SALVATORE VALLONE
SOGNO & FANTASMA
dimensionesogno.com
Pieve di Soligo (TV), aprile 2000.
Nel centenario della pubblicazione dell’opera “Interpretazione dei sogni”,
il presente lavoro è dedicato alla memoria di Sigmund Freud.
INTRODUZIONE
Si ascrive a merito di Sigmund Freud (1856-1939) la prima elaborazione scientifica della complessa e affascinante attività psicofisiologica del sogno; tra il 1896 e il 1900 il padre della Psicoanalisi formulò una teoria metodologicamente in sintonia con i principi fondamentali del Positivismo, la “Filosofia della Scienza” per l’appunto.
L’analisi dell’inquietante vita onirica dell’uomo fu pubblicata nel 1900 con il chiaro titolo ”Interpretazione dei sogni” e si pose a pieno diritto non soltanto come l’unico “Sapere” scientifico sull’enigmatico fenomeno, ma anche come una seria possibilità per la materia di uscire dagli angusti ambiti di una mistica magia o di una laica follia.
Freud completò la sua ricerca empirica inducendo dai numerosi dati analizzati una “Epistemologia”, una inequivocabile serie di leggi che determinava il fenomeno onirico, una “Metodologia”, un preciso processo che regolava la formazione dei sogni, una “Ermeneutica”, una griglia interpretativa che consentiva la decodificazione e la comprensione razionale dei contenuti.
Una teoria scientificamente compiuta conseguì alle contingenti e disorganiche intuizioni registrate da Freud nel corso della quotidiana pratica clinica; essa si pose come la prima e unica “Scienza” psicologica della magmatica attività onirica dell’uomo.
Infatti il sogno nel corso dello sviluppo storico e culturale dell’Occidente era stato vissuto come un fascinoso oggetto di ricerca, ma non si era emancipato dal senso del mistero e dalla superstizione per assurgere al rango di attività psichica degna di una esaustiva spiegazione scientifica e di un adeguato significato razionale.
La cultura greca antica aveva elaborato una sapienza mitica per spiegare il sogno, ritenendolo un dono degli dei che si manifestava in un invasamento dell’uomo durante il sonno o una forma di possessione finalizzata alla comunicazione di messaggi premonitori; a tal uopo essa aveva eletto i vati e gli auguri a depositari e interpreti di tanta sapienza divina.
I Greci avevano, inoltre, collocato in un Olimpo, mitico quanto intelligente, proprio i “Sogni”, divinità significativamente figli di Ipno (Sonno) e della Notte.
Fantaso, Fobetore e Morfeo uscivano ogni notte da una porta di corno se portavano agli uomini delle “verità” o da una porta d’avorio se erano forieri di “illusioni”.
Nei secoli intercorse la condanna religiosa del sogno da parte del Cristianesimo, che lo ritenne evocatore di peccaminose pulsioni sensoriali, e quella filosofica di Renato Cartesio, che lo relegò tra le inaffidabili attività irrazionali dell’uomo.
Gli studiosi, che hanno preceduto Freud in questa ricerca, si sono fermati a valide e isolate intuizioni.
Il sogno ha avuto in età romantica un’idonea rivalutazione ed é stato ritenuto un’attività creativa dell’uomo in netto contrasto con la faticosa e avara funzione razionale.
Freud nel corso della sua formazione scientifica e delle sue metodiche esplorazioni nelle profondità psichiche aveva sempre rivisto e allargato le sue teorie a eccezione di quelle sul sogno, le quali non subirono alcuna modificazione sostanziale rispetto alla prima formulazione.
Egli era partito dalla decodificazione dei suoi sogni durante l’ardua e unica impresa dell’Autoanalisi dopo la morte del padre avvenuta nel 1896, per cui
“l’Interpretazione dei sogni” si può a buon diritto definire il monumento funebre eretto dal figlio in onore dell’amato e odiato genitore.
L’evento luttuoso indusse Freud a razionalizzare l’angoscia della perdita e a sublimare i sensi di colpa; questa “catarsi” si realizzò anche nell’ ”Interpretazione dei sogni”, lo studio scientifico che testimonia non solo la bontà delle sue intuizioni ma anche una giustificata resistenza a riesumare il profondo dolore dell’irreparabile perdita.
Nonostante l’insuccesso editoriale e il derisorio rifiuto delle teorie da parte dell’ambiente accademico e medico di Vienna, il “Sapere” sul sogno era sufficientemente conchiuso al di là della variegata esemplificazione e della pedante articolazione del testo.
Il riconoscimento del merito arriverà nel tempo.
La formulazione teorica e clinica sulla vita onirica dell’uomo fornita da Sigmund Freud con tutte le implicazioni scientifiche conserva ancora oggi quella chiarezza e distinzione, quell’evidenza epistemologica, metodologica ed ermeneutica di un “Sapere” autonomo che non esclude, pur tuttavia, ulteriori ricerche in territori scientifici limitrofi e confinanti tra il noto e l’ignoto.
LA FUNZIONE DEL SOGNO
L’interpretazione più ovvia della funzione onirica umana definisce il sogno come l’attività psichica del sonno.
Si tratta, quindi, di un bisogno psicofisiologico che si realizza attraverso l’isolamento dagli stimoli esogeni, collegati all’ambiente esterno, e il conseguente appagamento degli stimoli endogeni, radicati nella persona; questo bisogno è intenzionato verso un’autonoma ricostruzione dell’unità olistica della psiche e del corpo, “Psicosoma”, attraverso l’interazione armonica delle funzioni psichiche e neurofisiologiche.
L’uomo vive quotidianamente la coazione filogenetica “Sonno-Sogno”, una necessità che lo porta naturalmente a estraniarsi dalle sollecitazioni esterne per assecondare i bisogni interni di disimpegno dalle attività della veglia e dell’autocontrollo.
Questo stato di abbandono e di dipendenza é stato da Freud interpretato come una benefica “regressione” ed è stato assimilato metaforicamente a un ritorno al grembo materno, a quella vita intrauterina che favorisce la gratificante ricostituzione dell’equilibrio psicofisico turbato dalle continue fatiche della vigilanza.
Viene interrotta in maniera reversibile la “vita nella veglia” a favore della “vita nel sonno”.
Il disinvestimento dalla realtà esterna e la sospensione dell’attività motoria volontaria si traducono in una riduzione dei controinvestimenti difensivi da parte dell’Io e in una attenuazione della censura da parte del Super-Io; in tal modo le pulsioni libidiche prodotte dall’istanza psichica dell’Es rischiano, anche se soltanto in parte, di essere liberate e messe in atto.
Il principale meccanismo di difesa, la “rimozione”, non funziona durante il sonno con lo stesso rigore dello stato di veglia; a causa di questo allentamento generale del sistema psichico le rappresentazioni inconsce delle pulsioni possono emergere dall’Es perché favorite dalla temporanea e reversibile regressione del sonno.
Ha luogo, in tal modo, un riavvicinamento tra l’Io e l’Es, tra le ridotte o sospese istanze vigilanti dell’Io e le rimosse pulsioni dell’Es, oltretutto non trattenute e controllate dalla censura del
Super-Io.
La funzione elementare del sonno é quella di appropriarsi delle pulsioni emergenti dall’Es, di dare loro un’adeguata e specifica rappresentazione e di organizzarle secondo un contesto mitico che eviti l’eccitazione prodotta dal presentarsi di un desiderio rimosso a un livello tale da destare le funzioni dell’Io e provocare, quindi, il risveglio.
Il sogno placa questa tensione offrendo alla pulsione desiderativa una soddisfazione sostitutiva di tipo allucinatorio; in questo senso Freud definì il sogno “guardiano del sonno”.
Tutti i sogni tendono, quindi, a realizzare un desiderio rimosso approfittando del bisogno fisiologico di dormire.
L’emergere del desiderio dall’Es rischia, pur tuttavia, di interrompere il sonno qualora non funzioni l’opera specifica di camuffamento del desiderio stesso operata da quella parte dell’Io ancora in funzione.
E’ opportuno reperire, a questo punto, la relazione del desiderio espresso nel sogno con le attività della veglia.
Il sogno viene stimolato da vissuti particolarmente significativi, non adeguatamente razionalizzati, occorsi possibilmente nel giorno precedente e legati alle mille e semplici esperienze del vivere quotidiano, capaci di evocare i complessi intrecci psichici depositati nell’Es: il sogno non solo contiene i “residui diurni”, ma é da essi prodotto.
Questi resti, temporalmente prossimi al sogno stesso, si associano a desideri più remoti e agganciano bisogno più profondi; essi non si fermano al vissuto negligente del giorno precedente, ma si collegano a un universo psichico più arcaico e costellato da urgenze pulsionali a suo tempo rimosse per difesa dall’Io nell’Es.
E’ proprio il desiderio inconscio a fornire energia alla formazione del sogno, così come sono i “residui diurni” a selezionare i contenuti specifici della trama.
In ogni caso il sogno é un prodotto psichico olistico, un “tutto” o un “insieme” onirico puro e organizzato secondo precisi meccanismi.
E’ l’Es, quindi, che sogna con il determinante concorso del sistema neurovegetativo, che a sua volta allucina il desiderio rimosso quando l’Io é andato in parte a dormire.
Il sogno é, infatti, nella sua generale accezione la realizzazione allucinatoria di un desiderio rimosso e sedimentato nella dimensione inconscia secondo il prima sistema psichico elaborato da Freud o nell’istanza dell’Es secondo il secondo sistema psichico elaborato sempre dal padre della Psicoanalisi nella sua maturità scientifica per soddisfare l’esigenza clinica di inquadrare e comprendere una gamma della Psicopatologia refrattaria alla prima griglia teorica.
Pur tuttavia tale funzione di appagamento sostitutivo e compensatore del sogno non sempre viene assolta nella sua completezza e nello stesso modo.
Ad esempio nei sogni dell’infanzia il desiderio allucinato é diretto e immediato, mentre in quelli dell’età adulta la realizzazione e la soddisfazione sono indirette e mediate dal momento che la censura dell’Io e del Super-Io, sia pur attenuata, presenta le sue esigenze.
Il sogno è, quindi, una “formazione di compromesso” e si può assimilare ai sintomi psicopatologici.
Bisogna, inoltre, considerare che nell’adulto il processo di camuffamento simbolico é più complesso e contorto, mentre nel bambino é più semplice e lineare, oltre che non contaminato dal rigore strutturale delle difese psichiche e delle acquisizioni culturali.
Il sogno del bambino si esprime secondo le limpide coordinate di un’attività psichica elementare, per cui la decodificazione e la comprensione risultano agevolate.
IL LAVORO ONIRICO
Il “lavoro onirico” consiste nell’elaborazione trasformativa dei desideri inconsci e dei pensieri profondi del soggetto che sogna; esso comporta l’istruzione di una serie specifica di processi psichici e di investimenti energetici.
La trama descrittiva del sogno, riesumata e riformulata nella veglia con l’ausilio della memoria, é definita da Freud “contenuto manifesto”.
Il vissuti originari e i pensieri inconsci attinenti al desiderio, i quali hanno prodotto il “lavoro onirico” e si sono espressi nel sogno in maniera camuffata, si definiscono “contenuto latente”.
Interpretare un sogno consiste, quindi, nel reperire questi elementi impliciti e non evidenziati nella loro verità oggettiva, nell’individuare la loro specifica organizzazione e nel decodificare il loro genuino e originale significato all’interno di quel personale discorso che é il sogno, il quale, come si diceva in precedenza, contiene ed esprime proprio quei vissuti profondi e quei desideri rimossi che sono l’origine del sogno.
Il “contenuto manifesto” é una rappresentazione specifica e originale del “contenuto latente”, costruita secondo un codice ed espressa in un discorso apparentemente eterogeneo che contiene la stessa idea psichica di base, gli stessi contenuti pulsionali e gli stessi elementi concettuali.
Il “lavoro onirico” consiste nella trasformazione del “contenuto latente”, i pensieri e i desideri inconsci che supportano e compongono il sogno, e nel renderlo accettabile all’istanza vigile e razionale ancora in funzione dell’Io, il quale a sua volta in passato lo ha rimosso per difesa nell’istanza inconscia e pulsionale dell’Es e che nell’attualità del sogno lo può ancora rimuovere o censurare soltanto in parte, dal momento che “non é andato del tutto a dormire”.
Grazie alla naturale regressione psichica prodotta dal sonno, il sogno é una vera forzatura dell’Io da parte dell’Es e una effettiva irruzione del materiale inconscio, sempre dell’Es, nell’Io stesso.
Freud offre una valida prova di questo peculiare attributo della dimensione onirica: la memoria é più acuta e vasta nel sogno, durante il sonno e rispetto alla veglia, dal momento che in esso si trovano pensieri e vissuti dimenticati, elementi psichici in prevalenza legati al periodo dell’amnesia infantile.
Il sogno si appella alla pulsione rimossa e al desiderio dimenticato servendosi dei meccanismi del “processo primario”, organizza e formula questi dati nel “contenuto manifesto”, per cui il vero significato o “contenuto latente” rimane ignoto al soggetto stesso.
Il sogno può riesumare, in tal modo, materiale arcaico della storia personale di ogni uomo, permettendo la riedizione allucinata sia di quelle inquiete presenze fantasmiche che hanno segnato i tratti psichici individuali e sia di parte di quelle energie a suo tempo congelate e inespresse in difesa dell’equilibrio psichico.
Ma soprattutto questo materiale inconscio penetrando nell’Io vi porta le tracce del lavoro e delle funzioni dell’Es; infatti, quando si analizza il modo in cui le pulsioni e i pensieri profondi dell’Es vengono elaborati e trasformati nel “contenuto manifesto” del sogno si scoprono non solo i meccanismi psichici del “processo primario”, ma anche quelli della formazione nevrotica e della psicopatologia grave.
I meccanismi più importanti della “funzione onirica” sono la “condensazione” e lo “spostamento”; a essi si associano in via complementare e con un lavoro specifico la “drammatizzazione”, la “simbolizzazione”, la “rappresentazione nell’opposto” e la “figurabilità”.
Come si diceva in precedenza questi meccanismi appartengono al “processo primario”; rientra, invece, nel “processo secondario” l’elaborazione razionale del sogno ossia l’organizzazione più o meno logica e coerente della trama o del “contenuto manifesto”.
E’ obbligo, a questo punto, definire esaurientemente la consistenza e l’esercizio del “processo primario” e del “processo secondario” per passare all’analisi specifica dei vari meccanismi istruiti nell’elaborazione trasformativa del sogno.
Il magmatico “processo primario” è caratterizzato da uno stato libero dell’energia psichica e da una conseguente facilità a fluire da una rappresentazione a un’altra alla ricerca di un investimento possibile, opportuno e adeguato.
In tal modo le cariche libidiche di alcune rappresentazioni confluiscono con i loro significati originari in altre catene associative compatibili e congrue, scaricando la loro energia in base al “principio del piacere” e ottenendo da un lato una parziale gratificazione allucinatoria del desiderio rimosso e dall’altro lato una riduzione della tensione legata all’impulso insoddisfatto.
La funzione e i meccanismi del “processo primario” sono ben visibili nelle seguenti caratteristiche del sogno: l’assenza di mezzi linguistici, la relazione del soggetto con se stesso, l’autorielaborazione confabulatoria, il fattore allucinatorio, la mancanza o l’alterazione della nozione di tempo, la distorsione della categoria spaziale, la coesistenza della logica degli opposti, il gusto del paradosso, il declino dei principi etici e morali, il mancato riconoscimento della realtà direttamente proporzionale all’eccesso di fantasia.
Un altro aspetto importante del “processo primario”, che puntualmente si manifesta nell’attività onirica, é la tensione a ricercare la compatibilità e l’affinità di una rappresentazione con altre rappresentazioni sempre al fine di appagare un desiderio rimosso, di riparare un trauma o di risolvere una frustrazione in obbedienza al “principio del piacere” e in offesa al “principio della realtà”.
Al sopraggiungere di una tensione, legata al riemergere di un desiderio da appagare o altro, il ricordo del bisogno in atto, che inizialmente aveva ridotto il livello di tensione, costringe il soggetto a reinvestire le energie messe in circolazione a livello psicofisico.
E’ impossibile, a tal punto, rinviare il processo innescato, per cui diventa necessario ricercare e reperire la via più breve per la soddisfazione del desiderio, per la riparazione del trauma o per la risoluzione della frustrazione; dal momento che tale progetto è irrealizzabile per via diretta si ricorre a un oggetto sostitutivo, equivalente nella struttura e nelle funzioni, che soddisfi per via mediata i bisogni e le aspettative in atto.
Questo obiettivo viene raggiunto nel sogno in un ambito di cosiddetta normalità con la riattivazione allucinatoria del ricordo e dell’appagamento.
E’ opportuno rilevare ancora una volta che la stessa funzione e lo stesso meccanismo sottendono alla formazione dei sintomi nevrotici e psicotici.
Il freddo e lucido “processo secondario” è caratterizzato da un’adeguata organizzazione dell’energia psichica e da un opportuno controllo del suo flusso.
Questa “omeostasi” o situazione di equilibrio consente all’energia psichica di investirsi in modo stabile e duraturo su rappresentazioni congrue e di sottoporsi al giusto vaglio del “principio della realtà”; viene in tal modo differita al momento opportuno la soddisfazione della pulsione e del desiderio in base alle esigenze e alle norme della realtà, dal momento che l’attività psichica si é sottratta alla tirannia e all’impellenza del “principio del piacere”.
Il “processo secondario” si esprime nella lucidità dell’autocoscienza, nel pensiero vigile, nella capacità di attenzione, nel giudizio critico, nell’attività razionale e nel controllo dell’Io, i cui compiti principali sono quelli di attenersi al “principio della realtà” e di inibire l’innesco dei meccanismi del “processo primario”, cosciente del rischio di soggiacervi come nell’attività onirica o nelle diverse psicopatologie.
Freud ritiene a buon diritto che il “processo primario” è ontogeneticamente e filogeneticamente anteriore a quello “secondario”, essendo lo sviluppo dell’Io successivo alla parziale “rimozione” del “processo primario” dal momento che le sue procedure non sono idonee ad affrontare il mondo esterno e i dati della realtà.
Prendiamo, a questo punto, in considerazione i meccanismi del “processo primario” in riferimento privilegiato al “lavoro onirico”.
La “condensazione” è una modalità del funzionamento dei processi onirici in base alla quale un’unica rappresentazione costituisce l’intersecazione di catene associative formate da altre rappresentazioni; su questa unica rappresentazione vengono investite e conglobate le energie psichiche relative a ciascuna rappresentazione.
Un’unica rappresentazione, quindi, condensa tutte le altre rappresentazioni per via associativa.
La “condensazione” ha per conseguenza la sovradeterminazione del sogno o di alcuni suoi elementi, i quali possono assumere interpretazioni diverse e parimenti valide a livelli differenti.
Per “spostamento” s’intende l’atto magnetico di attrazione, scivolamento e dirottamento di un investimento energetico da una precisa rappresentazione originaria lungo una via associativa che collega rappresentazioni diverse e porta alla formazione di un’altra rappresentazione.
La carica psichica e la verità oggettiva di una rappresentazione, a suo tempo rimosse, vengono spostate in sogno su un’altra rappresentazione o su una serie di rappresentazioni che si possono associare in maniera congrua e funzionale alla prima.
Lo “spostamento” comporta anche il trasferimento e il raffreddamento della carica psichica di una rappresentazione in altre rappresentazioni di per se tesse emotivamente meno forti e intense, ma sempre collegate alla prima da una catena associativa.
Questo trasferimento e questo raffreddamento di energie ha una funzione difensiva, in quanto l’Io permette nel sogno proprio attraverso l’azione di censura soltanto l’accesso e la rielaborazione di rappresentazioni emotivamente meno intense e adeguatamente camuffate per quanto riguarda il contenuto e il significato.
Il sogno si serve dei meccanismi della “condensazione” e dello “spostamento” per tutelare il “contenuto latente” dal rischio di coincidere con il “contenuto manifesto” ossia da una evidente e precisa manifestazione del materiale psichico rimosso.
Questi meccanismi segnano il passaggio da una rappresentazione astratta a una rappresentazione concreta, ad esempio dall’idea della morte all’immagine di un cimitero o di un distacco affettivo; tale operazione ha sempre una funzione difensiva dall’angoscia.
Un esempio psicopatologico di “condensazione” e di “spostamento” nella veglia é il sintomo fobico e ossessivo, il quale contiene ma nasconde la vera paura e consente all’angoscia sottesa di scaricarsi in parte attraverso il canale traslato del sintomo stesso senza la coscienza della vera causa del conflitto psichico.
La “drammatizzazione” consente alla rappresentazione inconscia di esprimersi secondo le coordinate di un’azione concreta e di tradursi in un’allucinazione psicodinamica.
Il desiderio latente di autonomia psichica o di un naturale distacco affettivo viene drammatizzato oniricamente nell’atto di cadere nel vuoto senza paura e angoscia di morte, ma con piacevoli sensazioni di librarsi nel vuoto e con la sicurezza di una libera gestione del benefico volo; all’incontrario il vissuto inconscio di una traumatica e mortifera separazione viene drammatizzato in sogno con un incontrollabile e letale precipitare nel vuoto.
La “simbolizzazione” é un meccanismo del “processo primario” che ha la funzione di mascherare una rappresentazione inconscia o un desiderio rimosso perché inammissibili per l’Io.
I simboli sono rappresentazioni individuali o collettive, dotate di intensità emotiva ma deprivate in sogno di parte della loro carica perché raffreddate dall’azione riduttiva della censura.
I simboli universali si definiscono “archetipi” secondo la Psicologia analitica di C. G. Jung.
La “simbolizzazione” è una variante specifica della “condensazione” e comporta anche l’azione dello “spostamento”, così come la “drammatizzazione” è una variante specifica dello “spostamento” e comporta l’azione della “condensazione”.
La “rappresentazione per l’opposto” é un meccanismo specifico che svolge la funzione di mascherare il “contenuto latente” condensandolo e spostandolo in un “contenuto manifesto” opposto, per cui in sogno la rappresentazione o il desiderio si manifesta nel suo contrario; ad esempio, l’amare intensamente per celare il profondo e rimosso bisogno di odiare.
Questi meccanismi, oltre a tradurre l’azione della “censura”, consentono la continuazione della benefica attività psicofisiologica del sonno, rendendo il sogno inintelligibile a chi dorme; in caso contrario, coincidendo il “contenuto manifesto” con il “contenuto latente”, scatterebbero l’incubo e il risveglio immediato.
Dal momento che il “lavoro onirico” trasforma le rappresentazioni inconsce e i desideri rimossi in allucinazioni sensoriali, prevalentemente visive e uditive, prendiamo in considerazione a questo punto il meccanismo della “figurabilità”, deputato proprio alla traduzione in immagine dei contenuti che formano la trama del sogno.
Risulta determinante mettere in rilievo due aspetti: in primo luogo la selezione operata tra le diverse immagini che traducono una rappresentazione inconscia e che meglio si prestano alla sua espressione visiva, in secondo luogo la tendenza a operare spostamenti da un concetto astratto a un’immagine concreta.
Freud afferma che nell’attività primaria della figurabilità viene richiamato un aspetto arcaico e filogenetico del pensiero e del linguaggio umani.
In origine il pensiero e le parole avevano un significato concreto: essi si traducevano in fatti reali e oggetti sperimentabili; soltanto in seguito all’evoluzione culturale hanno assunto un significato e un contenuto astratti.
Il linguaggio del sogno non conosce le opposizioni logiche dei pensieri e delle parole, così come all’origine il linguaggio designava in un unico oggetto concetti diversi e opposti.
A questo punto l’analisi dei meccanismi del “processo primario” in riferimento privilegiato al sogno è completa.
L’elaborazione razionale appartiene, come si diceva in precedenza, al “processo secondario”; essa prende in considerazione l’intelligibilità del sogno e tende a tradurlo in un contesto organico nei nessi e coerente nei significati.
Proprio l’elaborazione secondaria è ulteriore prova e manifestazione dell’intervento della “censura” dell’Io nel “lavoro onirico”; ad esempio i sogni del mattino sono logicamente più coerenti rispetto a quelli elaborati in piena notte dal momento che il sonno ha un’intensità meno profonda e quindi subiscono un intervento più consistente delle funzioni dell’Io e dei meccanismi dell’elaborazione secondaria.
In maniera più chiara si può affermare che con il risveglio il sogno subisce una formulazione più razionale, in quanto aumenta quella vigilanza psichica che a livello mentale si traduce nell’uso automatico dei principi e degli schemi logici.
Ma i meccanismi dell’elaborazione secondaria non intervengono soltanto nella formulazione del sogno, durante il sonno, attraverso l’esercizio delle funzioni razionali e censorie dell’Io, ma anche dopo il sonno, al risveglio o durante la veglia, quando si ricorda il sogno, si ricompone la trama e si costituiscono i nessi logici, supplendo alle deficienze della memoria e all’enigmaticità dei sogni con l’inserimento automatico e acritico di pezze giustificative e consequenziali.
Tale elaborazione non consente, quindi, la sicurezza oggettiva sul fatto che il sogno ricordato e ricomposto corrisponda al sogno reale.
L’elaborazione secondaria in questo processo difensivo può essere accostata al meccanismo psichico, sempre difensivo e usato nella veglia, scoperto da Freud e definito puntualmente con il termine “razionalizzazione”; esso consiste nell’organizzazione e nella giustificazione logiche di rappresentazioni fantasmiche e di pulsioni inconsce di varia natura e qualità.
Si conclude a questo punto l’analisi dei meccanismi del “processo primario” e del “processo secondario” coinvolti e deputati direttamente nel complesso “lavoro onirico”.
CONSIDERAZIONI SUI MECCANISMI ONIRICI
Si è richiamata in precedenza la tesi freudiana che attribuisce all’elaborazione del sogno, “lavoro onirico”, un carattere arcaico di natura regressiva e reperibile a diversi livelli.
La “regressione” è un processo di difesa naturale e non necessariamente psicopatologico; esso consiste in una inversione del movimento dell’energia psichica rispetto alla direzione normale ed evolutiva.
Per evitare una pesante frustrazione o un’angoscia ingestibile dall’Io, non essendo possibile la “rimozione”, avviene che l’investimento libidico non si dirige verso l’oggetto giusto e ripristina forme psichiche e comportamenti del passato non compatibili e congrui con la realtà
psico-esistenziale in atto.
Un classico esempio è la “regressione” dei bambini a modi di essere e di comportarsi della primissima infanzia dopo la nascita di un fratellino sotto le forti pressioni dei sentimenti della gelosia e della rivalità fraterna.
Ma esaminiamo le implicazioni oniriche.
In riguardo alla dimensione temporale la “regressione” è presente nel sogno a tutti gli effetti nella misura in cui esso permette un ”ritorno del rimosso” ossia il riemergere della dimensione profonda e inconscia, contenuti e rappresentazioni appartenenti al passato e in particolare a stadi precisi dell’evoluzione psichica.
Questa tesi esige che lo sviluppo psichico dell’individuo sia diacronico ossia avvenga per tempi diversi, fasi, in stretta relazione con i meccanismi dominanti in ciascuno stadio evolutivo e implica, inoltre, diversi livelli di funzionamento dell’Io in riguardo alla capacità e alla modalità di investimento dell’energia psichica, altrimenti detta relazione d’oggetto.
In riguardo alla dimensione topica la regressione è presente nel sogno in quanto l’energia psichica segue un percorso retroverso; all’eccitazione nervosa, infatti, è impedito l’accesso alla motilità e alla scarica delle tensioni in campo secondo i normali canali neurofisiologici.
L’energia psichica ritorna indietro e attiva il sistema percettivo con la produzione di immagini allucinate e di sensazioni atipiche; il suo cammino nel sogno è sincronico e spaziale ossia avviene simultaneamente all’interno dell’apparato psichico, mentre nello stato di veglia l’eccitazione parte dalla percezione sensoriale e attraversa l’apparato neuropsichico per sfociare nella motilità.
Nel sogno l’eccitazione risale dalla rappresentazione e sfocia in una allucinazione costituita in maniera specifica da una serie di percezioni sensoriali.
In riguardo alla dimensione formale la “regressione” è presente nel sogno nella misura in cui quest’ultimo si serve di modi di espressione arcaica che sostituiscono modalità espressive più evolute; l’agire al posto del pensare, l’allucinazione al posto della rappresentazione, il passaggio dall’astratto al concreto e dall’idea all’immagine.
Freud postulò, come si è in precedenza affermato, una “regressione” formale che risaliva alle origini filogenetiche e a questo riguardo individuò nel simbolismo del sogno un meccanismo arcaico quanto attuale.
Esso non si attesta soltanto nell’elaborare “formazioni sostitutive”, ma formula relazioni costanti specifiche e pertinenti tra le formazioni suddette e il contenuto simbolizzato; tale rapporto si ritrova a livello individuale e collettivo indipendentemente dalle forme di civiltà.
Il simbolismo si presta all’associazione e ubbidisce alla sua logica specifica.
Un’altra caratteristica dei simboli è la diretta proporzione tra il loro elevato numero e la ristretta gamma dei temi; essi concernono essenzialmente le origini, la sessualità e la morte.
La determinante partecipazione della dimensione psichica inconscia nell’elaborazione del sogno ha consentito a Freud di definirlo “la via regia di accesso all’Inconscio” e di ritenerlo una prova inconfutabile dell’esistenza e della consistenza di questo universo sommerso della psiche.
SOGNO, FANTASIA E FANTASMA
Le ricerche sulla dimensione psichica inconscia e sulla funzione onirica hanno consentito a Freud di stabilire una relazione tra il “sogno notturno” e la “fantasticheria”, altrimenti detta “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti”, e sia di definire all’interno di tale rapporto la struttura e l’ambito della controversa e polivalente funzione della “fantasia” intesa nella sua accezione di attività vigile e finalizzata all’appagamento di desideri consci e inconsci.
E’ motivo di interesse la ricerca etimologica del termine: la parola “fantasia” deriva dal greco “phantasìa”, la cui radice si attesta nel verbo “phantàzo” che significa “faccio apparire” e quest’ultimo a sua volta deriva dal verbo “phaino” che significa “io mostro”.
“Phantasia”, “phantazo” e “phaino” trovano una comune e arcaica radice etimologica nel termine “phaos”, che significa “luce”.
Il senso originario e il significato corretto della parola “fantasia” è, quindi, il seguente: “fare apparire nella luce” o “mostrarsi attraverso la luce”.
Questa interpretazione, pur tuttavia, non equivale a un “venire alla luce”, intendendo quest’ultima come elemento fisico esterno, ma a un “prender luce” dall’interno; questo richiamo all’interiorità della luce ingloba il senso e il significato del termine “allucinazione”.
“Fantasia” equivale, quindi, a un “dare luce dall’interno” al proprio materiale psichico, a un “mostrarsi con la luce” e non a un generico “mostrarsi nella luce” o a un estrinseco “venire alla luce”.
L’etimologia mette in rilievo nell’attività della “fantasia” il fattore allucinatorio radicato nell’interiorità e derivante da una energia psichica che si esprime nell’eccitazione dei sensi e che in tal modo si scarica e appaga.
Scientificamente il termine “fantasia” comprende l’attività immaginativa dei processi creativi e l’attività fantasmica dei processi psichici riguardanti l’elaborazione dei cosiddetti “fantasmi”, rappresentazioni del desiderio con funzione di soddisfazione che mantengono strette connessioni con la dimensione inconscia.
Le attività della “fantasia” comportano un’immediata distinzione tra “fantasticheria”, “fantasma” e “sogno”.
LA FANTASTICHERIA
La “fantasticheria”, altrimenti detta “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti” è l’espressione di un desiderio del presente che trova immediato riferimento nel ricordo di un’esperienza piacevole vissuta nel passato e pone l’intenzione progettuale di essere rivissuto nel futuro prossimo.
Prodotto della “fantasia”, essa è costruita con elementi sottratti alla realtà in atto ed estrapolati non solo dal tempo e dallo spazio ma anche dal loro proprio significato per essere messi al servizio di desideri più o meno coscienti.
La “fantasticheria” è, quindi, lo strumento attraverso cui si conferisce struttura e coerenza logiche a elementi fittizi e immaginari per costruire situazioni persuasive e convincenti, oltre che appaganti.
Essa è sempre allettante e gratificante, sia perché soddisfa allucinatoriamente desideri che nella realtà non possono essere riproposti e realizzati, sia perché produce una tensione e una valorizzazione specialmente quando si riferisce a pesanti frustrazioni vissute da compensare e a tristi ingiustizie subite da riparare.
La “fantasticheria” è, infatti, considerata dalla Psicoanalisi il contro-effetto di un desiderio inappagato attraverso cui l’emancipazione da pesanti situazioni oggettive avviene proprio liberando il desiderio altrimenti represso e insoddisfatto.
Nella “fantasticheria” esiste una contaminazione tra presente, passato e futuro, in quanto si attinge dal passato un’esperienza rilevante nella vita psichica, la si associa a un desiderio presente e la si proietta nel futuro per la possibile realizzazione.
Le “fantasticherie” si articolano secondo una sofferta linea di sviluppo e ricercano nel loro versante estremo soddisfazioni immaginarie di desideri ambiziosi ed erotici; esse prosperano in maniera direttamente proporzionale agli impedimenti della realtà psichica e alle frustrazioni della situazione esistenziale in atto.
Anche quando non appaga il desiderio, la “fantasticheria” risponde all’esigenza di una sua legittimazione e favorisce al pari dell’ “abreazione catartica” una scarica emotiva di natura terapeutica.
La “fantasticheria” compensa anche in maniera abnorme quelle soddisfazioni che la realtà nega o ridimensiona; si instruisce, in tal modo, un conflitto più o meno aspro tra il “principio della realtà” e il “principio del piacere”, tra le istanze psichiche associate dell’Io e del Super-Io e l’istanza pulsionale dell’Es.
La “fantasia” concepisce e ricerca il piacere fuori dalla realtà e dai suoi angusti limiti.
Questi “sogni a occhi aperti” si pongono come “resti diurni” ossia come il nucleo dei sogni notturni, il quale sviluppa i temi dei “sogni diurni” nelle condizioni in cui essi diventano fruibili per il “lavoro onirico” quando le pulsioni sono libere di rappresentarsi e di appagarsi sia pur nell’alterazione operata dei meccanismi deputati alla formazione del sogno.
Le “fantasticherie” possono essere inconsce o coscienti e non sono soltanto causa dei sogni notturni ma anche dei sintomi nevrotici; esse si legano inequivocabilmente non solo alla cosiddetta normalità psichica ma anche alla psicopatologia.
Questa attività fantastica è regolarmente frequente nei bambini, perché essi hanno facilità di accedere ai “processi primari” e di sottrarsi alla realtà e ai suoi principi, destituendo di concretezza e di peso i fatti e le evenienze reali a favore della gratificante soddisfazione delle pulsioni.
Come i sogni le “fantasticherie” sono appagamenti di desiderio e si basano soprattutto sui vissuti dell’infanzia.
Esse sono creazioni che godono di indulgenza da parte della censura dell’Io e del Super-Io; la loro composizione rivela che lo spunto del desiderio ha condensato e spostato in un nuovo insieme il materiale psichico originario.
IL FANTASMA
Il “fantasma” è un prodotto della “fantasia”, reale e illusorio allo stesso tempo.
Esso, infatti, ha una forte incidenza nella formazione e nell’attività psichiche, ma non serve a inserire e soddisfare i desideri nella realtà.
Il “fantasma” è una sintesi psichica operata attraverso una “condensazione”e una “drammatizzazione” del desiderio; la sua natura e la sua funzione sono essenzialmente difensive.
I “fantasmi” possono essere consci, come nel “sogno diurno”, o inconsci, come nel “sogno notturno”; essi trovano la naturale espressione anche nei sintomi psicopatologici e nei comportamenti coatti e ripetitivi.
Freud è decisamente convinto che l’attività psichica cosciente, ispirata al “principio della realtà”, è strutturata e modellata in ogni uomo secondo una vitalissima attività fantasmica inconscia, alimentata da prototipi originari o rappresentazioni primarie come la vita intrauterina, la scena del coito dei genitori o “scena primaria”, la seduzione e la castrazione.
Questi scenari immaginari e stereotipati sono e rappresentano le tormentate risposte del bambino ai grandi enigmi collettivi dell’origine, della sessualità e della perdita.
Nel loro insieme i “fantasmi” costituiscono, quindi, un patrimonio universale trasmesso filogeneticamente al di là dell’esperienza individuale e sono assimilabili agli “archetipi” junghiani.
Essi rappresentano le fasi critiche ed evolutive di ogni uomo e si snodano ripetitivamente dall’origine della vita, “scena del coito”, all’origine della sessualità, “scena della seduzione”, e all’origine della differenza dei sessi, “scena della castrazione”.
In ogni caso l’attività psichica cosciente è sostenuta da una sottesa attività fantasmica, prevalentemente inconscia, la quale ha inizio nei primi anni di vita, si innesta nel versante biologico, si evolve e si condensa durante l’infanzia nel registro simbolico definendo e caratterizzando in tal modo la vita psichica dell’uomo adulto.
L’interpretazione della “fantasia” e del “fantasma” o della “fantasia fantasmica” data da Freud è nettamente deterministica, in linea con il rigore dei principi del Positivismo a cui si era meticolosamente formato e a cui spontaneamente ubbidiva.
L’inquietante e dolorosa espressione psicopatologica della “fantasia fantasmica” sostiene e costringe Freud a elaborare una metodologia di ricerca e una griglia di conoscenza sulle cause psicologiche che producono e spiegano i sintomi.
Egli rileva, inoltre, la stretta connessione che tale indagine scientifica deve avere con la codificazione di una corretta e adeguata strategia psicoterapeutica e con quel registro clinico da cui era sempre partito per le costruzioni teoriche sull’Inconscio, i suoi dintorni e i suoi meandri.
Alla ricerca eziologica di Freud i “fantasmi” si presentano come il prodotto e il risultato psichici di stati precedenti ben caratterizzati, temporalmente e qualitativamente strutturati in linea evolutiva con la formazione psicologica di ogni uomo.
Si giustificano in tal modo l’assunzione dell’aristotelico rapporto metodologico di “causa ed effetto” e la tendenza metapsicologica a risalire con una costante ricerca a un principio unico o a una griglia epistemologica a cui “tutto” inequivocabilmente si collega e si spiega, un tutto da intendere nell’ampia accezione di espressione psichica normale e patologica allo stesso tempo.
Il “fantasma” trova altri interpreti all’interno della giovane famiglia psicoanalitica e la questione acquista i connotati di una divergenza e di un contrasto che caratterizzano non solo l’aspetto teorico ma anche la pratica clinica.
Diverso da Freud per formazione personale, più che per metodologia scientifica, Jung dà una interpretazione finalistica del “fantasma” e della “fantasia” in generale.
Egli accentua la valenza simbolica del primo e lo definisce un preciso e prezioso strumento di maturazione psicologica.
La “fantasia”, quindi, secondo la “Psicologia analitica” di Jung ha la proficua funzione di determinare, grazie all’elaborazione del materiale psichico preesistente, un obiettivo formativo e una linea di sviluppo psicologico.
Il “fantasma” e la “fantasia” possiedono una carica psichica di natura progettuale e sono considerati una ricca riserva a cui attingere idee ed energie, motivazioni e incentivi per il futuro prossimo.
Di tutt’altra ispirazione e “più freudiane di quelle di Freud” sono le teorie e le strategie terapeutiche di Melania Klein, la quale ritiene la “fantasia” una funzione psichica elementare e interpreta i “fantasmi” una sintesi di istinto e di pensiero.
Essi sono elementi primari dei processi psichici inconsci e concernono il corpo e i relativi vissuti sin dagli albori della vita.
I “fantasmi” sono in relazione univoca con gli scopi istintuali e in riferimento diretto con l’oggetto del desiderio, per cui essi fungono da base e da sostegno sia nell’adattamento alla realtà da parte del bambino e sia nella formazione del pensiero logico dell’uomo adulto.
Il “fantasma” ha per la scuola psicoanalitica kleiniana una funzione psichica difensiva e rientra nell’assoluta normalità formativa ed evolutiva dal momento che è considerato nella sua origine come la semplice rappresentazione psichica dell’istinto.
I “fantasmi” sono, quindi, intessuti di vivaci sensazioni e di forti emozioni; essi non condividono alcuna caratteristica con i prodotti logici elaborati dai processi ideativi astratti.
Si rileva l’esistenza di una notevole affinità tra il “fantasma” e il processo pulsionale finalizzato alla realizzazione allucinatoria del desiderio.
Per quanto riguarda l’elaborazione fantasmica Melania Klein ritiene che si tratta di un’attività primaria contraddistinta dall’istruzione di meccanismi arcaici di difesa come la “scissione”, “l’introiezione” e la “proiezione”.
Proseguendo nella rassegna delle varie teorie sul “fantasma” si incontra l’interpretazione della “Psicologia dell’Io”; questa scuola si contrappone alle altre e ritiene che i “fantasmi”, in particolare quelli legati alle fasi primarie, siano esasperazioni teoriche e interpretazioni drammatizzate che hanno poco senso e minima importanza per l’uomo adulto.
I “fantasmi” sono produzioni psichiche dell’infanzia che vengono abbandonate nel corso della maturazione psicologica, intellettiva e culturale dell’uomo.
Essi non hanno alcuna incidenza nella vita psichica cosciente, nella formazione del carattere e nei processi mentali; in sostanza la “Psicologia dell’Io” destituisce di funzione e di senso per l’uomo adulto la primaria attività fantasmica.
Queste sono le interpretazioni teoriche e le convinzioni cliniche delle principali scuole psicoanalitiche sul “fantasma” e sulla “fantasia”.
Convergendo sulla concezione ortodossa, quella espressa per l’appunto dal padre della Psicoanalisi, bisogna rilevare l’esistenza di un rapporto tra “fantasma” e “sogno notturno”, tra “fantasia” e “funzione onirica”; la “fantasia” e i “fantasmi” non svolgono la funzione di custodire e preservare il sonno, ma sono strutturalmente e qualitativamente affini alle elaborazioni oniriche e condividono con il sogno sia i processi di formazione e sia il carattere fondamentale di procurare una soddisfazione del desiderio indipendente dalla realtà esterna.
Esiste, infatti, una stretta connessione tra i “fantasmi” e i meccanismi di formazione del “sogno notturno”, oltre che con i contenuti in esso espressi.
Ritroviamo nell’elaborazione dei “fantasmi” i principali meccanismi del “processo primario” deputati all’elaborazione del sogno come la “condensazione” e lo “spostamento” anche se la loro incidenza risulta più blanda e addomesticata rispetto al prodotto onirico puro.
Introduciamo un altro elemento di confronto, il “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti”, per sostenere sia la tesi che vuole il “fantasma” essere la soddisfazione del desiderio al di là dei limiti imposti dalla realtà e sia la discussione sulla contrastata interazione dialettica tra l’invadente “principio del piacere” e il restrittivo “principio della realtà”.
Nella formazione dei “sogni diurni” hanno una maggiore implicazione i meccanismi del “processo secondario”; i “sogni diurni” si presentano, infatti, come storie coerenti e strutturate secondo coordinate logiche e nessi plausibili.
Per quanto riguarda i contenuti, i “fantasmi” e i “sogni diurni” attingono ampiamente a elementi e vissuti dell’infanzia.
Le loro trame sono spesso riprese anche dai “sogni notturni” e forniscono lo scenario onirico e la possibilità della gratificazione allucinatoria di un desiderio.
Queste trame non si limitano alle fantasie più o meno compiaciute e coscienti della veglia, ma si estendono alla dimensione psichica inconscia, per cui buona parte di esse non raggiunge la “Coscienza” e contribuisce essenzialmente a dare i diversi contenuti al “lavoro onirico”.
La differenza tra i “fantasmi” e i “sogni a occhi aperti” si attesta nel fatto che questi ultimi sono il modo, più o meno elaborato e cosciente, in cui i primi si riflettono e si manifestano.
Una definizione adeguata della “fantasmizzazione” esige che essa sia un’attività psichica fondamentale e prodotta da un desiderio insoddisfatto nella realtà.
Freud fissa con precisione l’inizio dell’esercizio di questa funzione nel progressivo inserimento dell’attività psichica nel “principio della realtà” e nel consequenziale ridimensionamento del “principio del piacere”.
Il primo impone all’Io le sue esigenze di controllo e di dominio sulle pulsioni dell’Es, per cui anche la naturale soddisfazione allucinatoria del desiderio legata al sogno notturno risulta deludente e inadeguata a scaricare tutta l’energia investita e rimossa.
Si spiegano in tal modo sia la sottrazione di una parte delle pulsioni libidiche a una crudele repressione o a un infausto ridimensionamento e sia la formazione di una nuova modalità psichica deputata a soddisfarle in maniera sostitutiva e fittizia: questa funzione di supporto, di compensazione e di compromesso è proprio la “fantasmizzazione”.
Questo ampliamento teorico operato da Freud è un importante corollario non solo alla scoperta e allo studio dell’eziologia delle nevrosi, in particolare della cosiddetta “scena della seduzione”, ma anche alla scoperta e allo studio del “complesso edipico”.
Tali connessioni testimoniano che il “Sapere” di Freud non è settoriale e conchiuso, ma allargato e aperto nelle sue diverse componenti; esso implica un continuo rimando teorico e clinico tra le sue parti dal momento che deriva essenzialmente da un’acuta e proficua pratica psicoterapeutica e si arricchisce con l’afflusso di nuovi dati empirici.
Esaminiamo il rapporto che Freud pone tra la causa delle nevrosi e il “fantasma”.
La prima eziologia delle nevrosi si basava sulla “scena della seduzione” o sul vissuto del trauma reale della seduzione del bambino da parte degli adulti e in particolare dei figli da parte dei genitori; si trattava di un’inquietante tesi che supponeva di fatto la perversione sessuale e la depravazione incestuosa di questi ultimi.
Questa cruda teoria viene superata dalle successive intuizioni e constatazioni cliniche; il trauma della seduzione sessuale lascia il posto alla realtà psichica di un desiderio sessuale incestuoso e di fantasie specifiche nel bambino riferite ai genitori.
Si apre la strada allo studio del contrastato “complesso edipico”, un’ambigua e contorta situazione psicologica conflittuale di natura intrapsichica e relazionale, oltretutto determinante nella formazione psichica di ogni uomo, e si pone il problema della sua possibile “rimozione”.
Infatti i processi di fantasmizzazione si attivano in abbondanza con gli enigmatici vissuti, le gratificanti fantasie e gli audaci desideri legati e annessi alla magmatica e polivalente relazione dei figli con i genitori.
La scoperta dei “fantasmi edipici” evidenzia secondo Freud non solo la funzione difensiva esercitata dal “fantasma” e dalla “fantasia” nei confronti del desiderio, ma anche la stessa funzione difensiva instruita da quest’ultimo nei riguardi delle frustrazioni prodotte da una severa realtà a sua volta determinata da rigorosi e restrittivi principi.
Ma anche questa attività fantasmica, così accentuata nella sua natura pulsionale e considerata nella sua caratteristica di “formazione di compromesso”, può subire l’intervento difensivo della “rimozione”, per cui i suoi prodotti, i “fantasmi” per l’appunto, possono essere resi inconsci.
Il “fantasma” presenta uno statuto composito e variabile: la maggior parte della produzione fantasmica è inconscia almeno in senso descrittivo, in quanto si può trattare di “fantasmi” elaborati nell’Inconscio secondo i meccanismi del “processo primario” e mai usciti da questa sede psichica oppure si può trattare di “fantasmi” rimossi ossia che hanno avuto un marginale accesso alla Coscienza e una massiccia presenza nel Preconscio e che soltanto in un secondo tempo sono stati depositati negli strati profondi della psiche.
Queste formazioni fantasmiche, passibili di “rimozione”, possono subire ulteriori elaborazioni, trasformazioni e camuffamenti sia pur mantenendo la struttura logica e l’organizzazione consequenziale del “processo secondario”.
Esse, elaborate nel Preconscio come si diceva in precedenza, possono anche non raggiungere la Coscienza e stazionare nella loro naturale sede a meno che non ricevano per imprevedibili evenienze o per contingenze fortuite un aumento di investimento energetico che le rende temibili e pericolose per l’Io e per l’equilibrio psichico; in questo caso esse vengono nuovamente rigettate nell’Inconscio.
Freud spiega questa psicodinamica e il destino di questo tipo di “fantasmi” con la metafora dei meticci, uomini che a prima vista sembrano di razza pura, ma che a una attenta valutazione evidenziano i tratti somatici misti che tradiscono il loro ibridismo, per cui vengono emarginati dagli uomini di razza pura come contromisura alla minaccia di contaminazione e di degrado.
Pur tuttavia i “fantasmi” rimossi possono esprimersi ugualmente, senza accedere alla Coscienza e al giudizio dell’Io, nei sintomi, nei rituali nevrotici, nelle creazioni artistiche, nei giochi dei bambini, nelle paraprassie o false azioni, nei lapsus verbali e in altro materiale psichico ambiguo e scoprente.
Questi prodotti si rapportano al “fantasma” così come il “contenuto manifesto” del sogno si collega in maniera inscindibile al “contenuto latente”.
L’evoluzione e l’azione di un “fantasma” si diversificheranno in base alla struttura psichica in cui sono inscritti e a cui appartengono, struttura che essi stessi hanno contribuito a formare nei tratti fondamentali.
Niente di paradossale in questa constatazione di Freud, dal momento che il “fantasma” nella norma sarà agito quando la sua elaborazione sarà resa accettabile all’Io e alla censura del Super-Io oltre che compatibile con il “principio della realtà” e le esigenze di equilibrio psichico dell’uomo adulto.
Questa psicodinamica segue le direttive e le coordinate della “normalità”, uno stato oltretutto difficile da codificare quando l’aspetto conflittuale del “fantasma” rientra negli argini di una funzione anche allucinatoria come nel sogno ma sempre al servizio della realtà e dell’armonia psicologica.
Per una struttura psichica, invece, che non riesce a comporre secondo il “principio della realtà” il “fantasma”, una struttura nevrotica per l’appunto, ogni circostanza fortuita può essere favorevole alla realizzazione patologica del “fantasma” e dell’annesso desiderio insoddisfatto; in tal modo si ha un effetto traumatico che può dar luogo a uno scompenso psichico e alla comparsa di sintomi.
Il conflitto nevrotico non rientra, quindi, nella suddetta “normalità” in quanto è rimasto ancorato al “principio del piacere” e non è sceso a patti con l’Io e con il “principio della realtà”, per cui il destino del “fantasma” può sfociare naturalmente nella psicopatologia.
L’analisi del processo di fantasmizzazione nelle strutture psicotiche evidenzia proprio la realizzazione allucinatoria del “fantasma”: lo psicotico nega la discordanza tra quest’ultimo e la realtà, per cui dà realtà con l’allucinazione al desiderio proprio agendo il “fantasma” stesso nella convinzione assoluta che esso sia non solo una realtà ma anche la vera realtà.
Il delirio psicotico è la traduzione in atto della perdita di contatto con la realtà esterna e con i principi razionali, per cui si ripristinano i meccanismi del “processo primario” e si attivano i “fantasmi” in chiare allucinazioni e in azioni comprensibili e giustificate da chi le instruisce, ma enigmatiche e inaccettabili da parte di tutti gli altri dal momento che esulano dal “principio della realtà” e dalle norme del pensiero logico o “processo secondario”.
In questa pesante situazione psicopatologica il contatto con la realtà è momentaneamente sospeso o compromesso o irrimediabilmente perduto a favore dell’immediato collegamento e della drammatica messa in atto del personale corredo interiore di natura fantasmica tutto ispirato al “principio del piacere”.
Ritornando sulla funzione del “fantasma” Freud può affermare che essa non si attesta soltanto nella difesa “a posteriori” dell’Io e dell’equilibrio psichico dall’irruzione incontenibile dei desideri inappagati e inconsci, ma essa partecipa in maniera diretta e “a priori” soprattutto all’elaborazione e alla formulazione dell’Io stesso e in modo specifico del cosiddetto “carattere”.
I tratti dell’Io non sono altro che la manifestazione possibile e sublimata dei personali “fantasmi” originari; la loro particolare elaborazione contribuisce a diversificare e quasi a rendere irripetibili la personalità e il carattere di ogni individuo.
I “fantasmi” traspaiono nel modo di essere, di pensare e di agire; il carattere non è altro che la “formazione reattiva” possibile dei “fantasmi” messi al servizio dell’Io e della realtà o rimossi in vario grado.
Pur tuttavia l’abbandono del “principio del piacere” non è mai totale e definitivo, per cui la Psiche mantiene un nucleo residuo della sua pulsione desiderativa anche se la gratificazione del desiderio avverrà nella “normalità” sotto la supervisione e la garanzia dell’Io e nei limiti delle norme imposte dalla realtà, in quei “sogni” di varia natura per l’appunto di cui si è detto in precedenza.
Riepilogando: anche se la progressiva introduzione del “principio della realtà” nell’attività psichica porta al graduale superamento del “principio del piacere”, l’attività fantasmica non viene liquidata nonostante la tendenza e la tensione dell’Io a emanciparsi dalla tirannia del “fantasma” e dall’onnipotenza del desiderio.
I “fantasmi”, di conseguenza, si differenzieranno sempre più dai prodotti del pensiero logico e saranno estromessi dalla funzione vigilante dell’Io; pur tuttavia Freud ribadisce che il fondamento e le caratteristiche del pensiero e del carattere di ogni uomo si costituiscono in base all’impatto e all’interazione del corredo dei “fantasmi” con le norme razionali e le severe prescrizioni del “principio della realtà” assimilate dall’Io e inscritte nella sua dimensione profonda.
In sostanza tutta la vita psichica legata all’istanza cosciente e alla funzione vigilante dell’Io è intessuta sulle trame dell’attività fantasmica ed è resa originale proprio da quei “fantasmi” che si agitano e recitano il proprio canovaccio nel teatro inconscio della psiche.
In modo specifico la Psicopatologia grave è la naturale epifania dell’azione irruenta e devastante dei “fantasmi”; lo psicotico agisce e rappresenta lucidamente il suo delirio fantasmico anche nelle espressioni tragiche ed estreme dell’autodistruzione masochistica depressiva e dell’eterodistruzione sado-maniacale e perversa.
I “fantasmi” si traducono in fatti nelle paranoie deliranti e nelle conversioni isteriche.
Dietro qualsiasi sintomo si cela una formazione psicopatologica che coincide con le elaborate trame di precisi “fantasmi”.
Esse sono non solo le manifestazioni di quel materiale psichico che si agita interiormente secondo le precise norme di un’interazione dialettica tra la dimensione profonda e la coscienza vigilante e razionale dell’Io, ma anche le strutture caratteristiche di ogni individuo.
LA STRUTTURA DIFENSIVA DELL’IO
La “difesa” è uno strumento dell’attività dell’Io intenzionato a tutelare e proteggere l’essere umano, inteso nella sua unità biopsichica – Psicosoma -, dallo squilibrio prodotto da una forte pulsione o da una drastica coazione.
Essa si esplica in un complesso di meccanismi e di operazioni il cui fine è ridurre o sopprimere ogni eventuale modificazione che minacci l’integrità psichica.
La “difesa” è instruita nei confronti di una eccitazione interna e di una immagine collegata, il “fantasma” per l’appunto in quanto sintesi di pulsione e rappresentazione, capaci di provocare una critica disarmonia nell’Io o una pesante crisi nel sistema psico-biologico.
La “difesa”, quindi, è in stretto e necessario legame con il “fantasma”.
I meccanismi sono diversi per natura e funzione; essi sono, inoltre, integrati in maniera parziale nell’Io “cosciente” e vigile, per cui sono radicati e inscritti anche a livello “preconscio” e “inconscio”.
E’ necessario in questo ambito riferirsi alle due “topiche” freudiane, i due sistemi psichici elaborati dal padre della Psicoanalisi, e ai loro principi dominanti: “Conscio-Preconscio-Inconscio”, “Es-Io-Super-Io”, “principio del piacere” e “principio della realtà”.
Sono, inoltre, richiamati e coinvolti in maniera diretta i meccanismi del “processo primario” e del “processo secondario”.
Il “sistema delle difese” rientra nell’assoluta cosiddetta “normalità” psichica e non deve essere stimato in maniera settoriale come una serie di processi e meccanismi psicopatologici giustificata dalla presenza di un conflitto tra le istanze psichiche dell’Es, dell’Io e del Super-Io o tra queste e la realtà, dal momento che il sistema delle difese forma anche e soprattutto i tratti originali del carattere.
I meccanismi di difesa dell’Io hanno una funzione essenziale, quindi, nella formazione psichica di ogni uomo e nel suo adattamento alla realtà.
La “Psicopatologia” si attesterà soltanto nell’uso inefficace e rigido delle difese oppure nel loro critico inserimento nella realtà; se il sistema delle difese non funziona in maniera armonica e flessibile, conseguono una stereotipia inadeguata all’equilibrio psichico e la formazione di nuclei patologici di varia natura e di diverso spessore.
Le “difese” dell’Io non si devono confondere o contaminare con le “resistenze”; queste ultime sono difese esclusive dirette a evitare o impedire la presa di coscienza del materiale psichico rimosso e sono instruite in maniera evidente nei trattamenti analitici.
I meccanismi di difesa si dividono in automatici e inconsci, legati ai “processi primari” e determinati dal “principio del piacere” allo scopo filogenetico di ridurre i livelli di tensione, e in volontari e coscienti, regolati dai “processi secondari” e determinati dal “principio della realtà”; questi ultimi mirano al giusto equilibrio delle condizioni di organizzazione interna dell’uomo in riferimento privilegiato all’adattamento.
I primi comprendono la “rimozione” in una sua modalità, la “negazione”, la “proiezione”,
l’ “introiezione” e l’ “identificazione”, lo “spostamento”, la “condensazione”, lo “sdoppiamento dell’Io”, lo “sdoppiamento delle imago”.
Tra i secondi ritroviamo la “rimozione”, il “disinvestimento” e il “controinvestimento”, la “formazione reattiva”, la “formazione sostitutiva”, la “formazione di compromesso”, la “formazione di sintomi”, l’ “isolamento”, la “razionalizzazione”, l’ “annullamento”, la “denegazione” o “diniego”, la “fissazione”.
La “regressione” e la “sublimazione” sono “processi” di difesa, più che meccanismi, complessi e particolarmente utili alla dinamica e all’economia psichiche.
Assodato che i “processi” e i “meccanismi” di difesa sono operazioni intenzionate alla tutela dell’equilibrio psichico e messe in atto dall’Io per garantire la propria sicurezza in quanto reagiscono alle emergenze pulsionali insediate nell’Es e impedite dal Super-Io, bisogna ricordare che un “vissuto”, come il “fantasma”, si compone di due elementi, l’ ”affetto” e la “rappresentazione”, la “pulsione” e l’ “immagine”; affetto e pulsione non sono passibili di rimozione, mentre rappresentazione e immagine non sono refrattarie a un ridimensionamento inconscio.
I “vissuti” e i “fantasmi” sono organizzati secondo catene percettive e associative che si possono riesumare seguendo le tracce mnestiche; essi hanno una sorte molto varia in base al diritto riconosciuto alla loro integrità: la rappresentazione legata al suo affetto e alla sua pulsione o l’immagine associata al suo oggetto e al suo scopo.
DINAMICHE PSICOPATOLOGICHE
Il ruolo dei processi e dei meccanismi di difesa, come si diceva in precedenza, non si esaurisce nella “normalità” psichica, ma si estende alla “psiconevrosi” ossia al conflitto tra i “fantasmi” e il
Super-Io, una dinamica da cui consegue quell’ “angoscia di castrazione” che le difese tendono a ridurre.
La “rimozione” è coinvolta nelle nevrosi in generale e nell’isteria in maniera specifica insieme al “disinvestimento e controinvestimento”, alla “formazione di sintomi”, alla “formazione sostitutiva” e alla “formazione di compromesso”.
La “regressione”, la “fissazione”, la “formazione reattiva”, l’ ”isolamento” e l’ “annullamento” sono elettivamente deputate alla nevrosi fobica e ossessiva.
Il sistema delle difese si allarga agli “stati limite”, al conflitto tra le pulsioni della prima infanzia e le frustrazioni legate all’oggetto esterno con la conseguente ricerca di un oggetto, sempre esterno, gratificante che ripari la ferita narcisistica e permetta di affrontare la fase maturativa del complesso edipico.
L’angoscia è depressiva quando è contrassegnata dalla perdita dell’oggetto e le difese saranno dirette all’impedimento di questa perdita; questo processo dinamico porta al manicheisno interno tra ciò che è buono e ciò che è cattivo, alla “proiezione” della parte cattiva e alla “scissione” anche all’esterno tra la parte buona e la parte cattiva.
Nello stato limite di natura fobica entra in azione dominante lo “sdoppiamento delle imago”, come in quello di natura paranoica la “proiezione” e nella malinconia l’ “introiezione”.
Negli stati psicotici le difese entrano in conflitto profondo con la realtà; da questa infausta dialettica deriva l’ “angoscia di frammentazione” a causa dell’impatto violento con l’oggetto esterno e della paura di perdere il contatto con la realtà.
Fallite le difese nevrotiche entrano in funzione le difese psicotiche con la conseguente “negazione”, parziale o totale, della realtà e la possibile costruzione di una neorealtà che ha il suo coronamento nel delirio.
I meccanismi direttamente coinvolti e totalmente estrinsecati sono la “razionalizzazione”, la “negazione”, la “denegazione” o “diniego”, la “proiezione”, l’ “introiezione” e l’ “identificazione”, lo “spostamento”, la “condensazione”, lo “sdoppiamento dell’Io”, lo “sdoppiamento delle imago”; il processo innescato in maniera univoca e globale è la “regressione”.
Quest’ultimo è intenzionato verso gli stadi iniziali della fusione nella schizofrenia e nell’autismo; esso porta alla negazione parziale o totale della realtà con il determinate concorso dello “sdoppiamento dell’Io”.
E’ necessario, a questo punto, passare all’analisi puntuale delle psicodinamiche innescate dai “meccanismi” e dai “processi” di difesa.
RIMOZIONE
E’ il meccanismo di difesa principale e si lega alla scoperta dell’ “Inconscio”.
Individuata rudimentalmente da Freud sin dal 1885 e successivamente elaborata, la “rimozione” consiste in un processo attivo della “Coscienza” inteso a mantenere fuori dall’Io vigilante i “vissuti” fantasmici, le rappresentazioni in maniera specifica, inaccettabili e ingestibili a causa dell’ “angoscia di castrazione” in essi connaturata.
Essa consente la continuazione semplificata della vita corrente perché impedisce nella “normalità” il sovraccarico delle tensioni.
Un’opportuna esemplificazione esige che la “rimozione” sia il naturale meccanismo di difesa in reazione ai “fantasmi” riguardanti la sessualità, la morte, l’abbandono, la violenza.
Si possono distinguere tre modalità e livelli operativi: la “rimozione primaria”, la “rimozione dell’Io” e il “ritorno del rimosso”.
La prima è la teorizzazione del condensato psichico di base a valenza filogenetica, individuale o collettivo, e riguarda lo stazionare nella dimensione inconscia dei “fantasmi” riguardanti la “scena primaria” e la “seduzione”; questi ultimi costituiscono punti di attrazione e di “fissazione” per rimozioni successive.
La seconda si attesta nel conflitto tra le rappresentazioni fantasmiche e l’Io, all’uopo alleato con l’istanza censoria del Super-Io in evitamento dell’ “angoscia di castrazione”.
La terza consiste in un fallimento totale o parziale del meccanismo di difesa: liberazione delle rappresentazioni fantasmiche dall’Inconscio e conseguente progressivo afflusso al Preconscio e alla Coscienza.
Il “ritorno del rimosso” è funzionale nella “normalità” al sogno, ai lapsus, alle paraprassie oppure ai sintomi psicopatologici delle nevrosi isteriche e fobico-ossessive.
Quest’ultimo caso comporta un impoverimento e un logorio del sistema psichico.
DISINVESTIMENTO E CONTROINVESTIMENTO
E’ una difesa innescata dal “ritorno del rimosso”, a cui è elettivamente riferita.
Il meccanismo globale è deputato a scindere la pulsione dalla rappresentazione, l’emozione dall’immagine, e a destituire della carica energetica qualsiasi rappresentazione-immagine proveniente dall’Inconscio o dall’Es densa di angoscia e ingestibile dalla Coscienza e dalla vigilanza dell’Io.
Il Super-Io si oppone all’investimento pulsionale da parte dell’Io cosciente di determinate rappresentazioni censurate, che di conseguenza vengono deprivate della connaturata carica energetica.
Questa energia psichica non può restare vagante e non può esser rimossa, per cui si rende disponibile nell’economia psichica per ulteriori investimenti.
Essa verrà riutilizzata per un “controinvestimento” da parte dell’Io a favore di altre rappresentazioni autorizzate o camuffate.
La manipolazione delle rappresentazioni illecite avviene sempre e necessariamente a favore di rappresentazioni lecite perché controinvestite.
Un’esemplificazione generica vuole che il sentimento inconscio dell’odio, implicito nel “fantasma”, in riguardo alla rappresentazione della figura materna si “disinvesta” e “controinvesta” nel sentimento d’amore.
FORMAZIONE REATTIVA
Il meccanismo si attesta nell’amplificazione di impulsi coscienti opposti a quelli inconsci.
L’Io si protegge dall’angoscia derivante dal “ritorno del rimosso” e contrasta attivamente le pulsioni censurate dal Super-Io e implicite nel “fantasma” innescato.
E’ un meccanismo che rinforza continuamente l’Io e la Coscienza vigilante in difesa dalle minacce istintuali e determina un “controinvestimento” delle energie inattivate, che si mettono anche al servizio dell’adattamento sociale e dei valori culturali.
Esemplificazione: la coazione alla pulizia è una “formazione reattiva” all’impulso di sporcare.
FORMAZIONE SOSTITUTIVA
Si tratta di un meccanismo legato al “ritorno del rimosso” che si esplica nella “rimozione” della rappresentazione di un “fantasma” inaccettabile e nella compensazione appagante della pulsione da parte dell’Io attraverso una rappresentazione congrua e compatibile.
Esemplificazione: l’estasi mistica in sostituzione dell’orgasmo sessuale.
FORMAZIONE DI COMPROMESSO
Sempre nell’ambito del “ritorno del rimosso” la rappresentazione viene camuffata e resa irriconoscibile.
L’Io organizza e attua un compromesso tra la pulsione inconscia dell’Es e le esigenze inibitrici del Super-Io.
Il meccanismo richiama il “lavoro onirico”.
Esemplificazione: i prodotti artistici.
FORMAZIONE DI SINTOMI
Questa difesa segna il fallimento dell’Io e della “rimozione”; si basa sul “ritorno del rimosso”.
Presuppone e richiama, inoltre, i meccanismi precedenti: la “formazione reattiva”, la formazione di compromesso” e la “formazione sostitutiva”.
Consiste nella manifestazione attiva di natura fisica, psichica o mista del “fantasma” nella sua componente pulsionale come nei sintomi fisici e di natura rappresentativa come nelle ossessioni fobiche.
Si tratta di una difesa contro l’ “angoscia di castrazione” nelle nevrosi, l’ “angoscia di frammentazione” nelle psicosi e l’ “angoscia di perdita” negli stati limite.
Una chiara esemplificazione è la conversione isterica.
ISOLAMENTO
Il meccanismo si attesta nella separazione della rappresentazione dalla carica energetica effettuata dall’Io e funzionale al rafforzamento della “rimozione”, per cui entrambe permangono nella Coscienza deprivate del nesso associativo.
E’ una difesa dall’angoscia mutuata dalla corrispondenza tra il “fantasma” e l’oggetto associato.
L’ “isolamento” è presente nelle ossessioni e sotto forma di “resistenza” nei trattamenti analitici, quando il processo associativo si interrompe per difesa perché scatena cariche angoscianti.
RAZIONALIZZAZIONE
Si tratta del meccanismo di difesa classico dei “processi secondari” e ricorrente nell’esercizio psichico della quotidianità.
La sua funzione si attesta nell’appagamento razionale di un desiderio e nella giustificazione coerente e accettabile dal punto di vista logico e morale di pulsioni legate a rappresentazioni.
Il Super-Io censura l’affetto e l’Io adduce le adeguate ragioni in legittimazione della frustrazione mettendo in atto una distorsione delle emozioni originarie.
Esemplificazione: il “nondum matura est” della favola di Fedro intitolata “la volpe e l’uva” oppure la giustificazione razionale della guerra.
La “razionalizzazione” è un meccanismo di difesa diffusamente e ampiamente instruito nella normalità, ma presenta nel suo versante estremo una notevole carica psicopatologica come nel delirio paranoico dove la forte carica aggressiva è giustificata e organizzata secondo impeccabili linee logiche.
ANNULLAMENTO
Consiste nella ripetizione obbligata di un atto o di un pensiero a correzione dei precedenti sulla scia di pulsioni ossessive e compulsive: rappresentazioni e azioni disturbanti sono cancellate da altre rappresentazioni e da altri atti in forma espiatoria.
L’ “annullamento” riesuma l’onnipotenza magica del pensiero.
E’ un meccanismo di difesa fortemente regressivo perché nega o altera la realtà della categoria temporale.
Esemplificazione: i bisogni ossessivi di controllo e di verifica, gli atti espiatori e l’animismo.
NEGAZIONE
E’ un meccanismo arcaico e precursore della “rimozione”.
Consiste nel rifiuto di riconoscere aspetti sgradevoli o angoscianti della propria realtà psichica in atto, i quali non sono stati rimossi e quindi si ripresentano alla Coscienza senza poter essere ammessi e razionalizzati come propri.
Esemplificazione: qualsiasi affermazione intesa a negare anticipatamente.
FISSAZIONE
E’ un meccanismo tramite il quale l’evoluzione della “libido” e i suoi investimenti, a causa di specifiche situazioni affettive ed emotive, si arrestano, arretrano e si legano a persone, a situazioni, a immagini, a relazioni e a eventi particolarmente forti e significativi a livello psicologico, perché rassicuranti, protettivi e soddisfacenti specialmente in un presente ricco di frustrazioni o di traumatiche evenienze.
La “fissazione” è collegata inevitabilmente alla “regressione”, a un processo regressivo che ne è la logica conseguenza riparatoria; mentre la seconda si considera un processo di difesa, la prima è da ritenere in maniera più marcata un meccanismo vero e proprio.
Esemplificazione: il figlio unico che non vuole crescere e rendersi autonomo dalle figure genitoriali e dall’ambiente ovattato della famiglia o il primogenito in preda al sentimento struggente della rivalità in occasione della nascita di un fratello.
DENEGAZIONE O DINIEGO
Questo meccanismo si differenzia dall’ ”annullamento” perché non elimina la rappresentazione e dalla “negazione” perché non rifiuta di riconoscerla: il “diniego” nega la realtà della percezione legata alla rappresentazione come ad esempio la morte di una persona cara.
Non intercorre la “rimozione” perché esso poggia sulla realtà psichica che non è diventata cosciente.
Si tratta, quindi, di un meccanismo di difesa che agisce essenzialmente nelle psicosi con la negazione di ogni realtà disturbante, con il delirio e l’investimento di una nuova realtà compensatrice.
Esemplificazione: la megalomania comporta il diniego di parti spiacevoli di sé e l’esaltazione degli attributi gradevoli.
PROIEZIONE
E’ un meccanismo primario e si attesta fondamentalmente nell’attribuire ad altri idee, sentimenti, vissuti e fatti di propria appartenenza.
Si distinguono tre momenti nell’esercizio proiettivo: la soppressione di una rappresentazione disturbante legata a una pulsione interna, la deformazione del suo contenuto e il ritorno alla Coscienza sotto forma di una rappresentazione legata a un oggetto esterno come nella superstizione, nell’animismo, nelle isterofobie e nel delirio paranoico.
In pratica si tratta di un fallimento della “rimozione” e del persistere disturbante di materiale “non rimosso” che dovrà essere eliminato da un meccanismo rozzo, brutale e prossimo ai “processi primari”.
La “proiezione” opera una trasformazione del pericolo interno in pericolo esterno.
La “proiezione primaria” serve a stabilire la distinzione tra Io e Non Io, non ricorre alla “rimozione” e attribuisce al mondo esterno la causa delle sensazioni sgradevoli con un rafforzamento dell’Io.
La “proiezione secondaria” inibisce il materiale interno e lo investe nell’oggetto esterno come nelle crisi deliranti.
INTROIEZIONE E IDENTIFICAZIONE
Sono meccanismi primitivi strettamente collegati e psicologicamente basati sul processo di incorporazione e assimilazione di un oggetto esterno.
Essi comportano in una fase primaria il “fantasma oro-incorporativo” del latte e successivamente della figura materna, oltre all’indistinzione tra soggetto e oggetto.
Si attesta in questa fase orale l’identificazione primaria del bambino, destinata nella normalità a evolversi nell’identificazione secondaria con l’interiorizzazione dei fantasmi e la delineazione dei tratti del carattere, oltre che a tradursi nell’identificazione collettiva delibidizzata e frutto di suggestione e imitazione.
I meccanismi dell’introiezione e dell’identificazione si legano al “complesso edipico” con la risolutoria identificazione nella figura genitoriale dello stesso sesso.
Ogni “identificazione” è di fatto l’esito di una “introiezione”.
Quest’ultima si manifesta in maniera critica nell’ “identificazione con l’aggressore” e
nell’ “identificazione proiettiva” facendo perno sull’onnipotenza magica del pensiero.
La psicopatologia comprende il sado-masochismo “superegoico” e l’incomunicabilità schizofrenica con il mondo esterno dal momento che il soggetto vive soltanto del gratificante materiale psichico introiettato, oltre che la depressione grave, la quale comporta l’introiezione dell’aggressività dopo il fallimento del tentativo di esternarla.
SPOSTAMENTO
E’ un meccanismo di difesa elementare inscritto nei “processi primari”.
Consiste nel trasferire in una rappresentazione congrua e passibile di associazione la forte carica emotiva di una rappresentazione disturbante e di una pulsione impedite dall’Io e censurate dal
Super-Io.
L’esempio classico è riportato da Freud nel caso del piccolo Hans: odio verso il padre e angoscia conseguente spostata sul cavallo che con il padre condivide un grosso membro.
Lo “spostamento” agisce prevalentemente sulle fobie vere, isterofobie, perché fallisce la “rimozione”.
Anche nel sonno la censura rigida della rimozione diurna si attenua e lo “spostamento” ripara a questa insufficienza aiutando l’elaborazione del sogno e proteggendo il sonno.
CONDENSAZIONE
E’ un meccanismo di difesa primitivo e implicito nei “processi primari”.
Consiste e opera al posto della “rimozione”, resa inefficace dalla mancata elaborazione psichica del “fantasma” nella sua componente rappresentativa e dalla “regressione” da quest’ultimo instruita.
La “condensazione” congloba in un’unica e asettica idea altre idee disturbanti e prevaricatrici dell’equilibrio psichico: una rappresentazione simbolica dove coincidono idee associate secondo un nesso plausibile favorito dallo “spostamento”.
E’ il meccanismo principale e prevalente nella formazione del sogno.
SDOPPIAMENTO DELL’IO
Lo “sdoppiamento dell’Io” è un meccanismo di difesa psicotico intenzionato contro la pericolosa “angoscia di frammentazione”.
E’ un primo grave momento di scompenso psichico in cui l’Io entra in conflitto con la realtà che lo circonda e non riesce da una parte a costituirsi in maniera autonoma e dall’altra parte a dissociarsi in maniera effettiva e definitiva.
Un’integrazione primitiva incompleta tra soggetto e oggetto non permette un’integrazione dell’Io nella sua globalità strutturale e funzionale, per cui si produce uno squilibrio evolutivo che rischia di degenerare nella psicosi attraverso un’involuzione regressiva.
La “rimozione” evita in un primo momento l’ “angoscia di frammentazione” operando una separazione tra Conscio e Inconscio: l’Io resta, quindi, deformato e indebolito anche se ancora intatto nella sua integrità.
Lo “sdoppiamento dell’Io” provoca un’amputazione più seria, perché una parte dell’Io resta in contatto operativo con la realtà non disturbante, mentre un’altra parte dell’Io perde ogni contatto con la realtà che rappresenta ed evoca angoscia.
Il meccanismo in questione si deve distinguere dalla frammentazione dell’Io, che si attesta in una primitiva non integrazione e non unificazione dell’Io con regressione a livello infantile come nell’autismo; quest’ultimo è un processo completo di scompenso psicotico che ricostituisce per compensazione una neorealtà più rassicurante e desiderata attraverso il delirio.
Lo “sdoppiamento dell’Io” è un primo momento di scompenso in cui l’Io lotta ancora con efficacia contro la frammentazione effettiva; esso è l’ultimo baluardo contro l’esplosione psicotica e utilizza il meccanismo della “negazione”, il quale verte su qualsiasi aspetto angosciante della realtà e opera investimenti spostati con valore di compensazione.
SDOPPIAMENTO DELLE “IMAGO”
E’ un meccanismo tipico degli “stati limite”, serve a lottare contro l’ “angoscia di perdita” dell’oggetto e contro il rischio di arrivare al modo psicotico di difesa attraverso lo “sdoppiamento dell’Io”.
Si definisce anche divisione dell’oggetto o divisione della realtà.
E’ uno stato psichico messo in rilievo dalla scuola kleiniana con la teoria dell’oggetto parziale nella fase schizo-paranoide (seno buono e seno cattivo) e dell’oggetto totale nella fase depressiva, la madre, durante il primo anno di vita.
Quest’ultimo punto è importante perché lo “stato limite” può lottare contro la depressione per perdita d’oggetto senza ricorrere alla rimozione o allo sdoppiamento dell’Io.
Si vengono a distinguere due settori nel mondo esterno: uno di adattamento con il quale l’Io agisce liberamente e un altro di scissione con il quale l’Io si limita ad azioni organizzate secondo la dialettica dipendenza-dominio senza negare la realtà.
L’Io distinguerà nello stesso oggetto una immagine positiva e rassicurante e una immagine negativa e terrificante senza possibilità di conciliare nello stesso tempo le immagini contraddittorie.
Una parte dell’Io rimane organizzata, mentre un’altra parte, quella rivolta verso l’esterno, considera buoni alcuni aspetti e li investe di “libido” rigettando gli oggetti frustranti e minacciosi.
In questa psicodinamica si attesta il vero “sdoppiamento delle imago”.
SUBLIMAZIONE
La “sublimazione” è un meccanismo di difesa ben architettato perché non ha bisogno di alcun controinvestimento per essere conservato; questo motivo rende opportuno considerarlo un vero processo psichico sempre difensivo.
Esso tocca la rappresentazione e lo scopo pulsionale.
L’idea si modifica e il fine proibito viene abbandonato a vantaggio dell’idea e del fine autorizzato dal Super-Io, il quale ha operato censura delle pulsioni aggressive di natura prevalentemente sessuale.
La “sublimazione” ha bisogno, quindi, della formazione del Super-Io, del primato genitale nell’organizzazione dell’Io e dell’integrazione delle pulsioni libidiche sotto questo primato.
Suppone un Io forte e padrone dell’organizzazione economica della psiche, un Es abbastanza appagato e non tirannico, un Super-Io soddisfatto e non tradito: un sistema psichico ben strutturato e integrato in maniera armonica.
La “sublimazione” non ha bisogno di alcuna rimozione dello scopo sessuale perché quest’ultimo scompare e l’energia pulsionale viene neutralizzata.
La “sublimazione” allarga i processi mentali e arricchisce l’Io.
E’ un processo normale e non patologico a condizione che non sopprima ogni attività sessuale o aggressiva.
La “sublimazione” produce nuovi scopi pulsionali e serve a integrare il Super-Io; di essa si può affermare che non è una “formazione reattiva”, “sostitutiva” o “di compromesso”, non è una “simbolizzazione” del “ritorno del rimosso”, non è una “intellettualizzazione” astratta o una “razionalizzazione”, non è uno “spostamento”, un “evitamento”, una “inibizione” dello scopo o una “idealizzazione”.
Freud aveva individuato anzitempo questo processo psichico e l’aveva definito una “deflessione” di cariche istintuali dagli originari fini sessuali verso altri propositi più nobili e socialmente utili.
L’istinto sessuale cambiava oggetto e fine e trovava una soddisfazione alternativa.
Le cariche istintuali in genere e in particolare quelle sessuali nelle vicissitudini del loro percorso possono esser desessualizzate attraverso una serie di compromessi in maniera tale che la loro originaria connessione con i fini originari si attenua notevolmente al punto di non essere individuabile.
Esemplificazione: la legge e l’ordine sono sublimazioni dell’erotismo anale.
La “cultura” e la “civiltà” sottraggono energie sessuali per destinarle a nobili e utili investimenti sociali, per cui comportano un grosso sacrificio della “libido”.
La “sublimazione”, finché funziona, ha lo stesso esito di una “rimozione” ben riuscita.
Nella soluzione ottimale del “complesso edipico” abbiamo la “sublimazione” dell’amore verso il genitore di sesso opposto e la “formazione reattiva” nei confronti dell’angoscia di punizione da parte del genitore dello stesso sesso proprio nell’ “identificazione” per paura in lui: “identificazione nell’aggressore”.
Il maschile e il femminile sono il risultato o il precipitato di sublimazioni di cariche sessuali e di “formazioni reattive”.
REGRESSIONE
Secondo una definizione sommaria la “regressione” è un processo di difesa che sviluppa un movimento libidico-oggettuale invertito rispetto alla direzione normale ed evolutiva a causa di una frustrazione o di una angoscia ingestibili dalla Coscienza e non passibili di “rimozione” per cui si ripristinano forme mentali e comportamenti del passato non compatibili con la realtà
psico-esistenziale in atto.
Si distinguono tre modi nella psicodinamica regressiva.
La “regressione topica” consiste in un percorso retrogrado dell’eccitazione come nel sogno:
essendo negato all’energia l’accesso alla motilità, essa ritorna indietro e attiva il sistema percettivo in una creazione di immagini sensoriali o allucinatorie, i “fantasmi” e l’aspetto immaginifico del sogno.
Il cammino libidico invertito è sincronico e spaziale ossia avviene simultaneamente all’interno dell’apparato psichico.
La “regressione temporale” consiste nel riprendere le tappe superate del modo di organizzazione della “libido”.
Questa tesi poggia sul postulato di uno sviluppo psichico diacronico ossia per tempi diversi, “fasi”, dell’individuo e di una relazione con i meccanismi di difesa predominanti in ciascuno stadio evolutivo.
Implica anche diversi livelli di funzionamento dell’Io, i quali si manifestano negli aspetti della relazione oggettuale come l’ “introiezione” orale o il dominio anale.
La “regressione formale” consiste in modi di espressione arcaici che sostituiscono modalità espressive più evolute come ad esempio l’agire al posto del pensare e l’allucinazione al posto della rappresentazione del desiderio.
Queste sono le tre forme classiche della “regressione”; esse comportano la presenza di un apparato psichico, di un processo maturativo evolutivo e di determinate modalità funzionali dell’attività psichica.
La “regressione” è a metà strada tra l’investimento oggettuale progrediente, il quale mira a conquistare all’esterno l’oggetto del desiderio temporaneamente assente in un’esperienza mancata, e la situazione regrediente che sotto i tratti della ripetizione si caratterizza come una mera ripresa di un tragitto già percorso completamente o come assenza di progressione.
La ripetizione non è un processo progrediente di una rappresentazione di desiderio fonte di piacere, ma è un investimento su un piacere già presente e legato al dominio e all’esercizio della funzione più che a un piacere oggettuale.
La “regressione” consiste nel ritorno su un oggetto familiare e presente attraverso l’esperienza funzionale del ritorno su di sé secondo un tragitto conosciuto.
L’investimento poggia sul piacere di percorrere un cammino ben esperito e sul piacere di ritrovare l’oggetto; si tratta di un investimento a metà narcisistico e a metà oggettuale.
L’Io regressivo implica un rinforzo narcisistico, il quale permette un reinvestimento oggettuale secondario.
La “regressione” si differenzia dalla “fissazione” per la possibilità e l’eventualità di un ritorno ulteriore all’investimento oggettuale o progrediente.
Il processo di difesa è un modo particolare di apertura all’Io di una dimensione consolatrice, temporanea e gratificante in un modo o nell’altro.
La “regressione” è una dimensione riparatrice e primordiale per la varia fenomenologia dell’esistenza umana.
La sua estrema frequenza, sia nell’ambito patologico e sia in quello della normalità, conferma che essa è prevalentemente un processo di rinforzo narcisistico in possibile preparazione alla ripresa della dinamica dell’investimento d’oggetto progrediente, un processo precoce e funzionale alla riparazione di un trauma che evita una nevrosi o la liquida se si è già manifestata.
L’esercizio ripetitivo del trauma porta alla padronanza, alla gestione e al dominio dello stesso.
La “regressione” permette il raggiustamento narcisistico indispensabile al miglioramento del vissuto e alla sua manipolazione terapeutica.
Essa è, pur tuttavia, patologica quando si cronicizza ossia quando l’agire regressivo, a causa dell’assenza di investimento oggettuale progrediente, produce un sistema di vita chiuso e poco compatibile con le urgenze della realtà.
CONCLUSIONE PROVVISORIA
Rivedendo i meccanismi e i processi psichici di difesa in prospettiva economica bisogna rilevare che esiste un costante e sincronico articolarsi di molte difese, oltre che un gerarchizzarsi delle stesse a vari gradi.
La “rimozione” è la difesa principale ed elaborata; essa ricopre nell’economia psichica un ruolo notevole e possiede una rete di difese accessorie e satelliti come l’ ”isolamento”, lo “spostamento”, la “condensazione” e l’ ”evitamento”.
Un altro gruppo di meccanismi di difesa corrisponde a misure più radicali e arcaiche della “rimozione”, le quali escono dall’orbita nevrotica per situarsi in quella psicotica come lo “sdoppiamento dell’Io” e lo “sdoppiamento dell’imago”, l’ ”annullamento”, il “diniego”, la “negazione”, l’ ”identificazione proiettiva” e l’ ”identificazione con l’aggressore”.
La “proiezione” e l’ ”introiezione” hanno un posto a parte a causa della loro relazione dialettica identificativa tra l’Io e il Non Io, tra il soggetto e l’oggetto.
La “sublimazione” e la “regressione” alla luce dei loro caratteri peculiari si possono classificare come processi veri e propri di difesa.
La vitalità, la varietà e la ricchezza delle difese sono la garanzia di un migliore equilibrio psichico per ogni uomo.
Viene a cadere la tradizionale tesi sulla psicopatologia fondata sul sistema delle difese; essa, invece, consisterà nella mancanza di diversità, di elasticità e di efficacia dei vari meccanismi.
Il soggetto normale deve possedere buone difese diversificate ed elastiche, le quali permettono un sufficiente gioco pulsionale che non opprime l’Es, una giusta considerazione della realtà che non inquieta e disturba il Super-Io, un arricchimento costante dell’Io in un ambito di relazioni mature e di scambi soddisfacenti.
Le difese non devono essere energeticamente dispendiose, bensì efficaci a ripristinare lo stato di equilibrio psicofisico nel minor tempo possibile e legate alla migliore espressione del realismo utilitaristico.
L’Io deve oscillare attorno a un asse medio che lo arricchisce e che previene i rischi del suo affascinante e avventuroso cammino esistenziale.
I sogni sono il condensato primario e filogenetico delle difese perché esprimono in maniera privilegiata i “fantasmi”.
VERSO NUOVE FRONTIERE E DEFINIZIONI
Le scoperte della “Neurobiologia” nell’ultimo trentennio del ventesimo secolo hanno apportato una necessaria revisione del “Sapere” psicoanalitico classico e in particolare una proficua evoluzione delle concezioni freudiane sul sonno, sul sogno, sulla fantasia, sull’inconscio e sulla psicopatologia.
La Psiche secondo Freud si attestava in gran parte nella dimensione inconscia, la metafora dell’icesberg è appropriata, e le attività mentali si restringevano alle funzioni razionali della coscienza vigilante nella “prima topica” e in maniera più allargata alle funzioni di mediazione dell’Io nella “seconda topica”.
La Psiche era un “precipitato libidico”, il condensato di forze istintuali di natura sessuale sempre in conflitto e alla ricerca di un tempo, di uno spazio e di una forma per esprimersi e appagarsi; queste teorie psicologiche si giustificavano con la precaria conoscenza neurofisiologica del “Cervello”.
La “Mente” in passato era stata patrimonio della “Filosofia” e si era prestata a molteplici acrobazie metafisiche; nel secolo diciannovesimo essa si era inizialmente evoluta in un meccanismo di forze per sublimarsi successivamente in una “Metapsicologia” come congrua prova dell’ignoranza neurobiologica sul “Cervello” e le sue funzioni.
Freud aveva scritto nel 1895 il “Progetto di una psicologia”, un pregevole tentativo
medico-biologico-positivistico di compilare uno schema completo del funzionamento del sistema nervoso, una mappa neurofisiologica della “Mente”, più che del “Cervello”, che giustificasse i processi psichici e le malattie psicogene sulla scia dell’esigenza eziologica intorno all’isteria.
La nobile pretesa del testo si condensava anche nel titolo “Psicologia per neurologi” e traeva origine dalle seguenti convinzioni: la Psicologia e la Psichiatria del tempo erano scientificamente inadeguate a giustificare gli oggetti del loro studio e a interpretare le manifestazioni psichiche morbose e addirittura normali.
La formazione medico-scientifica portò Freud al tentativo di ridurre la “Psicologia” alla “Neurofisiologia” con lo spiegare in termini di processi organici l’attività e la fenomenologia psichiche, un ideale comune agli ambienti accademici del tempo dalle cui fila proveniva e nel cui contesto, suo bengrado e suo malgrado, era inserito.
Il “Progetto di una psicologia” si risolse in un brogliaccio a cui Freud smise apparentemente di lavorare dal momento che esso conteneva buone intuizioni successivamente sviluppate al di là del fallimento di ridurre la vita psichica in un valido contesto neurobiologico.
L’ignoranza scientifica sull’organo e sulle funzioni cerebrali costrinse Freud a sviluppare le due concezioni sul sistema psichico e a dimostrare il funzionamento dell’apparato in termini esclusivamente psicologici proprio ricercando una compiuta “Psicologia” generale ; tale sforzo ebbe una prima costruzione nel testo fondamentale dell’ “Interpretazione dei sogni”.
E’ opportuno riattraversare l’itinerario formativo scientifico del dottor Freud per apprezzare il valore intuitivo e la funzione metapsicologica della Psicoanalisi, una soluzione metaforica dell’ignoranza neurobiologica.
LA NEUROFISIOLOGIA FREUDIANA
Una figura importante nella formazione umana e scientifica di Freud fu il fisiologo Ernst Bruecke, definito significativamente “la più grande autorità che abbia agito su di me”.
Egli ricorderà del maestro i terribili e penetranti occhi azzurri, l’etica professionale, la precisa epistemologia e la coerente metodologia.
Bruecke era nella città di Vienna e nell’ambiente accademico tedesco il rappresentante più eminente della cultura positivistica e del consequenziale metodo di indagine applicato alla medicina.
Contrario a qualsiasi forma romantica di mistica della “Natura”, egli sosteneva che nell’organismo umano agiscono forze fisio-chimiche riconducibili al metodo fisico-matematico: la materia vivente è depositaria e attrice di energie riducibili alla legge di “attrazione e repulsione”.
Nel 1874 Bruecke tiene all’Università di Vienna le pregevoli “Lezioni di fisiologia”, pubblicate nel 1876; il Positivismo si applica alla Medicina in forma organicistica attraverso la riduzione dei fenomeni fisiologici al moto.
Questa intuizione apparteneva filosoficamente sin dal diciassettesimo secolo all’empirismo meccanicistico di Hobbes.
Freud abbraccia le tesi del maestro, ma in breve tempo passa da una spiegazione organica dei fatti mentali a una spiegazione psicologica, mantenendo la concezione meccanicistica di base in riguardo alla Psiche.
Il fiorire di studi medico-biologici di stampo positivistico poggia le basi nell’opera rivoluzionaria di Darwin.
La teoria sulla “selezione naturale” collocava l’uomo nel regno animale, ne spiegava la comparsa, la sopravvivenza e l’evoluzione attraverso l’azione e il contrasto di forze biologiche.
La dimensione metafisica e religiosa era stata in gran parte alienata dalla scienza.
Nel 1859 la cultura occidentale, bonaria e idealistica, subisce l’irruzione affascinante e devastante del libro laico e blasfemo, alternativo al testo sacro del “Genesi”, l’ “Origine della specie”: alla teoria della “fissità” si oppone il principio evolutivo basato sulla selezione naturale.
Nel 1860 la stessa cultura occidentale partorisce il primo trattato di psicofisiologia, “Elementi di psicofisica”, scritto da Theodor Fechner, fisiologo e padre della Psicologia sperimentale.
Il tempo culturale di Cartesio e della sua “ghiandola pineale”, organo di mediazione nell’interazione Mente-Corpo, non è mai tramontato e ritorna con il suo meccanicismo deterministico, uno spirito razionale e matematico di cui il Positivismo è pregno.
La seconda metà del secolo diciannovesimo a livello scientifico presenta un indiscutibile fervore intuitivo e una intraprendenza emancipatrice, condizioni feconde per uno sviluppo accelerato della civiltà.
Freud è pienamente inserito e partecipa attivamente allo sforzo scientifico di scoprire le tracce dell’evoluzione del “Vivente” sia nelle gonadi delle anguille e sia nell’istologia del sistema nervoso.
L’influenza specifica dell’evoluzionismo darwiniano sulle sue ricerche si fissa e si coglie nell’assunto in base al quale l’evoluzione dell’uomo nella sua “ontogenesi” è strettamente collegata alla “filogenesi”.
Questo principio si tradurrà nella tesi generale dell’evoluzione interna della Psiche e dei suoi contenuti, nella scoperta dei processi psichici dinamici e dialettici, nell’abbandono delle concezioni innatistiche e idealistiche, nell’ammissione di meccanismi di difesa che consentono e favoriscono la conservazione psicologica.
La Psiche umana, in quanto dato reale, rimanda a un’origine e a un’evoluzione caratterizzate dall’amore di se stessa, della propria energia vitale e delle implicite dinamiche evolutive.
A conferma di queste tesi Freud adduce la prova che riconosce nella struttura psichica degli uomini di primitiva civiltà la stessa struttura della prima infanzia dell’uomo civilizzato.
Il “buon selvaggio” corrisponde nel suo stadio di sviluppo psichico e mentale al “bambino” dell’uomo occidentale sia nella struttura e sia nelle funzioni.
Inoltre l’evoluzionismo darwiniano viene postulato nella seguente teoria freudiana: la crescita psichica normale dell’uomo avviene mediante il superamento progressivo della struttura originaria, per cui è reso possibile il processo difensivo della “regressione”, temporanea o stabile, dalla forma propria della psiche adulta nella forma propria dell’infanzia, “regressione” responsabile anche dei disordini mentali di varia consistenza.
A Darwin fa eco Fechner.
Il suo contributo scientifico si condensa nella legge che porta il suo nome e afferma che la sensazione cresce secondo il logaritmo dell’eccitazione o dello stimolo.
Fechner merita un approfondimento non solo per il suo influsso sulla Psicoanalisi ma anche per la sua collocazione scientifica “di mezzo”, protesa dal passato verso il futuro, e per il suo spirito innovatore nel settore medico.
Con gli “Elementi di psicofisica” egli poneva fine allo sforzo filosofico della Psicologia speculativa e del suo strumento di ricerca prediletto, l’introspezione, un metodo che tanto scetticismo aveva sempre scatenato a causa del connaturato soggettivismo: il soggetto si poneva nello stesso tempo come osservatore e osservato, soggetto e oggetto, senza alcuna possibilità di oggettivazione e di uscita dal carcere dell’Io e dei suoi prodotti.
Chiudendo un’epocale maniera di intendere la Psiche e i suoi processi, Fechner applica allo studio dei fenomeni psichici il metodo positivistico delle scienze naturali.
La Psicologia come scienza nasce dallo scontro e dalla vittoria della metodologia positivistica sulla Filosofia idealistica tutta intrisa di consistenti e camuffate venature spiritualistiche.
L’esigenza di un Sapere psicologico unitario, rigoroso e totale nel senso che include la Psiche e il Soma, viene maturata e desunta da Fechner dallo studio e dal modello della Fisica speculativa.
Il riferimento al sistema filosofico di Schelling appare improprio, ma sono degne di considerazione la rivalutazione e la collocazione della Filosofia della Natura operate dal filosofo idealista nel nascere e breve fiorire del suo pensiero.
Tale assunzione di base indica la possibile costituzione di una scienza psicologica modellata positivisticamente su indirizzi applicativi di tipo sperimentale e l’apertura di un campo di ricerche originali a conferma di quanto passato e futuro abbiano influito nel presente di Fechner.
Darwinianamente egli segue la curva evolutiva del “Vivente” dalle forme basse e semplici a quelle alte e complesse; in tale indagine esprime l’esigenza di ricondurre e ridurre newtonianamente i fenomeni psicofisiologici a un’unica legge che li comprenda nel senso quantitativo e logico.
Queste speculazioni si concludono con l’affermazione di un principio centrale e generale della vita psichica: il “Principio del piacere”, di poi assunto e sistemicamente inquadrato nelle teorie psicoanalitiche da Freud.
E’ opportuno rilevare che a livello etico questo principio era stato pienamente individuato dalla filosofia empiristica inglese sin dal diciassettesimo secolo – Hobbes, Locke, Hume – e successivamente riproposto dalla morale aritmetica di Bentham e positivistica di Stuart Mill.
Il fondamento della Psicologia sperimentale si attesta nel collegare e sintetizzare le attività psicofisiologiche in una formula matematica garante degli attributi della necessità e dell’universalità, qualità da sempre richieste al procedimento scientifico.
Il progetto positivistico della misurazione di determinati processi psico-percettivi è conseguente alle basilari convinzioni di Fechner; lo studio del rapporto tra intensità di stimolo e percezione sfocia nella ratifica del “principio omeostatico”, la tendenza psicofisiologica alla stabilità energetica.
L’equilibrio psicologico si attesta in un’armonia tra le attività della “Mente” e del “Corpo”, per cui la dialettica “piacere-dolore”, la conseguente ricerca e il tenace mantenimento del filogenetico vitalistico “piacere” in un gradevole quadro percettivo sono elementi delle scoperte di Fechner che in modo specifico influenzeranno le teorie di Freud.
L’attività della Psiche consiste nel produrre e distribuire energia e nel mantenere basso il potenziale delle cariche energetiche per consentire all’uomo di vivere e continuare a vivere secondo un fine filogenetico e secondo un meccanismo psicofisiologico di difesa consistente nell’impedire il superamento della soglia di tolleranza delle tensioni e nel favorire lo scarico delle stesse per abbassare l’intensità.
Le teorie psicofisiche di Fechner sono basilarmente presenti nelle topiche freudiane e nel sistema dinamico-economico dei processi psichici, materia sperimentata clinicamente ed elaborata nella costruzione della Psicoanalisi.
Freud assume la concezione dell’apparato psichico come sistema di distribuzione di energia tendente all’equilibrio secondo il livello di potenziale minimo possibile alle condizioni date.
Egli concepisce l’ambizioso progetto di una Psicologia scientifica neurologica consistente
nell’indagine della forma che assume la teoria del funzionamento mentale con l’introduzione del criterio quantitativo determinante un’economia di forze nervose.
Inoltre persiste e si conferma sempre più in lui la convinzione che dalla Psicopatologia e dalla collegata Psicoterapia si può dedurre la teoria della normalità psicologica e quindi la Psicologia.
Freud sin dagli anni della sua formazione aveva coltivato la possibilità di introdurre un criterio quantitativo nella Psicologia e di ricavare dalla Psicopatologia le forme generali della Psicologia.
A tal proposito egli scrive nell’ottobre del 1895 il testo “Psicologia per neurologi”, ma rimane profondamente insoddisfatto e perplesso sull’efficacia e sulle conclusioni di questo tentativo di ridurre la Psicologia a uno studio positivistico schiettamente neurologico.
Questo progetto non lo porterà mai a termine e anzi non ne farà menzione, tenterà di rimuoverlo, ma è vero che buona parte delle teorie psicoanalitiche sulla “rimozione”, la “pulsione”, la “difesa”,
l’ “economia” delle contrastanti forze psichiche e il “desiderio” sono embrionalmente contenute nella formazione neurologica di Freud e attendono la giusta espressione e direzione verso cui veicolarsi.
Il progetto è il seguente: proporre una Psicologia naturale scientifica, rappresentare i processi psichici come condizioni quantitativamente determinabili di particelle materiali specifiche in modo da poter tradurre quei processi in una forma grafica e coerente per mostrare come funziona la macchina mentale e come riceve, domina e scarica gli stimoli.
Il meccanicismo e il vocabolario tecnico fanno parte della preparazione medica di Freud.
Il tentativo di fondare la Psicologia come scienza naturale sulla solida base della Neurologia si addice alle aspirazioni dei positivisti con i quali egli ha studiato e di cui egli sta ora cercando di realizzare le speranze e le fantasie.
Freud non abbandonerà mai la speranza di costruire una Psicologia scientifica.
Nel suo “Compendio di psicoanalisi”, la “summa” definitiva che scriverà a Londra nell’ultimo anno di vita e lascerà incompiuta, egli rivendica apertamente alla Psicoanalisi un posto tra le scienze naturali per il rilievo che essa ha dato alla dimensione inconscia e congettura che in futuro gli psicoanalisti possano esercitare mediante particolari sostanze chimiche un influsso diretto sulle quantità di energie e la loro distribuzione nell’apparato mentale.
Questa riformulazione del 1938 ricalca il programma del 1895.
Il progetto di Freud è stato definito newtoniano per la sottomissione delle leggi della mente alle leggi del moto.
Alcuni dei principi animatori della macchina mentale gli appaiono abbastanza chiari: la mente è dominata dal principio di costanza, che le impone di scaricare gli stimoli perturbanti sia dall’interno e sia dall’esterno.
Si tratta del “principio dell’inerzia neuronale” e nella formulazione tecnica dello stesso Freud i neuroni tendono a liberarsi della quantità; la giustificazione si attesta nel fatto che lo stato di quiescenza, di calma dopo la tempesta, genera “piacere” e la “Mente” ricerca il “piacere” ed evita la sofferenza.
Tuttavia la fuga dallo stimolo non spiega da sola l’intera attività mentale: il “principio d’inerzia” viene sconvolto a ogni momento.
I ricordi si accumulano nella “Mente” a mano a mano che questa immagazzina gli stimoli.
La “Mente” va in cerca di soddisfazione e fa in modo di procacciarsele agendo sul mondo reale attraverso la percezione e il ragionamento, modificando quest’ultimo in modo da piegarlo ai suoi continui desideri.
Una Psicologia che miri a spiegare l’intera vita mentale deve, quindi, spiegare la memoria, la percezione, il pensiero, la progettazione non meno della soddisfazione causata dal rilassamento che segue alla scarica degli stimoli.
Uno dei modi in cui Freud pensa di rendere giustizia a questa diversità del funzionamento mentale è di postulare tre tipi di neuroni: quelli adatti a ricevere gli stimoli, quelli che li trasmettono e quelli che portano i contenuti della coscienza.
Queste sono soltanto valide congetture nello schema di Freud, in particolare per quanto riguarda la natura e le attività della coscienza, ma ci sono molti fattori che lo vedono sconfitto.
In ogni caso le idee di Freud cominciano a muoversi in una direzione diversa.
Egli è sulla soglia non di una “Psicologia per neurologi”, bensì di una “Psicologia per psicologi”.
I substrati biologici e fisiologici della “Mente” non perderanno mai importanza ai suoi occhi, ma per molti decenni sbiadiranno sullo sfondo mentre esplora le sfere dell’Inconscio e le sue manifestazioni nei pensieri e negli atti.
Recuperando le lezioni e l’insegnamento psicologico di Brentano, appropriandosi del rigore del procedimento deduttivo e dell’osservazione di Bruecke, Freud si converte alla Psicologia psicologica adattando alla Psicoanalisi il principio dell’ “intenzionalità della coscienza”, una direzionalità implicita nelle attività mentali; inoltre Freud comincia a distinguere il percepito come contenuto della percezione, il pensato dal pensiero, il sentito dal sentire.
Aristotelicamente basandosi sul principio metafisico di “materia e forma” si convince della differenza tra stimolo e istinto, tra “Cervello” e “Mente”, tra energia neurologica ed energia psichica.
Con l’ “Interpretazione dei sogni” inizia l’evoluzione della Psicoanalisi come modello psicologico della “Mente” e l’involuzione metapsicologica della Neurologia; la prima si sublima nella metafora di quest’ultima e il “Cervello” continua a funzionare nel mistero.
IL CERVELLO
La chiave determinante nella relazione “Mente-Corpo” è il “Cervello”, un organo straordinariamente complesso e in via di conoscenza.
Esso si è sviluppato nei primati lungo un asse in maniera trina e secondo una precisa disposizione gerarchica: il “cervello dei rettili”, il “cervello dei paleomammiferi” e il “cervello dei neomammiferi”: un “cervello” in tre “cervelli” come in un tradizionale schema teologico.
Filogeneticamente la parte più antica è il “cervello dei rettili”, a cui sono ascritte funzioni vitali, la respirazione e l‘attività cardiaca, in associazione al “sistema reticolare” adibito al controllo dei livelli di attivazione autonoma e corticale.
Il “cervello dei paleomammiferi” è meno primitivo e anatomicamente intermedio; esso è costituito dal “sistema limbico” o “cervello viscerale”, esplica funzioni autonome di natura neuroendocrina legate all’autoconservazione e alla conservazione della specie, è deputato all’elaborazione e
all’espressione delle emozioni.
Il “cervello dei neomammiferi” o “cervello della parola” è responsabile delle funzioni cognitive di natura razionale e simbolica.
Esso è diviso orizzontalmente in due emisferi altamente specializzati e anatomicamente connessi da un congruo fascio di fibre nervose chiamato “corpo calloso”.
Alla luce di queste scoperte negli anni cinquanta alcuni psicoanalisti di formazione medica hanno avvertito la forte tentazione di integrare il “Sapere” freudiano e in particolare la “Metapsicologia” con i risultati della “Neurobiologia” individuando nel “sistema limbico” e nella “corteccia” le parti del cervello che traducevano i processi emotivi in disturbi corporei, oltre alla localizzazione delle varie istanze psichiche elaborate da Freud nello sviluppo teorico e pratico della Psicoanalisi: l’inconscio, il preconscio, la coscienza della prima topica, l’ Es, l’Io e il Super-Io della seconda topica.
Nel caso specifico l’Inconscio e l’Es potevano risiedere nel sistema limbico o in generale nel cervello neurovegetativo, mentre la Coscienza, l’Io e il Super-Io nella corteccia cerebrale o in generale nel sistema nervoso centrale e volontario; il Preconscio era inscritto in una sede mediana.
Anche la Medicina psicosomatica aveva trovato in tal modo un robusto supporto scientifico di natura organica rispetto alle ipotesi cliniche del passato a prevalente natura psicologica.
Lo schema gerarchico era applicato anche alle funzioni degli emisferi cerebrali in ossequio al pregiudizio culturale della superiorità delle attività volontarie, razionali e coscienti su quelle autonome, emotive e neurovegetative.
Le ricerche successive hanno consentito l’ipotesi dell’indipendenza degli emisferi cerebrali nell’esercizio delle loro funzioni, per cui ciascun emisfero risultava specializzato in diverse attività cognitive: il sinistro assorbiva una modalità analitica e razionale per la quale sono determinanti le parole, il destro svolgeva una modalità olistica e non verbale a prevalente natura visiva e spaziale.
Pur tuttavia si riteneva che le due modalità non fossero esclusive, ma dominanti in quanto centri direzionali di una specifica funzione.
La teoria della specializzazione settoriale è stata sostituita dalla convinzione di una specializzazione complementare, così come la prevalenza dell’emisfero sinistro sul destro è stata abbandonata a favore di un’integrazione dei due apparati; l’emisfero destro regola le emozioni e quello sinistro la ragione in un assenso cooperativo di natura funzionale.
Abbandonata la convinzione, tutta occidentale, di una superiorità dei processi logici su quelli emotivi, negli anni ottanta è sembrato consequenziale agli psicoanalisti correlare la prevalente competenza degli emisferi cerebrali alla Psicopatologia: i disturbi ossessivi con la loro fredda coazione potevano essere ascritti all’uso dominante dell’emisfero sinistro, mentre lo stile isterico con il suo impeto emotivo si correlava a un uso dominante dell’emisfericità destra.
Inoltre è sembrato opportuno in quest’opera di sistemazione dei risultati della Psicoanalisi con quelli della Neurobiologia rapportare l’emisfero destro ai “processi primari” e l’emisfero sinistro ai “processi secondari”.
Questa ardita operazione di recupero è stata supportata dalla specializzazione verbale dell’emisfero sinistro e dalla necessità gerarchica di trasmettere messaggi da parte dell’emisfero destro al sinistro attraverso il “corpo calloso” per una loro decodificazione e comunicazione.
Procedendo con le integrazioni a livello topico si è ulteriormente individuata la dimensione inconscia nell’emisfero destro e la dimensione cosciente nell’emisfero sinistro; lo stesso Freud aveva sempre sostenuto che il pensare per immagini e simboli è prossimo ai processi inconsci e primari rispetto al pensare per parole e concetti individuato nei processi coscienti e secondari.
Il primo è più antico a livello ontogenetico più che filogenetico.
Inoltre la “rimozione”, meccanismo di difesa principale e causa teorica dell’Inconscio, si poteva ridurre all’inibizione della trasmissione neuronale attraverso il “corpo calloso” dall’emisfero sinistro all’emisfero destro.
E ancora l’Es come struttura e il “processo primario” come funzione si potevano ridurre all’emisfero destro e alle sue attività emotive; l’Io come struttura e il “processo secondario” si potevano ridurre all’emisfero sinistro e alle sue attività logico-verbali.
Freud aveva in effetti individuato modalità psichiche di sentire e di pensare soggette a leggi proprie secondo una gerarchia ascendente: l’inconscio deve diventare cosciente e l’Es deve ridursi all’Io.
Questa era la formula dinamica della normalità psichica.
Col progredire degli studi sulla lateralità cerebrale la Psicoanalisi classica è stata ulteriormente adattata alle nuove scoperte, ma ha mantenuto la connaturata capacità descrittiva del funzionamento dei processi mentali; gli analisti hanno cercato di riportare l’Es e il processo primario alla piena parità con l’Io e il processo secondario, intendendoli come modi distinti e paritetici di elaborazione dei dati dell’esperienza, strumenti e funzioni simultanei ed eguali nella combinazione dell’impresa percettiva e cognitiva.
Come gli emisferi cerebrali l’Io e l’Es, il processo primario e secondario, sono stati stimati complementari l’uno all’altro; essi hanno funzioni indipendenti e concordanti.
Il processo primario non è qualitativamente inferiore o superiore al processo secondario rispetto alle proprietà organizzative, ma è solo diverso; entrambi i processi sono sviluppati e strutturati in maniera raffinata ed efficiente, per cui la loro unica differenza si attesta nell’elaborazione dei dati mentali secondo criteri diversi di sistemazione.
La complementarità dell’Es e dell’Io, del processo primario e del processo secondario, desunta dalla specializzazione emisferica cerebrale implica la capacità evolutiva nel corso dell’esistenza di una simultanea registrazione ed elaborazione di questi diversi modi cognitivi.
Viene superata la riduzione del processo primario all’età infantile come residuo arcaico e irrazionale di fasi precoci.
Il continuo scambio di informazioni e la continua alternanza di dominio tra i due emisferi si traducono psicoanaliticamente in una razionalizzazione cosciente dei vissuti elaborati dal “processo primario” e in una condensazione simbolica delle elaborazioni del “processo secondario”: i costrutti visivi non verbalizzati dell’emisfero destro possono essere riversati nell’emisfero sinistro per essere tradotti in termini logici e le elaborazioni concettuali dell’emisfero sinistro possono essere trasmessi nell’emisfero destro per essere tradotti in termini simbolici.
Un esempio di questo modello integrato del funzionamento mentale è la metafora del pianoforte: la mano destra e la mano sinistra cooperano in maniera sintonica nella traduzione in musica di uno spartito.
Il funzionamento indipendente e complementare dei due emisferi cerebrali sono in relazione con la salute mentale e fisica di ogni individuo.
La medicina psicosomatica e la psicopatologia sono interessate in maniera specifica nella dialettica mancata tra emisfero destro e sue competenze ed emisfero sinistro e sue competenze.
La Psicoanalisi si propone ancora una volta come un nuovo paradigma della Mente e le sue implicazioni più interessanti riguardano, oltre la “fantasia”, l’attività onirica soprattutto alla luce delle nuove scoperte sul sonno.
VERSO NUOVE PROSPETTIVE
La scoperta della specializzazione degli emisferi cerebrali e la ricerca neurobiologica hanno indotto necessariamente una revisione delle teorie psicoanalitiche sulla natura del “sonno”, del “sogno”, della “fantasia”, dell’ “inconscio” e della “psicopatologia”.
Si è profilata una delle tante frontiere della Psicoanalisi.
Freud era convinto che i fenomeni mentali sarebbero stati spiegati in termini di funzioni cerebrali, perpetuando un modello dualistico “Mente-Corpo” ed entrando in sintonia con la Neurobiologia e in distonia con la sua Psicologia.
La Metapsicologia freudiana, del resto, aveva errati presupposti neurobiologici.
E’ ovvio che la Mente non può funzionare senza Cervello, per cui devono esistere dei correlati neurobiologici che non implichino necessariamente il rapporto di “causa ed effetto” o rivendichino pregiudizi culturali di priorità.
Il parallelismo “Mente-Corpo” può spiegare la differenza attraverso sistemi concettuali che ne descrivono il funzionamento: dalla metafisica si passa alla “semantica” psicologica e neurobiologica intesa come un insieme di schemi di riferimento che permettono di impiegare metodi scientifici diversi per indagare i fenomeni psichici e neurobiologici nella loro settorialità interattiva.
La Psicoanalisi si presenta ancora una volta come valido metodo di indagine per i fenomeni mentali coscienti e inconsci, mentre la Neurobiologia migliora la comprensione dei meccanismi del cervello e del corpo.
Si tratta di approcci investigativi che su binari paralleli impiegano linguaggi, concettualizzazioni e livelli di astrazione diversi, ma questa differenza non esclude punti di convergenza integrativi in base all’isomorfismo “Mente-Corpo” e in modo che le discipline progrediscano nel proprio settore e nel reciproco richiamo.
IL SONNO E IL SOGNO
Intorno alla metà degli anni cinquanta sono stati scoperti i diversi stati fisiologici che si alternano durante il sonno: il “sonno Rem”, contraddistinto da rapidi movimenti dei bulbi oculari e da onde elettriche frequenti di piccola ampiezza, il “sonno non Rem”, caratterizzato da un aumento di ampiezza e da un rallentamento delle onde elettriche con assenza di movimenti oculari.
Durante la notte un individuo passa attraverso quattro stadi di “sonno non Rem” prima di entrare nella fase “Rem”; essi costituiscono un ciclo che si ripete per tutta la notte ogni novanta minuti.
Questi cicli non sono perfettamente simmetrici: gli stati più profondi di sonno “non Rem” generalmente vengono saltati nell’ultima parte della notte e i periodi di sonno “Rem” diventano più lunghi e prevalenti.
Questa può essere la ragione per cui di solito al risveglio si ricordano i sogni dell’ultima parte della notte.
Durante il “sonno Rem”, nonostante vi sia una sorprendente assenza di tono muscolare, c’è un’intensa attività fisiologica che contrasta con la quiescenza del “sonno non Rem”.
La respirazione, il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna sono elevati e irregolari; il consumo d’ossigeno, la temperatura e il flusso sanguigno cerebrali aumentano e si ha l’erezione del pene o la contrazione vaginale indipendentemente dal contenuto del sogno.
Mentre in passato il sonno era considerato un processo essenzialmente passivo a causa della ridotta stimolazione della corteccia cerebrale da parte del sistema reticolare ascendente, la Neurobiologia ha scoperto che esso è ciclico e attivo.
Si ritiene, inoltre, che lo stato desincronizzato venga periodicamente attivato da un orologio neurobiologico collocato nel tronco cerebrale pontino.
Inizialmente la scoperta del “sonno Rem” e l’associazione con il “lavoro onirico” sembrarono confermare le teorie di Freud per la paralisi muscolare e l’attivazione istintuale segnalata dall’erezione del pene e dalla contrazione della vagina; il “sonno non Rem” fu assimilato a un vuoto mentale.
Ma successivamente si è scoperta l’esistenza di “sogni Rem” e di “sogni non Rem”; questi ultimi non presentavano differenze qualitative con i primi: l’attività onirica o mentale si presentava in ogni stadio del sonno e in maggiore abbondanza rispetto alle precedenti convinzioni.
Pur tuttavia si è rilevato che i “sogni Rem” sono più eccitanti e meno logici rispetto ai “sogni non Rem”.
Cadevano, quindi, le tesi freudiane dell’Inconscio come causa dei sogni e del “sogno come guardiano del sonno”.
La Neurofisiologia suggeriva, all’incontrario, che è il sonno a preservare il sogno; quest’ultimo era provocato da un’attività neuronale costante con cambiamenti fisici che producono un flusso di immagini dove si poteva infiltrare la dimensione inconscia al fine di realizzare l’esperienza mascherata di un desiderio.
Segnali neuronali fornivano la base su cui costruire il sogno mediante una revisione secondaria delle dinamiche neurofisiologiche: la struttura del sogno era una “proiezione” dell’Inconscio a seguito di cambiamenti autoctoni che avvenivano nell’attività notturna del cervello pontino.
Questa tesi riguardava in modo specifico i “sogni Rem”.
E’ stata formulata anche l’ipotesi che i sogni fossero la sintesi mentale dell’attivazione di una parte dell’encefalo che usava i ricordi immagazzinati al fine di dare rappresentazione all’azione neurofisiologica derivante dalla scarica neuronale avvenuta nel tronco cerebrale pontino.
Le caratteristiche formali dei sogni, la distorsione, la stranezza e l’incoerenza, potevano essere attribuite agli sforzi del “proencefalo” di dare senso all’attivazione nervosa, per cui non c’era bisogno d’invocare la dimensione inconscia come causa e la “rimozione” per spiegare i contenuti onirici o l’amnesia dal momento che il dimenticare i sogni poteva dipendere da una situazione specifica di tipo neurofisiologico.
Di fronte alla constatazione empirica che i sogni riflettono differenze psicologiche significative si è pensato che l’Inconscio e l’attività Rem corticale possono essere considerati, se non la causa dei sogni, elementi concomitanti.
Bisogna considerare, inoltre, che la presa di coscienza del materiale inconscio non porta all’estinzione o alla riduzione dei sogni: il “lavoro onirico” e la “censura” persistono nonostante la razionalizzazione dei fantasmi.
Le differenze qualitative tra “sogno Rem” e “sogno non Rem “ negli anni ottanta hanno portato a instruire una proficua e congrua associazione tra l’attività onirica durante il “sonno Rem” con il “processo primario” e tra l’attività onirica durante il “sonno non Rem” con il “processo secondario”.
Inoltre si è ipotizzato che i “sogni Rem” riflettono una prevalenza dell’attività dell’emisfero cerebrale destro, mentre i “sogni non Rem” riflettono una prevalenza dell’attività dell’emisfero sinistro.
L’attività mentale della fase iniziale del sonno, “stadio non Rem 1” denominata anche ipnagogica, ha notevoli affinità con l’attività mentale razionale classica dell’emisfero sinistro, mentre l’attività mentale del “sonno Rem” possiede notevoli affinità con la funzione simbolica e si stima legata all’emisfero destro.
I “sogni Rem” vengono dimenticati non tanto per l’azione della “resistenza” o della “rimozione”, ma per la diversità tra il pensiero logico e l’attività onirica, oltre che per il passaggio al momento del risveglio dall’attività emisferica destra a quella sinistra.
Si ribadisce la preponderanza dell’attività emisferica destra nel “sonno Rem”, per cui è possibile che l’emisfero destro continui a sognare anche se l’individuo non è capace di riferire i sogni perché manca la capacità verbale dell’emisfero sinistro.
Inoltre la constatazione clinica della scarsità di sogni in pazienti con cervello scisso, ossia senza la funzione di mediazione del “corpo calloso” tra i due emisferi, o che fanno uso di farmaci anticonvulsivi attesta una riduzione del numero di episodi “Rem” nel sonno e che l’emisfero sinistro da solo è capace di elaborare sogni, dal momento che senza la funzione linguistica dell’emisfero sinistro l’attività mentale caratteristica dell’emisfero destro non può aver luogo.
Ottimale, pur tuttavia, si presentata la tesi dell’integrazione tra gli emisferi destro e sinistro, visivo e verbale, durante la produzione di “sogni Rem” anche se sono necessari ancora dati neurofisiologici e psicologici per chiarire il ruolo preciso delle differenze emisferiche come fonte elaborativa dei fenomeni onirici.
In opposizione a questa mediazione è stata formulata da alcuni neurofisiologi la tesi “cartesiana” che vuole i sogni essenzialmente privi di una qualche funzione: sottoprodotti o concomitanti accidentali del sonno.
Ma è prevalente presso i ricercatori la tesi che i sogni hanno una funzione molto importante e utile nell’economia psicofisiologica di ogni uomo in superamento dell’errore comune di equiparare esclusivamente il “sonno Rem” all‘attività onirica anche se il fatto che siano attivi contemporaneamente non indica necessariamente che siano della stessa natura.
Se impieghiamo il modello del parallelismo linguistico “Mente-Corpo” è opportuno considerare il processo psicologico del sognare separatamente dai suoi correlati neurofisiologici: il sognare è un processo a sé stante e la sua funzione si attesta al di là del “sonno Rem” come un bisogno psicologico di specifiche esperienze del sonno.
Esiste, quindi, un bisogno biologico e psicologico in certi stadi del sonno; il contenuto e la qualità dell’attività onirica sono vitali per la filogenesi quanto il “sonno Rem”, perché la capacità psicologica di sognare richiede la capacità di ricostruire simbolicamente la realtà percepita e internalizzata; si ritiene, inoltre, che i sogni di un individuo si evolvano dai prodotti onirici risalenti all’età di diciotto mesi.
L’inizio di un’attività onirica organica coincide con il periodo in cui il bambino sperimenta i “processi primari” ed elabora le sue esperienze in riguardo alla realtà, per cui la funzione del sogno acquista un benefico effetto organizzativo del materiale psichico nella maturazione evolutiva.
Se la Psicoanalisi classica ha attribuito al sognare e al fantasticare la funzione di appagamento dei desideri rimossi e la riduzione delle tensioni con il conseguente ripristino dell’equilibrio psicofisiologico, la nuova frontiera si attesta sulla proficua funzione maturativa e adattiva dei sogni in riguardo alla Psiche in generale e all’Io in particolare.
Le ricerche ulteriori hanno dimostrato il beneficio terapeutico legato alla consapevolezza del sogno, per cui il sognare efficace è stato equiparato a una buona psicoterapia: il soggetto acquista una maggiore capacità di autoesplorazione, dispone di un accesso ai sentimenti e può riflettere sul significato dei suoi sogni con la possibile utilità di risolvere i suoi problemi.
Al di là della loro interpretazione i sogni e il sognare offrono una maggiore consapevolezza e dispongono a una consistente riduzione della psicopatologia grazie alla prevalente funzione adattiva dell’attività onirica.
A livello neurofisiologico l’emisfero destro ha un ruolo importante nel formulare i sogni così come l’emisfero sinistro nel riflettere sui sogni; tale cooperazione significa migliorare la salute fisica e consente di mantenere un proficuo contatto e scambio di informazioni tra gli emisferi cerebrali, i quali funzionano in maniera complementare.
Il ripristino concettuale dell’Es e del “processo primario” come importanti sistemi di elaborazione delle informazioni ripropone la tesi di un lavoro in parallelo con l’Io e il “processo secondario” come nella metafora dei gemelli siamesi; essi funzionano simultaneamente in un rapporto di stimolazione incrociata nello studio e nell’organizzazione dei dati dell’esperienza.
A livello psicoterapeutico la coscienza dell’attività onirica e il ripristino della “fantasia” sono segnali importanti di salute mentale così come il danno della funzione simbolica è in stretta relazione con la sofferenza psichica.
I sogni sono stati ritenuti, inoltre, come la possibilità di espellere parti negative introiettate e in assenza di simbolizzazione si è notato, oltre a un fallimento delle funzioni difensive dell’Io, un pesante impoverimento psichico.
I sogni espletano la normale funzione di mantenere stabili le rappresentazioni dell’Io e dell’oggetto, permettendo ogni notte che la regressione del sonno realizzi una loro proficua integrazione.
LA FANTASIA
Il pregiudizio cartesiano sulla frequenza e funzione della “fantasia” non ha consentito un approfondimento adeguato dei temi nella cultura occidentale sempre ferma nelle vecchie concezioni di un banale fenomeno o di una disfunzione nevrotica.
Quest’ultima teoria risaliva agli illustri Freud e Breuer.
La giusta considerazione di questa attività mentale si è imposta alla luce della ricchezza e vivacità del fenomeno, oltretutto inserito in una cornice di assoluta normalità psichica.
La constatazione clinica dell’azione devastante del delirio psicotico in sostituzione degenerativa di una produzione fantastica ha indotto ad ascrivere alla “fantasia” e ai suoi prodotti un’importante funzione ausiliaria e terapeutica nel mantenimento della salute mentale come per la funzione onirica.
Inoltre si è accertato che la modalità prevalente di esperienza della fantasia e la vita fantastica non sono influenzate dal livello della coscienza o da fattori intellettivi e socio-economici.
E’ anche vero che in un secondo momento lo stesso Freud ritenne le fantasie “sogni a occhi aperti” a causa della loro somiglianza con i sogni notturni e le stimò forme di appagamento di desideri rimossi che godevano di indulgenza da parte della censura dell’Io, ma di fatto egli continuò a pensare che l’uomo felice non ha bisogno di ricorrere ai surrogati della fantasia.
Alla luce delle scoperte della Neurobiologia le fantasie sono ritenute clinicamente utili anche se non ci sono elementi per dimostrare che esse abbiano una relazione con l’Inconscio o che siano generate da esso come i sogni notturni.
Oggi la “fantasia” non è considerata un evento occasionale e patologico, un desiderio triangolato tra presente-passato-futuro, ma un valido strumento di conoscenza individuale, autocoscienza, attraverso la decodificazione del contenuto al di là della natura e qualità della funzione nel suo complesso.
La maggiore quantità di fantasie o “sogni a occhi aperti” si ha prima di addormentarsi in uno stato neurofisiologico di stanchezza e nel passaggio verso l’incoscienza del sonno.
Con la riduzione degli stimoli esterni emerge la “fantasia” così come in situazioni di monotonia, abitudine e ripetitività.
La prova di una maggiore attività dell’emisfero cerebrale destro durante l’attività della fantasia è ancora oggi controversa, come quella in riguardo ai “sogni Rem”.
Usando la tecnica di osservazione dei movimenti oculari si è vista una correlazione tra la frequenza dei “sogni a occhi aperti” e una predominanza dell’attività dell’emisfero destro; l’ipnorecettività e la capacità immaginativa si correlano all’emisfero destro in maniera significativa con modificazione delle onde cerebrali.
Pur tuttavia non si è potuto dimostrare un passaggio interemisferico durante l’attività della fantasia.
Altre ricerche hanno portato alla scoperta del persistere di un ciclo “non Rem e Rem” nell’arco delle ventiquattro ore della giornata; quest’ultimo non è limitato al sonno, ma è presente anche durante la veglia a periodi alterni: oscillazioni ultradiane.
Durante la veglia questo ritmo alterna ogni novanta minuti attività mentale simile al pensiero e attività mentale simile alla fantasia, entrambe equiparabili all’alternanza nel sonno tra attività mentale “Rem” e “non Rem”; in sostanza sono stati rilevati movimenti oculari rapidi e una successiva riduzione del tono muscolare durante l’attività diurna della fantasia.
Questi studi confermano che la “fantasia” in stato di veglia oscilla esattamente come l’attività onirica durante il sonno: sogni e fantasie ricorrono ciclicamente e mostrano aspetti di un comune processo psicofisiologico sottostante.
I prodotti fantastici della veglia e degli stati del sonno sono strettamente legati.
Sogni e fantasie sembrano avere una continuità nel ciclo diurno dell’individuo; il fantasticare scivola impercettibilmente nel sognare all’inizio del sonno e riemerge al risveglio.
Sogni e fantasie, sonno e veglia sono prodotti e fasi comuni di un’attività di fondo a cui l’organismo ritorna quando non è impegnato in modo strumentale nell’esplorazione dell’ambiente e nell’azione di adattamento alla realtà.
La funzione delle fantasie e delle immaginazioni mostra un’efficacia terapeutica proprio con il riportare l’attenzione dell’uomo verso gli oggetti interni come in un processo psicofisiologico di autoregolazione.
Imparare a concentrarsi su specifiche fantasie piacevoli fornisce elementi che definiscono con precisione la consapevolezza dei sentimenti, delle sensazioni, delle emozioni e dei monologhi interiori.
La percezione e la definizione dell’eccitazione sensoriale sono influenzate da esperienze cognitive in cui la “fantasia” indica il significato e l’efficacia dell’esperienza vissuta.
Produrre fantasie significa dare rilievo all’eccitazione corporea e alle emozioni collegate, oltre a definire i sentimenti; il mancato o difficile coordinamento è indice di difficoltà esistenziali e di disagi psicologici.
Mentre Freud aveva scoperto il ruolo conflittuale delle fantasie inconsce nella patogenesi dei sintomi isterici e professava, di conseguenza, un concetto negativo sulla fantasia e i suoi prodotti, attualmente esiste una quantità di materiale a sostegno del fatto che la capacità di produrre fantasie coscienti e preconsce, oltre al ricordo e l’elaborazione dei sogni, può avere un ruolo attivo e proficuo nel mantenimento della stabilità autonoma e del benessere psicofisico.
Le psicoterapie immaginative, l’ “imagerie mentale” e l’analisi immaginativa, basate sul rilassamento riducono notevolmente l’attività del sistema nervoso simpatico.
Inoltre l’associazione tra fantasia e percezione del dolore riduce in molti casi la soglia della coscienza, per cui è possibile un controllo cognitivo del dolore proprio immaginando e pensando di modificare il dolore con l’attività deliberata della fantasia.
In questa situazione la mobilitazione della funzione è correlata all’attivazione dell’emisfero destro e
si è notato che la fantasia ha l’effetto di stimolare la secrezione di endorfine.
La difficoltà a far emergere immagini visive che aiutano a rilassarsi mostra anche un fallimento dei meccanismi difensivi dell’Io.
Probabilmente la regolare espansione della fantasia e l’emergere di complessi fantastici rimossi contribuiscono ad aumentare gli effetti benefici dell’autoregolazione e della stabilità psicofisiologiche.
VERSO UNA NUOVA SINTESI INTEGRATIVA A PROSPETTIVA PSICOLOGICA
Nel costante cammino ermeneutico intrapreso dall’uomo il “sogno” non è più nella sua purezza riducibile alla lineare teoria freudiana dell’appagamento di un desiderio rimosso.
Lo stesso destino vale per la “fantasia” e i suoi prodotti.
Il “lavoro onirico”, notturno e diurno, necessita di essere integrato ed esteso a tutte le produzioni creative dell’uomo.
Consegue nella provvisorietà delle umane elaborazioni la seguente griglia interpretativa.
– Il sogno è rappresentazione di “simboli” e implica la specifica struttura e il preciso concorso dei meccanismi del “processo primario”.
A livello neurofisiologico si richiamano le attività dell’emisfero cerebrale destro.
– Il sogno è “proiezione” di “archetipi” e di “fantasmi” “introiettati” a base filogenetica collettiva e individuale.
A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro.
A livello psichico profondo sono implicati i meccanismi di difesa arcaici della “proiezione”, dell’ “introiezione” e dell’ “identificazione”.
A livello psico-economico è innescata e agita la carica energetica della “libido”.
A livello psico-cognitivo sono instruiti i meccanismi del “processo primario”.
– Il sogno è espressione delle istanze psichiche dell’Es, dell’Io e del Super-Io, intenzionate dialetticamente al “principio del piacere”, al “principio della realtà” e al “principio della coazione a ripetere”.
A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro e dell’emisfero cerebrale sinistro.
A livello psichico profondo sono richiamati i sistemi psichici secondo una valenza topica, dinamica ed economica con l’attivazione della “libido” finalizzata all’equilibrio psichico di natura risolutiva.
A livello psico-cognitivo sono usati i meccanismi del “processo primario” e del “processo secondario”.
– Il sogno svolge una psicodinamica di natura descrittiva e prevalentemente conflittuale.
I contenuti del sogno sono “segni” semanticamente interattivi, degni di attenta considerazione e passibili di utile decodificazione sempre in funzione dei benefici effetti dell’autocoscienza: i sogni sono semiologicamente “segni significanti” dotati di “senso” e di “significato”.
A livello neurofisiologico sono richiamate in maniera determinante le attività dell’emisfero sinistro.
A livello psichico profondo sono evocati i sistemi psichici con valenza dinamica e dialettica in reazione a coordinate pulsionali di natura libidica.
A livello psico-cognitivo intercorrono i meccanismi del “processo secondario”.
Il sogno implica i meccanismi e i processi psichici di difesa.
Il significante e il significato onirici comportano l’equilibrio psichico, per cui la funzione difensiva è implicitamente evocata e attivata.
A livello neurofisiologico sono richiamate le attività dell’emisfero destro e dell’emisfero sinistro.
A livello psichico profondo è instruito il sistema delle difese nel suo aspetto arcaico ed evoluto ma sempre nella funzione filogenetica dell’equilibrio.
A livello psico-cognitivo si evidenzia l’attività combinata e specifica del “processo primario” e del “processo secondario”.
– Il sogno struttura figure retoriche.
Tra il “contenuto manifesto” e il “contenuto latente”, il termine e il significato, è poeticamente inscritto un nesso reperibile nella gamma delle figure retoriche.
A livello neurofisiologico è richiamata l’attività dell’emisfero cerebrale destro.
A livello psichico profondo si rileva topicamente la presenza di materiale psichico preconscio o inconscio funzionale all’elaborazione dei processi creativi.
A livello psico-cognitivo è instruita l’attività del “processo primario” e del “processo secondario”.
ESEMPLIFICAZIONE
ABATE
Rappresentazione simbolica della parte carismatica della figura paterna.
Proiezione dell’archetipo del Padre e del fantasma dell’incesto.
Espressione dell’istanza psichica del Super-Io intenzionata al principio della coazione a ripetere, Thanatos, in riferimento dialettico all’Io e al principio della realtà.
La psicodinamica verte sulla relazione edipica, sul tabù sessuale dell’incesto e sul vissuto genitale della castrazione.
I meccanismi psichici di difesa innescati sono la rimozione, la fissazione, l’introiezione, l’identificazione, la razionalizzazione e in maniera improvvida la negazione e l’isolamento.
I processi psichici coinvolti sono la sublimazione e la regressione.
La figura retorica strutturata è la sineddoche con connotazione metaforica.
ABBAGLIO
Spostamento simbolico della facoltà intuitiva.
Proiezione del fantasma della razionalità.
Espressione dell’istanza psichica dell’Io intenzionata al principio della realtà.
La psicodinamica sviluppa il desiderio di migliorare l’autocoscienza e il bisogno di incrementare le capacità creative.
I meccanismi psichici di difesa coinvolti sono la proiezione, la razionalizzazione, l’intellettualizzazione e in maniera critica l’idealizzazione.
Le figure retoriche strutturate sono la metafora e l’iperbole.
ABBAIARE
Drammatizzazione simbolica della rabbia.
Proiezione del fantasma della sessualità anale.
Espressione dell’istanza dell’Es intenzionata al principio del piacere, Eros.
La psicodinamica riguarda la pulsione a scaricare la tensione nervosa e verte sulla regolazione del flusso aggressivo. L’intensità del vissuto onirico attesta in maniera proporzionale il grado della frustrazione.
I meccanismi psichici di difesa evocati sono la rimozione, la fissazione, il disinvestimento, il controinvestimento, la formazione reattiva, la formazione di sintomi e in maniera improvvida la negazione e l’isolamento.
I processi psichici innescati sono la sublimazione e la regressione.
La figura retorica strutturata è la metafora.
ABBAINO
Rappresentazione simbolica della mente nella sua funzione speculativa.
Proiezione del fantasma della razionalità.
Espressione dell’istanza psichica dell’Io intenzionata al principio della realtà.
La psicodinamica svolge il bisogno di ricercare la verità e il desiderio di migliorare l’autocoscienza attraverso una riflessione analitica.
I meccanismi psichici di difesa coinvolti sono l’introiezione, l’identificazione, la razionalizzazione e in maniera critica l’intellettualizzazione e l’idealizzazione.
Il processo psichico implicato è la sublimazione.
La figura retorica strutturata è la metafora.
ABBANDONARE
ABBANDONO
Condensazione simbolica della separazione, del distacco e della solitudine.
Proiezione dell’archetipo della Madre e del fantasma della perdita.
Espressione dell’istanza psichica del Super-Io intenzionata al principio della coazione a ripetere, Thanatos.
La psicodinamica sviluppa un pesante sentimento depressivo, nel caso specifico la perdita dell’affetto e della protezione da parte della figura materna; il vissuto onirico antepone la dipendenza all’autonomia.
I meccanismi psichici di difesa evocati sono la rimozione, la fissazione, la proiezione, lo spostamento, la formazione di sintomi e in maniera critica la negazione, l’isolamento, la denegazione, lo sdoppiamento dell’imago e lo sdoppiamento dell’Io.
Il processo psichico coinvolto è la regressione.
La figura retorica strutturata è la metonimia.
ABBANDONARSI
ABBANDONO
Rappresentazione simbolica del disimpegno psicofisico.
Proiezione del fantasma della sessualità genitale.
Espressione dell’istanza psichica dell’Es intenzionata al principio del piacere, Eros, in riferimento dialettico all’Io e al principio della realtà.
La psicodinamica svolge un desiderio erotico a valenza orgasmica e la soluzione di un contrasto nella relazione tra il corpo che chiede e la mente che concede senza divieti.
I meccanismi psichici di difesa coinvolti sono la rimozione, la fissazione, la proiezione, la formazione reattiva, la formazione sostitutiva, la formazione di compromesso, la formazione di sintomi, lo spostamento e la razionalizzazione.
Il processo psichico implicato è la sublimazione.
La figura retorica strutturata è la metonimia.
ABBATTERE
Condensazione simbolica dell’aggressività.
Proiezione dell’archetipo della Morte e del fantasma della perdita.
Espressione dell’istanza psichica del Super-Io intenzionata al principio della coazione a ripetere, Thanatos, in riferimento dialettico all’Es e al principio del piacere, Eros.
La psicodinamica attesta la repressione violenta delle pulsioni e la conseguente ricerca di espressione delle energie libidiche, una soluzione tentata e proporzionale alle frustrazioni subite.
I meccanismi psichici di difesa coinvolti sono la rimozione, la fissazione, la proiezione, lo spostamento e in maniera critica la negazione, l’isolamento e la denegazione.
I processi psichici impliciti sono la regressione e la sublimazione.
Le figure retoriche strutturate sono la metonimia e l’iperbole.
ABBAZIA
Rappresentazione simbolica della sacralità.
Proiezione del fantasma della castrazione.
Espressione dell’istanza psichica del Super-Io intenzionata al principio della coazione a ripetere, Thanatos.
La psicodinamica sviluppa il difficile ruolo dell’Io nel conciliare i divieti del Super-Io e le pulsioni dell’Es. Il vissuto onirico attesta la prevalenza della censura morale sull’espressione della libido: castrazione.
I meccanismi psichici di difesa richiamati sono la rimozione, la fissazione, il disinvestimento, il controinvestimento, la formazione sostitutiva, la formazione di compromesso e la formazione di sintomi.
I processi psichici implicati sono la sublimazione e in maniera ridotta la regressione.
Le figure retoriche strutturate sono la metonimia con connotazione allegorica.
BIBLIOGRAFIA
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