THANATOS

Thanatos

ci attanaglia,

ci tampina,

me tapina!

Avanti un altro tampone

per il prossimo coglione

che negligentemente ci rovina.

Quanti cani dovete portare a pisciare, cagare, sniffare?

Scusate l’espressione,

di sicuro preferite la locuzione

“fare i bisognini”.

I negozi per animali devono restare aperti

per i nostri amici a 4 zampe, poverini!

(Ma prima, d’estate li abbandonavamo nei cigli delle autostrade).

E in Africa ci siamo dimenticati da decenni

della moria di denutriti bambini.

Ognuno ha le sue priorità,

le sue verità,

le sue velleità,

le sue vanità.

Oddio!

Come farò senza la parrucchiera,

l’estetista, la manicure e la ceretta?

Ma dove devi andare?

A CASA DEVI STARE!

Vedrai la ricrescita bianca,

le gambe irsute, le unghia non limate e pittate,

ma sentirai il mio CUORE,

quando la sera ti sentirò rientrare

e senza baciarti

ti chiederò:

come stai Amore?

Giulena

Palermo, lunedì 30 del mese di marzo dell’anno 2020

NOSTALGIA

Scavo con le mani dentro il petto,

sangue caldo,

vita che pulsa,

cuore.

Non ti ho mai perso,

non sei un treno,

sei una casa.

Nessuna morte all’orizzonte,

ciuf ciuf,

stazione.

Nulla che sappia di mani strette per un addio,

che poi si devono lavare.

La furia dell’amore non si lava,

stesi esausti dormiamo,

pregni di umori umani.

Incenso e mirra.

Doni.

SAZA

Il Giardino delle Dolomiti, 21, 04, 2023


LA STRANIZZA

Non essere schiavo dell’abitudine,

cambia sempre strada,

usa marche diverse e scandalose,

rischia colori nuovi nei tuoi abiti frufrù,

non stare muto come un boccalone,

impara,

regala le tue parole e le tue conoscenze,

concediti le passioni,

affidati,

lascia il nero sul bianco,

metti i puntini sulle i,

non essere palloso,

privilegia le emozioni nel cumulo e nel monte dei pegni.

Brillano gli occhi,

sbadigliano,

un sorriso balena,

il cuore sbatte su un errore del sentimento.

Evitiamo la morte a piccole dosi,

la posologia è a rischio,

l’ardente pazienza attende lo zio Michelino dalla triste Libia.

Naviga marinaio

e lasciati le sirene sempre sulla poppa.

Nonostante tu sia la mia rondine,

sei volata nel cielo sbagliato

dove i sogni capovolti inseguono il lavoro,

le travail melheureux,

putain de boulot.

Lentamente il tavolo si distrae

e rien ne va plus.

Maintenent non puoi neanche inseguire un merlo innamorato,

un tram in calore,

una caliera lucente al sidol,

una pignatta lucidata con la pomice di nonna Lucy.

I consigli sono sempre sensati e soppesati.

Ti vorrei, come le note del pentagramma,

sopra il tavolino sgangherato della taberna di Pompei.

Ogni sera mi penserai

anche se non sai alcunché dei sogni,

quelli che io non vendo e svendo,

le fantasie schizzate che porto con me,

nel borsellino dentro la tasca dei nuovi jeans

comprati nella torre d’avorio di questa scacchiera lucida.

Se non sai,

cosa vuoi sapere?

Cosa scriverai al migrante dal colore olivastro

che insegnava a Salgareda,

nel Veneto antico dei servi della gleba,

del conte di Collalto,

del marchese Brandolino d’Adda?

Mi dirai addio o forse no,

mi dirai semplicemente dei tuoi sogni:

finalmente non so di letame

dentro questa stalla della bassa Marca,

finalmente so di italiano e di inglese

e anca una scianta di latino, per gradire.

Per sempre tua, Caterina.

Salvatore Vallone

Karancino di Belvedere, 01, 04, 2023

RITORNO A CASA

Dentro la casa dei miei sogni

il pavimento è un grande prato di folta erba sottile,

di colore verde Irlanda,

in declivio verso il mare.

Cosa ci faccio qui, se ho una casa così bella?

Mi sdraio sulla battigia,

cerco,

cerco ancora.

Di notte m’illumina Venere,

all’alba Lucifero.

Nomi diversi per lo stesso corpo.

Sono in attesa di me stesso

sulla spiaggia incenerita di Avola,

sono un unoqualunque arguto e di ottima istruzione,

tempestoso nella mia natura di maschio

e volubile come una donna

quando l’orizzonte mi annoia.

Stereotipi.

I soliti stereopiti.

Obsoleti racconti si mescolano alle fiabe.

Eppure siamo noi,

creature di carne e carta,

imperituri,

noi che amiamo a lungo i nostri sogni,

noi con un’innata predisposizione narcisistica alla luce.

Gli amanti si suicidano all’alba.

Gianni e Nino si amavano in Sicilia nel 1980.

Stranizza d’amuri.

Furono ammazzati dagli assassini.

Pum, pum, due colpi alla fine del film.

Pum, pum!

Quanto sono selvaggi i sicilioti!

Dirti che ti voglio bene è poca cosa,

tu sei nel mio prato sin dai primi fili d’erba,

sei la mia Irlanda.

Ti attendo,

come io attendo Ulisse sulla spiaggia.

Chi arriverà?

Nessuno.

Pum, pum!

 

Sava

 

Karancino di Belvedere, 21, 03, 2023

 

LA YUCCA DEL PADRE

Deh, com’era bello mio padre!

Deh, quant’era grande mio padre!

Beh, che succede?

Maestoso nella sua imponenza appare sulla porta

alla bambina che paziente l’aspettava,

alla piccola che trepida l’attendeva,

la sera,

ogni sera,

quando anche la paura bussa alla porta,

alla figlia che l’anelava timorosa ogni sera,

quelle sere quando il cuoricino batte forte

per le ansie dell’amore novello,

per il desiderio di un padre e il bisogno di una madre,

per la gelosia e il pudore.

Quant’è bella la yucca di Carmen sulla terrazza di Carancino,

esposta come il petto di una donna,

alta come il vanto di un bel padre,

un fiore bianco all’occhiello di una figlia,

la favola bella di colei che ieri era putella.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 25, 02, 2023

GIANNA LA BELLA

O mia Bella,

o mia Bella,

o mia bella Giannettina,

o dolce mia Bella,

o cara la mia Bella,

o mia bella Giannina.

Bella è un vivente,

Bella è una persona,

si chiama così nella carta d’identità

appesa all’orecchio

e impressa nella carne come la ferita di Soeren.

Per me Lei è la signorina Gianna

e gode di tutti i diritti civili e internazionali.

Bella ha scelto di fare una vita da cane.

E che vita da cane!

A Gianna mancava questa vita

per farmi morire d’amore e di rabbia

in questo ultimo quartiere siculo

sotto il cielo civilmente inospitale

che mi affligge in questa stagione invernale.

Bella vuol dirmi

qualcosa che non so e non capisco,

vuol dirmi della violenza e dell’amore,

vuol dirmi di quei figli di puttana

che l’hanno offesa e abbandonata.

Bella mi dice,

ma io non capisco,

non la capisco

e allora le compro una leccornia al Conad.

Bella sceglie ogni giorno

di stare con me per amarmi

come nei grandi e veri amori.

Ma io sono un pover’uomo

e altro non so fare

perché altro non so,

quest’altro che mi sfugge nella coscienza

e si presenta nel sogno corrente in attesa del Bardo.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 23, 12, 2022

DENTRO LA TUA PRESENZA


Nutro per noi la speranza

che si avveri un compimento,

amore mio,

un sassolino che si infili nelle mie scarp de tennis

ed incrini il cristallo del cammino,

una possibilità diversa del destino.

Sarà per questo che ti declino al condizionale?

Amore,

rotondo come una caramella da sfiancare in bocca,

nome comune di cosa,

maschile,

singolare,

grammatica di esordio della lingua

che usiamo per i baci,

che altro non sono che parole d’amore.

Parlo tra me e me

e tra me e me ti amo.

El purtava i scarp de tennis,

el parlava de per lü.

Mi arrivi

spaccando il respiro affannato

e come un gelato ti siedi sul cono.

Sei l’ostia schiacciata sul palato,

agnus dei,

mio amore umorale,

salvezza dal peccato chiuso nella mia bocca,

assolto dal prelato.

Arrivederci, Roma.


Sabina

Trento, 15, ottobre, 2022

MA L’AMORE NO – ATTO QUINTO E ULTIMO

Ma l’amore no, l’amore mio non può

dissolversi con l’oro dei capelli.

Finché io vivo, sarà vivo in me

solo per te.”

De senectute,

come ridicolizzare i vecchi babbei e petulanti

nel piccolo schermo per fini non etici e non religiosi

da parte di donne gonfiate al silicio e all’improvvisata,

come internare i vegliardi riottosi in lager

a pagamento fisso e mobile,

a fior di quattrini come premio per saltimbanchi e saltafossi

da parte di figli senza valori,

da parte di uomini senza pietas.

O Enea,

o Anchise,

o Cicero,

o Cato maior,

o Attico,

mala tempora currunt nudi e crudi

per le strade maligne dell’Italia bella,

la nostra bella Italia

che ancora annovera mafia e pizza

nel vocabolario degli stenterelli d’oltralpe e d’oltre oceano,

che ancora inquina e ancora è inquinata

dai fumi del bieco assassino e della buona mariagiovanna,

dalle macerie burocratiche ed ecologiche di una legge

che vuole l’amore unico e univoco,

senza sbocchi e senza intoppi,

senza strappi e sparatrappi.

L’amore è un sentimento universale

e anche il vecchio Emmanuel lo decantava

durante la passeggiata delle cinque,

diciassette per l’appunto e per la precisione,

nella sua Critica del Giudizio

e per le stradine di Konisberg,

ancora per la precisione e per l’appunto.

L’amore è solo per te,

il mio amore è solo per te,

io non amerò nessuno o nessuna che non sei tu.

Come ti amo non posso spiegarti

perché io non lo so e non lo voglio sapere,

ma so che ti desidero

ogni volta che mi fai le mele cotte

al dolce sapore di prugna e di limone

con quel pizzico di cannella che non guasta mai

quando non è troppo.

L’oro dei capelli si dissolve nel bianco

e sfuma come il Prosecco di Pieve di Soligo dello zio Tony

sopra le povere membra condite del coniglio in pentola.

Quanta cattiveria negli uomini golosi,

quanta ingiustizia per le donne sorpassate in cucina

da poveri narcisi in fiore

nei canali della laguna ripieni di pullulanti stronzi.

Viva la mamma,

viva la mia mamma

quando cucinava la trippa nella pentola di coccio

e quando friggeva le patate con l’olio d’oliva,

fettina dopo fettina.

Io ti amerò,

ti amerò per quello che posso e che voglio.

Tanta è la voglia di amarti

che dimentico il fradiciume dei giornali e dei politici,

delle tivvù dissennatrici e degli spettacoli osceni

di masse di vecchi coglioni e di vecchie assennate

in cerca di un sollievo psicofisico e finanziario

con la dentiera in bilico tra il ponte di Messina

e quello di Nuova Jork.

O sole che sorgi libero e giocondo

e rompi le balle con le tue tempeste ormonali

e i tuoi giri di sangue infetto,

con il corona in testa alle teste coronate in estinzione

e ai santi di gesso

che abitano nelle chiese dei preti non iconoclasti,

gli adoratori di idoli sedicenti sacri

che non hanno mai meditato l’Ecclesiaste,

il libro più vero del Vero.

«Vanità delle vanità»,

«vanità delle vanità,

tutto è vanità».

Che profitto ha l’uomo di tutta la fatica

che sostiene sotto il sole?

Una generazione se ne va, un’altra viene,

e la terra sussiste per sempre.

Anche il sole sorge,

poi tramonta,

e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo.

Il vento soffia verso il mezzogiorno,

poi gira verso settentrione;

va girando,

girando continuamente,

per ricominciare gli stessi giri.

Tutti i fiumi corrono al mare,

eppure il mare non si riempie;

al luogo dove i fiumi si dirigono,

continuano a dirigersi sempre.

Ogni cosa è in travaglio,

più di quanto l’uomo possa dire;

l’occhio non si sazia mai di vedere

e l’orecchio non è mai stanco di udire.

Ciò che è stato è quel che sarà;

ciò che si è fatto è quel che si farà.

Non c’è nulla di nuovo sotto il sole.

C’è forse qualcosa di cui si possa dire:

«Guarda, questo è nuovo?»

Quella cosa esisteva già

nei secoli che ci hanno preceduto.

Non rimane memoria delle cose d’altri tempi;

così, di quanto succederà in seguito non rimarrà memoria

fra quelli che verranno più tardi.”

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 24, 09, 2022

MA L’AMORE NO – ATTO QUARTO

Forse te n’andrai

e d’altri amori le carezze cercherai,

ahimè!

E se tornerai, già sfiorita

ogni dolcezza troverai in me.”

Ahimè!

Ahi me, misero e tapino,

ahi me, pecorone e cacasotto,

ahi me, nato male e malnato,

ahi me, cornuto dalla nascita,

ahi me, edipico e impotente!

E così ti mando via,

non vai via tu,

ti mando via io,

ma non basta,

ti istigo a delinquere,

ti do un uomo con cui concubire,

un maschio con cui concubare,

come Soeren con il suo don Giovanni,

con il suo seduttore senza nerbo

e tutto miele melenso mieloso,

quello che seduceva e non concludeva mai,

quello che conduceva con sé e non quagliava.

E così a Cordelia procurerà Pierino e Pincopallo,

Giobattino e Giobatta,

Sempronio e Bortolo

e tutti lo faranno becco e contento,

mentre lei sarà la scervellata di turno,

la traditrice di sempre,

la sempliciotta veneta delle baruffe chioggiotte,

la cammarera di Jonny u pizzaiolo.

Che stereotipi, mamma mia!

Ma siamo in chiesa o in tribunale,

siamo in un bordello o in un casino,

siamo in un lupanare o in discoteca,

siamo nella camera dei lord o dei comuni,

siamo nella redazione di un giornale o di una rivista,

siamo in un telegiornale pubblico o privato?

Dove siamo, perbacco baccone?

Ditemi chi è questo scellerato,

nato becco e morto cornuto,

che auspica le carezze cazzute di un maschio

mandando la donna da amare con cura e premura

nelle braccia di un bracconiere dal fucile facile.

Povera donna,

deve anche tornare

dopo essere stata in vario modo svarionata

a causa di un uomo affetto da impotentia coeundi,

da impotentia vivendi,

da impotentia existentialis,

potest nihil,

nihil potest,

o podestà,

nihil potest,

o capitano,

nihil potest,

o cavaliere,

nihil potest,

o gerarca,

nihil potest,

o mammasantissima,

nihil potest,

o giudeo,

nihil potest,

o marrano,

nihil potest,

o buffone,

nihil potest,

o colonnello.

Qui ci vuole un soldato,

un buon soldato,

un vero soldato,

un soldatino di ferro e non un generale di latta,

qui ci vuole il mio amico Scarpel,

il fante Luigino,

il bersagliotto Gaspare,

il marinaio Carmelo.

Qui ci vuole un maschio con i posperi e i coglioni,

qui ci vogliono i maschi di Sergio,

un bello, un cattivo, un buono.

Ma anche questa è stereotipia.

Mamma mia quanta stereotipia!

Questa è la solita becera stereotipia sulle donne.

O Carlotta,

tu mi hai messo nelle vene una passione sottile,

la ricerca di un nuovo soggetto,

di un nuovo verbo,

di un nuovo predicato.

Leggerò il tuo “Memoria delle mie puttane allegre”,

in ricordo oppositivo de “Le mie puttane tristi” di Marquez,

Domani lo comprerò nella libreria di Rosario,

l’antica e vetusta casa del libro di Rosario Mascali

in via delle Maestranze al civico 72,

nella fetida e rattizzata isoletta di Ortigia

ormai in preda a extra e in,

a comunitari e a non comunitari,

a uomini e a caporali,

a mezziuomini e a briganti,

a ominicchi e a ladroni,

a quaraquaquà e a politicanti.

Compratelo anche voi,

o arditi marinai,

nelle vostre moribonde librerie.

Io domani andrò in Ortigia.

Di poi andrò a votare.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 15, 09, 2022

MA L’AMORE NO – ATTO TERZO

Io lo veglierò, io lo difenderò

da tutte quelle insidie velenose

che vorrebbero strapparlo al cuor,

povero amor.”

Ditemi,

chi è quell’uomo

che sembra un angelo,

sorride a tutti

e tutti gli sorridono,

cammina per le strade come in estasi,

chi è?

Io,

io sono io,

proprio io,

solo io

che amo te

e vivo solamente

per amare te.

Strappi dal mio cuore,

o insidia velenosa,

il povero amor che mi sostiene,

mi avvince,

mi avvinghia,

mi scalza,

mi sobbalza,

mi annichilisce,

mi svariona,

mi disorienta.

O insidia,

o insidia,

perché non rendi poi

quel che prometti allor?

Perché di tanto inganni gli innamorati?

Quelli dell’amore vegliato,

quelli dell’amore difeso,

gli innamorati della Retorica,

dell’arte di convincere per esaurimento scorte,

dell’Eristica,

dell’arte di trascinare insieme alle parole,

di persuadere,

dell’arte di appagare con dolcezza le voglie matte,

dell’Oratoria,

dell’arte del bel parlare forbito ed ecologico.

Ma quel che è bello non è sempre buono

e quel che è buono non è sempre bello.

Manca la via di mezzo del giusto,

manca il giusto,

l’amore giusto che va dall’avvocato azzeccagarbugli

e si fa difendere a botte di carte da cinquecento,

le ex spigliate e sudate carte della banca europea,

quella del drago dragon ammazzabuffon,

quella del Cerutti Gino,

il mago del bar del Giambellino,

quello che da solo gioca al biliardo.

Quante storie e quante parole

per un amore andato a male

dentro il cartone del latte

in un frigo che va a corrente alternata

per insolvenza di bolletta boom e boom.

Andè tutti a cagher!

Mi vui sol che na femena da amar.

Sbalie o son just?

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 10, 09, 2022