SALVATORE VALLONE
“LA COSA PARLA”
IL LINGUAGGIO DELL’INCONSCIO
dimensionesogno.com
“Le ca parle.”
“ L’Inconscio è strutturato come un Linguaggio.”
Jacques Lacan
LE PAROLE DEL COMPLESSO DI EDIPO
“Vanitas vanitatum”!
Un’amante, una moglie, un marito?
Il tempo lo dirà.
Bisogna attendere che le nespole maturino
e poi tutto, come al solito, finirà sul più`bello.
“Tutto finisce”: il classico ritornello delle vicende umane.
Era anche scritto sul frontone di una cappella nel cimitero di Siracusa:
“tutto finisce”.
Nella ciclicità culturale del 2 novembre
mia madre istillava al gregge dei suoi figli una sana paura dei defunti,
enigmatiche figure
che di giorno portavano i doni e i frutti,
ma di notte grattavano i piedi ai bambini cattivi.
E se i bambini fossero stati tutti buoni?
Ah, i bambini!
I bambini muoiono sempre di crepacuore
e ogni giorno un po’ di più.
Io non volevo più giocare con gli altri bambini
e la notte dormivo tranquilla da sola nel mio letto rosa.
Ma tu come vivevi quella persona che veniva a letto con te?
In tre nello stesso letto?
Era una sacra perversione.
Questa era una relazione sottobanco
che oggi sottolinea la bontà
e conferma la necessità di vivere da soli
anche se tu vivi con me
e fai sempre quello che vuoi.
Io non t’intrigo,
io non t’intralcio.
Cosa dirà il papà?
E’ stato sempre disponibile
e aveva scelto di stare con te senza di me.
Perché adesso mi tiri dentro la tua sozzura
e mi rendi complice di una separazione?
Ma il papà non pensa
e, se pensa, pensa male ciò che è bene.
Se guardi bene,
tuo padre ha solo la forza di lavorare come un mulo.
E poi,
queste pazzie verbali,
questi ammassi di parole cosa significano?
Tuo padre è tuo padre,
così come io sono io.
Inutili i rimpianti
anche se io insisto e persisto nel nulla.
E penso e ripenso
“oh, se tu non mi avessi avuto da bambina!”
“Oh, se tu non mi avessi avuto da donna!”
Oggi non avrei da ricordare
e, anche se è più triste non aver nulla da ricordare,
oggi non mi sentirei legata così stretta a te
fino a sentirmi soffocata da una cintura di cuoio.
Come non somigli in nulla a mio padre con i tuoi valori di scansafatiche.
Ben venga, allora, l’ozio,
lo sbafo, l’imbroglio e la truffa.
La malizia non è un gioco,
né una marca di deodoranti.
La malizia è un valore,
il tuo unico valore.
Tutto questo s’intravede nel tuo molare i cristalli con perizia
e nel tuo fatale “vissero tutti felici e contenti”,
per cui con tenerezza lanci sguardi dal tuo piedistallo
e stai bene solo se ti senti tanto amato da te stesso.
Io avrei mille premure e altre mille
e, se vuoi, lavo i piatti,
cucino e ti porto in ospedale per la quotidiana dose di metadone.
Ma sappi che io non sono così.
Ricordati sempre che i miei sono modi di essere
che tu mi hai appioppato
e che s’incastrano bene con i tuoi bisogni di coccole e di zoccole,
di coccole da zoccole,
coccole non da persona onesta e ligia al dovere in ogni caso.
Io non sopporto che tu approfitti di me
per non sprofondare nell’abisso delle tue pastiglie e della tua eroina.
Io non sono la tua ancora di salvezza,
un qualcuno che ti aiuta a ucciderti
e raccoglie il tuo vomito dopo l’ennesimo buco.
Questa vita non è poesia,
ma un cumulo di deliri che assolve te
e condanna soltanto me.
La cosa non è da poco.
Chissà,
chissà chi lo sa.
Ma io ci penso,
ci ripenso,
mi ci butto dentro,
cerco gli altri e dimentico me stessa.
La cosa non è male
se riesci a isolare lo stress
e a non inquinare tante situazioni della tua vita
con piena coscienza di causa.
Ma vai a piangere da un’altra parte, brutto tossico!
Prima però` aiutami a ritrovare mio padre.
Non vedi che sono pudica
e abbasso gli occhi come Lucia Mondella
ogni volta che mi guardi con fare ammiccante.
Oppure procurami l’eroina,
ma solo per amore e non per vizio.
Quale amore?
Tu conosci soltanto l’amore sbagliato,
quello di te stesso.
Il tuo vizio è di scavarti la fossa in qualsiasi momento della tua vita.
Tu sai solo farti del male,
tanto male,
per poi essere amato dalle deficienti come me,
quelle che hanno lasciato in giro per la stanza
la foto di un giovane papà in divisa da bersagliere.
Può darsi,
può darsi,
okay!
Almeno ti pensavo più fedele,
almeno fedele a tua figlia
che ha un anno di vita e il succhiotto ancora in bocca.
Vai,
vai pure ad ammazzarti.
La tua vita non ha senso?
E la tua morte ha senso?
La tua morte non interessa nessuno,
neanche le suore che sono abituate a piangere i defunti.
La società ha tolto il significato anche alla tua fine.
Chi resta deve difendersi dai sensi di colpa
seminati da un imbecille come te.
Non sei mai stato felice.
Quando hai cominciato a vivere,
il tuo era già un vivere male.
Prendi pure venti barbiturici al giorno,
ma ricordati che io lavoro in fabbrica con le presse
e devo essere sempre vigile
se voglio bene alle mie mani.
Ricordati anche che i genitori hanno sempre le loro colpe,
così come hanno avuto sperma nei testicoli e uova nelle ovaie.
Ma se tu in qualche modo ci fossi,
io non ti chiederei di aiutarmi,
ti lascerei da solo
perché a me tu in effetti non hai mai chiesto niente.
Tu non sai chiedere,
te ne sbatti delle buone maniere
e non sei motivato a vivere con gli altri
perché sei tutto preso da te stesso.
Adesso non parlarmi della Germania!
Cosa c’entra la Germania?
Sei diventato crucco?
I gelati e le gelaterie,
Berlino e il suo ex muro,
Amburgo e le sue puttane in vetrina,
Monaco e gli alcolizzati che pisciano per strada,
le troie per bene e le mogli degli alcolizzati,
le donne che gradiscono la flebo di libido per vagina,
una pratica sana
ma non adatta a chi ha le palle divorate dall’eroina
e il cervello attratto solo dal suo buco.
Cosa ricordi ancora di un viaggio in Germania
consumato nella ricerca di mezzo chilo di eroina a buon mercato
e da moltiplicare, come un buon Gesu`, in un chilo e mezzo di morte?
Della Germania ricordi le donne che non hai mai avuto.
Il tuo ago ha punto solo le tue vene,
non ha mai punto un’onesta crucca
in cerca di compensazioni sessuali
e pienamente assolta dal senso di colpa.
E non parlare ancora della Germania proprio tu,
tu che pensi che il nazista sia un particolare tipo di tossico.
E non c’entra niente
il fatto che tua madre non ha potuto mandarti a scuola,
perché saresti stato sempre e comunque un povero ignorante.
Tu sei così come sei
per i geni che ti hanno dipinto dentro.
Sei stato sfortunato sin dall’inizio della vita
e non perché tua madre era una vacca da quattro soldi
e tuo padre un ignoto per convenzione sociale.
Noblesse obligèe!
Vedi com`é puttana la vita!
Eri a un passo dalla nobiltà,
dal blasone,
ma sei nato da una zoccola e non da una madama.
Tua madre era bella e popolana,
ma si é fatta fottere nella stalla dal barone-padrone
tra i cavalli che cagavano balle di merda
con tonfo spesso e senza cantilena.
Il barone non aspirava di certo a diventare tuo padre,
lui voleva solo perdersi tra le cosce di tua madre,
tra gli olezzi della stalla, tra gli umori della vagina
e sopra due tette da premio “oscar”.
Più sfortunato di così?
Eri a un passo dalla nobiltà
e ti sei trovato pieno di eroina fino al cervello.
Pur tuttavia sei stato bravo,
perché potevi fare una fine peggiore.
La tua Germania serviva soltanto a comprare certezze con quattro soldi
e non a visitare le colonne dei diritti dell’uomo a Norimberga.
L´ammirazione nei tuoi confronti era quotata al novanta per cento
nei meandri della mia coscienza
e senza calcolare l´imposta sul valore aggiunto.
Mi ero innamorata di un eroe negativo,
di un fiore del male,
di un figlio di puttana.
Cosa vuoi farci.
Io, adesso, ho delle certezze
e posso mettere senza rispetto le mie dita
nelle piaghe della tua sofferenza.
Io posso permettermi un legame privo di scelta,
un legame per inerzia,
mentre tu non sai neanche lasciarti andare sopra di me.
A questo punto tireremo in ballo anche Freud,
ma, ti prego, lasciami finire questo discorso senza filo e senza rete,
consentimi di parlare in questo battibecco aggressivo e profetico,
fatto di auguri e di condanne,
di minacce e di vendette.
Può darsi.
Chi vivrà vedrà e forse lo vedremo entrambi.
Se esiste il cielo, la giustizia e il padre eterno,
vedrò, vedrai, vedremo, vedranno.
La ragione è sempre dei coglioni,
di quelli che non hanno fatto niente nella loro vita.
Chi agisce sbaglia sempre,
caro il mio dongiovanni da sagra paesana.
Ricordalo!
Chi agisce ha sempre fatto qualcosa
anche se porta a casa un figlio indesiderato.
Cosa tiri fuori adesso per queste quattro beghe da puttane,
beghe per un lampione illuminato,
beghe per un lampione fulminato.
E’ tutta colpa dell’ENEL!
Da qui a vent’anni,
da qui all’eternità,
Greta Garbo e Clark Gable,
noi non siamo divi di Hollywood
e la celluloide non ci appartiene.
Noi facciamo soltanto puzza di disgraziati!
Da qui a vent’anni, chissà!
Intanto mi offendi con i tuoi trenta all’ora
a cavallo della mia macchina lucida e oleata.
Impara a non dirmi frigida
proprio tu che sei impotente da eroina,
tu che legittimi il mio filo edipico senza alcuna obiettività.
Ognuno ha il diritto di difendere la sua mamma e il suo papà,
cattivi quanto e come sappiamo solo noi due,
ma pur sempre la nostra origine,
la nostra radice,
il nostro primo significato,
il nostro inizio del discorso,
il nostro prima di te,
il nostro prima di me,
il nostro prima di noi,
i nostri genitori,
la nostra mammina e il nostro papino.
Non arrabbiarti tanto.
Pensa,
se non ci fossero stati spettatori nel nostro film,
tu oggi non avresti il tifo dell’assistente sociale,
dell’infermiera prosperosa,
di un’esperienza mancata,
di una maternità delusa,
di un’ostetrica renitente alla leva.
Con tutte le cose che vanno e che vengono,
tu mi vuoi insegnare con autorità e sicurezza
i problemi che non sono problemi
camuffandoli con gli hamburger di pollo e maiale,
oltretutto farciti di puzzolenti crauti.
Salutiamoci per favore.
Buonanotte!
Non abbiamo risolto un bel niente anche stasera.
Abbiamo solo parlato, parlato a vanvera.
Abbiamo soltanto e solamente parlato a “tinchitè”,
come disse il maresciallo di Lampedusa ai poveri clandestini.
Così va bene!
Scusami, chi ha detto che il parlare risolve tutti i conflitti?
Non lo so.
Il tuo psicoanalista?
Non importa,
domani avremo ancora di che parlare fortunatamente.
Purché parola sia, il resto non conta.
Amen.
E dammi un po’ di coperta.
Buonanotte.
Spegni presto la luce dell’abatjour
e non consumare inutilmente la corrente
perché costa cara,
cara quasi quanto un etto di polvere bianca.
Non avere paura del nulla dei tuoi sogni,
pensa alle tue disgrazie
e sulle tue palpebre si riverserà, prima o poi, anche il sonno dei giusti.
Ricordati che per noi non è facile neanche morire.
Siamo stati fatti per le tragedie senza pubblico,
per quelle farse che non interessano nessuno
e che non fanno più ridere neanche i pazzi nei nuovi manicomi.