GRAZIE ZIA !

TRAMA DEL SOGNO

“Ho sognato la zia che è mancata a gennaio che, con un aspetto più giovane e in forma, mi dava una piccola scatola dicendo: “Ne ho uno caldo per tutti i parenti”; si trattava di un piccolo panettone.”

Questo e così ha sognato Frisona.

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

La “zia” occupa da sempre e massicciamente l’Immaginario collettivo e viene rappresentata come una figura ambivalente, un familiare che non è poi tanto familiare e su cui si possono “spostare”, “traslare” e “proiettare” le pulsioni più disparate e i bisogni di ogni qualità, i propri “fantasmi”, le rappresentazioni primarie dell’infanzia ripescate e rafforzate durante l’adolescenza.

La “zia” appare come un palcoscenico di periferia su cui si può recitare a soggetto in ogni emergenza della vita psichica. Come tutti i “fantasmi” ha una “parte positiva” e una “parte negativa” e si giostra secondo gusto e a volontà nelle varie e variopinte vesti che può assumere un oggetto di per se stesso ibrido e multicolore.

La “zia” è il prolungamento della figura materna e come tale viene investita di virtù e di vizi, di valori e di disvalori, di sacro e di profano, di lecito e di illecito, di principi e di tabù.

La “zia” è un oggetto psichico polivalente e buono per tutte le stagioni della vita, una figura che soccorre il coraggio e la vigliaccheria, l’avventura e la trasgressione, l’amore e l’odio, l’imprevedibile e lo scontato. Spesso manifesta nel teatro delle passioni la veste psichica di una donna sorniona che è abbastanza parente e rasenta la legge del Sangue senza tingere di rosso le pareti della stanza come faceva Riccardo con Margherita.

La “zia” è, quindi, oggetto polivalente d’investimento di “libido”, riduce le angosce e aizza desideri, crea fantasie e desta pulsioni, compensa tutto il precario che si accompagna al senso della vita quando la riflessione traligna nella crisi.

“La “zia” accorre e soccorre di volta in volta e sempre in base ai bisogni psicofisici di chi la invoca prima del naufragio e della necessità di nuotare con le braccia e con le gambe nel gran mare della “storia” personale.

Ed è così che Frisona, una donna importante chiamata mucca pregiata, sogna la “zia” e a lei ricorre per “spostare” e “traslare” il suo piccolo e “caldo panettone” rigorosamente racchiuso in una “scatola” come quelli della rinomata pasticceria “Girlando” in quel di Avola di quel di Siracusa, la città più sporca del mondo dopo i sobborghi di Bogotà e Caracas, la città patrimonio dell’umanità dove le erbe e gli sterpi crescono spontanei e prosperano sui monumenti di qualsiasi età e cultura in grazie ai cittadini e agli amministratori e specialmente sul Barocco.

Bontà universale!

Dimenticavo: anche qualche fico è cresciuto sulla barocca pietra della chiesa della Spirito santo in Ortigia.

Ho sognato la zia che è mancata a gennaio che, con un aspetto più giovane e in forma, mi dava una piccola scatola dicendo:”

Della famigerata “zia” ho detto l’essenziale psichico e simbolico. Ricordo ancora che è un prolungamento della figura materna e che questa “traslazione” consente lo scarico delle pulsioni aggressive, di stampo sadomasochistiche e qualitativamente variabili come il tempo nel mese di aprile, che si sono accumulate nel corso dell’evoluzione e della formazione nei riguardi di una figura così massiccia e presente come la madre. Frisona si rivolge alla “zia” per non disturbare la madre, meglio per non disturbare il suo equilibrio rievocando e appellandosi direttamente alla madre, quella figura deputata alla sua identità femminile e quella persona a cui avrebbe voluto fare quelle mille domande e le altre mille che non sono mai uscite dalla sua bocca.

La “zia” è una nostalgia della “madre” nel caso di Frisona e di maternità si parla in questo breve sogno dal sapore tenero e confidenziale. Il fatto che la zia “è mancata a gennaio” è una perdita depressiva e un lutto che inducono i soliti sensi di colpa del sopravvissuto alla “malattia mortale” e quelli legati alle mancanze e alle omissioni in parole e opere, i peccati mortali della religione cristiana di cui recita ancora oggi l’atto di dolore. La morte della zia rende il sogno carismatico e affidabile, quasi degno di fede, pregno e foriero di una verità che viene da lontano, meglio, dall’Aldilà. Quest’ultimo può essere inteso come la regione psichica profonda di Frisona o come la regione variamente paradisiaca del dopo la morte. Per ingraziarsela la fa rivivere “con un aspetto più giovane” e la rimette “in forma” come nelle migliori tradizioni delle favole e dei racconti popolari.

A questo punto Frisona, la mucca più bella e dolce del mondo, rievoca il suo desiderio di maternità, più che il Natale in famiglia allargata, e lo condensa come una buona crema pasticciera dentro “una piccola scatola”, un dono della “zia” con cui condivide la dimensione psicofisica femminile e un bisogno ancora vivo e pulsante, dal momento che si presenta sulla scena onirica.

“Ne ho uno caldo per tutti i parenti”; si trattava di un piccolo panettone.”

“Un piccolo panettone”, oltretutto “caldo”, non è soltanto un simbolo dell’affettività, dal momento che si tratta di un oggetto che scatena la “libido orale” e il gusto di un dolce appetitoso, ma racchiude un feto da amare con tutta la forza del destino favorevole e avverso, contiene un figlio tanto ricercato e capriccioso. Il “piccolo panettone caldo dentro la scatola” è il vitellino della mucca Frisona, l’oggetto del desiderio materno proiettato nella Provvidenza di una “zia” pronuba come la greca Era o la latina Giunone e prospera come la greca Demetra e la latina Venere. Nell’esperienza vissuta in riguardo alla “zia” da parte di Frisona domina la valenza materna e la prospera possibilità di realizzare il desiderio di diventare madre. La “zia” è buona con “tutti i parenti” e in tal senso acquista i connotati della sacralità legata alla sua persona e alla sua morte: una buona madre e una giusta donna. Ricordo che la simbologia del calore, “un piccolo panettone caldo”, avvalora la vita e la vitalità e consente al dolce impasto di traslarsi in un embrione ben attaccato all’utero di una mucca desiderosa di mostrarsi una donna e una madre degna del regalo familiare e universale di una Madonna laica o di una Dea popolana.

Il sogno di Frisona contiene una nota lieve di ironia nella scelta del nome, una nota e prosperosa mucca della Frisia, e nella formulazione pacata e nostalgica di un passato vissuto in pieno con tutti i colori dell’arcobaleno e senza nulla ferire e con tutto da vivere: una donna che “sa di sé” e anche delle sue aspirazioni non sempre realizzate.

Il breve sogno di Frisona è la sana e composta allegoria del desiderio di maternità.

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