FUORI DI TESTA

I DATI

Il programma è “Fuori dal coro”.

Il conduttore è il metamorfico e sonoro signor Giordano.

L’inquisito è l’elegante signor Feltri, il direttore di “Libero”, il giornale del solito noto.

Il canale è “Rete quattro” del Gruppo Mediaset.

Con queste semplici note è stato scritto tutto quello che serve per capire.

A buon intenditor bastano poche parole, ma voglio procedere per onorare l’analisi di un obsoleto e ricorrente episodio d’avanspettacolo in cui c’è tanto ancora da capire. La semplice scenetta tra il conduttore e il direttore affonda le sue radici metodologiche, pensate, pensate, udite, udite, nella Storia, nella Cultura, nella Filosofia, nell’Antropologia, nella Giurisprudenza, nella Psichiatria, nella Psicoanalisi, nella Letteratura e sicuramente in altro e in tanto di altro che per il momento non si evidenzia.

LA SCENETTA

Il contenuto del dialogo tra i due galantuomini, oltretutto ricorrente e artefatto, non è da considerare in modo assoluto nella tesi finale della quasi “inferiorità del meridionale”. E’ da tempo che i due compari operano settimanalmente sceneggiate maligne contro le persone che vivono come nemici culturali e politici: ad esempio, il giochetto demente sulle definizioni malevoli da dare a persone del panorama socio-politico del passato e del presente che in qualche modo disturbano i loro infingardi desideri. Quest’operazione perversa viene fatta in onore all’abilità di sintesi del mega direttore. Ma non basta, perché il povero signor Feltri è stato “protagonista” non soltanto nel programma dell’allievo signor Giordano, ma anche nel programma “CR4 – La Repubblica delle donne” gestito dal signor Chiambretti. La superficialità e il turpiloquio gratuito su provocazione del conduttore anche in questo caso sono i fattori comici emersi dall’ignaro direttore Feltri, sempre compiaciuto di aver pisciato fuori dall’orinale. Trascuro la misoginia e l’omofobia esternate gratuitamente e maldestramente ai quatto cantoni televisivi e tanto per il gusto di una amara risata. Non basta ancora, perché, sempre su “rete quattro”, un marchio di fabbrica e una garanzia d’immarcescibilità, il direttore è immancabilmente presente nel programma “Stasera Italia” condotto da una incredula e annoiata signora Palombelli in associazione nel fine settimana con un’altra giornalista, la pimpante signora Veronica Gentili per la precisione.

Analizziamo la scenetta inquisita.

Il video esordisce con la delirante fandonia del posteggiatore abusivo in quel di Napoli e del rifiuto della sua gente e della città da parte del direttore. Prosegue con la domanda provocatoria dell’allievo conduttore sull’accanimento contro la Lombardia da parte degli italiani in generale. Il signor Giordano dice del loro preteso godimento sulle varie magagne evidenziate dall’avvento devastante della pandemia. Il direttore risponde adducendo con sicumera i sentimenti dell’invidia e della rabbia dei napoletani e dei meridionali, nonché dei loro animi eccitati contro il puro universo lombardo, puro nelle imprese e nella razza. In effetti, si tratta di una naturale “proiezione” dei loro vissuti e dei loro sentimenti su gente ignara e ignota. Quella è tutta farina del loro sacco e del loro gratuito sarcasmo. Segue l’affermazione darwiniana dell’inferiorità generica dei meridionali dopo la mancata fede e la mancata concessione del complesso d’inferiorità di junghiana codificazione. A questo punto il furbetto allievo di cotanto maestro si rende conto che ha sortito l’effetto preparato e allora inscena una risibile mezza pantomima a rimprovero del direttore, il quale non trova di meglio che concludere con un doppio “chi se ne frega se t’arrabbi, chi se ne frega se t’arrabbi”.

Questo è qualcosa di un quanto ed è tanto, tanto di brutto e di osceno.

In questo siparietto insano spicca sempre e in maniera determinante la risatina da presa per il culo del compare Giordano, il solito giornalista ormai da tempo improvvisato e promosso dai capoccia mediaset presentatore diverso dagli altri e dai contenuti degli altri, “fuori dal coro” per l’appunto. E’ questa la chiave di lettura della psicodinamica, la risatina provocatoria e canzonatoria che segue alla domanda che attendeva quella risposta, nonostante la meraviglia e il finto rimprovero del povero presentatore. Il reiterato e ulteriormente precario “chi se ne frega” del povero direttore conclude e chiarisce la scenetta programmata e andata a buon fine con la pace del gatto e della volpe. Il giornalista Giordano si è dato tanto da fare e da tutte le parti per avere l’attenzione dal potere e finalmente ha trovato il teatro giusto per il suo assurdo cabaret, uno spettacolo pericoloso perché veramente “fuori dal coro”, perché veramente “fuori di testa”. Valga per tutte la dinamica ricorrente del signor Giordano che, parlando con se stesso e ripetendo le stesse parole in maniera ossessiva, va reiteratamente verso la telecamera per battervi contro la testa. E’ questo un rituale psichico che la fenomenologia schizofrenica esegue contro il muro quando la persona non sa gestire l’angoscia prodotta dalle sue ritornanti idee. Adduco anche il gridare osceno con toni da voce bianca del coro diretto dalla maestra di canto dello Zecchino d’oro, nonché il rivolgersi ai suoi degni compari, i tanti giornalisti del grande capo e i tanti politici sempre del grande capo, tutta gente dell’avanguardia culturale, chiamandoli in sostegno di tanta squallida indecenza. E sono tanti i personaggi che frequentano il locale notturno a suon di scadente cabaret e di coreografie infantili e assurde ideate per il grande conduttore.

Un punto, soltanto un punto fatto di tanti punti vorrei toccare, quello che mi compete e mi attizza, in difesa del direttore e in accusa del presentatore. La “psicodinamica” del signor Giordano, giornalista, con il signor Feltri, direttore, meglio “contro” il signor Feltri, è una “psicodinamica” che si snoda secondo le coordinate della primaria e arcinota “circonvenzione d’incapace”.

Vado a elencarle e procedo in sintesi chiara invitando i marinai ad allargare i riferimenti toccati e ad approfondirli per una migliore comprensione della complessità della questione e del canovaccio recitato dal gatto e dalla volpe o dall’anatra e dal coniglio. Lascio la scelta al vostro buon cuore.

DE INHABILIS CAPTATIONE

La “psicodinamica” è contemplata dal Codice penale italiano all’articolo 643, la “circonvenzione d’incapace” che condanna chiunque che, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato di infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta e inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito.

La “psicodinamica” è inserita nel dizionario di Psichiatria alla voce “psicosi endogene” e alle voci “schizofrenia simplex”, “ebefrenica”, “catatonica”, “paranoide”, “maniaco-depressiva” o semplicemente “demenza presenile e senile”.

La “psicodinamica” è descritta dalla Psicoanalisi secondo i seguenti “meccanismi di difesa” dall’angoscia: la “proiezione e introiezione”, “l’identificazione proiettiva”, la “scissione dell’imago”, la “scissione dell’Io”, “l’intellettualizzazione”, lo “spostamento”, il “capovolgimento”, “l’acting out”. Non sto a spiegarli per il momento, ma mi riservo di farlo quanto prima.

La “psicodinamica” richiama la Psicologia analitica di Karl Gustav Jung e nello specifico la teoria del “complesso d’inferiorità”.

La “psicodinamica” rievoca la tesi filosofica della “esistenza banale” di Martin Heidegger nel suo “Essere e Tempo”.

La “psicodinamica” chiama in causa Charles Darwin e la sua “Origine dell’uomo e la selezione sessuale”, Nel 1871 si profilarono i Primati superiori come antenati dell’uomo.

La “psicodinamica” evoca le basi metodologiche e le teorie psichiatriche di Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, sui criminali per nascita e per anomalie anatomiche e ataviche. In sintesi gli uomini sono diversi tra loro per razza e per conformazione corporea.

La “psicodinamica” dei due compari appartiene al Teatro popolare ed è recitata negli anni trenta, quaranta e cinquanta nei teatrini d’avanspettacolo delle periferie romane e napoletane da compagnie di attori bravi e attrici bravissime, tutta gente di buona volontà.

La “psicodinamica” è frequente nei film di Toto e Peppino, al secolo Antonio De Curtis e Peppino De Filippo, e nei copioni del Neorealismo italiano. Gianni e Pinotto, i fratelli Guido e Giorgio De Rege, i siciliani Franchi e Ingrassia fanno degna corona ai suddetti.

La “psicodinamica” è presente negli anni sessanta e viene recitata negli studi della radio audizioni italiane, RAI, negli sketch di Pappagone, al secolo Peppino De Filippo, durante le trasmissioni del sabato sera. Ricordo i tormentoni verbali di questa contingenza storica e culturale: “ecchequà”, “aglio fravaglio fattura ca nun quaglia ca pariccia e ca paraglia”.

La “psicodinamica” è un cavallo di battaglia teatrale del commediografo latino Plauto in specie nel “Miles gloriosus”: un certo Pirgopolinice, uno spaccone e un vanitoso, viene deriso dall’interlocutore di turno.

La “psicodinamica” risale alla Fabula atellana e alle maschere di queste antiche farse: Pappus il vecchio babbeo, Maccus il ghiottone, Bucco lo smargiasso, Dossennus il gobbo scaltro che si spaccia per sapiente, tutte maschere per tutte le stagioni e utilizzabili in tutte le stagioni.

La “psicodinamica” evoca Leonardo Sciascia e si istruisce ne “Il giorno della civetta” per bocca del padrino mafioso, nel brano in cui gli uomini sono divisi in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaraquaquà.

La “psicodinamica” richiama la tesi elaborata da Franco Fornari nel suo “Psicoanalisi della guerra”, uno studio psicoanalitico del 1966 che contiene la tesi della guerra come “proiezione paranoica del lutto”, successiva all’uccisione del capo. I nemici vanno combattuti: chi dice male della Lombardia e dei Lombardi va aggredito.

La “psicodinamica gruppale” di Diego Napolitani viene richiamata nel contenimento dell’angoscia di morte attraverso il potere e l’esercizio dell’esternare a qualunque costo e su provocazione derisoria. Queste persone non si evolveranno nel dolore per tutto quello che poteva nascere in loro e che non ha visto la luce e neanche nell’evoluzione maturativa dell’esercizio del simbolismo per curare l’angoscia di morte. Si tratta, purtroppo, di persone sole e prive del sentimento della “pietas”, senza i sentimenti della condivisione e della compassione, pieni di “rabbia” e di “invidia” anche se hanno fatto i soldi e possono comprarsi le camicie bicolori e le cravatte firmate. Sono persone a cui non resta altro che dire “chi se ne frega, chi se ne frega!”

La “psicodinamica” dei leader e delle masse, studiata dalla Sociologia, si coglie nell’interazione dei “pupi” e dei “pupari”.

La “psicodinamica” contiene ancora tanto altro e tanto di altro, non è una semplice scenetta da televisione commerciale in cerca di inoculare nuovi marchi, tutt’altro! Si tratta di una scenetta che tenta di inoculare suggestioni ideologiche retrograde e politiche reazionarie. Ma i “pupari” e i “pupi” tutto questo non lo capiscono e sparano all’impazzata su milioni di italiani in una contingenza psichica collettiva a dir poco tragica: più di venticinquemila morti e la metà sono persone anziane decedute negli ospizi in onore al genio di quegli uomini eccezionali e nietzschiani, quegli esseri superiori e privilegiati che non hanno niente da condividere con Napoli e il Meridione e tanto meno con i posteggiatori abusivi della piazza del Plebiscito.

A cosa è servito affacciarsi al balcone e cantare l’inno di Mameli in preda all’angoscia di morte?

Ma io ci credo ancora e mi affaccerò dalla finestra con la mia bandierina tricolore da sventolare con la gioia immensa del mio bambino dentro e la felicità celeste del pensiero simbolico.

Ai marinai va l’approfondimento delle varie “psicodinamiche” e la libera scelta della più soddisfacente, ma non certo esaustiva.

Non a caso posto questo articolo nel settantacinquesimo anniversario della Liberazione dal Nazifascismo.

Viva i Partigiani !

Viva l’Italia repubblicana e democratica !

Viva Tina Anselmi, Sandro Pertini, Antonino Schiavone, mio zio, e tutti quelli che hanno resistito alla furia inumana nazista e fascista !

Viva la Resistenza !

Salvatore Vallone,

nato a Siracusa nel 1947,

ha postato in loro onore e a loro perenne memoria

Pieve di Soligo (TV), sabato 25 del mese di aprile dell’anno 2020

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