
TRAMA DEL SOGNO
“Ho sognato di trovarmi in coda alla cassa (denominata MESE nel cartello in alto) di un supermercato.
Passo la mia merce, ma il pacchetto di gomme da masticare cade nella vasca d’acqua in cui si è trasformato il ripiano della cassa.
Lo ripesco dicendo a chi mi sta vicino “spero che siano ancora mangiabili”, alludendo che l’acqua non era solo acqua, ma era mista a qualcos’altro.
In due vasi di vetro ho due lucertole-gechi.
Chi mi sta vicino mi dice di fare attenzione perché sono pericolosi.
Metto i vasi nel microonde e dentro, vicino alle lucertole, si accendono due piccole luci.
Mi ritrovo vicino al mio compagno sul divano che parla al telefono con una mia amica d’infanzia e le dice che mi chiederà di sposarlo.
L’amica al telefono chiede cosa ne penso io e dico forte “SI! SI! ma non ho l’anello di fidanzamento!”
E lei chiede se 3 dollari sono sufficienti per comprarlo.
Rispondo di sì.”
Patrizia
INTERPRETAZIONE DEL SOGNO
“Ho sognato di trovarmi in coda alla cassa (denominata MESE nel cartello in alto) di un supermercato.”
Patrizia è una donna come tutte le altre donne e che come tutte le altre donne mensilmente rende conto a se stessa della propria natura femminile. Il “supermercato” attesta simbolicamente di questa relazione sociale e di questa condivisione pubblica della modalità psicofisiologica di essere donna: il sangue mestruale, il chiaro segnale di una mancata gravidanza e l’inizio del nuovo ciclo. Patrizia si trova “in coda alla cassa”, non è una donna oltremodo affermativa e non ama esibirsi narcisisticamente, è una donna moderata e modica, compatta quello che basta e non ha bisogno di inutili esibizionismi. La sua natura psicofisica femminile è interessata alla realizzazione della maternità, per cui sta molto attenta al profilarsi del mestruo. Degna di nota è la “figurabilità”, l’uso del meccanismo onirico che serve a rappresentare in immagine grafica la questione in ballo, quella “denominata mese nel cartello in alto”. Non resta che proseguire con l’interpretazione del sogno per assolvere la curiosità di come Patrizia vive la sua dimensione di donna che aspira a diventare madre e a realizzare appieno la sua “libido genitale”, le potenzialità psicofisiche della sua “posizione psichica genitale”. Vediamo quali pendenze si possono presentare nella realizzazione di questo sano progetto esistenziale, personale e di coppia.
“Passo la mia merce, ma il pacchetto di gomme da masticare cade nella vasca d’acqua in cui si è trasformato il ripiano della cassa.”
Questa è una buona allegoria della “fecondazione”. “La mia merce” attesta simbolicamente degli attributi sessuali ed endocrini di Patrizia, “le mie cose” si dice in gergo a proposito del mestruo e compagnia cantante. La “vasca d’acqua” condensa la classica dimensione psicofisica femminile che va dalla anatomia alla funzione, dall’utero alle ovaie, dalla vagina alla mestruazione. Fondamentalmente è il grembo pronto alla fecondazione, per cui le “gomme da masticare” che cadono nella “vasca d’acqua” contengono tutto l’imprinting di un coito finalizzato alla gravidanza, contengono una pulsione organica alla fecondazione e un desiderio impellente di maternità. “Il ripiano della cassa “trasformato” esprime la forza di un potere quasi atavico e sacro come quello della Dea Madre e di ogni donna che di mestruo in mestruo attende la realizzazione della sua “libido genitale”, la maternità come congruo completamento anche dell’evoluzione psicofisica personale: la “posizione psichica genitale”, quella del dono e del farsi un dono, quella della condivisione e del riconoscimento benevolo dell’altro.
Una domanda si pone spontanea e azzeccata: perché Patrizia ha scelto la simbologia del “pacchetto delle gomme da masticare” per dare corpo al simbolo degli spermatozoi?
Il desiderio, che la fusione uovo-spermatozoo avvenga in maniera decisa e affermativa, è implicito nella scelta figurativa di una gomma da masticare che notoriamente si attacca con estrema facilità nelle varie superfici. Sintetizzo: il potere di donna che aspira alla maternità si esplicita nella “figurabilità” allegorica del capoverso in questione. Si spera in una prognosi fausta e in una realizzazione della pulsione e del desiderio di Patrizia in questo sogno che parla di maternità sin dall’esordio.
“Lo ripesco dicendo a chi mi sta vicino “spero che siano ancora mangiabili”, alludendo che l’acqua non era solo acqua, ma era mista a qualcos’altro.”
C’è qualcosa che non va. Le cose non girano per il verso giusto e non si capisce se si tratta dell’acqua o di quel “qualcos’altro” che si è mischiato all’acqua impedendo la realizzazione del progetto di maternità e l’appagamento del desiderio di fecondazione. Insomma, Patrizia è costretta nel corso della sua vita di donna a rivedere le sue manovre e ad attendere che il seme sia ancora buono per essere “mangiabile”, per dare la continuazione della vita all’uovo, per costituire un embrione a tutti gli effetti biologici. “L’acqua mista a qualcos’altro” è ambivalente e oscilla tra un esito positivo e un’evoluzione mancata. “Lo ripesco” attesta simbolicamente della volitività e della forza della donna che vuole diventare madre e che fa di tutto per la realizzazione della sua natura femminile “genitale”. “A chi mi sta vicino” indica il compagno e la parte maschile con tutti gli affetti e i sentimenti impliciti, ma può essere indizio di un aiuto tecnico di ordine medico. Il prosieguo del sogno lo dirà e chiarirà il contesto in cui Patrizia si trova a rievocare la sua esperienza vissuta di donna e di potenziale madre.
“In due vasi di vetro ho due lucertole-gechi.”
La fecondazione è andata a buon fine e si tratta di una fecondazione assistita. Patrizia rievoca chiaramente in sogno la sua esperienza di donna che si è fatta aiutare giustamente dalla Scienza medica per diventare madre. Le “due lucertole-gechi” rappresentano gli embrioni che sono stati realizzati tramite la fecondazione in vitro e che attendono di essere inseriti nel posto giusto, nell’utero di Patrizia per essere naturalmente portati avanti nella loro crescita dopo l’artificialità della fecondazione. Patrizia si è fatta prelevare due uova e li ha fatti fecondare, possibilmente con il seme del compagno, e adesso attende l’impianto nell’utero.
Quante donne ricorrono alla fecondazione assistita e quante donne hanno potuto grazie alla scienza e alla tecnologia biomedica dare ragione a se stesse del loro bisogno e del loro desiderio di maternità!
Tante, anzi tantissime e sicuramente più di quante noi immaginiamo. Patrizia si è sottoposta a questa lunga e dolorosa trafila per appagare la sua “genitalità”, la sua pulsione biologica e il suo desiderio psichico a diventare madre. Il meccanismo onirico della “figurabilità” provvede ottimamente a dare due “lucertole-gechi” al posto di due embrioni.
Meraviglia dell’umana naturale creatività poetica!
Procedere diventa umanamente interessante e si è indotti a fare il tifo per Patrizia e per la ricompensa della sua travagliata procedura psicofisica.
“Chi mi sta vicino mi dice di fare attenzione perché sono pericolosi.”
Volevo prima precisare che è possibile simbolicamente che Patrizia abbia in atto una gravidanza dizigotica, che abbia due embrioni in due placente e che il “vetro” sia il simbolo del grembo e dell’utero nel caso specifico, ma ho preferito la versione medica della fecondazione esterna “in vitro” e del successivo impianto proprio per il richiamo al vetro e alla visione diretta della combinazione “lucertola-geco”. In ogni caso siamo nel testo e nel contesto onirici di uno psicodramma che riguarda in pieno l’essere femminile e materno di Patrizia.
Torniamo al sogno.
Patrizia teme questo viaggio avventuroso verso la maternità e si circonda di alleati, “chi mi sta vicino”, medici e persone a lei vicino che inducono le giuste cautele e hanno le giuste premure verso una donna in piena crisi evolutiva e dal coraggio da vendere. Le “lucertole-gechi” hanno una loro delicatezza che li rende pericolosi nel senso della tutela della vita. Gli “embrioni” pongono anche un problema etico per gli operatori e per le persone interessate, oltre a essere un rischio per il personale medico. In qualsiasi situazione clinica si trovi Patrizia, questo stato comporta una certa pericolosità, quella di non avere un buon fine in tanta avventura psicofisica e di non portare avanti la gravidanza dopo l’impianto, quella di abortire per mancato attecchimento degli embrioni fecondati “in vitro”. Il sogno tratta un tema oltremodo importante e delicato per le donne che hanno bisogno di essere sostenute clinicamente per adire alla realizzazione della maternità. E sono tante le donne che con coraggio e determinazione ricorrono alla fecondazione “in vitro” e al successivo impianto nell’utero pur di essere madri. Lo stesso elogio non si può concedere al Legislatore italiano, visto che da tempo memorabile le donne sono state costrette e sono costrette ancora oggi a riparare all’estero per ricorrere alle cure dei sanitari del settore. La nostra patria è sempre in ritardo perché governata da bacchettoni, da incompetenti e da mercanti. Bando alle giuste polemiche e torniamo a dare conto a Patrizia del significato del suo sogno.
“Metto i vasi nel microonde e dentro, vicino alle lucertole, si accendono due piccole luci.”
L’impianto è riuscito e i cuoricini battono. La luce della vita si è accesa nel momento in cui “i vasi” sono stati messi “nel microonde”, gli embrioni sono stati inseriti nell’utero. Le operazioni di Patrizia sono descritte in sogno in maniera oltremodo tecnica per abbassare il livello delle tensioni da coinvolgimento diretto e per raffreddare l’evento attraverso il ricorso alla tecnologia. Il microonde è un utero tecnologico, non è una incubatrice, ma è lo strumento che porta avanti il processo vitale degli embrioni, “le lucertole”. Le “due piccole luci” rappresentano simbolicamente l’inizio della nuova vita. Prima erano in vita a livello di embrioni, adesso sono passati allo stato di feti. Questo passaggio è sottolineato dalle due piccole luci che si accendono. Il sogno di Patrizia sta procedendo nel suo registro simbolico in maniera logica e consequenziale senza perdere colpi e senza salti di senso e di significato. Passo dopo passo la donna sta rievocando esperienze a suo tempo vissute e che l’hanno particolarmente segnata. Il prosieguo diventa interessante per l’esito finale delle operazioni di fecondazione e di gravidanza.
“Mi ritrovo vicino al mio compagno sul divano che parla al telefono con una mia amica d’infanzia e le dice che mi chiederà di sposarlo.”
Il quadro cambia in apparenza perché coinvolge la parte maschile della coppia e il diretto interessato alla situazione, sempre nel vissuto di Patrizia: “mi ritrovo vicino al mio compagno”. In tanto travaglio psichico e in tanta avventura clinica la presenza dell’uomo è importantissima per la aspirante madre o per la donna che ha deciso di farsi aiutare nella realizzazione della maternità. Spesso il maschio è presente in maniera confortante e massiccia e in special modo se l’esigenza a diventare padre urge anche in lui, nel “compagno” steso “sul divano” che ha accettato di seguire la propria compagna in questa strada degna di umano interesse e di sociale comprensione. L’uomo si collega nei vissuti di Patrizia direttamente ai desideri della sua infanzia quando il desiderio di avere un figlio matura nella bambina prima che il corpo dia il suo consenso anatomico e ormonale. Lo sposalizio, “mi chiede di sposarlo” sintetizza il simbolismo della sessualità sublimata nelle istituzioni e consentita dal “Super-Io” individuale e sociale. In sostanza Patrizia rispolvera in sogno il tempo del suo dolce travaglio di bambina che si identifica nella madre e pensa alla possibilità di portare al massimo compimento la sua immagine femminile, magari dopo aver superato l’istanza “edipica” di avere un figlio direttamente dal padre, la figura inquietante che si ammira composta sul divano e al telefono nel quadretto considerato. Patrizia proietta sull’uomo, il compagno legalmente accettabile, il progetto di gravidanza e di maternità, completando in questo modo il disegno immaginato e ambito. Tutto è nella norma universale di una bambina che si pensa donna e madre dopo aver compiuto il viaggio “edipico” e dopo aver risolto le pendenze conflittuali identificandosi nella madre e lasciando il padre a migliore fortuna con la donna a suo tempo scelta: “riconosci il padre e la madre”.
“L’amica al telefono chiede cosa ne penso io e dico forte “SI! SI! ma non ho l’anello di fidanzamento!”
La bambina Patrizia ancora non è donna e non possiede la funzione genitale, “non ha l’anello di fidanzamento”. Questa è la conferma che il sogno verte sull’origine del desiderio di maternità, l’infanzia e dintorni. “L’amica” resta in sogno sempre una buona alleata per tirare fuori materiale psichico pregresso senza destare particolari angosce anche perché non sono state a suo tempo maturate. Si tratta, infatti, delle normali fantasie e dei normali desideri che una fanciulla elabora nel momento in cui accetta il suo essere femminile e si identifica al femminile nel femminile: la possibilità di avere un figlio è il coronamento della vitalità e anticipa la “sessualità genitale”, stare con un maschio e i doni dell’orgasmo. La bambina si pensa prima come la donna del padre, “posizione edipica, e di poi donna madre, “posizione genitale”. In questo secondo momento “l’anello di fidanzamento” si avvia a essere idoneo all’uso consentito alla legge del gruppo umano a cui appartiene. “L’anello” è il classico simbolo vaginale e condensa la funzione genitale in quanto porta d’ingresso del “regno delle madri”. Il “fidanzamento” è un tratto simbolico culturale in cui si chiede espressamente la funzione sessuale della donna, la sua vagina e la collegata capacità procreativa. L’assenso di Patrizia, immesso nel dire forte “Si, Si!”, attesta dell’avvenuta e compiaciuta adesione al mondo delle donne e al corredo genetico e genitale, mentre resta l’attesa della maturazione fisiologica dal momento che quella psicologica è bella e pronta. Ricapitolando, Patrizia è partita in sogno a rivivere i suoi travagli per una gravidanza assistita e si è ancorata all’infanzia per rievocare il tempo in cui è maturato il suo desiderio e la sua convinzione di essere donna e di poter avere un figlio. Il prosieguo è degno di interesse per capire anche le capacità taumaturgiche della funzione onirica nel compensare possibilmente un trauma con la dolcezza della storia personale di una bambina diventata donna a tutti gli effetti, ma che incontra difficoltà nel diventare madre.
“E lei chiede se 3 dollari sono sufficienti per comprarlo.”
Si presenta il valore venale, “3 dollari”, a conferma del costo dell’intervento per la fecondazione assistita, un costo notevole se effettuato all’estero in cliniche private e in paesi civili, sicuramente più del nostro. Il valore della maternità perde il suo arredo di nobili virtù e di sacrosanti impalcature e si fissa sulla quota di mercato americano, spagnolo, svizzero, inglese, svedese e chi più ne ha più ne metta in questa fiera delle ricerche della speranza di realizzare il diritto naturale della donna con l’ausilio della Scienza chimica e medica. “3 dollari” indicano la via americana per il recupero del desiderio di maternità e la successiva realizzazione, ma sono sempre cifre simboliche che attestano, sempre simbolicamente, della bambina Patrizia che racconta alla donna adulta e matura che tutto è in linea con l’evoluzione coraggiosa di un progetto che si può realizzare anche con l’artificialità di un aiuto dato alla funzione naturale della fecondazione. E così la “lucertola-geco” ha iniziato il suo viaggio verso la formazione di una futura vita umana. I misteri dell’embrione si sono disvelati nel sacro tempio delle Madri dopo essere passati dalle altrettanto sacre mani dei mercanti. La Vita non guarda fortunatamente questi particolari e trionfa in ogni modo, in Patrizia e in tutte le donne che con coraggio hanno lottato e lottano per il loro diritto alla maternità senza ostacoli morali e politici, religiosi e culturali. Di dollari ce ne vorranno quanti ne richiederanno, ma il principio trionfa sempre grazie alle lotte dell’universo femminile che sul suo corpo paga il coraggio di dare adito alla sua natura e all’identità psicofisica acquisita. Questo è l’ampio significato simbolico dello “anello” e anche quello di fidanzamento rientra in questo settore dell’oreficeria e dei meravigliosi gioielli che soltanto una donna sa e può fare con la gravidanza e il parto: la maternità. Ecco perché nel concludere il suo sogno Patrizia risponde di sì.
“Rispondo di sì.”
Tutto ok!
Questo è quanto si è potuto trarre dal sogno di Patrizia, una questione attuale e molto combattuta con alterne vicende, dal momento che il fattore venale disturba e inquina il fattore etico e filogenetico. In un paese veramente civile la tutela e la profilassi della donna e della maternità devono essere i pilastri della cultura e dell’evoluzione storica del popolo, prescindendo dal fatto che si tratta di temi universali che travalicano gli Appennini e vanno a finire nelle Ande passando da Cefalù e finendo a Dubai.
Patrizia ha risposto di sì e ha tradotto nel sogno il suo coraggio e il suo travaglio di donna che vuole realizzare ciò che desidera sin da bambina.
Patrizia ha risposto due volte di “sì” e ancora “sì”, uno per la bambina, l’altro per la donna.