
Ho atteso,
ho atteso le cinco de la tarde,
ho atteso sulla spiaggia giallastra di Avola,
ho atteso un punto nero all’orizzonte,
ho atteso.
Ho avuto il tempo,
ho avuto il mio premio.
Odisseo si è profilato in tutta la sua maestria
sul suo legno di nome Albachiara,
era insieme a Vasco e a Luca.
E’ approdato,
aveva in mano il tiopentone sodico,
voleva ripartire dignitosamente,
senza codardia e senza dolore,
non più al di là delle colonne d’Ercole,
ma sul suo vecchio bastimento di fasciame del Pireo.
Aveva in mano venti grammi di morte buona,
quella etica e democratica,
quella uguale per tutti,
nonostante i giudici e i politici.
Gli ho portato la focaccia allo sgombro di Ianuzzu Drago,
il pane con la mortadella di Bologna al pistacchio di Bronte.
Il suo ultimo desiderio è stato una fetta di strudel
della rinomata pasticceria trentina dei fratelli Menegazzo,
quella che dalla piazza dei fiori sbocca in via del vecchio macello.
Alle dieci de la noche ha preso il largo
puntando verso Scilla
con il desiderio di approdare a Riace
per salutare Mimmo,
il sindaco buono,
per riportare in Argo i bronzi di Tideo e Anfiarao,
il milite ignoto,
secondo pietas,
secondo il costume di Enea per il padre Anchise,
per gettare in mare una corona di alloro
in onore del vigile Palinuro.
Io sono rimasto felice sulla spiaggia desolata.
Io sono rimasto desolato sulla spiaggia felice
ad aspettare Bartali,
Ginettaccio,
il cagnaccio di Fausto,
quelli della bottiglia d’acqua condivisa e convissuta
prima della lotta.
Da quell’orizzonte,
da quella linea irrequieta spunterà il naso aguzzo del Giusto,
dell’Uomo che salvò gli Ebrei dalla inumanità nazista
senza dir nulla a nessuno,
senza menar vanto,
senza ahi e senza bai.
Questa volta andrà tutto bene.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere 12, 02, 2022