
L’amore a cuccia dentro sbiaditi gnocchi di lana,
occhi marroni come legni di zattera,
salvezza in mezzo ai campi azzurri dei pescecani.
E intorno ulivi,
grecale,
muretti a secco,
anime a zonzo,
incarnazione,
reincarnazione.
Alla sera, poi, si torna a casa,
tutti a casa come dopo la guerra,
la guerra del fascio,
la guerra del covone,
la guerra del bottone.
Un sottotitolo,
una didascalia,
un pugno di parole in mezzo a tutta quella sabbia
per non sbiadire l’immagine dentro la cornice.
Qualcosa tu lo trovi che si addice.
Io ti vorrei baciare.
I te vurria vasà,
ma o core num mo dice e te scetà,
e te scetà.
Non vorrei svegliarti per baciarti.
Nomi, cose, persone.
Così mi porti a casa, sì.
Un oblò per l’oblio.
Che viaggio mi prepari?
E tutto passa, fuori.
Dentro, però, tu non passi mai.
Soluzione al 20% di acido lisergico.
Con lingue indecenti di incendio ti avvolgo
per non farti fuggire,
hascihschin.
Con spire di uragano ti profili all’orizzonte.
Sei sanguinario anche quando ti difendi.
Ho solo brama di innocenza,
che detto ora, così, ha un suono greve di tempesta.
Nella mia testa c’è Smirne,
la sua polvere.
E ci sei tu.
Nella mia testa c’è Marseille,
le sue femmes.
E ci sei tu.
Non nasconderti dietro alla vetusta pensilina.
Non occultarmi i raggi sconsolati di sole.
Un bel suono di tuoni in fondo alla pioggia.
Tanta malora dietro una vita da cane.
Sava
Trento, 20, 11, 2022