UN MOMENTO DI CRESCITA

“Volevo chiederle se ci può aiutare con il sentimento d’angoscia che prende in alcuni momenti chi, come me, non può vedere il figlio, la mamma, il compagno.

Io sono sola in casa, faccio mille cose, mi sono data dei programmi e nuovi interessi da curare, ma in alcuni momenti mi sento sopraffatta.

Sembra assurdo, sembra di vederli al di là di un vetro, ma non posso afferrarli. Se fossero in viaggio e il virus non ci fosse, sarei tranquilla.

Quali e quanti fantasmi aleggiano in queste giornate lunghe?

Penso alla guerra, penso che siamo immensamente più fortunati, penso che forse qualche lettura potrebbe aiutare.

Può suggerire qualche titolo?

La ringrazio tanto e facciamo di questo momento un momento di crescita.”

Mariella

Comincio dalla fine.

“Facciamo di questo momento un momento di crescita.” Sarà necessariamente così e al di là della nostra espressa volontà e adesione. Siamo tutti toccati dalla Morte, dalla possibilità di essere infettati dal virus e di morire. Thanatos ha bussato alla nostra porta e noi non dobbiamo aprire, dobbiamo tenerla chiusa e restare in casa insieme a Eros. Dobbiamo volerci tanto bene e voler altrettanto bene a quelli che sono nella stessa barca, familiari e non, sicuramente persone non estranee perché condividiamo lo stesso drammatico momento storico.

Riprendo dall’inizio.

La Psiche individuale non fa distinzione tra le gradazioni della paura o dell’angoscia. La Psiche riceve un messaggio di fine e di distacco e si appresta a elaborare questo materiale depressivo in base alla sua organizzazione, alla sua formazione, alla sua struttura evolutiva. Ogni persona reagisce in base a come si è formata ed evoluta, in base ai suoi traumi e alle sue esperienze vissute. Di conseguenza, la paura della morte o l’angoscia di morte sono modulate secondo la tipologia di “organizzazione psichica”: a prevalenza orale, anale, fallico-narcisistica, edipica, genitale.

Questo è il processo della Psiche individuale.

La Psiche collettiva è colpita dallo stesso messaggio di morte ed elabora la paura e l’angoscia stemperandole con il vissuto della condivisione. Da un lato la paura e l’angoscia hanno un’intensità inferiore, dall’altro lato si colorano delle tante caratteristiche sociali che vengono comunicate e immesse nel circuito psichico.

Siamo tutti chiamati a elaborare i nostri vissuti individuali e collettivi. I primi, come dicevo prima, riguardano i tratti della nostra formazione psichica come nel caso di Mariella, i secondi si amplificano e perdono una parte delle loro caratteristiche imbevendosi della panacea sociale. All’aumento della quantità corrisponde una riduzione della qualità. La paura e l’angoscia si annacquano proprio allargando i loro confini. Questa è la bontà terapeutica della condivisione, del mal comune che è un mezzo gaudio, della consolazione di vivere insieme emozioni e tensioni, sensazioni e sentimenti, riflessioni e ragionamenti. Questa paura e questa angoscia non sono soltanto dolorose e drammatiche, ma hanno una valenza “etica”, tendono al Bene individuale e collettivo proprio perché sono socializzate e accrescono il senso di appartenenza e di condivisione. L’Etica usa gli schemi culturali accessibili alla massa e, quindi, maggiormente comprensibili e facili da tradurre in atto. Se poi questi schemi sono emotivi, l’effetto di aggregazione è immediato e maggiore. Questa è l’Etica collettiva.

L’Etica individuale è più complessa e sofisticata proprio perché riguarda le sfaccettature personali e la storia irripetibile di un singolo. L’angoscia di Mariella riguarda, a conferma di quello che dicevo, il non poter vedere “il figlio, la mamma e il compagno”, verte sulla sua solitudine e sulla lontananza degli affetti più cari, riguarda l’assenza di soggetti investiti da “libido genitale”, dal sentimento d’amore, insomma. La permanenza in casa scatena in Mariella il suo conflitto affettivo, il “fantasma di morte” scatenato dal “coronavirus” si colora d’affettività, del tratto “orale” caratteristico di Mariella. E’ come se dicesse a se stessa: “vedi, devo amare di più e meglio, devo esternare di più i miei sentimenti, non devo trattenermi nel comunicare l’affetto che mi lega a loro, non devo avere conflitti inutili da portare avanti con risentimento e tante meno con astio, devo amare meglio mio figlio, mia madre, il mio compagno, devo coinvolgermi di più e soprattutto esprimere con atti e parole quello che sento.” La madre Mariella vuole proteggere il figlio, la figlia Mariella vuole proteggere la madre, la donna Mariella vuole proteggere il compagno. Quando Mariella immette questo suo materiale psichico nel sociale, si rende conto che è nella stessa barca affettiva e allevia la sua paura e la sua angoscia perché le vede condivise. Le sensazioni dolorose sono sublimate nella consapevolezza del bisogno di amare e nel desiderio di essere amata. Questa “coscienza di sé” è originata dall’insoddisfazione della sua carica affettiva e dei suoi investimenti sentimentali. In alcuni momenti Mariella si sente sopraffatta da quella che vive come una sua incapacità a lasciarsi andare nella cura e nell’esibizione degli affetti. “Vederli al di là di un vetro” e non poterli afferrare è il conflitto di Mariella che emerge sotto la sferzata dell’angoscia di morte destata dallo stato di pericolo individuale e collettivo. Toccati dalla Morte reagiamo con noi stessi e insieme agli altri, una reazione “etica” perché impostata nella condivisione, nell’arrecare sollievo e nel sentirsi sollevati. Aleggia il “fantasma di morte” e tutte le variabili fantasmiche depressive a esso collegate, come l’inanimazione, la perdita, l’anaffettività, la frammentazione, la mutilazione, l’abbandono, la castrazione, la perdita d’oggetto e l’indeterminato. Questi sono i colori dell’arcobaleno depressivo del “fantasma di morte”. A ognuno il suo.

Continuando l’analisi della lettera di Mariella, bisogna considerare che l’invisibilità del virus è più angosciante della guerra. Un conflitto bellico lo vedi e puoi fuggire mettendoti in salvo. Il fatto che sei chiuso in casa in attesa di eventi positivi e di una remissione clinica della malattia pandemica, comporta uno sforzo importante per operare la “razionalizzazione” dello stato psicofisico e logistico in cui ti trovi. Devi capire i tuoi “fantasmi” in riguardo alla morte e allo spazio ristretto. Sei chiamato a controllare le tue pulsioni profonde e a convertire la “fobia” del chiuso in una “filia” del chiuso attraverso il processo psichico di difesa dall’angoscia della “sublimazione”: la claustrofobia in claustrofilia e il tutto in favore della continuazione della vita. Rispetto ai profughi di guerra siamo svantaggiati semplicemente perché siamo in condizioni più angosciose proprio per la subdola presenza e per la mortale azione del “coronavirus”. Il disagio psicologico prolungato è motivo di stress anche se la condivisione sociale è di notevole aiuto. Circola un breve spot in cui si vede una infermiera in camice, cuffietta e mascherina che tiene in braccio la penisola e le isole con in alto a sinistra la scritta “andràtuttobene”. Il sottofondo musicale è il brano “all’alba vincerò” tratto dalla romanza di Giacono Puccini “Turandot”. Tra abbracci commossi e condivisioni altamente emotive lo spot ha una carica terapeutica individuale e collettiva di enorme portata, a conferma anche del genio italico di colui o di coloro che lo hanno ideato e realizzato. E’ vincente questo processo psicosociale di “identificazione” nel “popolo nazione” per arrestare il propagarsi del virus attraverso la soluzione apparentemente rudimentale ma efficacissima del chiudersi in casa, del benefico isolamento per isolare la bestia molesta. Questa è la migliore psicoterapia collettiva sul mercato odierno. Non dobbiamo reagire al virus con l’onnipotenza o l’impotenza, il fatalismo o il narcisismo. Dobbiamo usare la prudenza e la cautela, la pazienza e la remissione, in attesa che decresca l’azione del virus grazie alla benefica rudimentale fuga da lui, quella che stiamo operando su prescrizione della Scienza prima che della Politica.

Viva la Scienza, viva la Medicina, viva la Chimica, viva la Biologia, viva tutti gli operatori sanitari che ci stanno aiutando a uscire fuori dal tunnel dell’angoscia con il loro coraggioso lavoro e con la loro abnegazione. Una menzione d’onore va ai politici che hanno ascoltato gli scienziati e hanno anteposto la Salute pubblica all’Economia e alla Finanza. Non dimentichiamoci dei fornai e delle commesse dei supermercati.

Viva Platone che voleva i filosofi al potere e viva Aristotele che voleva la Scienza al potere in tutte le manifestazioni dell’uomo.

A buon intenditor poche parole.

I libri, oltre quelli che ho già consigliato nel precedente post, sono i seguenti: le Novelle di Pirandello, le prime opere di Camilleri, le novelle di Verga, il Vocabolario italiano, l’Atlante geografico, la Psicologia delle masse e analisi dell’io di Freud, i Dialoghi di Platone e in particolare il Convito, la Repubblica, il Timeo, il Fedone.

I film di Bernardo Bertolucci e di Sergio Leone aiutano perché sono belli e lunghi, così come i film di Fellini. In ogni caso avete il tempo di spulciare nella vostra libreria i film che vi hanno regalato in chissà quale Natale e che regolarmente avete accantonato in attesa di vederli. L’occasione trasognata è arrivata. Datevi da fare.

Un libro di cucina regionale vi aiuterà a passare all’azione dopo averlo letto e a cimentarvi con l’arte culinaria che va tanto di moda e che ci viene tanto invidiata dal mondo infame.

“Andràtuttobene”, parola di Aristotele!

Intanto “ammuttamu e caminamu”!

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