
E così te la intendi con il massimo dei minimi,
con i seguaci dell’improponibile e improbabile Jacques,
il francese alle Gauloises dal dolce sapore di prugna.
E così segui anche tu la luce delle stelle morte,
il fenomeno luminoso di un noumeno,
un visibile e massiccio pensabile,
la scia ardente delle moderne camere mortuarie,
le sale umane del congedo inumano.
E magari vai a comprare in libreria quel malloppo di detto e ridetto
per arricchire gli editori ingordi e gli autori innarcisiti,
quelli che hanno ucciso i libri di carta con i diritti in salotto,
la manega di esibizionisti sporcaccioni
che toccano i culi delle donne improvvide.
E magari mi dirai alla stazione del fiero Primolano
che le stelle sono morte per colpa dell’Alighieri
che infine uscì a rivederle dopo cotanto inutile fottio,
dopo tanto strafottente primeggiare tra impari.
Eppure Ulisse ti parlò a suo tempo e a suo modo
con tanto di baldracche nel suo pullman diretto a Monza,
con tanto di libri da svendere nelle catene erremoscia & cavalieri.
Tu sapevi di quel dolore del ritorno e del ritorno del dolore.
Io te l’avevo spiegato ad ampie falcate sulla strada di Damasco
insieme a Palinuro,
il nocchiero del capo,
colui che non deve chiedere mai
semplicemente perché non ha editori disposti al culo,
benemeriti della patata igp e dop.
Tu hai guardato indietro e non avanti,
hai amato il dolore e non il progetto,
tu non ci sei ieri alla fiera perché oggi c’eri in te stessa,
una persona giuridica senza futuro
e con tanto di pedigree nel collo senza collana e senza imbroglio.
O angelo del cielo restituisci alla mia bambina
quelle stelle morte che ancora sono vive
e parlano al suo cammino illuminandolo di lastricate zolle.
Meglio venirci con la testa bionda sul guanciale
per le ultime carezze degli ipocriti dissennatori.
E’ vero che non siamo mai soli nelle nostre brande
e odoriamo di morte per inedia e di violenza militare.
E’ vero che sei la creatura di un qualche dio mercenario,
ma non dovevi di certo innamorarti di quell’Ulisse
che annegò nelle fogne delle colonne
dove Ercole pose li suoi riguardi
a che il poeta più oltre non si metta.
Lascia gli idoli del foro e del mercato,
abbraccia gli idoli della tribù e della spelonca,
stai in mezzo alla gente ignara
che porta gioiosamente a spasso per la città
una donna argentata sul pulpito inanimato,
ama la Parola di Giovanni,
quel Verbo che non si compra perché non si vende,
quel verso libero che non è dolore del passato,
dolore del presente,
dolore del futuro,
ma semplicemente un emerito dono
che non si compra perché non si vende.
Solo così eviterai le chiese e le parrocchie,
i salotti osceni e le sirene ricostituite,
mia cara Gianna,
nostalgica addolorata madonna
che non ristai in un altare mercenario o in una bancarella premiata.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 18, 12, 2022