
Ieri era un oggi di tanti anni fa,
un giorno magico da festeggiare
tra parole e silenzi,
sorrisi e risate,
ricordi e desideri,
nostalgie e tumulti.
Il cibo scorreva imperioso e burlone
sulla nostra tavola di rustico legno,
come i simboli migliori nelle poesie bellissime degli augusti poeti,
come le casse da morto dei poveri di spirito,
a ricordare le nostre identità di modesti figli di Zeus
che ricercano con desiderio pudico e immorale
quel quando saremo ancora insieme
a godere di un oggi presente e reale,
quello appena appena vissuto,
quello appena appena consumato,
un oggi consunto talmente vero e potente
da farci il bagno nelle giornate dell’ardente Agosto
nella baia di Brucoli putrida di turisti increduli,
sotto le stelle infami e invidiose,
sotto il solleone feroce e africano,
sotto noi due in cerca di sontuoso feeling.
Quante cose volevamo dire e fare prima di morire
per colmare le lacune
che il tempo bastardo
aveva infilato nella nostra povera memoria
tra il chi eravamo e il chi siamo,
noi,
sempre noi,
i figli di quelle luminose stelle
che da lassù, sornione, ci stanno a guardare
e da quaggiù, preziose, si lasciano ancora amare.
E mentre ti parlo,
le tue ceneri mute mi dicono di non disperare.
“Passi sicuri sui freschi sentieri,
parole nude dei nostri pensieri,
di memorie spente dal tempo
a fare la mente leggera.
Era ieri,
ma già ora è un altro dì
ad accusare la solitudine di tante ore,
dove gli occhi e il cuore
guardano ansiosi
a sperare altre nuove.
Attesa vana a volte pare,
ma tanta forza dice di non disperare
che la luce ritornerà.”
La luce ritornerà ancora domani,
ci sarà un altro giorno,
ci sarà un altro dì e un’altra notte,
ci sarà un altro sole e un’altra luna,
ci saranno ancora anche senza di te e senza di me.
Ma dimmi,
orsù e per sempre,
cosa ci fai alle otto del mattino e vestito di bianco
sul marciapiede della linda stazione di Conegliano,
proprio tu che da Augusta hai preso il treno per Roma
e vestito di nero?
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 19, 07, 2021