
PRIMO TEMPO
“Vorrei coprir la tua bocca di baci,
di baci,
di baci,”
(ma non si può
perché sarei irriguardoso,
così invasore,
così invasivo,
mi condanneresti all’oblio,
il tuo oblio
e io ne morirei),
“per dirti quanto mi piaci,”
(ahi ahi ahi,
non esageriamo con le parole,
qui si rasenta il peccato originario,
il maschilismo atavico e antico,
la libido acritica e testicolare,
non siamo mica epicurei,
tanto meno edonisti,
di quelli che non tengono le mani e gli attrezzi a posto
e non riconoscono i figli che hanno seminato
in lungo e in largo per boria narcisistica
più che per la pietas di Enea),
“e poi tenerti sul cuor,”
(con il ricorso al cuore
e alla cardiologia letteraria di tutti i tempi
posso finalmente riparare
il tentativo di un eventuale maltolto
e dell’offesa al corpo mistico e diplomatico
della serenissima repubblica di Malta,
là dove il buoncostume alberga e indomito regna,
presso la donna di provincia in mezzo al mare
e non di bordello).
FINE PRIMO TEMPO
SECONDO TEMPO
Ma non si può,
in ogni caso e con ogni eventualità,
non si può semplicemente perché
“io non so parlar d’amore”,
(parole, parole, parole,
parole, soltanto parole,
parole d’amore di quel Verbo che in principio fu,
di quel for, faris, fatus sum, fari,
notoriamente inteso come Fato dagli stenterelli,
da coloro che si svendono in tivvù per un ricco lesso,
il Fato,
notoriamente da intendere come ciò che è stato detto,
checché ne dicano il puffo,
il buffo,
il pacioccone
e la vispa Teresa),
“l’emozione non ha voce”
(semplicemente perché l’emozione grida,
ciò che si muove dentro sbraita,
sbareghea,
ietta vuci,
crie,
scassa le balle
e sconquassa il cardiocircolatorio apparato,
ha tutto un corpo a sua disposizione per la grancassa,
per fare bene le sue cose e a puntino il suo dovere),
“e mi manca anche il respiro”,
(no covid,
no vicks vaporub,
no paracetamolo,
si tratta di una semplice somatizzazione d’angoscia
da sindrome abbandonica,
quanta solitudine sin da piccolo,
tanta solitudine,
tanta solitudine da sempre,
quasi cent’anni di solitudine,
italica e non sudamericana,
sicula per la precisione,
orfano di padre,
vedovo di madre,
certo che potevo parlare con me stesso,
ma il maestro non me l’aveva insegnato
e io speravo di cavarmela,
mi circuiva come un chierico
e io non sapevo che fare),
“se ci sei, c’è troppa luce”,
( lux fiat et lux facta est
nella tua splendida persona,
una maschera oscena da opera dei pupi,
o Ganu di Maganza
tiriti la distanza,
l’ammazzasti a Guerrin
detto il meschino,
a metà tra un dio tra i tanti sul mercato
e una marionetta dipinta in acrilico,
abbagliami,
straziami,
non baciarmi al buio,
potrei morirne,
di cotanto oltraggio potrei morire
folgorato sulla strada di Floridia
mentre sono in cerca dell’Eldorado,
mentre creo il cielo e la terra
con il sudore della fronte,
come il Primo disse in quel tempo
quando creò il Tempo)
“la mia anima si spande come musica nel vento”
( la musica nel vento seduce,
porta via le cambiali scadute e mai pagate,
attizza lo spread senza l’invasione del puffo
che paga la mia anima in via dell’Olgettina
e direttamente in Egitto,
presso le donne furbette del cortile
che mostrano il deretano al pellegrino
che ansante cerca ancora la strada
che porta alla Mecca,
a quella pietra nera che è caduta dal cielo
perché stanca di ballare con le stelle),
“e la voglia sai mi prende”
( quella non manca mai nelle stalle popolari
e nei bassifondi della pianura padana
tra moscerini attizzati e mosche pudiche,
tra zanzare longobarde e zecche nostrane,
mamma Piero mi tocca,
toccami Piero
che la mamma non c’è,
come faccio a corteggiarti
se mi respingi in una con i baci di Perugia,
con i mon chery de Turin al dolce sapore di ciliegia,
con quel cesto di ricci di mare
che raccolsi spinandomi sulle coste di Brucoli ),
“e si accende con i baci tuoi”
( la ragazza del mio cuore sei,
tu lo sai,
ma baciare non ti posso mai,
sempre con la mamma te ne stai
e sola non vuoi uscire mai con me,
allora che amore è il nostro,
un brodino di pescetti e di calamari,
un fritto di paranza che nuoce alla panza,
no,
io non ci sto
e non mi accendo come un accendino
a tuo piacimento e a tuo complemento,
io voglio l’armonia e la simmetria,
io ambisco a un’armonia simmetrica,
sarà troppo,
sarà impossibile,
ma io ti voglio baciare
dopo averti sposata,
così parlò Zaratustra
e più non dimandare
perché altrimenti rompi,
rompi quell’armonia costruita intorno a te
da qualche banca in vena di sollazzi.)
FINE
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere 24, 02, 2022