
TRAMA DEL SOGNO
“Zacca è testimone a un processo e va con il marito.
Davanti a lei quattro avvocati aspettano d’interrogarla.
Poi la chiamano e uno legge le generalità.
Si avvicina al bancone e un altro si alza e le si avvicina e prendendole il volto tra le mani controlla le ghiandole della gola.
Il cuore comincia a batterle più forte e l’avvocato, sempre con le mani tra il collo e la faccia, sembra stia aspettando che si tranquillizzi.
Lei allora pensa a cosa penserà il marito che è seduto alle sue spalle sul modo strano che hanno di controllare se si hanno oggetti pericolosi addosso.”
INTERPRETAZIONE DEL SOGNO
“Zacca è testimone a un processo e va con il marito.”
Il sogno di Zacca è un prodotto psichico surreale nella sua semplice cornice e ricorda le apparenti elucubrazioni di Kafka nel suo “Processo”. E’ una modalità d’approccio con se stessi e, nello specifico, con quella umana parte psichica che Freud denominò “Super-Io”, l’istanza morale e censoria che esige l’espiazione e la riparazione della colpa, la punizione e la condanna per tutto il male che nasce dal peccato originale, arriva alla “ubris” greca e si condensa nella persona di Ciccio Atanasio, un uomo qualsiasi che partecipa per essenziale connaturazione psicofisica al consorzio dell’umana pietà. Il “Super-Io” freudiano nasce dalla riflessione sul post grande Guerra, sugli eventi distruttivi e luttuosi della prima guerra mondiale, sull’afflusso nel suo studio di psicoterapia di uomini traumatizzati nel corredo psicofisico da episodi reali che si amplificavano nel ritorno a una impossibile normalità. All’antico e laico “principio del piacere” e al vecchio e sempre greco “principio di realtà” Freud associò, per completezza e “par condicio”, il “principio del dovere”, a cui far corrispondere un giudice togato e benemerito sempre pronto alla censura e alla condanna: il tutto in offesa all’amor proprio e al narcisismo.
Zacca in sogno istruisce il suo processo, il processo a se stessa e, nello specifico, a parti di sé affette da colpa e vissute come degne di condanna e di espiazione. Zacca porta come oggetto giuridico “il marito”, la sua modalità di vivere l’uomo con cui ha costruito la coppia e possibilmente la famiglia, meglio, la sua modalità di viversi in coppia e con l’uomo che a suo tempo ha scelto e concordato una serie di sensi e di sentimenti, nonché un progetto psico-esistenziale con tanto di banda e ricevimento nell’hotel grande della città di Acicastello. Zacca mette in discussione se stessa tramite la figura dell’uomo con cui si accompagna nel quotidiano esercizio del vivere, vaglia e valuta le sue scelte di allora in riferimento al presente. L’oggetto del contendere giuridico e processuale non è il marito, ma quest’ultimo è la “proiezione” della sua deliberazione e della sua scelta di allora, di quel quando il “principio del piacere” urgeva e presentava le sue istanze psicofisiche e il “principio di realtà” era fiero del suo “nihil obstat” alla richiesta di matrimonio.
Meglio di così non è possibile nelle umane traversie semplicemente perché al bene e al male non c’è mai fine qualitativa e temporale.
“Davanti a lei quattro avvocati aspettano d’interrogarla.”
La colpa è tanta e il caso è grave se servono “quattro avvocati” per l’interrogatorio del secolo, per giunta sono in attesa e tutti sul piede di guerra alla luce del fatto che sono “davanti a lei”.
Di quale mefistofelica colpa si è macchiata Zacca?
E quale inconfessato e inconfessabile peccato racchiude dentro e si trascina dietro?
L’istanza freudiana del “Super-Io” è chiamata in causa alla grande e con urgenza: la censura e la morale. Zacca nutre un senso di colpa altamente sostanzioso, se abbisogna di ingrandire il suo “Super-Io” in maniera sconsiderata. Oppure l’esagerazione è funzionale a qualche operazione di assestamento psichico dei vissuti di una certa qualità. La psicodinamica è intrapsichica e il prosieguo lo dirà o, almeno, si spera.
“Poi la chiamano e uno legge le generalità.”
Niente di grave, Zacca parte dal “chi sono io”, dalla sua identità psichica e quest’esordio è altamente positivo e lascia ben sperare sull’equilibrio psicofisico globale che il “Super-Io” potrebbe disturbare. Zacca converge su se stessa e richiama le sue energie migliori per non alienarsi e smarrirsi nei meandri dei codici e delle norme che governano la Legge psichica. Zacca si fa chiamare da quella “parte di sé” che inquisisce su se stessa in aderenza al codice di sopravvivenza e di mantenimento, nonché di ripristino dell’equilibrio psicofisico. Tutti ci chiamiamo, tutti abbiamo una parola per noi stessi, tutti abbiamo un verbo senza essere il Verbo. E’ strano il fatto che uno, un anonimo avvocato, legga le parole generiche che contraddistinguono l’individualità di Zacca. La lettura assume il tono ieratico di una divulgazione inquisitoria di fronte alla Legge altrettanto anonima e generica come l’ambiente e il tono del sintetico quadretto. Si può rilevare un complesso d’inferiorità, un senso d’inadeguatezza, una sindrome da soggetto di minor diritto o da figlia di un dio minore. L’atmosfera e l’umore versano nella tristezza e nella ristrettezza. Si spera tanto in un miglioramento del caso e del malato.
“Si avvicina al bancone e un altro si alza e le si avvicina e prendendole il volto tra le mani controlla le ghiandole della gola.”
Un avvocato che prende “il volto” dell’imputata ”tra le mani” per controllare le ghiandole della gola”, non si è mai visto nelle scene forensi, ma in sogno anche questo simpatico quadretto è possibile creativamente “figurare”, impressionare con immagini, allucinare con le tensioni. Insomma, Zacca si sta inquisendo da sola e in ottemperanza al rigore del suo “Super-Io” e si sta dicendo che le sue “ghiandole” sono da controllare in maniera severa e secondo la Legge, la legge di Zacca. Quest’ultima, fuor di metafora e di metonimia, si sta dicendo che la sua endocrinologia è entrata in crisi progressiva e che i motivi del suo severo giudizio sono rintracciabili anche negli effetti biologici del tempo crudele che toglie funzionalità e funzioni, come la procreazione ad esempio, nonché riduce le pulsioni erotiche e sessuali e riformula l’estetica in nuovi codici tutti da scoprire. Zacca si trova davanti la sua capacità endocrina e la sua immagine evoluta di donna. Questa operazione dialettica significa che Zacca sta attraversando un momento della sua vita in cui sta facendo i conti con l’invecchiamento, la menopausa, la perdita di fascino e di funzione procreativa. Le ghiandole non sono quelle della gola, i linfonodi, ma le ovaie. E non dimentichiamo che c’è un marito nel sogno come compagno interessato di viaggio: un valido riferimento della psicodinamica scatenata nella protagonista.
“Il cuore comincia a batterle più forte e l’avvocato, sempre con le mani tra il collo e la faccia, sembra stia aspettando che si tranquillizzi.”
Zacca è proprio alle prese con se stessa, è agitata nei sensi e nei sentimenti. Il “cuore” è simbolo di vita e di emozioni assolutamente neurovegetative, autonome e spontanee come le erbe dei campi all’esordio della primavera. Zacca è in preda alla libera azione del sistema neurovegetativo, obbedisce alle pulsioni dell’Es e l’Io non riesce a essere padrone in casa sua, non interviene a sedare lo scombussolamento emotivo della donna. Zacca è proprio sull’orlo di una crisi di nervi.
Ripeto e mi ripeto volentieri se serve a definire il conflitto intrapsichico in atto.
E’ in atto l’emersione dal Profondo psichico delle tensioni legate ai conflitti pregressi e non adeguatamente risolti a suo tempo e al tempo giusto, una “conversione isterica” che funge da “catarsi” del sistema nervoso in quanto scarica le energie accumulate e inespresse e riporta l’equilibrio dello psicosoma al meglio consentito nel momento in atto: “omeostasi”. La sede di questo materiale psichico irruento è l’Es, nonché il serbatoio naturale delle tensioni di tanta conflittualità. L’Io non riesce a svolgere la sua funzione di contenimento e di equilibrio psicosomatico, non può svolgere il suo compito importante di ago della bilancia tra la psiche che urge e il corpo che esprime. Oltretutto, il “Super-Io” di Zacca, “l’avvocato, sempre con le mani tra il collo e la faccia”, non sta infierendo nell’acuire con le sue dosi la forte reazione emotiva dell’Es, “il cuore”, attende bonariamente che si scarichi la tensione nervosa per poi presentare le sue credenziali e le sue istanze. Riepilogo questo breve trattato sul meccanismo psichico di difesa della “conversione isterica”: l’istanza psichica equilibratrice dell’Io non è riuscita a svolgere la sua funzione tra le istanze emotive dell’Es e le istanze repressive del “Super-Io”, tra le pulsioni e le inibizioni, nonostante la parziale e temporanea remissione dell’azione della censura superegoica. Ricordo ancora che “tra il collo e la faccia” albergano la testa-mente e il petto-affetto. Zacca è nel mezzo e cerca la sua virtù.
“Lei allora pensa a cosa penserà il marito che è seduto alle sue spalle sul modo strano che hanno di controllare se si hanno oggetti pericolosi addosso.”
“Pensa a cosa penserà il marito”. E’ questo il paradigma della psicodinamica paranoica, far pensare gli altri quello che noi stessi pensiamo, meccanismo psichico di difesa della “proiezione”, così diffuso e così delicato, così facile e così pericoloso. Per difesa ci si spoglia del proprio materiale psichico e lo si attribuisce agli altri, al marito nel caso di Zacca, un uomo che “è seduto alle sue spalle”, ma che è in prima fila nel ballo degli attori navigati e furbastri, almeno e sempre nei vissuti della moglie e della donna Zacca. La causa scatenante della psicodinamica conflittuale è decisamente la modalità di vivere il marito e a lui viene sacrificato il vitello d’oro dell’equilibrio psicofisico della nostra protagonista. Zacca non ha “oggetti pericolosi addosso”, Zacca non si vive come attraente e seduttiva, Zacca non è quella boma di donna che avrebbe voluto essere per il suo uomo. Ritorna la causa del conflitto, la valutazione severa che Zacca fa di se stessa in riferimento alle azioni del marito che assiste nello sfondo apparente, ma che è la causa scatenante di tanto impeto ritorto contro se stessa.
Cosa penserà il marito del tempo che è passato e ha lasciato i segni sul corpo, più che sulla mente, di Zacca?
Quale arma resta addosso a Zacca in questo drammatico frangente della sua vita?
L’intelligenza, l’intus-legere, la capacità di discernere e di adattarsi, l’intelligenza operativa, quella che si confa alle mille occasioni della vita e del vivere come risposta a se stessi in primo luogo e, soltanto di poi, agli altri, marito compreso.
Zacca si è controllata addosso e invece di scoprire le sue qualità interpretative, si è lasciata abbagliare dai beni effimeri della procacità e dell’avvenenza.
Un consiglio filosofico alla donna che non si sente più la gran “donna” di prima: “panta rei”, “tutto scorre”, dice Eraclito l’oscuro, dal profondo di quello che di lui ci è rimasto, la sintesi poderosa del suo complesso pensiero. E allora, carissima Zacca, lasciati scorrere addosso le ventate del tempo e addolcisci ogni mattina il caffè con tanto amor proprio. L’atarassia ti farà più matura e più bella.