“Il
luogo era un insieme della casa in campagna di mia nonna, di
un monastero Zen
e di un
campeggio per artisti di strada in cui si allenavano con i numeri di
giocoleria e costruivano amache e altre cose da vendere.
Lì
viveva una comunità folta e l’atmosfera che dominava era di serenità
e di grande equilibrio. Io ero arrivata da poco e abbastanza
inaspettatamente e sentivo quel posto come la mia vera casa.
Erano
i giorni attorno al mio compleanno. Lì c’era mia madre che
sorseggiava una tisana e mi teneva la mano, contenta per il fatto che
avrei passato il mio compleanno insieme a lei.
C’era
anche una donna di cui sono stata innamorata nella vita lucida, che
vive in Brasile e che non vedo da due anni, e io ero curiosa di cosa
avrei provato a passare il giorno del mio compleanno insieme a lei.
Lei
era molto sorridente e amorevole, come tutti là, ed era felice che
fossi là. I sorrisi non erano mai espressione di un’allegria
frizzante o esplosiva, ma come di una calma interiore,
un’amorevolezza profonda e gratitudine.
Io
e mia madre guardavamo la foto dei miei due fratelli maschi: erano
seduti su un tronco e guardavano davanti a loro verso l’orizzonte con
lo sguardo assorto, erano seri nel volto ma sereni, assolutamente
presenti nei loro corpi.”
Io
sono Lucia.
INTERPRETAZIONE
DEL SOGNO
“Il
luogo era un insieme della casa in campagna di mia nonna, di
un monastero Zen
e di un
campeggio per artisti di strada in cui si allenavano con i numeri di
giocoleria e costruivano amache e altre cose da vendere.”
Lucia
parla di sé in maniera gentile e garbata, come si conviene a una
donna giovane che si trova sul cammino della sua vita a percorrere le
strade che portano alla riflessione sulle proprie
radici,
sulla spiritualità elevata
al Buddismo Zen e
sull’arte dei
giocolieri e dei “vocumprà”. Questi
sono i tre pilastri su cui poggia l’esistenza in
atto di
Lucia, tre
colonne su cui poggia anche la Sicilia nella tradizione popolare di
Colapesce.
La
“nonna” è stata una figura importante per la formazione psichica
di Lucia. Da lei ha mutuato lo slancio verso l’originalità o la
tendenza a non massificarsi, nonché un buon pragmatismo e una
altrettanto buona manualità. Arte e spiritualità attestano della
“sublimazione della libido” da
parte di Lucia come
difesa dall’angoscia di vivere e
il processo difensivo si riversa sulle spalle e sulla
pelle delle
proprie pulsioni erotiche e sessuali. La “casa di campagna” della
nonna rievoca Cappuccetto rosso e le sue arcinote traversie, ma
non mi dilungo in questo riferimento.
Lucia
è in preparazione di un evento da celebrare in questo luogo e
insieme a questa gente, un luogo dell’anima nonostante le apparenze
materiali, un luogo Zen, un monastero dello
Spirito con i dintorni artistici e creativi tanto forieri della
Bellezza e dell’Armonia. Anche attraverso il gioco e la
“giocoleria” si arriva nelle sfere alte dei cieli e nei
luoghi delle
reincarnazioni. Ognuno ha il destino che si è scelto a
suo tempo,
come Lucia, la nonna, i monaci, i giocolieri, gli artisti di strada.
Tutti abbiamo anche
un’amaca
su cui distenderci per la meditazione e su
cui dondolarci
in
armonia con
le oscillazioni dell’intero
universo.
Lucia
esordisce con le sue complessità psichiche e decodificandole si
corre il rischio di banalizzarle. Comunque sorridere non guasta mai e
soprattutto se si sa sorridere nel vero senso della parola e non
lasciandosi suggestionare da temi antichi e moderni come la cocaina o
l’oppio dei popoli.
“Lì
viveva una comunità folta e l’atmosfera che dominava era di serenità
e di grande
equilibrio. Io ero arrivata da poco e abbastanza inaspettatamente e
sentivo quel posto come la mia vera casa.”
Dopo
i trambusti formativi Lucia ha trovato un equilibrio psicofisico
mettendo insieme il meglio delle sue esperienze vissute nel privato e
nel sociale. “Quella serenità e quell’equilibrio” sono
decisamente aspirazioni di una donna che è venuta appena fuori da
una tempesta dei sensi e da un trambusto delle emozioni. Lucia si è
acquietata e adesso ama stare in mezzo alla gente della sua pasta,
persone creative e dalle forti tendenze a “sublimare” nell’Arte
il corpo e i suoi annessi e connessi. Lucia “era arrivata da poco”,
Lucia ha conosciuto altre turbolenze per poter affermare che quel
posto era la sua “vera casa”. Lei stessa si meraviglia di questo
approdo inaspettato in una comunità pneumatica dove domina
“serenità” e “grande equilibrio”, tutto il contrario di
quello che Lucia ha vissuto in precedenza e che volentieri vuole
lasciarsi alle spalle. E’ evidente che Lucia si trova sulla strada
di Damasco, la strada delle turbolenze magnetiche e psichiche, quella
che volge all’incontrario tutto quello che l’attraversa, viventi
e uomini compresi. Dopo una vita spericolata e vissuta alla grande
Lucia sente il bisogno di convertirsi, volgersi nel contrario, di
fare una conversione nell’opposto, dalla materia allo spirito,
dall’esaltazione della prima all’esaltazione del secondo, dal
processo psichico di difesa della “materializzazione” al processo
psichico di difesa della “sublimazione”, difese sempre
dall’angoscia esistenziale collettiva e dall’angoscia depressiva
personale. Il sogno di Lucia si snoda per eccessi e non contempla una
linea mediana su cui scorrere senza scompensi e salti mortali senza
rete. Si presenta un “Io” pienamente consapevole del suo
misticismo e di usare la “sublimazione della libido” come l’unica
panacea della brutta esistenza e dei peccatori carnali. In ogni caso
Lucia “sente quel posto come la sua vera casa” e allora non resta
che visitarla con reverenza e con rispetto, visto che si tratta di
una dimora ad alto tasso di celeste essenza.
“Erano
i giorni attorno al mio compleanno. Lì
c’era mia madre che sorseggiava una tisana e mi teneva la mano,
contenta per il fatto che avrei passato il mio compleanno insieme a
lei.”
Continua
la rassegna delle presenze psichiche di Lucia, delle persone
particolarmente significative da ammettere alla sua visione e al
mistico consesso. Le radici chiamano e chiedono la soluzione del
tributo. Il giorno genetliaco di Lucia si festeggia insieme alla
“madre”, la diretta responsabile di tanto travaglio e di tanta
figlia. In precedenza era stata chiamata in causa la “nonna”
nella sua “casa di campagna” per allietare questo sogno nel segno
del Femminile e del lieto evento. Sono presenti tre donne, due mamme
e una figlia; di uomini neanche l’ombra, almeno fino adesso. Una
“madre” che “sorseggia una tisana” e tiene la mano alla
figlia è una scena idilliaca e orientale, così come la “nonna”
nel contesto bucolico risulta più casereccia del pane di casa e più
concreta della bottegaia che vende il baccalà presso il mercato del
popolo. Lucia costruisce in sogno atmosfere rarefatte e rilassamenti
da nirvana o da fumatori di oppio. Manca la verve energetica in
maniera direttamente proporzionale all’intensità delle energie
investite nella precedente vita, meglio nel precedente modo di
pensare e di vivere di Lucia. La fusione con la madre attraverso un
cordone ombelicale adulto è una larvata dipendenza da questa figura
anche se vissuta più come sorella e compagna di viaggio da parte di
una figlia chiaramente cresciuta e consapevole dei suoi vissuti. La
rievocazione della scena del parto è pronta e i festeggiamenti si
snodano tra ricordi e nostalgie. La rinascita in vita come evoluzione
spirituale si attesta nel compleanno che Lucia vive giustamente in
compagnia della madre carnale. Dal corpo allo spirito il passo non è
di certo breve e poco impegnativo, perché si tratta di anni luce da
impiegare nel percorrere la linea dello “spaziotempo” proprio
quando s’incurva. Il compleanno Zen merita tanta prosopopea in un
locale dove si serve esclusivamente estasi e atarassia in versione
chiaramente analcolica.
“C‘era
anche una donna di cui sono stata innamorata nella vita lucida, che
vive in Brasile e che non vedo da due anni, e io ero curiosa di cosa
avrei provato a passare il giorno del mio compleanno insieme a lei.”
E’
un sogno tutto al Femminile e secondo i
dettami del “principio psichico
femminile”. Adesso subentra “una
donna di cui sono stata innamorata nella vita lucida”, la terza
donna del sogno di Lucia. Questa figura
rappresenta simbolicamente la “vita lucida”, la coscienza
vigilante e la materia vivente, il “principio di realtà” e
l’istanza psichica dell’Io concreto
e pragmatico che usa la “libido” in maniera godereccia.
Lucia è stata legata a questa donna secondo i canoni
dell’innamoramento e della passione e conosce molto bene questo
trasporto sensoriale e affettivo. Lucia conosce bene se stessa quando
si è vissuta nella realtà di una relazione grassa e crassa. Di
poi ha iniziato a sperimentarsi
in questa nuova dimensione di “libido”
sublimata e
vuole condividerla con questa donna che
nel recente passato aveva
investito in pieno della sua originaria
“libido”. Da buona e brava
materialista, Lucia ha detto basta al
corpo e ai suoi bisogni per risorgere
nella spiritualità. Celebra il primo
compleanno di rinascita in vita dopo la conversione alla pratica
spirituale buddista Zen e vuole
sperimentare i suoi sensi e i suoi affetti nella circoscrizione della
“sublimazione”, nella nobiltà aristocratica dell’Arte e dello
Zen. Quante nascite ha celebrato e celebra oggi Lucia? Sicuramente
due, quella “materiale” e quella “spirituale” restando dentro
lo stesso corpo. Ricordo che il Buddismo predica la reincarnazione o
la rinascita. Quante volte è rinata Lucia, il sogno non lo dice
anche perché non tocca questo punto metafisico della Filosofia
buddista o del Buddismo, se vi aggrada.
“Lei
era molto sorridente e amorevole, come tutti là, ed era felice che
fossi là. I sorrisi non erano mai espressione di un’allegria
frizzante o esplosiva, ma come di una calma interiore,
un’amorevolezza profonda e gratitudine.”
Anche
questa donna, l’innamorata della “vita lucida”, è affascinata
dalla presenza di Lucia in questa vita Zen e in questa comunità
spirituale dove l’allegria non è fare bordello e disinibirsi
sbevazzando,
ma vivere la calma
interiore. Lucia ha raggiunto un traguardo psicofisico veramente
invidiabile perché è riuscita a ripulire dalla materia volgare le
attività sentimentali e affettive. La
bontà della “sublimazione” e la
bontà della spiritualità si sommano in
un ampio crogiolo orientale che rievoca società comunitarie avulse
dai torbidi intrighi dell’Occidente.
Lucia si è elevata dalla materia che in passato ha contrassegnato la
sua vita e le sue scelte e dopo
un processo di crescita si è riconciliata con se stessa e con gli
altri. Ha visto la sua femminilità e l’amore attraverso la nonna,
la madre, la sua donna
e può esulare verso le pulsioni umane
più nobili e può contemplare
la verità profonda che governa l’uomo e l’universo.
“Io
e mia madre guardavamo la foto dei miei due fratelli maschi: erano
seduti su un tronco e guardavano davanti a loro verso l’orizzonte con
lo sguardo assorto, erano seri nel volto ma sereni, assolutamente
presenti nei loro corpi.”
Finalmente
Lucia tira in ballo l’universo maschile nelle figure “dei due
fratelli” anche se in versione fotografica. La solidarietà
madre-figlia
si rafforza in questa prospettiva nostalgica che vuole i fratelli
maschi in gran forma materiale e spirituale: “seduti, sguardo
assorto, seri, sereni, presenti nei corpi”. Anche loro, pur
tuttavia,
sono stati sublimati dalla sorella e deprivati di quella umanità
massiccia di natura libidica che connota due giovani uomini che hanno
davanti tutta una vita da vivere e
che puzzano di testosterone.
Eppure
Lucia ne fa due aspiranti al Buddismo e due asceti pronti alla
meditazione, li colora nel volto di una tinta orientale che coniuga
la serietà alla serenità, lo
sguardo assorto all’orizzonte e vigilanti dentro
i loro corpi. Non è, di certo, un’immagine goliardica quella che
Lucia compone per i suoi fratelli, è un quadretto affettuoso e ben
augurante in linea con l’atmosfera rarefatta e quasi perfetta degli
asceti orientali che possono stare seduti su un tronco a guardare
l’orizzonte.
Questa
è l’interpretazione
del
sogno
di
Lucia nel giorno del suo primo compleanno Zen.
Alcune
riflessioni sono importanti per meglio inquadrare il
sogno
di
Lucia. Il
prodotto psichico risente
chiaramente della sua conversione al Buddismo Zen e al superamento
della modalità di vita occidentale. L’ottica del sogno è
prettamente femminile e la protagonista rileva con pacatezza le
figure femminili che l’hanno formata a livello psichico e in cui si
è in parte identificata in attesa di un suo personale superamento
spirituale verso le alte sfere delle pratiche ascetiche dei monaci
buddisti. La causa di questa evoluzione spirituale il sogno non la
contempla, ma si può rilevare una vita pienamente vissuta
all’occidentale da
Lucia anche
con innovazioni sul tema della coppia: amore
saffico.
Tutto il sogno è impostato sul processo psichico di difesa
dall’angoscia della “sublimazione della libido”.
Un
ultimo particolare non indifferente si attesta nell’interpretazione
del sogno fatta da un occidentale prettamente materialista come il
sottoscritto. Questo sogno doveva essere interpretato da un collega
buddista che
prontamente
ho
reperito.
Questo
è stato il suo lapidario giudizio: “il sogno è la chiara
riflessione di
Lucia sulla
liberazione della sofferenza attraverso la meditazione e
dopo
la razionalizzazione della sofferenza stessa.
Spirito
e Materia
si fondono in un tutto unico, olismo. Il
Buddismo non conosce queste classiche differenze e opposizioni della
cultura occidentale”
Io
ho ragionato da uomo occidentale proprio usando la classica
opposizione mente e corpo, psiche e soma, spirito e materia. Me ne
scuso con Lucia e con i marinai.
Alla
prossima e con la speranza che non mi capiti il sogno di un certo
Siddharta Gautama da interpretare.