IL RISVEGLIO

Svegliarsi ogni mattina

con in testa una signorina,

svegliarsi finalmente con te,

con la mia Giannina.

Svegliarmi una mattina

insieme alla mia signorina,

svegliarmi ogni giorno insieme a te

che sei la mia piccina.

Svegliarmi sempre e sempre ormai con te

che sei la mia cagnolina.

In quel tempo fu Bobby a svegliarmi,

oggi sei tu a risvegliarmi.

Moi je t’aime,

chiunque tu sia,

o dulcedo dell’anima mia.

Salvatore Vallone

il Giardino degli aranci, 28, 05, 2023

NOSTALGHEIA CANAILLE

E così te la intendi con il massimo dei minimi,

con i seguaci dell’improponibile e improbabile Jacques,

il francese alle Gauloises dal dolce sapore di prugna.

E così segui anche tu la luce delle stelle morte,

il fenomeno luminoso di un noumeno,

un visibile e massiccio pensabile,

la scia ardente delle moderne camere mortuarie,

le sale umane del congedo inumano.

E magari vai a comprare in libreria quel malloppo di detto e ridetto

per arricchire gli editori ingordi e gli autori innarcisiti,

quelli che hanno ucciso i libri di carta con i diritti in salotto,

la manega di esibizionisti sporcaccioni

che toccano i culi delle donne improvvide.

E magari mi dirai alla stazione del fiero Primolano

che le stelle sono morte per colpa dell’Alighieri

che infine uscì a rivederle dopo cotanto inutile fottio,

dopo tanto strafottente primeggiare tra impari.

Eppure Ulisse ti parlò a suo tempo e a suo modo

con tanto di baldracche nel suo pullman diretto a Monza,

con tanto di libri da svendere nelle catene erremoscia & cavalieri.

Tu sapevi di quel dolore del ritorno e del ritorno del dolore.

Io te l’avevo spiegato ad ampie falcate sulla strada di Damasco

insieme a Palinuro,

il nocchiero del capo,

colui che non deve chiedere mai

semplicemente perché non ha editori disposti al culo,

benemeriti della patata igp e dop.

Tu hai guardato indietro e non avanti,

hai amato il dolore e non il progetto,

tu non ci sei ieri alla fiera perché oggi c’eri in te stessa,

una persona giuridica senza futuro

e con tanto di pedigree nel collo senza collana e senza imbroglio.

O angelo del cielo restituisci alla mia bambina

quelle stelle morte che ancora sono vive

e parlano al suo cammino illuminandolo di lastricate zolle.

Meglio venirci con la testa bionda sul guanciale

per le ultime carezze degli ipocriti dissennatori.

E’ vero che non siamo mai soli nelle nostre brande

e odoriamo di morte per inedia e di violenza militare.

E’ vero che sei la creatura di un qualche dio mercenario,

ma non dovevi di certo innamorarti di quell’Ulisse

che annegò nelle fogne delle colonne

dove Ercole pose li suoi riguardi

a che il poeta più oltre non si metta.

Lascia gli idoli del foro e del mercato,

abbraccia gli idoli della tribù e della spelonca,

stai in mezzo alla gente ignara

che porta gioiosamente a spasso per la città

una donna argentata sul pulpito inanimato,

ama la Parola di Giovanni,

quel Verbo che non si compra perché non si vende,

quel verso libero che non è dolore del passato,

dolore del presente,

dolore del futuro,

ma semplicemente un emerito dono

che non si compra perché non si vende.

Solo così eviterai le chiese e le parrocchie,

i salotti osceni e le sirene ricostituite,

mia cara Gianna,

nostalgica addolorata madonna

che non ristai in un altare mercenario o in una bancarella premiata.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 18, 12, 2022

MARZO 2021

Oh giornate del nostro riscatto

Oh dolente per sempre colui

Che da lunge, dal labbro d’altrui,

Come un uomo straniero, le udrà!”

Quanta retorica,

Alessandro il cattolico,

per una patria che non c’è!

Quale riscatto?

Quello dei mercanti in odore di politica

o quello degli ignoranti nemici di Platone?

Cosa vai blaterando insieme a Giacomo da Recanati

per quell’Italia che non c’era,

per questa Italia che non c’è.

Lo vanno dicendo in tivù i furbastri menagrami

per quest’Italia che non c’è.

Siamo stranieri e siamo dolenti,

siamo lontani l’uno dall’altro e senza labbra.

Chi ci ascolterà?

Chi ascolterà le nenie delle madri

e le prediche dei padri,

chi ascolterà un popolo muto

accovacciato come un cane ai piedi del nuovo padrone?

Dopo il puffo arriva il buffo,

dopo il puffo e il buffo emerge dalle fogne il pacioccone,

il pericolo dell’inconcludenza,

la voce del padroncino.

Che a’ suoi figli, narrandole un giorno,

Dovrà dir sospirando: “Io non c’era;

Che la santa vittrice bandiera

Salutata quel dì non avrà.”

Io ho fatto il militare a Lecce, a Palmanova e a Caserta.

Avevo la divisa color sabbia e il fal americano,

ero capo di un carro armato americano,

di quelli abbandonati dagli yankee

dopo le loro scorribande al whisky e al napalm,

dopo i figli, neri e bianchi, abbandonati in giro per il mondo.

E anche dietro la collina c’era la Morte cupa e assassina,

quella dei pazzi terroristi che uccidevano il fratello e i fratelli.

Quanta vergogna, quanta follia!

Un fantasma si aggirava per il Globo,

il fantasma del Comunismo,

il fantasma del Fascismo,

il fantasma del terrorismo.

Cosa vuoi che ti racconti,

o figlio,

di questi tragici momenti

in cui ci si ammazzava per diletto tra di noi,

tra fascisti e comunisti,

tra celerini e studenti,

tra caramba e operai.

Cosa vuoi che ti racconti,

o figlia,

di cosa nostra e cosa vostra,

dei giudici morti ammazzati e dei politici che li abbandonarono,

del pane di casa e delle panelle di stato.

Si è voluto così colà

dove ancora si puote ciò che si vuole.

Abbiamo chiesto,

ma non ci è stata data risposta alcuna.

A noi prescrisse il Fato ignota e illacrimata sepoltura.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 13, 05, 2021

ELOGIO DELL’ARDIMENTO

Ci siam sbattuti un dì della galera,

ci siam sbattuti delle teste di cazzo,

per preparare questa gente forte

che adesso se ne sbatte de crepar,

il mondo sa che la camicia bianca

si indossa per combattere e morir.

Per il duce e per la morte

per chi ancora ha chiappe rotte,

una è la parola d’ordine,

una è la precisa volontà:

vincere,

bisogna vincere

e vinceremo in terra, in cielo e in mare,

o faccetta nera di via Cavour in Abissinia,

aspetta e spera che già l’ora si avvicina,

quando saremo vicino a te,

avrai in dono una bella casa con bidè.

Ci siam sbattuti un dì di Salvatore,

ci siam sbattuti de sta testa di mazzo,

per preparare un mondo gran pagliazzu

che adesso vuole anche trionfar,

il mondo sa che la camicia rossa

s’indossa per combattere e morir.

Per il kaiser e per la morte

per chi ancora ha chiappe rotte,

una è la parola d’ordine,

una è la precisa volontà:

vincere,

bisogna vincere

e vinceremo in tutta questa spazzatura

senza curare i modi,

ma guarda e passa dall’altra banda,

tra i neri pensieri che i capetti schiudon novelli,

tra le calendule e le violette romanesche

che insultano il milite ignoto

e sputano sull’arcobaleno omo et etero.

Ci siam sbattuti un dì del gran buffone,

ci siam sbattuti delle sue fregnacce,

abbiamo messo in cielo tutte le stelle

e adesso non parliamo più di qualità,

neanche a teatro,

per preparare questa gente ignara

che oggi se ne sbatte de travagliar,

il mondo sa che la camicia a pois

s’indossa per combattere i coion.

Per il buffo e per la morte,

per chi ancora ha chiappe rotte,

una è la parola d’ordine,

una è la precisa volontà:

vincere,

bisogna vincere

e vinceremo in tutti i teatri del centro e della periferia,

come faremo senza giangiaques,

senza skey e senza posperi,

ma con tanti coioni ancora tra le palle.

Al grande Puffo l’ardua sentenza.

Facce ridere,

facci il ponte sullo Stretto e sul Largo,

ah facce tanto ridere,

grande Buffo,

che di Teresine e di Matteucci son vispe le fossa.

Famme ride,

ti prego,

che so triste da morire.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 15, 08, 2022

ILLUSIONE

In ludo,

nel gioco io gioco,

illusione,

nel sogno io gioco,

illusione,

la realtà è un gioco,

illusione del sogno e della realtà.

So che sto sognando,

il Bardo,

la vita è un gioco,

nella vita io sogno,

la vita è illusione,

ti cambierò, o sogno, in desiderio,

nel mio desiderio di un sogno lucido

che manifesta l’illusione,

la dolce chimera.

Anche la veglia è illusione,

la realtà è sogno,

la vita è sogno,

un sogno lucido è un modo

per dissipare l’illusione della realtà.

Lunga è la strada della consapevolezza,

lunga è la strada che mi porta da te,

o Morte,

morte apparentemente solida e illusoria.

Rinascerò cagnetta.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 2, novembre, 2022

MA L’AMORE NO – ATTO SECONDO

Ma l’amore no, l’amore mio non può

disperdersi nel vento con le rose,

tanto è forte che non cederà,

non sfiorirà.”

Le rose al vento,

la rosa scarlatta,

le rose hanno le spine,

la rosa s’incarna,

la rosa è anche rossa.

Ma cos’è questa rosa?

Cos’è questa rosa

che deve disperdersi nel vento insieme all’amore?

Questa rosa così forte non perderà i petali,

non invecchierà lentamente fino a morire,

resterà viva,

sempre viva,

è eterna e onnipotente,

omnia potest

perché questo amore è mio,

è il mio amore,

quello di un uomo che ama una donna,

ama la rosa,

ama la sua rosa.

Ma tutto questo non è amore.

Il vento soffia e nevica la frasca,

ma le rose non sfioriscono,

la rosa bianca,

la rosa gialla,

la rosa rossa,

la rosa nera,

la rosa scarlatta,

la rosa mulatta,

la rosa rosata,

la rosa.

Io, tu e le rose.

Quante rose attorno a noi

che ammicchiamo e accattoniamo,

che odoriamo e slinguazziamo.

Finalmente un po’ di coraggio!

Sursum corda,

animo ragazzi,

in alto i calici,

andiamo alla conquista delle rose.

Rosa dolze e aulentissima

c’apari in ver la state,

le donne ti desiano pulzelle e maritate.

Forte è la focora

che spinge il testosterone

verso la Botanica simbolica di una donna d’amare.

Ma tutto questo, oggi, non è amore.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 20, 08, 2022

MA L’AMORE NO

ATTO PRIMO

Guardando le rose fiorite stamani,

io penso che domani saranno appassite.

E tutte le cose son come le rose

che vivono un giorno, un’ora e non più.

Quanto pessimismo individuale e cosmico!

Quanta sfiga personale e collettiva!

Quale disgrazia incombe su questi uomini di ieri,

su queste donne appassionate e devote,

sempre di ieri cinquanta,

baffute e naturali,

senza trucco e senza inganno,

che si facevano sognare loro malgrado,

che ci facevano desiderare nostro malgrado.

Povere donne e poveri uomini di ieri!

Il Pessimismo è alla Jacopo e alla Giacomo,

alla Arthur e alla Arturo inculato da Zoe la sciancata,

alla Soeren il matto dopo il rifiuto di Regina,

alla Francoise ben parodiata da Catherine,

la sensual garbata partita dianzi per le Langhe infernali.

Tous le garcons e les filles de mon age

hanno tutti qualcuno da amare,

tutti i ragazzi e le ragazze della mia età

fanno insieme progetti d’amore

e la mano nella mano

se ne van piano piano,

se ne van per le strade a parlare dell’amore.

Solo io devo andare sola sola

senza uno straccio di uomo che mi ami.

Allora era così.

Guai a dire uno straccio di donna.

E la Juliette dove la mettiamo?

Tutta vestita di nero la Greco

avec Jean Paul e Simone al Bec de Graz de Paris,

i due menagrami dell’Esistenza filosofica

con le Gauloises eternamente

tra le labbra smunte e ossidate dalla nicotina,

con le dita gialle di impudicizia carnale,

trasgressivi e maledetti in attesa del Rien,

du Rien de rien,

toujours sans regretter rien,

ostinati nel rifiuto dei santi e delle statuette di gesso,

della pittura sacra nelle gallery del boulevard de la Seine.

L’Esistenzialismo è un Umanismo?

L’Essere è veramente il Niente?

Mancava lo Straniero di Albert

per completare l’opera dei Pupi francesi.

Carissimi stramaledetti,

Orlando e Rinaldo e Angelica,

vengo a voi e vi dico che

la Vita non è dolore,

non è angoscia sacra o profana,

la Vita non è una colpa da espiare,

non è un peccato mortale,

non è ubris e tantomeno condanna.

La Vita è alla Orazio,

al carpe diem e alla va in mona.

Tutto è nulla,

ma l’Amore è Tutto e sempre,

l’Amore vincerà sull’Odio,

checchè ne dica Empedocle di Akragas

e le sue quattro radici,

l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco,

le sostanze famose di Silvanetta da Barcellona

in quell’alberghetto bordello di Onè di Fonte.

Eppure si desiderava,

ma eravamo i tabù a quadretti di liquirizia pura,

gli eredi di quei fascisti e di quella cultura

che non era morta nel 1943.

Albergava nei nostri cuoricini ignudi

e nelle nostre menti infanti.

Eccome albergava!

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere 01, 05, 2022

LA CORONCINA DI PRATOLINE

Lei aveva una coroncina di pratoline sui neri capelli,

lei aveva freschi pensieri nella sua anima novella,

lei sognava la favola bella della sua vita.

La porta finalmente si è aperta

e Diana è volata lontano,

lontano da qui,

lontano dalle umane miserie,

perché l’anima vola,

mica si ferma,

tanto meno ristagna o si adombra,

l’anima contempla l’ignominia della mente

di una madre assente,

assolve la pochezza di un padre ignoto

e le bagna di sacra pietas.

E stato così.

Adesso Diana si ama da sola

e rimboccandosi ogni sera le coperte,

troverà quell’amore gentile,

quell’amore dolce e sincero

nella notte che la invita a dormir.

Ho detto su di te le orazioni,

ho bagnato le pratoline,

ho sistemato la coroncina sulla tua testina,

adagio,

per non farti male.

Lei aveva una coroncina di pratoline sui neri capelli,

lei aveva freschi pensieri nella sua anima novella,

lei sognava la favola bella della sua vita.

Salvatore Vallone pose queste parole nel dolce ricordo di Diana.

Carancino di Belvedere, 06, 08, 2022

A PROPOSITO

Domani ti comprerò un orsacchiotto di pelouche

per i tuoi giorni bianchi e neri,

per le tue notti brave,

per i tuoi dì tutti da venire a visitarti.

Ti meraviglierai

del fatto che mi sono ricordato di te in tanta tempesta virale,

perché dovrei pensare a non tirare le cuoia in tanto bordello,

ti ricorderai del gioioso nocchiero

che ti ha condotto per mari e per monti

in mezzo alle tempeste della vita

senza trovare porti utili per un approdo funesto.

Mai approdare, ricordati o Lucifera!

A proposito,

sai che la bestia umana,

il capolavoro della creazione secondo gli illusi della fede,

ha ucciso novantasette milioni di squali

per mutilarli delle pinne a favore di un membro umano

già morto nel cervello insano del portatore ignoto,

ha trainato ventisette miliardi di tonnellate di pesce azzurro

per la frittura mista di paranza

da consumare anche in un fetido antro di Ortigia,

ha ucciso Graziella e Lello per il bene della razza,

per poter procreare esseri superiori,

quasi come gli dei che ancora onoro e adoro

presso la cappella dello Spirito santo

nella chiesa di riviera Dionisio il grande.

A proposito,

domani ti porterò un piccolo dio

da mettere nel tuo altare di casa,

un Lare a perpetuo ricordo di quello che eravamo

e di quello che siamo,

a profonda ignominia di quello che saremo.

L’idolo avrà muscoli da palestra

nel petto rubicondo e nel costato tartassato,

avrà la tartaruga intatta e sopraelevata come il ponte Morandi,

sarà avvolto da un medioevale drappo rosso

negli organi dell’orgoglio,

almeno fino a quando l’iconoclasta Matteo & Matteo

non deciderà di far cadere il governo.

A proposito,

tieniti sempre forte

tra i deliri della televisione e le prediche dei giornali,

pecca fortiter, sed crede fortius,

strafottitene,

tieni spento l’elettrodomestico infausto in questi tempi duri

perché i dissennatori impazzano sulla scia del grande Puffo,

rincorrendo l’esca del grande Buffo,

mentre i bambini neri aspettano il pittore in mezzo al mare

per dipingere il loro altare.

Niente ipocrisie e idiosincrasie,

tanto meno mestrui inopportuni.

Amami alla luce del sole e senza scommesse,

perché nunc bibendum est,

dum loquimur, fugerit invida aetas,

amami così,

come faccio io in uno dei tanti carpe diem

mandandoti parole & parole in dono perpetuo e perenne,

come il fiore che non marcisce ancora nelle chiese dei preti,

quelli che, se muore la signora Morte corporale,

rischiano di chiudere per sempre bottega.

Assolvimi e assolvi le mie debolezze di uomo frustrato

che vive in mezzo ai prosperi campi

tra pecore odorose e maiali obesi.

Cura ut valeas

e così domani sarà un altro giorno da via col vento.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere 28, 01, 2022

 

ELLA O ELLO FU

La Globalizzazione?

Chi è costui o costei?

Un Carneade o una Carneade?

Costui o costei era,

non è e non sarà.

Magari!

La Globalizzazione è finita.

Ella o Ello fu,

passò,

transiit,

ha statu,

s’inni fuiu cu Cammela a cinisi o cu Cammelu u rumenu

e non è più tornata o tornato,

c’est fini.

La troia o il troio è andata o andato

in gran stramona di bagascia o di bagascio.

Magari!

E voi, o popolo popolano e popolare, cosa fate qui?

Cosa aspettate babbo Pasquale con la colomba al napalm?

Cosa aspettate la colomba con il ramoscello d’olivo al plutonio?

Ite,

ite,

andate in pace,

come dice don Giuseppe della Borgata alla fine della messa

a quei poveri borgatari tutti a pois e a colori.

Non ferite gli ulivi per la signora Pace.

E tanto meno le Palme.

Pax fuit et pax facta est.

Omnia turpia turpibus.

Non lo sapete?

Il Mondo è cambiato.

Non c’è più il Mondo di una volta.

Figuriamoci l’Uomo!

Non c’è più spazio

per i minchioni di omnia munda mundis,

tanto meno per i coglioni e le coglionate

della solita sera con i popcorn americani passata in tivvu,

per i pivelli nostrani dalle uova d’oro all’improvviso

dopo una vita di fame e di puttanesimi,

per i professori esibizionisti alla panna montata

dopo l’espulsione dai sommi Licei,

per i filosofi e le filosofesse narcisisti

all’odor di varechina della nonna e di naftalina,

per i nuovi Sofisti e Sofiste dell’italiota agorà

malati di fantasia e di sogni a occhi aperti,

per quelli e quelle che hanno girato

e girano le sette parrocchie in una sola volta e a ginocchioni,

per le galline e i galli imbellettati al sapore di prugna,

come il buon confetto di una volta,

quello che faceva veramente cagare tanto e di gusto.

Animo, orsù, manica di picchiatelli!

Lo sballo è passato,

il manicomio è chiuso,

i folli si sono sciolti nell’acido mafioso

della notorietà occulta e manifesta,

la guerra è cominciata e impazza dalle Alpi alle Piramidi,

dal Manzanarre al Reno,

la bomba guizza in un baleno,

l’oppio è sempre dei popoli

per lenire l’angoscia di morte,

ma Karl non c’è più.

Al barbone hanno da tempo tagliato il barbone.

Quanti barboni in questa via delle vecchie maestranze!

Il fantasma però c’è,

è rimasto in casa,

ha cambiato solo tunica,

è davanti alla statua di una donna in gesso,

prega una madre celeste per i figli di Eva,

una imperdonabile Eva.

I popipopi eterodossi condannano ancora i figli di Lilith,

una adorabile Lilith,

e sono davanti al grande Capo tutta cacca

con abiti d’oro e diamanti in testa

al suono di una nenia da neo impero dell’Est.

Eva ha partorito il buon Abele.

Eva ha partorito l’intoccabile Caino.

Eva ha partorito tutti noi.

Noi siamo gli esuli figli di Eva

gementi e piangenti in hac lacrimarum valle,

in hoc mundo furenti

colmo di uomini ferini e di mercanti in fiera,

ricolmo di guerrieri mercenari e ortodossi ministri della Morte,

di lanzichenecchi oculati e pieni di scolo,

affollato di gentaglia senza pietas con la sifilide e l’aids,

fottuti in hoc mundo furenti sine pietate,

sine bontade,

sine beltade,

sine poetica.

Viviamo in un mondo sine pueris et puellis,

in un pianeta adescato da osceni banchieri

e violentato dal Mercato banderuola,

quel Mercato girovago che sta sopra la onesta Nazione,

quella buona Nazione che sta sotto il Mercato assurdo.

Povero Giuseppe!

Una, libera, indipendente e repubblicana,

Ah, questa Giovine Italia!

Cosa volete, o picchiatelli?

E’ il prezzo della Storia,

quella Storia che potrebbe anche ribassare i prezzi

vista l’inflazione di storici e filosofi,

vedi Cugin e cuginastri,

vedi qualche professore nostrano sedicente filosofo,

vedi i politicanti e i pressaioli allo sbando bellico,

vedi chicchessia in sonoro e in video

alla ricerca del pezzo eccezionale

per stare sul pezzo e sul mercato con il pezzo.

Lilith non vuole.

La fanciulla proletaria non vuole stare sotto.

Eva ci sta,

Eva vuole stare sotto,

è una costola clerico-capitalistica,

una costoletta imperialista

rifatta al meglio da un chirurgo abusivo

che ha l’ambulatorio in una traversa di Trebaseleghe,

una buona donna,

una donna troppo buona

per essere di cartapesta e al botulo.

Eppure, ha labbra enormi e tette ingombranti.

E allora?

Allora tutti in Cina,

tutti in Cina,

andiamo in Cina a prenderlo tra le chiappe chiare.

Gridiamo, orsù, “Trade”,

commercio, commercio,

gridiamo tutti in coro “evviva il libero commercio”,

osanna al Liberismo”,

osanna nel più basso dei mercatini rionali.

Gridiamo, orsù, “Adam”,

viva Smith”,

evviva Adam”

che ci dà il gas e la luce

come se fosse un duce,

che ci dà un mondo inquinato al sapore di plastica,

i supermercati strapieni al gusto di niente

che esondano la merda di caciocavalli

negli ampi orinali di seduttivi casini commerciali.

Hai visto cosa hai combinato tu che non c’eri?

Plutocrati,

oligarchi,

timocrati,

panfili a cinque stelle stesi al sole in Marina di Pietrasanta,

a Portofino e a Pozzallo.

Le sette sorelle sono diventate sette fratelli,

si sposano sempre e lo stesso tra di loro,

mutatis mutandum e come i nobili deficienti,

ci danno un gioco del Calcio senza fosforo

negli stadi della fascinosa Europa,

non quella stuprata dall’infoiato Zeus,

quella del nuovo toro bianco di tutte le Russie

e dell’imbellettato con il sacro cirillo,

con in testa la crocetta d’oro.

E noi?

Noi chi siamo?

Da dove veniamo?

Dove andiamo?

Cosa portiamo?

Quanto dazio paghiamo?

Noi,

noi siamo i figli di quelle stelle tramontate

che da lassù ci guardano ancora stupefatte

dalla coca e dal grattaevinci

e da quaggiù si lasciano ancora amare.

Cronin non era russo,

non era bielorusso,

non era ceceno,

non era siciliano,

Cronin era scozzese,

un modesto e parsimonioso scozzese senza la gonna,

era un medico ippocrateo

che aveva giurato il giuramento di Ippocrate,

aveva giurato sulla testa di Zorba il greco.

Cronin era un profeta

che parlava prima e a favore della gente normale,

prae et pro for faris, fatus sum, fari.

Ita locutus est per prophetis pro plebe.

Cronin non era maritato con Maria Maddalena.

E allora, cossa vu tu?

Lo Stato è finito nel cesso,

la Nazione è morta di diarrea,

il Popolo è allo sbando mediatico,

la Res pubblica è l’Internazionale del Quattrino,

non quella Socialista dell’Inno “Noi siamo dei lavoratori”,

salariati e plusvaloristi,

non valorizzati e inflazionisti,

Internet è cresciuta in verticale senza Netiquette,

il Mercato è un Mercatismo dentro un pugno di uomini,

un pugno di ferro con la maschera di Zorro,

un supereroe metallico di un metro e mezzo

con la Zeta tracciata su un petto senza cervello,

un veritiero che impone di negare la realtà

a tutti quelli che conoscono l’imbroglio

di un Impero russasiatico nuovo di zecca e vecchio di zucca.

E il Poeta?

Il poeta vuole soltanto morire di sballo,

se la ride tra i limoni e le patate della famigerata Siracusa,

il femminello e la femminella,

una città greca,

famosa per la spazzatura nostrana e l’incuria politica,

per le sue strade bucate ad arte e per la cultura mancata,

un’isola affollata di nuovi barbari e di eterni mercanti importati

che ne combinano di tutti i colori.

Io e la mia famiglia abitavamo in Ortigia,

la quaglia greca,

con i veri Siracusani di quel tempo che fu

e in quel tempo che non sarà mai più.

Che finale travolgente!

 

Salvatore Vallone

 

Carancino di Belvedere, 04, 04, 2022