
Dottor Vallone,
sono Inès.
Non riesco a stare in casa più di mezza giornata, poi devo uscire e prendere aria, altrimenti soffoco e vado fuori di testa. Prima non mi era capitato tutto questo.
Cosa mi sta succedendo e cosa posso fare?
CLAUSTROFOBIA & CLAUSTROFILIA
E’ una questione delicatissima e diffusa. Tante persone hanno maturato una “organizzazione psichica” a prevalenza fobica e non hanno mai avuto bisogno di ricorrere a una psicoterapia semplicemente perché hanno gestito la “paura” di stare in un luogo chiuso uscendo all’aria aperta e hanno trovato il loro equilibrio psicofisico con la consapevolezza che di tanto in tanto hanno bisogno d’aria.
Sto parlando di “paura” e non di “fobia”, sto parlando di quelle persone che magari non si sconvolgono la vita se non usano l’ascensore, di quelle persone che sentono crescere la tensione nervosa se si trovano in un luogo chiuso, al supermercato o in un centro commerciale, ma che non hanno avuto mai crisi di panico o somatizzazioni d’ansia ingestibili.
Sto parlando di noi tutti, perché tutti abbiamo elaborato e incamerato questo “tratto” psichico caratteristico, di qualità paranoica o persecutoria, sin dal secondo anno di vita, quando abbiamo sperimentato la nostra aggressività e la nostra sensibilità alla colpa, tutti abbiamo aggredito e ci siamo sentiti aggrediti. Questo “tratto” psichico si esalta nelle situazioni logistiche che provocano la sensazione di blocco fisico e di impossibilità a trovare una via di fuga. Nella situazione di disorientamento che stiamo vivendo a causa del pericolo di infezione da “coronavirus”, è oltremodo normale che ogni persona mette in gioco la sua formazione e la sua struttura psichiche. Ecco che vengono fuori e si esaltano i “tratti” psicologici che hanno particolarmente contraddistinto la nostra evoluzione psicofisica. Il rischio, che si corre dietro le sferzate dell’angoscia di morte destata dalla situazione in atto, si attesta nel tralignare della “paura” in “fobia”. La prima è assolutamente normale, oltre che salutare e benefica perché prepara alla giusta reazione. La “paura” evita di incorrere in pericoli e tutela la sopravvivenza di fronte a una situazione critica. La seconda, la “fobia”, è un disturbo psichico proprio perché la tensione nervosa è in eccesso e l’elaborazione mentale è andata al di là dell’oggetto giusto della “paura”. Nella “fobia” del chiuso, claustrofobia, convergono “fantasmi”, rappresentazioni mentali a forte intensità emotiva, che includono una serie di vissuti traumatici e conflittuali che scatena una “conversione isterica” delle tensioni in sovraccarico e ingestibili dal sistema psichico.
Inès non riesce a gestire l’economia nervosa prodotta dalla situazione in atto e il suo nucleo psichico e la sua angoscia si scaricano in questa insofferenza per il luogo chiuso.
Inès è chiamata a prendere coscienza del “fantasma di morte” e a “razionalizzare” l’angoscia scatenata dal permanere in casa.
Inès è chiamata a “razionalizzare” il suo “nucleo psichico paranoico” con la consapevolezza che lo Spazio non l’aggredisce e che lei non deve aggredirlo.
Inès deve “sublimare” la clastrofobia in claustrofilia, la paura parossistica in amore del luogo chiuso, magari rivivendo gli aspetti positivi dello stare in casa, come il senso di protezione e di benessere, come l’intimità erotica e la possibilità di esercitare gli affetti nella forma dell’amor proprio e del sentimento verso le persone care, come la libertà d’espressione e di comprensione, come tutto quello che Inès vorrà mettere in questo grande contenitore della sua casa reale e simbolica. La nostra Psiche ha tutti i requisiti e i “meccanismi” giusti per affrontare al meglio le drammatiche evenienze della vita e grazie alle sue proprietà camaleontiche di risoluzione e di adattamento. Andiamole a cercare e a scoprire. Abbiamo l’opportunità di crescere in poco tempo e nel breve saremo più grandi.