
E arrivi tu,
crogiolo di urla in versi.
Parole di ovatta attutiscono la caduta nella fossa del leone.
Vorrei risalire,
ma ognuno ha i suoi demoni,
laggiù,
sul fondo del buio irrinunciabile.
Leggo.
Coraggioso capitolo folle,
spire di serpente,
abbraccio finale.
Scrivi come si respira,
dentro e fuori,
sangue rosso,
sangue blu.
Vene,
arterie,
vie di percorrenza di vite ordinarie,
straordinario narratore della bestia ancestrale,
guerra e pace,
fatica dell’amore.
Ti ho sognato,
eri proprio tu,
in veste prima d’uomo e poi di donna.
Potrei riconoscerti tra mille,
ogni invenzione appartiene all’inventore.
Spargevi il tuo seme,
ne raccoglievo una parte
e la montavo a neve
fino ad ottenere una spuma azzurra.
La assaggiavo,
il sapore era soffice come la sostanza.
Ti chiedevo
che città avresti voluto essere
se avessi potuto essere una città.
Rispondevi Pete.
Non sono mai stata a Pete,
dicevo.
Pensavo all’Australia.
No,
è nelle campagne emiliane,
spiegavi.
Ma Pete non esiste,
è solo un sogno,
solo una parola.
Le tue parole esistono.
Sabina
Trento, 20, 04, 2022