L’AGGRESSIVITA’ SESSUALE

TRAMA DEL SOGNO

“Ho sognato di far parte di un gruppo che deve fare un attentato terroristico nell’Est Europa.

In realtà le giornate che si trascorrono con questo gruppo sembrano una specie di vacanza.

Un giorno uno del gruppo mi si avvicina e mi informa che il giorno dopo sarei dovuta andare a fare questo attentato e che molto probabilmente non ne sarei uscita viva.

Io, stupita, rispondo che non sono preparata, che non mi hanno istruita sull’uso delle armi.

Parlo con il mio ex marito, anche lui parte del gruppo, e gli espongo le mie perplessità sul fatto che non abbiamo fatto nessuna esercitazione e che non mi sembra di essere il tipo adatto a compiere atti terroristici.

Conveniamo che è il caso di fuggire (io) da quel posto, non ho nessuna intenzione di morire domani!”

Kalashnikov

INTERPRETAZIONE

Ho sognato di far parte di un gruppo che deve fare un attentato terroristico nell’Est Europa.”

La protagonista percepisce la sua aggressività repressa e la giustifica condividendola con altre persone. Si tratta di una maniera diplomatica e indolore di esibire gli effetti psicofisici delle repressioni profonde che di tanto in tanto emergono nel cammino della vita sotto forma di insensata aggressività. L’attentato terroristico condensa la consistenza delle frustrazioni e della rabbia repressa. Denota, inoltre, l’assenza del controllo dell’Io e l’intensità della carica esplosiva. L’Est Europa è una predilezione della protagonista e racchiude cariche etniche di particolare efferatezza. Terrorista in sogno è colui che non usa il cervello nella gestione della sua aggressività degradata a causa della castrazione in acritica inumana violenza.

In realtà le giornate che si trascorrono con questo gruppo sembrano una specie di vacanza.”

Siamo in pieno disimpegno psicofisico e in buona compagnia, niente di violento e di proditorio. La protagonista sta rievocando materiale psichico sedimentato e in via di “razionalizzazione”. Quest’ultima non basta mai mentre si vive. Vediamo cosa riserva il prosieguo di questa vicenda umana e di questa carica tensiva in circolazione nei meandri della psiche.

Un giorno uno del gruppo mi si avvicina e mi informa che il giorno dopo sarei dovuta andare a fare questo attentato e che molto probabilmente non ne sarei uscita viva.”

La rabbia è tanta e non è più contenuta dai meccanismi e dai processi psichici di difesa. L’aggressività trasborda e deve essere scaricata. L’omeostasi è turbata e deve essere ripristinata. L’Io della protagonista delibera lo scarico e dispone alla bisogna ed è consapevole dell’intensità della carica in questione e in via di smaltimento.

Io, stupita, rispondo che non sono preparata, che non mi hanno istruita sull’uso delle armi.”

La protagonista è impreparata all’esercizio della sua aggressività, figuriamoci della violenza. L’Io è chiamato in causa ancora una volta e si dichiara impreparato a tanta evenienza e a tanta novità. La protagonista è alle prese con una questione esistenziale e relazionale adulta e connotata dalle stimmate della “prima volta”. Prima o poi bisogna cominciare in qualche modo a essere aggressiva anche per la necessità della difesa.

Parlo con il mio ex marito, anche lui parte del gruppo, e gli espongo le mie perplessità sul fatto che non abbiamo fatto nessuna esercitazione e che non mi sembra di essere il tipo adatto a compiere atti terroristici.”

Ecco la chiave dell’interpretazione e della questione. La protagonista sta rievocando la sua storia coniugale andata a male e con tutti gli annessi e i connessi di rabbia che ha maturato nel tempo e legati alla frustrazione della sua aggressività e della sua “libido” o carica vitale. Il suo ex è incapace come lei di gestire l’aggressività e l’espansione vitale. Entrambi non sono abili nel portare avanti progetti ambiziosi e ad alto tasso di investimenti di “libido”. La modestia del progetto di vita di coppia è in linea con la paura di espandersi e di prevaricare. La protagonista è chiamata a fare i conti con i suoi tentennamenti e le sue debolezze in riguardo alla carica aggressiva. Ripeto: dalla frustrazione della “libido” si genera l’aggressività e l’ulteriore frustrazione di quest’ultima traligna nella violenza acritica e senza compensazione deliberativa dell’Io. Insomma, a questa coppia mancava la giusta aggressività nell’affrontare la vita e i nodi esistenziali.

Conveniamo che è il caso di fuggire (io) da quel posto, non ho nessuna intenzione di morire domani.”

La protagonista e il suo “Io” sono in atto e la funzione deliberativa e decisionale sono intatte e richiamate nella scelta e nella messa in atto della migliore sopravvivenza. Questa coppia si è rotta a causa della gestione errata della componente aggressiva o per difetto o per eccesso. Non è proprio il caso di morire di rabbia. Meglio separarsi e riacquistare la propria autonomia e godere della propria indipendenza.

Questa è quanto dovuto al sogno di Kalashnikov.

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