ODI ET AMO

a Gaio Valerio Catullo

Odio i tuoi seni piccoli e superbi
che sfidano il mio sguardo con i loro occhi scuri
e mi invitano a carezzarli
muovendosi sodi in dolce ritmo,
armonia d’amore in cerca di una carezza che sazia,
avvizzisce la carne,
spegne un desiderio che scende,
che scende,
che scende.

Amo i tuoi seni bianchi e superbi,
frutti di melograno fiorito,
semi fecondi della vita,
fiaccole calde nelle fredde notti
che spingono a premere il viso
e a spegnere il sano desiderio che scende,
che scende,
che scende.

Ora son belli i tuoi seni,
duri e larghi respirano con affanno,
si alzano,
più forti risorgono,
s’abbassano umili
e risorgono,
si dondolano
come la vita che equilibrio non conosce,
non conosce,
non conosce.

Son viscidi come olio,
morbidi di muschio,
tumidi,
rugiadosi,
rossi di piacere,
lacrime che non scendono,
acini di pregni grappoli
nell’amoroso settembre che sfronda
che sfronda,
che sfronda.

Odi et amo.
Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior,
excrucior,
excrucior.

Io non amo,
io non odio i tuoi seni.
Ormai hanno imparato a vivere,
a godere,
a soffrire,
a morire,
mentre raccolgo il frutto del tuo grembo acerbo,
o indomita Lesbia.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere, 10, gennaio, 2021

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