Tutti abbiamo bisogno di un dio,
io nodio,
tutti abbiamo bisogno di un santo,
io nosanto,
tutti abbiamo bisogno di un padre,
io nopadre,
tutti abbiamo bisogno di un grande fratello,
io nograndefratello,
tutti abbiamo bisogno di un drago,
io nodrago,
tutti abbiamo bisogno di una reliquia da baciare,
io noreliquia e tanto meno da baciare,
tutti abbiamo bisogno di un vaccino,
io novaccino,
tutti abbiamo bisogno di un green pass,
io nogreenpass,
tutti abbiamo bisogno di un super green pass,
io nosupergreenpass,
tutti siamo questuanti e replicanti,
tutti siamo claudicanti e impertinenti,
tutti siamo insolenti e sbeffeggianti,
tutti siamo sciancati e svarionati.
Anche tu, mona!
Per il momento dimmi, per favore e per forza, chi sei,
altrimenti chiamo i carabinieri,
la polizia,
la finanza,
la forestale,
i vigili urbani e municipali,
chiamo Bepy mona,
chiamo sempre qualcuno,
chiamo il capo dei capi,
colui che si chiama Gino,
non Gino ginettaccio,
il maledetto cagnaccio in bicicletta,
Cerutti Gino,
l’amico di Giorgio,
quello del bar del Giambellino,
il figlio del ciambellano della riforma fascista del vocabolario,
per l’appunto ridetto ciambelculo,
Cerutti Gino,
quello che chiamavan drago,
gli amici,
sempre al bar del Giambellino,
dicevan ch’era un mago,
era un mago,
era un mago,
il napoletano delle tre carte nella fiera di Godega di sant’Urbano,
quello che incanta il bilancio all’incanto,
quello delle tre banche e delle sette sorelle,
quello dei quelli della signora Orietta,
tu sei quello
che s’incontra una volta e mai più,
meno male,
meno male che tutto va bene,
meno male,
meno male,
meno male che niente va male,
meno male,
meno ma.
Basta,
basta una sola volta,
la seconda non riesco,
la seconda non la reggo,
ho la mia età,
ho i miei traumi
e non posso esternarli in tivvù
dalla signora dei traumi antichi e anali,
quella dell’università goliardica e arruffona
che fonde e confonde le tette con le gote,
basta una sola volta,
mi creda,
egregio perito di laboratorio e tecnico dell’assicurazione,
egregia infermiera che sgobbi,
egregio dottore della tele,
egregio professore del santo Camillo e del santo Raffaele,
profeti messi insieme a ciucciar coca cola e ciupaciupa,
i nostri leccalecca dell’infanzia inquinata dal d.d,t.
ai bordi del lettino dell’orfanotrofio Fatebenefratelli,
basta una sola volta,
perché altrimenti son veramente cazzi vostri.
Intanto balliamo con le stelle sotto le stelle,
non nelle stalle del potere,
le stanze della lirica e le strofe della poesia
che odorano di palle di merda e di celluloide.
Intanto balliamo con le palle e le sventole.
Domani ci penseremo,
domani penseremo chi vuoi for president.
Noi vogliam dio che è nostro padre,
noi vogliam dio che è nostro re,
noi vogliamo il puffo con i capelli incollati,
noi vogliamo il buffo in costume da bagno sulla spiaggia di Scilla & Cariddi,
noi vogliamo il pacioccone con il maglione di turno,
noi vogliamo la vispa Heidy con le lentiggini sul desco patrio fiorito,
noi vogliamo essere padroni,
ma nessuno è padrone di se stesso,
noi non siamo seguaci di Karl, del baffone e del capellone,
noi seguiamo il vento come tira a Monza
e come non tira nella bonaccia della vecchiezza.
Intanto ho bisogno di una rete o di un prete,
una buona rete di nylon e un buon prete di lana caprina,
dammi una rete e un prete
per pescare gli uomini di buona volontà
e le donne ingenue e giuste
che vanno dalla sgionfa e dalla brisolada
a far menate oscene in pubblico pagante,
voglio una rete tivvù per dire stronzate stratosferiche,
per fare potacci con i tortelli e potaccetti con il ragù,
per sbarcare il lunario cotidie e con la giacca double face,
per fare spettacolo da filosofo sempre incazzato
e da mattaccin del beneamato circolo Picnic,
per vendere il panettone delle quattro sorelle vergini e gravide,
per giocare con il mercante in fiera,
in casa in ospedale,
dappertutto,
un mercante dappertutto.
Tu aiutami,
tu che sai e che non sei,
dammi il salario per il sale,
dimmi che tutti siamo liberi e schiavi,
tosatei imberbi e putee in menarca,
gente mai cresciuta in questo diuturno ballo di san Vito,
mentre il fuoco di sant’Antonio impazza nelle piazze e nei circhi,
tose nobili e timidette,
tosatan dalla vita bassa nei pantaloni e nelle palle,
tutti imbroglioni della migliore risma di carta marcata Fabriano,
tutte imbrogliate dalle multinazionali del petrolio e del crimine,
dagli editori a largo profilo,
dalle influencer di riferimento,
mentre in Siria nasce un bambino dagli occhi cerulei
e in Afganistan nasce un bambino dagli occhi neri.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere 24, 12, 2021