“LA VOSTRA MENTE SARA’ MIA”

TRAMA DEL SOGNO

“Sono con lei fuori da uno stadio e c’è tanta gente.

All’improvviso un tipo scavalca tutti e lancia in aria un oggetto simile a un sasso o una macchinina e comincia a urlare “la vostra mente sarà mia”.

Dall’oggetto escono un odore pungente di zolfo e una luce intermittente. L’odore è forte e fastidioso.

Cominciamo a scappare verso l’auto e potevamo farlo anche prima perché forse la partita era finita.”

Questo è il sogno di Mariotto.

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO

Il sogno di Mariotto pone il tema della possessione mentale, della suggestione e della psicoastenia, della soccombenza e della dipendenza psichica. Potevo titolarlo “il mago”, “l’illusionista”, “l’ipnotista”, ma ho preferito riportare le sue parole in onore al simbolismo che Mariotto immette nel suo lavoro onirico. Il sogno è breve, ma è ricco di contenuti e conflitti di uno spessore psichico importante.

Procedo con ordine.

Sono con lei fuori da uno stadio e c’è tanta gente.”

Mariotto socializza ed esibisce la sua “lei”, la sua donna, ma la confusione è in agguato, lo “stadio” e la “tanta gente”. La minaccia degli altri si profila come un pericolo per l’equilibrio individuale e della coppia. Mariotto non è geloso, non è affetto dal maledetto sentimento della gelosia, teme di restare solo e di perdere il suo ruolo e una parte della sua identità psicofisica maschile. “Lei”, l’uso del termine “lei” è di un anonimato unico, tratta della paura di Mariotto, è la “proiezione della sua paura di valere troppo poco per essere socialmente considerato. La “gente” è minacciosa anche soltanto nell’esserci, non è protettiva e rassicurante. E poi è “tanta”, troppa per un Mariotto in debito con se stesso e con gli altri, con un uomo che sta con una “lei”, una donna di turno e dal sapore di trofeo e di possesso, a discrezione del proprietario. Una frase breve è densissima di significati, a testimonianza che il meccanismo della “condensazione” è fenomenale perché contiene tutte le possibili associazioni che colui che sogna ha elaborato nel tempo su quel tema. La “condensazione” consente il coagulo simbolico di tante catene associative che si riversano a macchia d’olio sulla tela onirica.

All’improvviso un tipo scavalca tutti e lancia in aria un oggetto simile a un sasso o una macchinina e comincia a urlare “la vostra mente sarà mia”.”

Ecco il punto centrale del sogno di Mariotto: “un oggetto”, la “cosa” di Lacan, la parte inconscia che Mariotto è riuscito a “condensare” e a “proiettare” in questa sua “cosa”. Questa sua “cosa” non resta inconscia perché, subito dopo e non certo stranamente, Mariotto va a dire, a disoccultare. Infatti procede nel dare parola alla sua “cosa” attraverso il discorso simbolico del sogno. Questo è anche l’effetto benefico e terapeutico del sognare e del sogno. Siamo pervenuti alla prevaricazione mentale. Il “tipo” rappresenta la parte trasgressiva e manipolatrice di Mariotto, il “sasso” rappresenta la sua freddezza affettiva, la “macchinina” ha una valenza sessuale di poco valore. Mariotto vuole una manipolazione sessuale senza affetto e il potere di gestire e di non essere gestito. La dialettica relazionale è risolta in maniera individuale e narcisistica. L’altro, meglio l’altra, non esiste. Mariotto ha in mano il bandolo della matassa e “scavalca tutti” con i suoi giochetti illusionistici e con le sue manovre ipnotiche. La freddezza emotiva e affettiva contraddistinguono anche la sua vita sessuale, mentre il narcisismo traligna nel bisogno di potere sugli altri in gloria di se stesso. Mariotto avverte di non essere padrone in casa sua e di non controllare i suoi bisogni di protagonismo, per cui proietta questo deficit psichico nella mente degli altri. Opera la strategia politica del cuculo, usurpa i nidi altrui, vuole le menti degli altri: “la vostra mente sarà mia”. Attraverso il potere, degenerato in prevaricazione, Mariotto esprime tutte le sue precarietà psicofisiche, tutti i conflitti con se stesso e con gli altri, le sue modalità mentali di viversi e di difendersi, i suoi bisogni affermati e negati nello stesso tempo, la sua onnipotenza in difesa dell’angoscia d’impotenza. Il suo bisogno degli altri è talmente forte e urgente da disconoscere il marasma psicologico suddetto. Eppure, Mariotto si compensa in questa maniera e secondo questa strategia ipnotica di potere, esprimendo il suo desiderio e il suo inganno. Manca a Mariotto la consapevolezza di questo suo “status” psichico, per cui agisce e opera, di conseguenza, come se fosse il re dell’autonomia psicofisica e il cagone di turno nella fiera delle vanità di Pordenone.

Dall’oggetto escono un odore pungente di zolfo e una luce intermittente. L’odore è forte e fastidioso.”

Dal suo Inconscio, che tanto inconscio non è, dal suo “oggetto”, dal materiale psichico proiettato, dalla sua “cosa” appare la sua repellenza, vede la luce il rifiuto di Mariotto per se stesso e in manovra di allontanamento degli altri. Appare il suo personale segnale di pericolo. Mariotto non si accetta e si segnala da solo come parte socialmente infetta, come persona indegna di relazionarsi e da rifiutare. Non aspetta di essere rifiutato e respinto dagli altri, fa tutto da solo, gioca d’anticipo ed esercita questa manovra di distacco e di deterrenza attraverso l’acre e fastidioso odore, la puzza sociale di “zolfo” che funge da salvezza dagli altri e da solitudine interiore acquisita. La “sindrome dell’indegnità” è talmente forte in Mariotto che viene proiettata negli altri e riacquisita come proprietà privata, è talmente assimilata che è breve il sollievo di una possibile alienazione. La paranoia gli dice che sono gli altri che non lo accettano, ma la verità esige che sia proprio lui “in primis” a non accettarsi e a non essersi mai accettato. L’odore dello zolfo simbolicamente dispone per una disabilità e per un deficit fisico, un handicap che Mariotto non ha mai fatto suo e razionalizzato a dovere, che magari si è fatto andare come buono ma che alla fine ha sempre rifiutato. Il fastidio verso se stesso è forte e pungente, mentre la luce intermittente segnala la presenza di un soggetto da rifuggire. Peggio di così, credetemi, non poteva andare. Eppure il sogno non mente e non può mentire perché è coperto dal simbolismo e conferma quanto dentro di noi siamo crudeli con noi stessi invece di amarci e di prenderci amorosa cura del nostro destino di uomini e di viventi.

Cominciamo a scappare verso l’auto e potevamo farlo anche prima perché forse la partita era finita.”

Mariotto si allontana dalla gente perché la vive minacciosa e insieme alla sua anonima “lei” è in fuga dalla sua parte sessuale, la sua “auto”, la sua parte neurovegetativa, i suoi istinti, le sue pulsioni, i suoi bisogni, i suoi desideri. Non c’era partita tra lei e lui semplicemente perché lui, Mariotto, ha deciso così, ha scelto di non coinvolgersi e di non rischiare per difendersi dall’angoscia del rifiuto di se stesso da parte sua e non da parte di lei. Finché Mariotto può dire a se stesso che sono gli altri e le altre che non lo vogliono, può procedere nella sua vita con il complesso di Calimero, ma la tragedia inizia nel momento in cui ha a che fare con la sua angoscia e con il suo pregiudizio, la sua auto-prevaricazione, la sua psicoastenia, la dipendenza psichica dalle sue resistenze ad accettarsi, le sue illusioni suggestive e le sue fantasie d’impotenza e d’incapacità. Mariotto in questo quadro psicodinamico conferma di essere fermo e bloccato alla “libido fallico-narcisistica” della “posizione psichica narcisistica”, per l’appunto. Sembra un paradosso, ma in effetti a ben pensarci è evidente l’eroe negativo che Mariotto ha disegnato di sé nel suo sogno. La “libido genitale” della “posizione psichica” omonima è salvifica, ma è ben lungi da venire finché l’odore di zolfo impregna l’aria che lo stesso Mariotto respira.

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