
Rubo i tuoi occhi
per guardare il tuo sogno.
Ritorno nei miei luoghi di diaspora
e mi appari.
Gerusalemme è distrutta
e io sono in fuga da sempre
per mantenere intatta l’acuta nostalgia di casa
– il desiderio è un amplificatore che suona musiche ancestrali –
Tu dove sei?
Non riesco a immaginarti morto.
La mia mente è un ripostiglio fitto di conversazioni e gesti,
il tuo volto ripetuto in tutte le espressioni,
un album di foto che sfoglio
come il salterio tra l’ora delle lodi e la compieta
– ma all’ora nona ti ho sentito gridare –
Ripercorro le nostre strade polverose
nelle ore lente del pomeriggio estivo,
ciuffi di erba sporca costeggiano i fossati,
rendendo disperato il paesaggio.
I miei passi risuonano solitari
e un’eco sorda rimbalza nella valle.
Tra le fronde argentate degli ulivi ti ravviso,
agiti la mano in segno di saluto,
la tua accoglienza è per me
e la mia felicità non sembra passeggera.
Abbiamo molto da dirci,
un confronto tra anime accese dalla furia della passione.
Tu ed io,
dall’infanzia all’incanutimento un’illusione composta in metrica.
Se fossi qui con me,
non avrei paura dei miei versi.
Sabina
Trento, 10, 08, 2021