IPOTESI

Se il poeta non deve morire,

lo scrittore non deve tacere,

lo scrivano non deve vergare,

il ragioniere non deve contare,

il romanziere non deve raccontare,

il giornalista non deve testimoniare,

il maestro non deve insegnare.

Giovanni l’evangelista aveva ragione:

In principio era il Verbo.

La Scrittura è morta insieme a Dio

nei campi di sterminio moderni,

i media & i media.

La Grafia si trova nel camposanto dei geroglifici,

nella tomba del cuneiforme,

nel cimitero dei Segni.

Povero Umberto,

non il povero legomane,

il grande semiologo.

La Calligrafia è defunta,

defunse dopo gli uomini e le donne del Fascio dei combattenti,

dopo Concetto,

dopo Lucia,

dopo Paolo,

dopo Giuseppina,

dopo Ciccio,

dopo Ninetta,

colei che era intesa spimmuliddra per la sua magrezza,

per la sua anoressia, se gradite.

Oh, Madonna del Carmelo,

nessuno sa più scrivere,

nessuno sa più vergare,

nessuno ara alba pratalia

con il vomere arrugginito di Giosuè,

nessuno abbandona l’aratro in mezzo alla maggese

come si abbandona ancora oggi il sempiterno cane Bobby,

nessuno,

ti giuro,

nessuno,

mena i buoi per i campi di terra ammerdata,

possiede un menabò,

nessuno sa arzigogolare cum signis,

avec les signes,

con le volute,

con i fronzoli,

con le giravolte e gli archi,

con il Barocco e le baroccate,

con i broccoli e le acciughe tritate,

nessuno colora i muri di Margherita con secchi di vernice,

nessuno ha visto la neve dipinta

dai segni del sangue di mamma Graziella e del bellissimo Lello,

nessuno sa dirmi della spina nella carne

del contorto Soeren prima di lasciare Regina,

nessuno ricorda la circoncisione di Shlomo,

l’uomo della pace e della prosperità scientifica,

il segno nella carne di un bambino orgoglioso e inerme,

nessuno difende Dinka la bambina etiope

quando le vecchie vigliacche la infibulano,

nessuno ha difeso il piccolo Salvuccio dal graffio

del pennino intriso di tubercolina

in via dei Mergulensi al numero 23,

scuola elementare statale,

nessuno sa

che con la penna ci hanno spogliato della democrazia.

Tu scrivimi nel corpo,

dimmi chi sei

per sapere chi sono.

Fammi un tatuaggio futurista

dove le capre non mangiano i cavoli,

dove i giornalisti e i politici sono eterni bambini

in cerca di trofei e di macchinine di latta.

Madonna mia degli Angeli,

in questa piazza del Duomo

mi avete visto scolaro ogni mattina

al seguito di mio padre

e con una candela di sego

per il cuore immacolato di Gesù

da accendere nella chiesa ottagonale dei Gesuiti,

i seguaci di Ignazio,

il barbiere di via Savoia.

Imparai a scrivere senza leggere.

Così m’innamorai di Nina,

senza lettere e consonanti

per scrivere una poesia di sentimento e di sesso.

Eppure scrissi e riscrissi senza eleganza le orazioni,

con quel decoro degli innocenti,

con quell’estro del povero bambino

cresciuto all’ombra di un tozzo di pane nella mano destra

da salare con quattro olive nella mano sinistra.

Eppure,

ancora oggi io non so parlare d’amore.

Il professore Bruno Gioacchino al ginnasio

mi ha rimandato agli esami di settembre

proprio in italiano

e ha fatto bene,

aveva proprio ragione.

I segni sono una brutta cosa,

tanto meno in mano ai bambini.

Figuriamoci le parole nella bocca degli adulti.

 

Salvatore Vallone

 

Carancino di Belvedere 29, 02, 2022

 

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