Lineamenti teorici sul sogno

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Il sogno è un prodotto psichico individuale, un oggetto specifico e caratteristico di ogni persona, uno strumento scientifico atto a rilevare in maniera puntuale lo stato psicologico di ogni uomo nel corso dei tanti e vari vissuti del suo divenire esistenziale, psicologico e relazionale.

La conoscenza del significato dei sogni implica l’interpretazione, ossia la decodificazione dei contenuti di questa fascinosa attività psicofisica dell’uomo con la conseguente presa di coscienza dei vissuti collegati alle fasi principali della propria storia evolutiva.

L’interpretazione implica ancora l’evidenziarsi della struttura del carattere, dei conflitti in atto, dei meccanismi e dei processi di difesa dall’angoscia instruiti nella propria azione di vita.

Nel corso dei millenni il sonno e il sogno sono stati ritenuti fenomeni particolarmente enigmatici e hanno destato una certa inquietudine soprattutto per la loro carica impositiva e per l’impossibilità di sottostare a un qualsiasi controllo o condizionamento; la difficoltà, inoltre, di ricondurre il sogno e la sua apparente illogicità a un normale prodotto dell’attività razionale umana ha fomentato un ambiguo fascino.

Auguri e indovini, ieri e ancora oggi, si sono arrogati il possesso del giusto codice e l’esclusiva competenza nell’esercizio dell’arte ermeneutica onirica, l’arte dell’interpretazione dei sogni per l’appunto; questi ultimi sono stati anche collocati in un ambito metafisico e supestiziosamente stimati come messaggi multiformi per l’uomo da parte delle varie e capricciose divinità o invasamenti predittori e possessioni di un uomo sempre da parte di un dio: un messaggio celeste incorporato.

Tali stolte convinzioni sulla “vita nel sonno” hanno condizionato e condizionano ancora oggi nel bene e nel male la “vita nella veglia” e nel caso specifico le varie aspettative dell’uomo in riguardo al suo futuro.

La Psicoanalisi di Sigmund Freud ha posto la luce scientifica dove regnava il buio poetico della magia e della superstizione.

In effetti, il sogno verte esclusivamente sul passato, prossimo e remoto, di ogni persona e non ha alcuna competenza o finestra sul futuro, perché esso elabora i vissuti pregressi e i fantasmi acquisiti.

Il sogno non ha niente di mirabile o insondabile, di numinoso o divino, di premonitore o parapsicologico; esso è un’elaborazione psicofisica e uno strumento particolarmente atto a indicare i contenuti, le dinamiche e l’originale qualità della struttura psichica di ogni uomo.

Queste consistenti caratteristiche conferiscono al sognare una valenza di diagnosi e di prognosi, la possibilità di valutare lo stato psichico in atto e di intervenire al fine di apportare le giuste correzioni alle disarmonie eventualmente riscontrate, operazione sempre intesa al benessere psicofisico della persona.

Una prima sintetica e puntuale definizione vuole che “il sogno sia l’attività psichica del sonno”.

Sonno e sogno sono bisogni psicofisici interdipendenti e si soddisfano attraverso l’isolamento dagli stimoli esterni, la riduzione al minimo vitale delle pressioni interne e la temporanea sospensione della coscienza nella sua forma di vigilanza razionale.

Sonno e sogno sono fondamentalmente finalizzati alla ricostituzione dell’equilibrio psicofisico turbato dalle mille attività della veglia, sono necessità bio-psicologiche che comportano il disimpegno temporaneo dell’autocontrollo razionale, il prosieguo e l’abbandono alle specifiche funzioni del sistema neurovegetativo.

Lo stato psicofisico del “sonno-sogno” può essere equiparato a un benefico ritorno al grembo materno e sempre in funzione della ricostituzione dell’equilibrio turbato dalla tante fatiche della vigilanza; a tutti gli effetti si interrompe in maniera reversibile la “vita nella veglia” a favore della “vita nel sonno”: il sistema psicofisico allenta la sua attività e i bisogni vitali si riducono al minimo.

Il sogno, in particolare, svolge le funzioni elementari di dare un’adeguata rappresentazione alle pulsioni e ai bisogni emergenti durante il sonno e di organizzare le suddette rappresentazioni secondo un codice e in un contesto diversi da quelli logici della veglia, dal momento che l’esercizio razionale, “processo secondario”, è temporaneamente sospeso.

La “logica del sogno” è nettamente diversa dalla “logica della veglia” anche se in linea evolutiva presenta una sua compatibilità.

Per non provocare il risveglio, il sogno offre ai bisogni psicofisici emergenti nel sonno una soddisfazione sostitutiva; in tal modo esso scarica e placa con le sue allucinazioni le tensioni prodotte dalle pulsioni inappagate: “il sogno è il guardiano del sonno”.

Tutti i sogni tendono a realizzare un bisogno insoddisfatto o un desiderio inappagato in maniera indiretta e approfittando dello stato fisiologico del sonno: questa realizzazione è, pur tuttavia, sostitutiva, camuffata e in ogni modo censurata.

Si può parlare, quindi, della “censura onirica”, un meccanismo di difesa che consente di continuare a dormire senza essere disturbati dall’irruzione nel sogno delle vere rappresentazioni allucinate dai bisogni e dai desideri e del vero significato onirico.

Il sogno è causato dalle esperienze vissute nel periodo più vicino al sonno, ad esempio nel primo pomeriggio o nella prossimità della sera, definite “resti diurni”.

Queste esperienze vissute nel periodo che precede il sonno, quindi, agganciano materiale psichico pregresso e qualitativamente similare, per cui il sogno si complica fino a diventare un’ampia organizzazione alogica a cui il sistema neurovegetativo fornisce energia in assenza della vigilanza cosciente e della forza volontaria offerta dal sistema nervoso centrale: la logica razionale è andata a dormire e ha lasciato il campo alle emozioni più profonde e apparentemente espresse in maniera irrazionale.

Il sogno è, infatti, un’elaborazione psichica di qualità prevalentemente simbolica, fortemente emotiva e intenzionata a realizzare in maniera allucinatoria un bisogno urgente o un desiderio in atto, tutto materiale psicofisico in gran parte sedimentato nei livelli profondi della psiche.

Si definisce “lavoro onirico” l’elaborazione e la riattivazione psichiche dei bisogni e dei desideri da parte della persona che sogna.

La trama del sogno costituisce il “contenuto manifesto”, mentre il suo significato è definito “contenuto latente”.

L’interpretazione del sogno consiste, quindi, nel tradurre il “contenuto manifesto” nel suo specifico “contenuto latente” e in termini più precisi nell’individuazione dei bisogni originari, degli elementi psichici, dei vissuti profondi e dei desideri inconsci che sono la causa del sogno.

Il “contenuto manifesto” è una puntuale rappresentazione del “contenuto latente” costruita in base a meccanismi specifici; esso esprime e sviluppa pulsioni e bisogni, vissuti e desideri, sensazioni e angosce, un complesso materiale psicofisico che si può decodificare proprio traducendo il “contenuto manifesto” nel corrispettivo “contenuto latente”.

Il “lavoro onirico” consiste, quindi, nella trasformazione del “contenuto latente ”, la serie dei bisogni e dei desideri, nel “contenuto manifesto”, le rappresentazioni accettabili dalla residua coscienza ancora in funzione e compatibili con la soglia di tolleranza psicofisica.

La “censura” è il meccanismo psichico che filtra il “contenuto latente” del sogno e lo rende rappresentabile nel “contenuto manifesto” perché compatibile con il residuo in funzione dell’istanza etica e della norma morale di chi sogna.

La naturale “regressione” psicofisica prodotta dal sonno induce il sogno a operare una forzatura psichica e favorisce l’irruzione dei bisogni e dei desideri profondi nella scena del sogno, bisogni e desideri rappresentati pur tuttavia in maniera camuffata e irriconoscibile per consentire anche il normale decorso del sonno.

Il sogno è formato dai meccanismi del “processo primario”, i quali organizzano i dati del “contenuto latente” nel “contenuto manifesto”.

Questi meccanismi sono la “condensazione”, lo “spostamento”, la “drammatizzazione”, la “simbolizzazione”, la “rappresentazione per l’opposto” e la “figurabilità”.

Esaminiamo puntualmente e nella maniera più chiara possibile la loro funzione specifica.

La “condensazione” consiste nell’investimento in un’unica rappresentazione o immagine di una serie di rappresentazioni o immagini secondo una possibile catena associativa: la rappresentazione o immagine della mucca è la “condensazione” della parte positiva della figura materna intesa in maniera affettiva, così come la rappresentazione o immagine della strega è la “condensazione” della parte negativa della figura materna sempre affettivamente intesa.

Lo “spostamento” consiste nel dirottamento di energie psichiche da una precisa rappresentazione o immagine originaria a un’altra rappresentazione o immagine significativa che si può associare in maniera congrua al sogno e in maniera funzionale al sonno.

Il trasferimento di cariche energetiche da una rappresentazione o immagine in un’altra, infatti, comporta il raffreddamento emotivo e la possibilità alle funzioni del sogno e del sonno di procedere senza essere interrotte.

Il meccanismo dello “spostamento”, come del resto quello della “condensazione”, impedisce al “contenuto latente” del sogno di coincidere con il “contenuto manifesto” ossia impedisce al sogno di risolversi nell’incubo e nel risveglio immediato.

Un esempio di “spostamento”, riferito al precedente, è il seguente: le emozioni condensate nella figura materna positiva o negativa sono spostate nelle rappresentazioni o immagini della mucca o della strega.

Un altro esempio di “spostamento” è il seguente: le emozioni condensate in un distacco affettivo irreparabile sono spostate nella rappresentazione o nell’immagine di un cimitero.

Entrambi i meccanismi segnano il passaggio da una rappresentazione astratta, l’idea dell’affetto o dell’odio da parte della madre, alle rappresentazioni o immagini concrete della mucca o della strega, l’idea dell’abbandono alla rappresentazione o immagine concreta del cimitero; il tutto in funzione di difesa dall’angoscia e dal risveglio.

Il meccanismo della “drammatizzazione” consente alla rappresentazione o immagine del sogno di esprimersi secondo le linee di un’azione concreta e di una psicodinamica intensa.

Esempio: il bisogno di autonomia psichica e il desiderio di un naturale distacco affettivo dalle figure genitoriali possono essere drammatizzati nell’atto di cadere nel vuoto senza angoscia di morte e con le piacevoli sensazioni di un librarsi nel vuoto o con la sicurezza di poter gestire un benefico volo.

All’incontrario l’angoscia della separazione affettiva può essere drammatizzata nella rappresentazione o immagine di un inesorabile e mortale precipitare nel vuoto.

La “simbolizzazione” è un meccanismo del “processo primario” che ha la funzione di mascherare un vissuto profondo, un bisogno, un desiderio e altro materiale psicofisico; quest’opera di camuffamento rende ammissibile e lecita la vera natura del vissuto, del bisogno, del desiderio e di altro materiale psicofisico.

I simboli sono rappresentazioni individuali e collettive deprivate della carica emotiva ossia raffreddate in sogno dall’azione dei meccanismi del “processo primario”.

La “simbolizzazione” è una variante specifica della “condensazione” e comporta anche l’azione dello “spostamento”, così come la “drammatizzazione” è una variante specifica dello “spostamento” e comporta l’azione della “condensazione”.

La “rappresentazione per l’opposto” è un meccanismo specifico che svolge la funzione di mascherare il “contenuto latente” del sogno condensandolo e spostandolo in un “contenuto manifesto” opposto, per cui la rappresentazione del bisogno e del desiderio si volge e manifesta nel suo contrario.

Esempi: la rappresentazione di amare intensamente cela il bisogno di odiare profondamente o la rappresentazione di disapprovare acerbamente camuffa il bisogno di desiderare fortemente.

E’ opportuno ribadire che questi meccanismi, oltre a tradurre l’azione della “censura onirica”, consentono la prosecuzione della benefica ricostituzione psicofisica del sonno proprio perché rendono il sogno incomprensibile a chi, dormendo, lo elabora; in caso contrario scatterebbero l’incubo e il risveglio immediato dal momento che il “contenuto latente” è coinciso con il “contenuto manifesto”.

Il meccanismo primario e onirico della “figurabilità” è deputato a tradurre in rappresentazione o immagine i contenuti che formano la trama dei sogni; quest’ultima è costituita da allucinazioni, prevalentemente uditive e visive, che rappresentano i vissuti emersi nel sonno ed elaborati dal “lavoro onirico” con le dovute immagini.

La “figurabilità” opera una selezione tra le diverse rappresentazioni o immagini che traducono il vissuto psichico, il bisogno o il desiderio, e sceglie quelle che meglio si prestano alla loro espressione visiva, consentendo ancora una volta il passaggio da un concetto astratto a un’immagine concreta.

Esempio: la rappresentazione della mucca rende perfettamente l’idea dell’amore materno a differenza dell’immagine del serpente; quest’ultima, a sua volta, rende perfettamente l’idea dell’organo sessuale maschile a differenza dell’immagine della mucca.

Il “processo primario” e il sogno condividono i seguenti fattori: la relazione del soggetto con se stesso, l’autorielaborazione allucinatoria dei vissuti psichici, l’alterazione dello schema temporale, la distorsione della categoria spaziale, la coesistenza degli opposti, il gusto del paradosso, il declino etico e morale, il mancato riconoscimento della realtà, l’eccesso della fantasia, il principio del piacere, l’appagamento del desiderio, la soddisfazione del bisogno, la compensazione della frustrazione, la riparazione del trauma.

Il “processo primario” è lo strumento cognitivo privilegiato del bambino nell’impatto con la realtà e ha la funzione di comprenderla e gestirla.

I meccanismi del “processo primario” e del sogno sono, quindi, dotati di una forte carica di creatività, supportano e nutrono la fantasia, non sono esclusivi dell’infanzia dal momento che si conservano nell’età adulta e si usano anche nella veglia.

Il “processo secondario” si attesta, invece, nell’elaborazione razionale dei dati, nell’inquadramento logico degli elementi, nella lucidità mentale dell’autocoscienza, nel pensiero vigile, nella capacità d’attenzione, nel giudizio critico, nel controllo dell’Io e nel principio di realtà.

Esso è di pertinenza dell’adulto e si impone didatticamente al bambino al punto che l’esercizio precoce della logica razionale misura il grado d’intelligenza e non d’infelicità del bambino.

Nella cultura occidentale la conservazione e l’uso privilegiato del “processo primario” coincide in prevalenza con i fenomeni artistici o con la psicopatologia.

E’ opportuno esigere il giusto equilibrio tra i due processi e una progressiva emancipazione educativa dall’uso dei meccanismi del “processo primario” secondo la precisa prescrizione di mantenere con la facoltà di sognare anche un pensiero creativo e una gratificante “fantasia”.

Il nostro mondo adulto ha le sue radici nell’infanzia e noi siamo il prodotto, più o meno ibrido ed equilibrato, di questa evoluzione psichica e cognitiva.

Ribadendo in sintesi chiarificatrice le tesi affermate, si rileva in primo luogo che il “processo primario” gestisce il magmatico mondo delle pulsioni libidiche del bambino, cariche energetiche ispirate al “principio del piacere” e alla gratificazione allucinatoria del desiderio e del bisogno attraverso il sogno.

Le procedure del “processo primario” sono anteriori alle procedure del “processo secondario”, la fantasia precede la logica, ma non sono idonee ad affrontare e ordinare in maniera utile e socialmente compatibile la realtà esterna.

Ritornando al sogno, si rileva che il “processo secondario”, la razionalità per l’appunto, se ne appropria nel momento in cui lo ricorda o racconta e successivamente in modo invasivo e spudorato quando lo interpreta.

Che cos’è l’interpretazione di un sogno ?

Si tratta di un processo di decodificazione, nel caso specifico del passaggio dal codice del “processo primario”, con i cui meccanismi è stato elaborato il sogno, al codice del “processo secondario”, con i cui principi logici è stato razionalizzato il sogno.

In altri termini si può affermare che il “contenuto latente” del sogno viene estratto dal “contenuto manifesto” attraverso i procedimenti logici del “processo secondario”.

Un altro tema da chiarire e adeguatamente considerare è l’impossibilità di disporre del sogno nella sua integrità ossia nella sua purezza e nella sua interezza; questo vale per i sogni dei bambini e degli adulti.

Dei nostri sogni, purtroppo, ricordiamo soltanto parti e sprazzi, frammenti più o meno autentici che ricevono una prima vendemmia razionale sin dal primo risveglio, sin da quando questi poveri resti onirici sono ricordati dallo stesso sognatore nel dormiveglia.

E’ semplicemente impossibile rispettare la sequela oggettiva delle scene e delle psicodinamiche vissute nel sonno, per cui l’autore del sogno inserisce per automatismo logico e consequenziale alcune pezze di supporto razionale ai collegamenti tra le varie parti del sogno; quest’ultimo riceve una seconda vendemmia razionale con riformulazione annessa nel momento in cui viene raccontato.

Un ulteriore bagaglio di pezze logiche, quindi, si dispongono quando il sogno da “pensato” si evolve in “parlato”.

Con il passaggio dal pensiero alla parola viene fissata e ufficialmente oggettivata la trama del sogno; quest’ultimo ormai si colloca tra una fiaba breve e un discorso logico.

Ma il travaglio evolutivo del sogno non è ancora ultimato a riprova della sua complessità di elaborazione, di formulazione, di sistemazione e di risoluzione finale.

Riepilogando: i meccanismi logici del “processo secondario” si appropriano progressivamente del sogno e lo riducono sempre più a un prodotto logico e consequenziale.

Alla razionalizzazione invadente e progressiva si affianca nella fase finale l’interpretazione del sogno e la riesumazione petulante del suo significato psichico profondo.

In ogni caso è opportuno precisare che il sogno ricordato e riformulato, ibrido per l’appunto, è il prodotto psichico che necessariamente si prende in considerazione; i bambini, in particolare, sono naturalmente disposti a costruirlo tra fiaba e realtà dal momento che anche nello stato di veglia usano in prevalenza i meccanismi del “processo primario”, meccanismi su cui si attesta l’elaborazione delle stesse fiabe.

Si consideri anche che la comunicazione verbale avviene secondo i canoni logici, per cui l’istanza razionale domina progressivamente non solo il sogno ma qualsiasi forma di relazione verbale.

Mentre i sogni dei bambini sono prodotti psichici a metà tra fiaba e realtà, connotati da spontaneità e chiarezza, quelli degli adulti sono vissuti come elaborazioni paradossali e inutili.

Le affinità strutturali tra fiaba e sogno nel bambino consentono una sintonia evolutiva, dal momento che il suo pensiero è determinato dai meccanismi del “processo primario”, mentre l’adulto non vive bene la distonia di essere determinato nel sogno dai meccanismi del “processo primario” e nella veglia da quelli del “processo secondario”.

Il “sogno notturno” del bambino si può collegare al “sogno diurno”, altrimenti detto “fantasticheria” o “sogno a occhi aperti”; questa relazione spiega e definisce la funzione della “fantasia” come attività psichica vigile e finalizzata alla realizzazione di pulsioni, bisogni e desideri più o meno coscienti.

Il termine “fantasia” deriva dal greco “phaos” e significa “luce” o meglio “mostrarsi attraverso la luce”, un’allucinazione derivata dall’illuminarsi del materiale psichico profondo e dal suo conseguente mostrarsi con la luce.

Il fattore allucinatorio è determinante nel sogno; esso consiste in una scarica di energie psichiche e in un’eccitazione dei sensi.

L’inquietante fenomeno dell’allucinazione comporta, quindi, un ripristino dell’equilibrio psichico tramite l’appagamento della pulsione e del desiderio.

La “fantasia” comprende l’attività immaginativa creativa e l’attività fantasmica delle rappresentazioni dei desideri; entrambe hanno sempre la funzione di appagamento.

A questo punto è opportuno operare le dovute distinzioni tra la “fantasticheria” o “sogno a occhi aperti”, il “fantasma” e il “sogno”.

La “fantasticheria” è un desiderio in atto che si riferisce al passato recente, un ricordo che si impone nello spazio mentale per essere rivissuto quanto prima.

Essa è uno strumento di appagamento che parte da elementi reali e si costruisce soprattutto se la realtà in atto è frustrante, per cui assolve il compito di compensazione e di emancipazione da pesanti situazioni oggettive.

La “fantasticheria” si articola secondo una sofferta linea di sviluppo alla ricerca di soddisfazioni immaginarie, di desideri inappagati e di ambizioni irrealizzate.

Essa prospera, di conseguenza, in maniera diretta agli impedimenti della realtà psichica in atto e compensa tutto ciò che la realtà impedisce o nega.

La “fantasticheria” o “sogno a occhi aperti” comporta un conflitto tra il “principio di realtà” e il “principio del piacere”, tra realtà e desiderio.

I “sogni a occhi aperti” sono in stretta relazione con i “sogni” veri e propri, per cui questi ultimi si possono ritenere in gran parte la continuazione dei primi e sono sempre ispirati dall’intento di realizzare concretamente il desiderio e di eliminare la frustrazione.

L’attività della “fantasia” è accentuata nei bambini per la loro facilità di accesso ai “processi primari”, oltre che di fuga dalla realtà e dalla tirannia dei suoi principi.

I bambini, di conseguenza, soddisfano le pulsioni e appagano i desideri ricorrendo in maniera naturale ai meccanismi mentali dominanti nell’infanzia.

A questo punto si passa a considerare il “fantasma” anche al fine di allargare l’ottica sulle attività psichiche dei bambini.

Il “fantasma” è un prodotto della “fantasia”: un dato reale e illusorio allo stesso tempo, una sintesi psichica operata dai meccanismi primari della “condensazione”, dello “spostamento” e della “drammatizzazione” del desiderio.

Il “fantasma” ha una natura e una funzione di difesa dalla frustrazione e dall’angoscia.

Esso è cosciente nel “sogno a occhi aperti” ed è prevalentemente inconscio nel sogno vero e proprio.

Il “fantasma” si esprime anche nei comportamenti e nei sintomi.

L’attività psichica cosciente, ispirata al “principio di realtà”, è alimentata e modellata da una vitalissima attività fantasmica profonda e ispirata al “principio del piacere”.

I “fantasmi” sono rappresentazioni primarie, prototipi originari, simboli universali, archetipi e riguardano la vita intrauterina, la perdita, il distacco, la sessualità, i genitori, la seduzione e la castrazione.

Questi scenari immaginari sono le risposte del bambino ai grandi e tormentati enigmi collettivi e rappresentano quelle fasi critiche evolutive di ogni uomo che si snodano dall’origine della vita alla scena del coito, dall’origine della sessualità alla scena della seduzione, dall’origine della differenza sessuale alla scena della castrazione.

L’attività della “fantasia” nei primi anni di vita si innesta nel versante biologico, si evolve durante l’infanzia condensandosi nel registro simbolico, definisce e caratterizza la vita psichica dell’adulto.

La “fantasia” è una funzione psichica elementare e i “fantasmi” sono una sintesi di istinto e pensiero.

Essi riguardano il corpo e i relativi vissuti, la pulsione e il desiderio, oltre a fungere da base nell’adattamento alla realtà da parte del bambino e nella formazione del pensiero logico dell’uomo adulto.

Il “fantasma” ha, inoltre, una funzione difensiva dall’angoscia e rientra nella normalità formativa ed evolutiva proprio per il suo essere una rappresentazione psichica dell’istinto.

I “fantasmi” sono intessuti di vivaci emozioni e di forti sensazioni, perché il processo pulsionale è finalizzato all’appagamento dei bisogni tramite la realizzazione allucinatoria del desiderio.

A questo punto si desume chiaramente lo stretto rapporto che esiste tra “fantasma” e “sogno”, tra “fantasia” e “funzione onirica”.

Inoltre la “fantasia” e il “fantasma” condividono i “processi primari” di formazione e soddisfano in ogni modo il desiderio, indipendentemente dalla realtà esterna alla quale in seguito il bambino dovrà necessariamente adattarsi.

Per quanto riguarda il “sogno” si ribadisce in sintesi la tesi, ampiamente illustrata in precedenza, che lo definisce l’appagamento allucinatorio e la realizzazione sostitutiva di un desiderio rimosso ossia inconscio.