pensante e fattiva, associo il pensiero all’azione come la Storia di Benedetto Croce, insomma, procedo nell’esistenza con lo strumento della Ragione e del Sapere.

Il mare calmissimo” contiene una forma di atarassia, di assenza di angoscia, di apatia stoica che, non è caduta della vitalità emotiva e sentimentale, bensì padronanza di sé tramite la “coscienza di sé”, ampliamento del “sensus sui”, maturazione della persona e della personalità, compattezza psichica. Il “mare” è simbolo dell’inconscio vitalistico e neurovegetativo, oltre che dell’esistenza.

E’ giusto e sacrosanto che, a questo punto, Moby non senta il bisogno e “l’interesse di dover raggiungere l’altra sponda”, la madre o un altro traguardo, il padre o un altro obiettivo.

Sembra rinuncia e rassegnazione e invece è la rappresentazione in sogno della SAGGEZZA, della “sapientia sui”. Moby non è approdata nell’altra sponda, ma è approdata nel suo porto. Adesso l’angoscia della perdita è appagata e automaticamente scomparsa. Nulla chiede in Moby di sopravvivere, tutto chiede di vivere.

TRADUZIONE ESTETICA

Desisto,

mi colloco altrove,

atarassia,

il senza angoscia,

la cura di Franco,

un disco,

un quarantacinque giri di allora,

di quando ero una ragazzina tutta madre e tutta chiesa,

niente casa del popolo,

così come voleva la mamma,

la mia balena,

la saggezza è sapore di sale,

non quello altrui,

è il mio sale,

il mio sale in zucca,

il mio mare salato,

mare immenso e salato,

mare e marosi,

io so di me,

io finalmente so di me,

tu, o mare, non mi agiti

perché non sei agitato,

sei ammarato nella marina,

mentre il tempo soffia sulle vetuste scene

dei teatri antichi e greci,

quando si recita il soggetto di Edipo,

l’uomo dai piedi ritorti,

figlio del mare e della luna,

figlio di Laio e Giocasta,

figlio delle stelle di Tebe,

solo in un quadrivio all’europea

con precedenza a destra e a sinistra,

comme vous voulez,

sotto questo cielo intirizzito dall’incesto,

stupito e stupefatto dalle donne dionisiache

che in corteo sbranano il capretto

secondo la sanguinolenta processione del fine settimana,

sempre sotto il sole

che di lassù dice

e afferma che è di tutti

e appartiene anche a te,

anche a noi,

come la strada che mi porta da te

e mi allontana dalla madre,

dalla balena,

dal mare.

La sponda fa da sponda,

poi non serve.

Grazie madre!

Io non gioco più al biliardo

nella solita sala del monte di Belluno.

ILLUSIONE

In ludo,

nel gioco io gioco,

illusione,

nel sogno io gioco,

illusione,

la realtà è un gioco,

illusione del sogno e della realtà.

So che sto sognando,

il Bardo,

la vita è un gioco,

nella vita io sogno,

la vita è illusione,

ti cambierò, o sogno, in desiderio,

nel mio desiderio di un sogno lucido

che manifesta l’illusione,

la dolce chimera.

Anche la veglia è illusione,

la realtà è sogno,

la vita è sogno,

un sogno lucido è un modo

per dissipare l’illusione della realtà.

Lunga è la strada della consapevolezza,

lunga è la strada che mi porta da te,

o Morte,

morte apparentemente solida e illusoria.

Rinascerò cagnetta.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 2, novembre, 2022

L’ELEFANTE

L’elefante è un fante elegante,

ripieno di sole malato,

farcito di ricotta montata con panna,

un angelo messaggero che sa ben parlare,

for faris, fatus sum, fari,

un Ermes teos ladruncolo e magnaccione,

un Gabriele arcangelo dell’impossibile e seduttore,

un fante di cuori per gli innamorati obesi,

un fante di picche per gli illusi di sempre,

un fante di quadri per gli artisti spretati,

un fante di fiori per i romantici illuministi,

l’elefante è un fine dicitore della Napoli di un tempo,

il solito signor Ciro Esposito da Forcella,

l’elefante a Catania domina la piazza del Duomo,

u liottru,

mezzo leone e mezzo troione

con i ciondoli ciondolanti di vera lava etnea,

firmata e garantita,

doc e dop e dog,

nei pressi dell’università sfascista,

nera come la lava del Mongibello

dopo lo sbrodolamento,

nero come l’occhio di Polifemo

dopo la visita di Ulisse.

Adesso continua,

o donna furbacchiona in vena di sballo,

continua tu.

Pe minchionallo a un poeta na regazza

gli agnè de domandà

si ch’ora era,

ma il vate furbo che capì la guazza

le diede na risposta a sta maniera,

se sta tunica de lana fosse bronzo,

che campana,

mia bella mora,

adesso sentiresti batter l’ora.

Ita locuti sunt Claudio e Gabriella,

le buonanime de la Roma de na vorta,

la Roma furastiera

che adesso è in mano al nano,

alla caciottara,

al buffo,

al puffo,

al bontempone dalla faccia a pagnotta milanese,

a panettone,

a pan de Tony.

Cosa vuoi farci?

E’ il prezzo della storia,

la storia di un popolo che purtroppo c’è.

E come se c’è!

Allora si cambia registro,

si cambiano anche le mutande,

dal tanga al tango,

dal perizoma al peripatetico.

E quinci il mar da lungi e quindi il monte.

L’apparenza non è realtà,

mio caro,

mia cara.

Vivo come se tu non ci fossi,

ma lo sguardo cade sempre sull’elefante nella stanza.

Nessuno lo vede,

credo.

Lo vedo io

e mi balocco in questo gioco di assenza virtuale,

pensando con gioia alla tua degna presenza parallela.

Anche luglio sta passando

e il caldo e la lunghezza delle ore.

Varchi di luce piena distraggono il mio pane quotidiano.

Di questo ti ringrazio

e di molto altro ancora.

Non ti rivedrò mai più,

ma non importa,

tu resti dentro la mia casa con pavimenti d’erba.

Buonanotte,

ti sognerò.

Dopo mi affiderò al dottore dei sogni.

Sava

Carancino di Belvedere, 20, 05, 2022

IN ALTO A DESTRA

del blog trovi una lente d’ingrandimento e un invito a cercare il significato dei

simboli portanti dei sogni e dei temi esistenziali e sociali, nonché di

curiosità eccentriche e quotidiane.

Apri la finestra e affacciati.

Dimensionesogno possiede un archivio di quasi seicento pezzi di umanità

onirica e poetica rivisitati nel tempo attuale.

E’ severamente vietato vietare e divertirsi è d’obbligo.

Inserisci le tue paroline magiche e ti si aprirà un mondo di idee.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 17, 08, 2022

IL MARITO SCAVALCATO

LA LETTERA E IL SOGNO

Dottore buongiorno,

mi è stato tanto utile tempo fa accompagnandomi ad interpretare un sogno da me fatto e dandomi numerosi spunti per approfondire la conoscenza di me.
Chiedo ancora, se possibile, il Suo contributo descrivendoLe un sogno che mi ha molto incuriosito e sorpreso.
Ho sognato che avevo una appagante parentesi di vacanza extraconiugale con una persona gradevole che conosco nella vita reale, per poi decidere di chiudere la relazione e tornare col mio compagno di vita.
Nel tornare a casa però, con mio grande stupore e soprattutto sconforto, scoprivo che il mio compagno di vita non era quello effettivo (con cui sono insieme da vent’anni), bensì il mio primo ragazzo, con cui sono stata molto ma che mi ha fatto parecchio soffrire.
Nel sogno mi domandavo dove fosse finito mio marito (avevo “scavalcato” vent’anni di relazione con lui per catapultarmi alla mia prima giovinezza) e mi sentivo angosciata all’idea di aver rinunciato ad una cosa bella non per vivere con mio marito bensì per stare con quell’uomo che mi aveva fatto così male.
Non riesco a dare un senso a questo sogno, a parte che la sera prima ero reduce da un importante litigio con mio marito a cui però, lucidamente, non ho attribuito così tanta importanza e gravità.

La ringrazio se troverà del tempo da dedicarmi e, in ogni caso, per la disponibilità e professionalità che mi ha dimostrato anche in precedenti occasioni.

La saluto cordialmente.

China

DISCORSO SUL SOGNO

un sogno che mi ha molto incuriosito e sorpreso.”

I sogni sono birichini e monelli semplicemente perché rievocano e condensano i modi di essere e di pensare del nostro essere stati “bambino”. Segnalo un testo fenomenale e portentoso della grande Melanie Klein, “Il nostro mondo adulto e le sue radici nell’infanzia”. In tanta spazzatura mercantile di editori fottuti dal potere economico e di scrittori fottuti dal narcisismo il classico e l’antico ritornano impellenti nel loro chiedere ragione di cosa si scrive e come si scrive, contenuto e modo.

La nouminosità, splendore pensante, del sogno sorprende la donna China perché la bambina China sa di cosa si tratta, ma, essendo birichina, non lo dice nei termini chiari e cogenti della Logica aristotelica, lo esterna “condensandolo” nei simboli e nelle emozioni, in quella Logica primaria di cui ha tanto scritto un altro grande, italiano in questo caso, Giambattista Vico, nel suo capolavoro “Scienza nuova” e un grande divulgatore scientifico dell’antropologia culturale, Erich Fromm nel suo immarcescibile “Il linguaggio dimenticato”.

China è curiosa e sorpresa, vuole sapere di sé e sa di sapere. Nulla di nuovo sotto il sole, anzi è tutto antico quasi quanto la vita vissuta da China e tanto di più nella sua formazione psicofisica. Insomma, la nostra amica non si è fatto mancare alcunché per diventare una bella e buona persona anche nella sua relazione con l’universo maschile.

Ho sognato che avevo una appagante parentesi di vacanza extraconiugale con una persona gradevole che conosco nella vita reale, per poi decidere di chiudere la relazione e tornare col mio compagno di vita.”

Si definisce evasione nel linguaggio carcerario di tutti i giorni, ma nella Retorica, meglio arte del bel parlare convincente, di China vigile e vigilante si definisce “appagante parentesi di vacanza extraconiugale”. La donna assolve simpaticamente con le parole quello che nel popolo peregrino si chiama tradimento proprio perché coinvolge il corpo e la sessualità. Analizzo le parole per meglio arzigogolare sui significati profondi e culturali. “Appagante” ha una chiara radice erotica e sessuale. In senso traslato si traduce soddisfacente, ma questa “sublimazione” non elimina il senso di sazietà e di pienezza che China ha vissuto e di cui racconta. China ha vissuto bene il suo corpo e le sue prerogative psicofisiche.

Parentesi” contiene una modalità del Tempo e dello Spazio, un modo di essere vissuto della categoria astronomica e Logica del Tempo e dello Spazio. China inquadra in uno spazio temporale, “parentesi”, i suoi vissuti e definisce il suo trasporto psichico ed emotivo in un “breve eterno”, in un “diem” oraziano da carpire e da non lasciarsi sfuggire soprattutto quando si vive in un mondo avaro di emozioni e di piaceri carnali e non.

Oltre l’Astronomia e la Logica China tira in ballo la Letteratura e rievoca Quinto Orazio Flacco nella sua ode del Carpe diem, l’undicesima del primo libro nello specifico, la più famosa perché la più umana, la più condivisa e convissuta perché nella sua sintesi poetica contiene un pezzo di vita tra il cuore e il sesso, tra la vita e la morte, tra Epicuro e Pirrone.

DEDICATA A CHINA

O China, non chiedere anche tu agli dei

quale destino hanno riservato alla nostra vita

perché è impossibile saperlo

e sarebbe come ricercare un senso logico

nei calcoli astrali dei Caldei.

Credimi, è meglio rassegnarsi,

sia se Giove ci concede ancora molti inverni

e sia se l’ultimo è proprio questo

che infrange le onde del mar Tirreno

contro l’argine delle scogliere.

Pensaci bene! Versati un po’ di vino

e soltanto per un breve tempo

concediti l’illusione di una speranza.

Mentre noi parliamo, il tempo impietosamente è diventato passato.

Godi l’attimo e non affidarti assolutamente al domani.

China ha carpito il suo “diem”, ha sognato di carpire il suo “momentum”, ma non quello da cui dipende l’eternità, come scriveva Agostino parlando della sua morte, quello oltremodo vitale di un attimo, di un breve eterno, di una sospensione dello scorrere inesorabile del Tempo, di un blocco dell’ecoulement a favore di una eccitazione neurovegetativa di per se stessa avulsa dalla Storia monotona e ripetitiva di ogni giorno, dal Tempo storico. Insomma, a frustrazione psicofisica, a istanza depressiva in emersione, a “fantasma di morte” in riesumazione, China spolvera alla grande la sua funzione onirica in cerca di quel soccorso che appaga come un desiderio che non scende dalle stelle ma sale dal corpo. Alle normali frustrazioni dello scorrere della Vita e al normale avvento dell’angoscia di Morte China reagisce con la gratificante “vacanza” erotica e sessuale, una parentesi fuori dal Tempo per riempire quel che è almeno momentaneamente vuoto. Di poi, tutto può tornare com’era, l’oggi può tornare ieri, la monotonia rassicurante serve a stare bene di fronte alle tempeste esistenziali e gli ormoni possono rientrare negli argini consentiti dalla Legge e non soltanto quella legale, ma anche quella psichica. Il Super-Io ha tollerato che l’Es si appagasse e ha fatto finta di niente, ha fatto lo gnorri, ma adesso è tempo di tornare negli argini dopo tanta esplosione di libido.

Meglio: China reagisce in sogno alla monotonia della sua vita e alla pacatezza della sua carica erotica e sessuale e si concede l’amico, si prende l’amico per poi decidere di lasciarlo al suo destino dopo tanta gratificazione. China è una donna affermativa dalle idee chiare e dall’istanza psichica morale elastica, “Super-Io”, è una donna che riconosce le sue pulsioni e le appaga senza sbandieramenti e fuochi di artificio, ma con quella sicurezza delle donne cosiddette mature che mature fortunatamente non sono mai: abili e ricche di esperienza sicuramente sì.

Nel tornare a casa però, con mio grande stupore e soprattutto sconforto, scoprivo che il mio compagno di vita non era quello effettivo (con cui sono insieme da vent’anni), bensì il mio primo ragazzo, con cui sono stata molto ma che mi ha fatto parecchio soffrire.”

L’amore adolescenziale si coniuga sempre con il dolore, il dolore di quello che non è nato perché non poteva nascere, l’amore “edipico”, il trasporto psicofisico verso il padre, quello che sa di senso e di sesso, quello che fonde il sentimento con le sensazioni di un corpo che si sta evolvendo alla grande e in fretta, in eccessiva fretta, una fretta che scorre rapida nel corpo e tiene dietro la mente. La bambina diventa donna nel corpo, ma nella mente mantiene intatte le prerogative dell’adolescenza. La bambina può fare un figlio, ma è il figlio di una bambina e non di una donna. Il primo amore prolifico è diretto verso il padre anche se a tutti gli effetti riguarda il corpo e le sue evoluzioni organiche. China rievoca in sogno la figura paterna e la sua dimensione-posizione “edipica”, le sue pulsioni ambivalenti, non ambigue, attizzate dai vissuti personali in riguardo al primo maschio, quello di casa, il padre, quello che hai quotidianamente per le mani anche se non c’è. Lo “stupore” si spiega proprio con questa riesumazione del padre e lo “sconforto” si spiega sempre con questo ritorno del sintomo edipico, la delusione che poi porta la adolescente donna a percorrere altre piste, quelle sociali, per trovare un maschietto e appagare le sue pulsioni erotiche e sessuali. Stupore e sconforto sono la linea dialettica su cui scorre l’emancipazione psichica dal padre e l’evoluzione psicofisica verso l’età adulta. “Mi ha fatto parecchio soffrire” non si addebita alla vanità narcisistica del ragazzo, ma è pertinente ai vissuti contrastati di China bambina nei riguardi del padre. China non ha sposato il padre perché il primo amore non si sposa mai e non si scorda mai proprio perché è tanto complesso e complicato tra senso e sesso che frastornano, seducono, ammaliano, fanno soffrire, fanno godere, “svarionano” in una sola parola, quella che suona così bene nella bocca della grande campionessa Sofia.

Nel sogno mi domandavo dove fosse finito mio marito (avevo “scavalcato” vent’anni di relazione con lui per catapultarmi alla mia prima giovinezza) e mi sentivo angosciata all’idea di aver rinunciato ad una cosa bella non per vivere con mio marito bensì per stare con quell’uomo che mi aveva fatto così male.”

Questo è la chiosa di China e non abbisogna di interpretazione e commento il finale onirico di questa donna meravigliosa che è stata una figlia edipica in pieno rispetto delle varie tappe della sua evoluzione psicofisica. I mariti appiccicosi non si addicono alle donne e agli uomini liberi dentro e democratici fuori, così come le donne appiccicose.

Non riesco a dare un senso a questo sogno, a parte che la sera prima ero reduce da un importante litigio con mio marito a cui però, lucidamente, non ho attribuito così tanta importanza e gravità.”

Il senso e il significato sono dentro China, io li ho esternati anche in versione poetica, a testimoniare che i nostri prodotti psichici notturni sono elaborati secondo i meccanismi estetici, sono “poietici”, creativi nell’etimologia greca, e contengono le nostre pietre preziose psico-evolutive. Il marito viene dopo, tanto tempo dopo il grande trambusto e la grande Bellezza della “posizione psichica edipica”, del papà insomma.

Questo è quanto il sogno di China contiene secondo le mie linee metodologiche.

Tra una potatura degli ulivi e una aratura dei campi ancora mi diletto di interpretare i sogni secondo modalità umanistica ed estetica, senza il vacuo tecnicismo psicoanalitico che usavo in precedenza, ma senza scadere di qualità, tutt’altro.

La Sicilia non è più quella di una volta e i siciliani si dividono ancora nelle quattro categorie di Sciascia.

Meno male!

Purtuttavia i contadini si lamentano sempre e comunque, ma sono gentili con le persone sensibili.

E China è una grande donna.

IL MARZIANO

Il marziano veniva da Marte,

aveva occhi di ghiaccio e lineamenti barbari,

procedeva marziale come marionetta di bassa lega,

da opera dei pupi,

puparo e pupazzo

tra i suoi deliri sognanti,

tra i suoi sogni infranti sotto il sole dei soviet

quand’era residuo bellico di un missile oscuro,

infante malnato da grembo metallico,

uno sputnik sputato sulla terra dalla lontana luna,

lunatica anzichenon,

quasi selvaggia nel suo osceno luccichio di latta,

quella dello sgombro sott’olio di un carrarmato al computer.

E il marziano sognava con la m minuscola,

sognava,

sognava.

E sorrideva,

sorrideva,

sorrideva.

Se la rideva senza i baffi,

se la rideva di grasso e di fino

davanti al mondo attonito al nunzio,

un nunzio nunziato a suon di balbettii cirillici,

di sgraziate movenze inumane,

di tracotanti deliri risonanti di forbito acciaio,

un marziano della Improvvidenza,

brutto come la fame di gennaio,

non benedicente come il vento Libeccio,

di marmo quando si mescola alla Tramontana.

L’armi,

qua l’armi,

combatterò sol io,

procomberò davanti a un popolo che esegue,

che non obbedisce al duce,

che non esegue il capriccio del fhurer,

che ammazza quel padre ucraino,

che uccide il fratello russo,

che sconquassa i soviet di una volta,

 

Salvatore Vallone

 

Carancino di Belvedere 24, 02, 2022

 

LO STRUZZO DI KONCETTA

LA LETTERA

Buongiorno Salvatore, come va?

Se ha tempo, ho voglia di raccontarle un altro sogno e la mia interpretazione, mi corregga se la sbaglio.

Ho sognato che avevo un cucciolo di struzzo completamente nero come animale di compagnia.

Secondo me lo struzzo rappresenta alcune qualità di me.

Tenevo il piccolo in casa e non lo facevo uscire per paura di perderlo, ma la casa era buia. Il piccolo struzzo era molto affettuoso con me, ma quando io non c’ero aveva paura e rimaneva nascosto. Quando io tornavo a casa, dovevo mettermi a cercarlo sotto i mobili e sotto il letto e quando lo trovavo correva da me e lo tenevo in braccio.

Si addormentava con me e faceva versi di affetto.

Penso che il significato è che nella mia vita ho frenato delle qualità che avevo per la paura di affrontare gli altri all’esterno e, di conseguenza, col tempo mi sono sentita incapace ed è stato difficile ritrovare autostima.

Un giorno mi sono decisa a uscire con lo struzzo e appena ho aperto la porta fuori era bellissimo, c’era un fiume colorato con prati e montagne e non c’erano case o persone. Lo struzzo ha subito iniziato a correre a destra e a sinistra e io avevo ancora un po’ paura di perderlo, allora lo richiamavo vicino con le coccole.

Ma dopo un po’ non avevo più paura e correvo con lui sempre più veloce e stavo benissimo.

Ad un certo punto qualcosa nella mia vita è scattato e con il coraggio ho recuperato e ho scoperto che amo essere libera.

Lei cosa pensa?

Questo sogno è di ieri, poi questa mattina il mio ragazzo mi ha detto che ha sognato me che andavo in mezzo a un branco di lupi e dicevo, è bellissimo stare in mezzo a loro, ma ad un tratto venivo sbranata. Mi ha lasciata un po’ così..

QUALCHE NOTA

Accettabilissima la sintesi interpretativa di Koncetta.

Lo “struzzo” è la chiara “proiezione” di Koncetta bambina, la chiara condensazione della sua infanzia e della sua bambina introiettata, del suo essere stata bambina infante e del suo essere donna in atto.

Koncetta si relaziona bene e con giudizio e ama la compagnia, è stata educata e si è educata a stare insieme agli altri, alla gente, al suo prossimo. Per questo semplice motivo si è distinta senza confondersi e tanto meno fondersi per bisogni profondi e ha potuto coltivare la sua persona e la sua individualità. Koncetta in tal modo si è individuata, si è fatta persona con tutte le sue maschere e le sue difese, curando il suo intimo & privato, la sua interiorità e la sua intimità e in attesa di maturare una buona autocoscienza e un’adeguata auto-consapevolezza, al fine di evitare dolori e angosce, brutti incontri e traumi.

La “casa buia” rappresenta proprio questo stato crepuscolare della coscienza e dell’Io, questa necessità psico-evolutiva che è introduttiva e propedeutica alla crescita della Mente e del Corpo. Senza crepuscolo non c’è alba. E Koncetta ha bisogno urgente di crescere e di essere adulta per il mondo che la circonda e che sa essere anche pericoloso, oltre che protettivo e didattico. Koncetta nella sua forma di “struzzo” ha un giusto riguardo dei lupi, dei predatori, dei leoni vestiti da agnelli. Insomma ha un buon rapporto con se stessa, associato a una giusta timidezza e introversione.

Ripeto: Koncetta si difende bene, sa istruire le giuste e adeguate difese nelle relazioni con se stessa e con gli altri, nello specifico sa difendere il suo mondo interiore e la sua intimità dalle ingerenze altrui.

Tenevo il piccolo in casa e non lo facevo uscire per paura di perderlo, ma la casa era buia. Il piccolo struzzo era molto affettuoso con me, ma quando io non c’ero aveva paura e rimaneva nascosto. Quando io tornavo a casa, dovevo mettermi a cercarlo sotto i mobili e sotto il letto e quando lo trovavo correva da me e lo tenevo in braccio.”

Raccontava Freud della nipotina che, quando la madre usciva, nascondeva il rocchetto di legno per il filo da cucito sotto un mobile e diceva “non c’è”, di poi lo tirava fuori e diceva “c’é”, esorcizzando in tal modo l’angoscia dell’abbandono da parte della madre. Mirabile è la stessa psicodinamica e la figurazione o rappresentazione della scena, a conferma dell’universalità dei meccanismi psichici di difesa che poi vengono usati anche nel sognare.

Koncetta si accetta e si ama senza scadere nel fatuo narcisismo. Koncetta si è conciliata con se stessa assolvendo i sensi di colpa eventuali che costellano il cammino della vita.

Ricordo a Koncetta che la libertà deve essere anticipata sempre dall’autonomia, dal “fare legge a se stessa” senza dipendenze varie e variopinte dagli altri e dalle cose.

Koncetta conferma che soltanto accettando e razionalizzando la nostra infanzia si può stare bene con se stessi e con gli altri.

Questo sogno è di ieri, poi questa mattina il mio ragazzo mi ha detto che ha sognato me che andavo in mezzo a un branco di lupi e dicevo, è bellissimo stare in mezzo a loro, ma ad un tratto venivo sbranata. Mi ha lasciata un po’ così..”

Il “ragazzo” di Koncetta sogna e proietta su di lei la sua “invidia”, meglio il suo sentimento di competizione e il suo desiderio di essere come lei, soprattutto invidia, (letteralmente si traduce dal latino “vede in lei”), proietta le sue paure e le sue angosce di relazione.

Sbranata” sembra eccessivo, ma rappresenta figurativamente una aggressività normale e diffusa che ognuno di noi ha dentro. Del resto, ognuno dà quello che ha e quello che non ha non può dare.

La cosa più importante è la coscienza di sé, l’auto-consapevolezza.

Di questo Koncetta ha piene le bisacce.

Complimenti donna dalle mille risorse e dai mille equilibri!

Tieniti pure il moroso, un ragazzo sincero e semplice, soprattutto ben fatto con le sue lineari qualità.