Allah,
l’Unico e il Vero Dio, ti benedica e sia Generoso e Consolatore con
te, così come tu sarai fedele e devota a Lui per tutta quella vita
che il Suo grande amore ti ha donato.
Alla
mia cara figlia Mabia mando tanti auguri e tanti baci.
E’
un baba addolorato nel cuore che scrive questa lettera e spera che
voi tutti almeno stiate bene perché la stessa cosa non posso dire di
me e di ma.
Il
tempo passa e il cibo non manca, ma questa non è la ragione della
nostra vita e tanto meno della nostra felicità.
Il
mio pensiero è sempre rivolto a coloro che non vedo ormai da tanto
tempo e soprattutto al piccolo Pervez, il nipote maschio che il
Provvidente ha voluto dare alla mia famiglia attraverso il sangue di
mia figlia e che bacio con tutto il calore del mio cuore.
Mia
cara Mabia, figlia rara del tuo infelice baba, da mesi ormai
purtroppo io non ricevo una tua lettera e sono preoccupato per questo
tuo silenzio, perché non avere notizie delle persone che tu vuoi
bene é sempre motivo di grande sofferenza.
Il
tuo baba è addolorato anche se come capo della famiglia dovrebbe
essere forte in ogni momento e non dovrebbe dimostrare i sentimenti
fragili delle donne, ma io non ci riesco e non me ne vergogno e
comunque non sono come tua ma che piange sempre e per niente.
Non
so se ho sbagliato in qualche cosa con te; se é così, allora tu mi
devi subito perdonare e mi devi mandare al più presto una lunga
lettera perché io non riesco a stare bene senza avere tue notizie.
Ho
saputo di voi da altre persone che sono tornate in Bangladesh e da
quello che mi hanno detto io sono convinto che voi non state molto
bene.
Di
notte faccio brutti sogni e questa è la conferma che voi non siete
felici.
Cara
Mabia sono tanto preoccupato e soltanto una tua lettera farà di
nuovo sorridere il mio povero e vecchio cuore.
Immagino
che lasciare il proprio paese deve essere tanto duro; io posso solo
pensarlo perché non mi sono mai mosso da Savar se non quando ho
combattuto sulla Via di Allah e quelle volte che sono andato a Dakka
per pregare nella grande Moschea o per comprare qualche inutile
cianfrusaglia.
Credo
che vivere in un altro paese sia una cosa brutta e così io sto male
per voi che siete lontani.
La
tua ma sta male e piange sempre perché vi vuole vedere, ma io le
dico che non si può perché siete troppo lontani, ma lei non capisce
niente perché è testarda e continua a insistere su cose impossibili
e dice cose senza senso che non stanno né in cielo e né in terra.
Ti
prego di farmi sapere se hai bisogno di qualcosa: profumi, vestiti,
dolci e forse un pacco pieno di misti, seloarkamis, shari, holud,
goromosla ti farà sentire meno la lontananza e io potrò finalmente
essere perdonato del fatto che ti ho lasciato partire senza poter
fare niente, anche se questa debolezza non me la perdonerò fino a
quando avrò la memoria per ricordarla.
Avrei
dovuto impedirtelo e così saremmo rimasti tutti insieme, ma sono
stato uno stupido e adesso non posso fare più nulla per farti
tornare indietro.
La
tua ma vi pensa sempre e ha comprato un paio di orecchini d’oro per
te, un anello d’argento per tuo marito, shart e pent per il piccolo
Pervez.
Sono
sicuro che sarete contenti di ricevere le cose del vostro paese e i
doni dei vostri genitori e quanto prima ve li spedirò.
Io
ho sempre voglia di mandarvi tante cose e anche quella frutta che da
tanto tempo non mangiate come il mango, la papaia, il kadal, quei
frutti che io ancora coltivo nel mio campo e che a te piacevano tanto
quando da bambina rallegravi la mia casa con la tua presenza e la tua
felicità.
Cara
Mabia, com’è potuto succedere questa separazione tra me e te e che
senso ha questa nostra lontananza ?
Certo
che quella volta che ho deciso di farti sposare Joshim ero malato e
non ragionavo bene perché altrimenti non lo avrei permesso e
soprattutto non ti avrei fatto andare via dalla tua casa.
Anche
la tua ma pensa sempre a te e a Pervez e chiede quando ritornate a
casa; la poverina non riesce a capire perché siete andati via dal
vostro paese dove si mangiava dignitosamente e si viveva con gioia.
Vi
mando tanti saluti, vi auguro di stare bene e per questo prego ogni
giorno Allah, il Misericordioso, che dappertutto vede e sempre
provvede.
Mabia
cara, ho saputo che non stai tanto bene, ma ricordati di pregare ogni
giorno perché pregare fa soltanto e sempre bene al cuore, per cui
nella felicità e nella disgrazia prega e così ti sentirai più
tranquilla.
Allah
aiuta sempre chi a Lui si affida con il cuore puro.
Ancora
tanti saluti e tanti baci per te e per Pervez.
è
la tua sorella Jasmina che finalmente trova la forza e il coraggio di
scriverti e di rispondere alla tua lettera e di ringraziarti per
avermi detto che sono bella.
Prima
di tutto mando saluti e auguri a te, a tuo marito e un bacio al
piccolo Pervez.
Non
posso dirti che noi stiamo tutti bene, ma io spero che voi stiate
bene.
Quando
prego, io non vi dimentico mai e chiedo ad Allah di aiutare sempre
mia sorella maggiore e la sua famiglia che vivono lontano da noi.
Io
sento tanto la vostra mancanza, così pure baba, ma e Rita.
Mabia,
perché non scrivi a ma ?
Lei
è sempre tanto preoccupata per te e aspetta ogni giorno una tua
lettera.
Tu
non sai che quando arriva una tua lettera, ma la legge dieci o venti
volte e dice che vi vede e che vi ascolta; le piace leggerla tante
volte perché sente meglio come voi state.
Secondo
me in queste situazioni la povera ma impazzisce e per l’amore che
ha per te e per Pervez il suo cervello non funziona bene.
Anche
ba è sempre contento quando riceve una tua lettera e la legge una
sola volta di giorno, ma di notte, quando non riesce a dormire, io ho
visto che legge di nascosto la tua lettera cento volte.
Tu
sai che ba vuole apparire sempre forte e a volte ci riesce talmente
bene che sembra duro e cattivo, ma in effetti è un povero baba che
deve soffocare le sue emozioni e i suoi dolori per fare il forte.
Una
donna deve piangere, un uomo deve essere freddo e insensibile, ma
queste cose tu le conosci bene e non sono una novità per te.
Devi
però pensare che noi non possiamo vedervi e per questo motivo è
importante che tu scrivi qualche lettera e devi fare presto questo
per ma e per baba perché loro vivono male se non hanno tue notizie.
Credimi
che ma si era anche ammalata di una malattia del cuore e non riusciva
più a mangiare e il fochir ha detto che era piena di gin maligni, ma
non è riuscito a guarirla con i suoi sortilegi perché i gin cattivi
sono rimasti nella pancia di ma e non sono mai diventati gin buoni.
Tu
non ci crederai, ma da quando sei partita ma e baba sono invecchiati
tanto e si sono ammalati di crepacuore.
Quando
incontro le tue vecchie compagne di scuola mi chiedono di te e non
mancano mai di salutarti con tanto affetto e io non posso fare a meno
di vedere nei loro occhi tanta invidia per te e per il coraggio che
hai avuto nel lasciare la nostra povera terra e andare nel cuore del
mondo dove ci sono tante possibilità di vivere sicuramente meglio,
maggiore libertà e maggiore dignità per le donne e soprattutto il
rispetto per i loro diritti.
Tu
sai che il nostro paese è per le donne una miserabile prigione e che
noi viviamo in attesa di essere scelte da un uomo come un animale e
di morire di parto, perché l’unica cosa che devi saper fare è
quella di restare incinta e di fare un figlio maschio.
Se
non sei capace di fare figli, sei del tutto inutile e puoi anche
crepare, ma se non sei capace di fare figli maschi vali quasi niente,
ma sei sempre buona per riprovare come una capra a essere ancora
montata dal caprone e tutto questo fino a quando non muori di
emorragia come è successo anche a te quando hai avuto Pervez e per
fortuna hai avuto un figlio maschio.
In
ogni caso a quarant’anni sei già una vecchia senza denti e con il
corpo ridotto come un sacco tutto rotto.
Vedi
il destino che ha avuto la nostra ma con le sue tante gravidanze e la
morte di tutti i suoi figli maschi appena nati; quasi per dispetto le
morivano e quasi per dispetto le sono rimaste soltanto le figlie
femmine, proprio quelle che forse baba non voleva.
Ma
questo non è vero, perché il nostro ba, Mabia tu lo sai e me lo hai
anche scritto, ci ha voluto più bene di un figlio maschio, ma certo
che di questa mancanza ha sempre sofferto, anche se lo ha fatto
capire e non lo ha mai detto a noi figlie direttamente.
Io
so che a ma lo dice ogni volta che è arrabbiato e con tanta
cattiveria, ma poi so anche che gli passa tutto e ritorna buono come
prima.
Non
resta che consolarci dicendo, come dice ma, che così ha voluto Allah
e sia fatta sempre la volontà del Misericordioso; io ti dirò in
confidenza e tu non lo devi dire a nessuno e tanto meno a ma e a
baba, che a me questa consolazione non basta più e che non sopporto
più questa differenza tra maschi e femmine e mi dico spesso che noi
siamo più importanti dei maschi e mi chiedo come farebbero a nascere
i maschi senza le femmine.
E
poi il dottore di Dakka mi ha detto, quando sono andata perché per
un po’ di tempo non ero impura e non avevo il sangue, che non siamo
noi mogli a stabilire se un figlio è maschio o femmina, ma sono i
mariti.
Ma
questo non dobbiamo dirlo a baba, perché non ci crederebbe e si
arrabbierebbe e direbbe come sempre che è la femmina che per nove
mesi fa i figli nella pancia e che è colpa sua se non nasce maschio,
ma quando nasce maschio non è merito suo.
Gira
e rigira è sempre la solita storia; noi donne nel nostro paese
valiamo poco più di niente e non abbiamo gli stessi diritti degli
uomini, ammesso che abbiamo qualche diritto, ma di doveri e di
umiliazioni ne abbiamo sempre tanti e per non dire troppi.
Eppure
noi sorelle siamo state fortunate perché ba, dopo la delusione che
ha avuto, ci ha voluto bene e ci ha fatto crescere senza sacrifici
inutili.
Tu
sei stata tanto fortunata perché hai subito avuto Pervez e non hai
mai perso un figlio dopo averlo partorito, ma forse questo merito non
è bastato agli occhi di tuo marito se, come ci scrivevi, oggi ti
maltratta e ti fa soffrire.
Hai
visto che brutto destino è quello di nascere femmina, ma solo nei
nostri paesi e nella nostra religione, perché in Occidente è tutto
diverso per la donna e in meglio, perché viene rispettata e ha lo
stesso potere di un uomo, si fa desiderare e si veste come vuole, si
trucca e si fa vedere anche nuda, ma soprattutto non è sottomessa a
un uomo e fa tutto quello che può fare perché lavora e guadagna i
dollari come un maschio.
Da
noi, se una donna non vuole l’uomo che la chiede in moglie, il
giorno dopo le gettano addosso l’acido, quello che vendono nei
negozi di Dakka, le bruciano il viso e così tutti possono vedere che
sei sfregiata e segnata per tutta la vita come una donna cattiva e
infedele che non si è sottomessa all’uomo.
Ti
ricordi di Namira, la nostra vicina di casa ?
E’
stata sistemata per sempre con l’acido perché non voleva l’uomo
che i suoi le avevano scelto e adesso vive in una baracca nella
periferia di Dacca facendo ai soldati le cose che loro vogliono.
E’
stata abbandonata da tutti e ha il viso e il collo bruciati
dall’acido; dimmi tu se questa è una cosa giusta e i colpevoli non
sono neanche stati ricercati perché è una cosa frequente che
diventa normale e giusta.
Noi
donne abbiamo questo diritto di essere sfregiate e poi ci lamentiamo
di non avere diritti, ma non c’è solo Namira, ci sono tante
giovani donne che sono state vittime di questa violenza e il nostro
governo non fa niente per la giustizia e non mette in carcere questi
delinquenti e forse anche li difende.
Adesso
Mabia, tu che sei in Italia e conosci tante cose, dimmi se questa è
una cosa giusta !
Lasciamo
perdere le cose brutte e ti dico subito che tu hai fatto bene ad
andare via dal Bangla, perché qui non è cambiato e non cambia
niente e per noi donne non ci sono diritti, ma solo i doveri del
Corano.
Gli
uomini pregano cinque volte al giorno rivolti verso Makka, ma non si
ricordano niente di quello che leggono e di quello che dicono.
Ma
sia sempre fatta la volontà di Allah e andiamo avanti così perché
non si può fare niente per cambiare le cose e altrimenti bisogna
scappare via come hai fatto tu nella speranza di trovare il paese
giusto per non soffrire.
Io
ricordo che tu eri la figlia preferita di ba e forse in te lui ha
visto quel figlio maschio che la povera ma non gli ha potuto dare ed
eri ribelle perché sei cresciuta femmina con la testa di un maschio.
Come
sta Pervez ?
Come
va a scuola ?
Che
scuola sta facendo ?
E’
bene che studi tanto perché così può diventare importante ed è
fortunato a trovarsi in Italia e speriamo che diventi un dottore come
quelli di Dakka.
E
tu, Mabia, come stai e cosa fai ?
Scrivimi
e parlami dell’Italia, di questa terra generosa che, secondo quello
che mi dici e che sento, dà tanti taka agli operai stranieri al
punto che riescono anche a mantenere le famiglie che hanno lasciato
nel loro paese e possono anche comprarsi la macchina.
Parlami
delle tue nuove abitudini, di cosa mangi, di come vivi, di che lavoro
potresti fare, di come ti trovi con gli italiani e dimmi se in Italia
ci sono i nostri cibi e le nostre spezie.
Se
ti serve qualcosa, scrivimi e io ti spedisco quello che ti manca.
Ma
sono sicura che non hai bisogno di niente e che ti trovi nel centro
del mondo.
Nella
nostra famiglia succedono sempre le stesse discussioni e le stesse
liti e sempre per i soliti motivi; lo zio si comporta male con ma e
l’accusa di non aver saputo fare un maschio e di avere sfornato
solo figlie femmine.
Anche
la nonna si comporta male con ma e sempre per lo stesso stupido
motivo.
Sembra
che nella nostra famiglia la cosa più importante sia quella di
riavere indietro quei figli maschi che sono morti.
Ma
risponde che lei i figli maschi li ha saputo fare e che il
Misericordioso li ha voluti con sé nel Giardino e glieli ha tolto
per una vita migliore.
Mi
ricordo che, quando tu eri a casa, sapevi rispondere bene allo zio e
alla nonna dicendo quello che pensavi e che era giusto dire a queste
persone cattive.
Io,
invece, non ho il coraggio di parlare e di ribellarmi e non posso
fare niente per impedire che ma pianga; io capisco che ba dovrebbe
difenderla, ma questo non succede e la povera ma è ormai malata per
tutte queste cose stupide.
Tu
sei fortunata perché sei in Italia e vai avanti nella tua vita; tu
potresti lavorare e mantenerti senza dipendere da un uomo che non ti
ama specialmente dopo tutto quello che fai e hai fatto per lui.
Tu
sai che noi donne in Bangladesh non possiamo lavorare e dobbiamo solo
aspettare qualcuno che ci sceglie come una capra per avere un figlio
maschio e ci ingravida di anno in anno fino a quando possibilmente
moriamo dissanguate durante il parto o restiamo sterili e non
serviamo più a niente.
Ma
queste cose te le ho già scritte e perdonami se le ho ripetute.
Cara
Mabia mi rendo conto che gira e rigira cado sempre sugli stessi
argomenti, ma si vede che queste ingiustizie mi fanno soffrire e che
io sono tanto infelice.
Ma
la cosa più importante adesso è che tu scriva a ma per farla stare
bene e a ba per tranquillizzarlo; noi non possiamo fare niente per
dare la felicità e la salute a ba e a ma.
Ti
ho già detto cosa fa ma quando riceve una tua lettera e se tu la
vedessi, io sono sicura che scriveresti una lettera al giorno tutta
per lei.
Cara
fortunata e sfortunata sorella, cosa devo dirti io che sono rimasta
ad ammuffire in questa povera nostra terra e che non vedo un futuro
giusto per me.
Sei
fortunata perché hai avuto il coraggio di partire e sfortunata
perché sei partita con l’uomo sbagliato.
Del
resto in Bangladesh tutti gli uomini sono sbagliati perché sono
stati educati dalla religione e dalle madri a essere i primi; la cosa
più strana è che siamo noi donne che prima li partoriamo e poi li
facciamo sentire grandi, siamo noi donne che prepariamo le nostre
future disgrazie.
E
allora che senso ha lamentarsi e ribellarsi ?
Non
mi resta che dirti di comportarti bene con tuo marito, di non farlo
arrabbiare e se fa qualcosa di male, cerca di sopportare: voi due
dovete stare bene perché altrimenti ma e ba stanno male.
Mabia
devi accettare il fatto che sei nata donna e che donna vuol dire
essere inferiore e devi sempre portare pazienza con tuo marito:
questo ha insegnato ma a Jasmina, a Rita e a Mabia.
Però
pensa anche che sei in Italia e che puoi lavorare ed essere
indipendente, pensa che sei fortunata perché puoi anche separarti se
tuo marito continua a maltrattarti perché la legge italiana ti
difende: questo dice Jasmina a Mabia e ricordati che in Italia i
maschi non ti buttano l’acido in faccia per segnarti di disonore
per tutto il resto della tua vita.
Ti
dico delle cose che ti sembreranno strane, come strana è ma senza le
tue lettere, ma sono le cose che penso e che mi girano nella testa
ogni giorno e specialmente quando mi annoio a fare sempre le stesse
cose.
Quanto
desidero partire dal Bangla e venire in Europa e possibilmente in
Italia dove si vive meglio, ma ancora non sono riuscita ad avere il
permesso neanche come turista; per una donna non sposata e che ha
soli quindici anni esiste soltanto la possibilità di avere il visto
dell’ambasciata quando sei sposata ed è veramente difficile
partire da clandestina e io ho anche paura.
Forse
ci vogliono tanti taka per avere il visto, ma io non ne ho e quindi
non mi resta altro da fare che sognare e aspettare che qualcuno mi
scelga in moglie, ma sia ma che ba non vogliono darmi a nessuno
specialmente dopo lo sbaglio che hanno fatto con te.
Tu
non puoi immaginare quanto desidero vedere con i miei occhi
l’Occidente con il suo modo di pensare e di vivere; sono sicura che
per una donna significa finalmente la libertà.
Sono
sicura che non tornerei più a Savar e infatti tanta gente non torna
più in Bangla una volta che ha conosciuto cosa significa vivere
meglio.
Potrei
lavorare anch’io e sentirmi finalmente una persona libera nella
testa e nel cuore.
E’
finita la carta e malvolentieri devo chiudere questa lettera, ma in
compenso non ripeterò sempre le stesse cose e tu ti sentirai libera
dalle mie inutili chiacchiere.
Tanti
saluti da tua sorella Jasmina e speriamo di rivederci presto e
possibilmente in Italia.
Perdonami
per le tante cose stupide che ti ho detto, ma io sono fatta così e
vedo in te il mio esempio e speriamo che il Buon Allah non legga mai
questa lettera e, se la leggerà, speriamo che mi perdoni, altrimenti
mi aspetta il Fuoco eterno.
Ma
quello che sento è anche giusto che io lo dica almeno alla persona a
cui posso dirlo, invece di tenermi tutto dentro e di costringermi da
sola a sognare quel mondo che non c’è e che appartiene soltanto ai
miei poveri desideri.
amate sorelle che Allah ha voluto come gioia della nostra famiglia dopo il grande dolore della morte dei fratellini, sappiate che le mie preghiere sono rivolte ogni giorno all’Onnipotente in vostro favore e ricordate sempre che l’Onnisciente conosce l’inizio e la fine di tutto, possiede il destino delle nostre vite e che soltanto a Lui, il Misericordioso, noi apparteniamo; tutto il resto è sicuramente poco o niente.
Alla
piccola Rita e alla bella Jasmina la sorella maggiore Mabia manda
baci, tanti baci e auguri, tanti auguri.
Amate
sorelle, sangue del mio stesso sangue, vi scrivo questa lettera
perché voglio parlarvi di me e della mia vita in Italia e perché
penso che possa esservi utile sapere come vanno le cose in un altro
paese, un paese occidentale, affinché possiate fare le scelte giuste
nella vostra vita, una vita che io auguro piena di gioie e di
soddisfazioni.
Purtroppo
in questo momento non posso dire la stessa cosa di me e della mia
vita a conferma che non è mai tutto oro quello che brilla sotto il
sole, anche se il sole è quello splendente dell’Italia.
Magari
voi mi pensate felice con Joshim e ricca di tutto quello che voi non
avete e che tanto desiderate, ma in effetti l’unica mia felicità e
l’unica mia ricchezza è il bellissimo Pervez, un figlio d’oro
che dà un senso e un significato alla mia vita terrena e sempre dopo
la grande devozione che tutti dobbiamo portare al nostro vero padre
Allah, perché noi siamo prima di Allah e soltanto dopo siamo del
nostro sangue.
Voi
ricordate che io avevo quindici anni quando baba e la sua famiglia
prima mi hanno contrattata con la famiglia di Joshim e alla fine mi
hanno sposata con Joshim. Voi dovete sapere che io avevo sedici anni
quando ho partorito Pervez, un figlio maschio, rischiando di morire
prima dissanguata e poi per infezione.
Voi
ricorderete che io avevo diciannove anni quando sono salita
sull’aereo a Dakka per sbarcare in Italia, portandomi addosso
l’angoscia di un paese straniero tutto da scoprire e la speranza di
una vita migliore tutta da vivere secondo i meravigliosi discorsi che
nel nostro paese facevano i parenti di tutti quelli che erano già
partiti per questa strana avventura o per questa stupida disgrazia.
Questi
sono i momenti più importanti della mia vita e sono impressi nella
mia memoria e nel mio cuore come immagini che non si possono
cancellare e che non potranno mai sbiadire.
Oggi
ho soltanto ventisette anni e mi sento vecchia e senza desideri.
A
volte ho la sensazione che siano trascorsi tanti anni da quando sono
partita dal Bangla e vi ho lasciato per seguire mio marito Joshim e
venire in un paese ricco come l’Italia dove c’è la possibilità
di avere un lavoro, di vivere bene in ogni senso, di trovare un
antibiotico in farmacia, di avere tante comodità e di mantenere con
la stessa paga non solo la tua famiglia, ma anche quella che hai
lasciato in miseria nel tuo paese.
Quest’ultima
è una cosa giusta perché onora i nostri precetti religiosi e
rispetta le nostre tradizioni, ma non è una cosa giusta e non è
motivo di orgoglio la necessità di lasciare il nostro paese per il
bisogno di sopravvivere e non per la libera scelta di andare da
un’altra parte del mondo.
Non
è giusto essere costretti a lasciare il proprio paese per avere
dagli altri e non per dare agli altri.
Il
Corano, infatti, dice chiaramente che saranno i figli, che hanno fede
in Allah, a provvedere alla sopravvivenza dei genitori e dei
familiari, almeno fino a quando il Giusto li vorrà tenere in vita e
non li vorrà riprendere con Sé nel Giardino delle Delizie.
Ma
tutto questo vale soltanto per i maschi.
Voi
sapete che la nostra Religione non permette alla donna di lavorare e
di realizzarsi fuori dalla famiglia.
La
nostra fede dice chiaramente che gli uomini sono preposti alle donne
per causa della preferenza che Dio ha concesso loro quando ci ha
creati e che essi devono onorarle spendendo generosamente i loro
beni.
Nel
nostro paese questi giusti precetti di Allah si praticano con la fede
e senza alcuna difficoltà anche perché la povertà non permette una
vita diversa e migliore.
In
Italia, invece, le donne lavorano e non sono sottoposte all’uomo e
le leggi dello stato sono uguali per tutti e anche per noi stranieri,
specialmente se diventiamo con il tempo cittadini italiani.
La
religione cristiana non impedisce alla donna di lavorare, ma noi
sappiamo che questa religione è imperfetta e che i cristiani sono
nel peccato e nell’ingiustizia perché non hanno i comandamenti
dell’unico vero Dio, l’Onnipotente e il Misericordioso Allah.
Carissime
Jasmina e Rita, voglio dirvi che l’Italia è tutto un altro mondo
rispetto al Bangla e che ci sono cose buone e cose meno buone come in
tutte le cose che ci sono al mondo e che capitano nella vita di ogni
persona.
Non
vi nego che tante volte ho pensato che mi piacerebbe lavorare e
sentirmi più utile e ho pensato anche che, se io potessi lavorare,
potrei avere un’altra paga e potrei mandare a tutti voi quello che
basta per vivere meglio così come Joshim fa con i suoi genitori da
quando siamo arrivati in Italia e immancabilmente ogni mese va
nell’ufficio postale e manda i taka alla sua famiglia.
Del
resto io ho tanto tempo durante la giornata e a volte mi annoio a non
fare niente perché, dopo che ho portato Pervez a scuola, dopo che ho
pregato e ho finito le faccende di casa, mi resta tanto tempo a
disposizione, tutto tempo che potrei utilizzare lavorando e
guadagnando tanti taka anche perché qui il lavoro non manca.
Ma
queste sono tentazioni di Iblis e dei gin maligni, per cui sia sempre
fatta la volontà di Allah, l’Onnipotente, l’Unico che tutto vede
e che a tutto provvede.
Non
vi nego che, nonostante i vantaggi dell’Italia, spesso sento la
nostalgia della mia terra, delle persone, delle cose e degli odori
che mi hanno circondato fino a quando ho dovuto lasciar tutto e
partire per seguire mio marito Joshim lontano dal mio paese.
Sembra
incredibile, ma ho tanta nostalgia del calore del nostro clima e dei
profumi e degli aromi della nostra terra.
A
volte, invece, ogni cosa mi sembra che sia come sempre e niente mi
appare nuovo sotto il sole, a volte mi manca tutto e non ho neanche
un desiderio da realizzare: la salute va e viene per colpa di
qualcuno, il lavoro non mi è permesso dalla religione, la gente mi
guarda con occhi freddi, il denaro alla fine è sempre poco e non
basta mai per vivere con tranquillità, il riso è amaro e nero come
mi diceva baba quando ero piccola, l’amore, che forse non c’è
mai stato, non è neanche arrivato con l’Italia, con il tempo e con
il figlio maschio.
Il
dottore italiano mi ha detto che questa è un po’ di depressione e
mi ha dato delle pillole; il fochir di Savar mi avrebbe scacciato i
gin maligni e mi avrebbe dato delle erbe ricostituenti; il molovì di
Dakka mi avrebbe accusato di non avere abbastanza fede in Allah e di
non accettare la Sua volontà.
Come
cambia la mentalità da un paese all’altro, ma la cosa più bella è
che tu riesci a capire qual’è la verità e puoi scegliere la cosa
più giusta.
Una
cosa meravigliosa in questa brutta situazione è proprio Pervez, un
figlio maschio e bello come il sole, un bambino dagli occhi neri come
il carbone e dalla pelle scura.
Eppure
tutto questo non mi basta e a volte mi sento male senza avere nessuna
malattia.
Come
vi dicevo, in Italia non c’è il fochir per curare le malattie del
corpo e non c’è il molovì per curare le malattie del cuore; in
Italia ci sono i dottori e per ogni malattia c’è un dottore
speciale.
Il
dottore giusto mi ha detto che soffro di malinconia e mi ha anche
consigliato di ritornare nel mio paese e dalla mia famiglia.
Ma
come faccio ?
E’
semplicemente impossibile perché non posso lasciare mio marito per
ritornare in Bangla, il paese del mio cuore ma pur sempre un paese
povero, un paese che mi sembra ancora più povero adesso che ho
vissuto e vivo nella bella e ricca Italia.
Devo
rassegnarmi a rimanere qui, devo vincere la malinconia e la
nostalgia, magari scrivendo a voi tutto quello che mi viene in mente
per non dimenticare la mia vita passata, la mia famiglia, la mia
gente e la mia terra.
A
cosa mi può servire star bene o star male ?
La
mia vera e unica malattia si chiama Joshim ed è lui che mi fa star
male.
Adesso
mi sento sola e ho tanta voglia di piangere, ma non posso farlo
perché Pervez è vicino a me e soffre sempre quando mi vede in
lacrime.
E’
un bambino sensibile e intelligente e almeno nella mia vita c’è
questo figlio maschio che adoro come la cosa più preziosa che il
buon Allah mi ha dato dopo la fede.
Per
il resto, tutto il mondo è paese; soltanto gli odori sono diversi e
gli uomini si differenziano per gli aromi che si portano dentro il
naso e dentro il cuore sin dalla nascita e, come vi dicevo prima, a
me mancano tantissimo gli odori della mia terra e i sapori della mia
casa.
La
mia nostalgia è una semplice questione di calore e una stupida
questione di clima e la colpa è soltanto di quel sole che è di
tutti e che ci guarda stupito da lassù ridendo delle nostre
debolezze.
Cara
Rita e cara Jasmina, vi prego di non dire niente di quello che vi ho
scritto a baba e a ma, perché si preoccuperebbero inutilmente e non
potrebbero aiutarmi in nessun modo.
Vi
prometto che sistemerò ogni cosa e che nella prossima lettera
troverete tanta allegria e magari un bel paio di calze italiane di
gran moda.
Dimenticavo
di dirvi che Aniria ha avuto una bambina e che il marito Massud per
un anno non l’ha proprio considerata, per cui io l’ho aiutata
volentieri con il cuore e con le braccia in questo momento bello e
difficile della sua vita.
Come
vedete, care sorelle, anche all’estero ritorna il solito e triste
ritornello del destino delle figlie femmine; dopo il disprezzo dei
padri e la vergogna delle madri arriva immancabilmente anche la
rabbia del marito.
Per
fortuna il nostro baba non è stato cattivo con noi anche se ancora
oggi dice che avrebbe tanto desiderato un figlio maschio.
Chiudo
questa lunga lettera e a voi due mando gli auguri di una vita felice
e senza speranze inutili, una vita dedicata in primo luogo al nostro
Allah e rispettosa dei Suoi precetti; tutto il resto arriva da solo
direttamente dal cielo e senza che voi apriate la bocca per chiedere.
La
vostra sorella Mabia vi bacia con tanta dolcezza e vi saluta con
tanta nostalgia.
Rita
ricordati di imparare l’arabo per studiare bene il Corano e porta i
miei cari saluti al vecchio molovì di Savar che quando ero piccola
mi ha insegnato soprattutto la pazienza e l’umiltà, sempre nella
speranza che la sua memoria sia ancora buona com’era grande la sua
devozione ad Allah quando mi indicava la giusta via della nostra
fede.
“Mi
trovavo in uno studio medico per una visita ginecologica di
controllo.
Avevo
la sensazione che fosse la prima volta e mi sono chiesta se era
corretto quello che stavano facendo i medici.
Avevano
tolto l’utero e lo avevano appoggiato sul tavolo.
L’utero
era bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello.
Dopo
me l’avrebbero reinserito.
Non
mi sentivo a disagio, ma mi sembrava strano che fosse quello il modo
di fare il controllo.
Mi
aveva accompagnato o mia madre o il mio uomo e la stanza era
asettica.”
Questo
e in questo modo ha sognato Samantha.
DECODIFICAZIONE
– CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il
sogno di Samantha verte sulla maternità e sulle varie possibilità
di diventare madre che la Scienza medica ha regalato alle donne,
nello specifico le diverse modalità della fecondazione assistita. La
ricerca scientifica ha dato un grande contributo alla risoluzione
delle varie patologie in riguardo alla maternità e alla sterilità,
un problema diffuso tra le donne più di quanto si possa pensare. Per
“par condicio” bisogna aggiungere che l’uomo non naviga in
acque migliori e che il suo seme è in crisi a causa del danno
procurato dall’azione endocrina dei pesticidi usati in agricoltura
e assunti attraverso gli alimenti.
La
“fecondazione assistita” può essere “omologa” o “eterologa”.
La prima si attesta nella fecondazione del seme e dell’uovo della
coppia. L’operazione può avvenire per inoculazione dello
spermatozoo nell’utero o “in vitro” prelevando e sposando
l’uovo e il seme. Di poi, il complesso “gametico” viene
introdotto nell’utero. L’attecchimento auspicato ha buone
probabilità di riuscita. La “fecondazione eterologa” ha diverse
varianti e comporta il ricorso a un uovo o a uno spermatozoo che non
appartiene alla coppia o il ricorso a entrambe le cellule per
realizzare una gravidanza. La dinamica biologica si attesta nella
fecondazione “in vitro” e nell’immissione dell’embrione
nell’utero della futura madre. In gran parte dell’Europa e del
mondo moderno questo trattamento è proceduto e procede liscio a
vantaggio della donna e del suo diritto a realizzare la maternità,
ma nel Belpaese benpensante la legge 40 sulla fecondazione medicale
eterologa è incappata in divieti e ulteriori precisazioni che hanno
richiesto dieci anni di tempo e l’intervento della Consulta per
arrivare al traguardo della sua completezza e senza moralistiche
mutilazioni.
Samantha
si porta in sogno il suo problema di donna che desidera un figlio e
che non riesce ad averlo, di donna che si sottopone ai giusti e anche
dolorosi trattamenti per realizzare il suo istinto materno. Il sogno
di Samantha può essere definito un meditato “inno alla maternità”
finalmente possibile.
Potevo
titolare l’interpretazione del sogno di Samantha meccanicamente “La
fecondazione artificiale”, mettendo in rilievo la preziosa
componente scientifica sull’umanissima e contrastata
questione della maternità,
ma ho preferito condensare la frase
di Samantha “L’utero era
bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello” in
“L’utero buono e intelligente”. In effetti, questa è la
verità oggettiva, più realista dello stesso re. L’utero è
“buono” perché consente la trasmissione della Specie,
“Filogenesi”, e incarna un valore etico, è un bene sociale e
come tale va tutelato con adeguati schemi culturali a cui devono
conseguire le doverose politiche e le giuste leggi. L’utero è
“intelligente” perché è un organo teleologico, contiene
meccanismi anatomo-bio-fisiologici intesi a svolgere e realizzare un
progetto, la gravidanza e il parto. La funzione dell’utero ha un
fine: teleologia dal greco “telos” e “logos”. Più vivo e
intelligente di così, non è possibile. In Filosofia questo concetto
lo trovate nella “monade” di Leibniz: “entelechia” o “ho il
fine dentro”.
Dedico
l’interpretazione del sogno di Samantha a tutte le donne che prima
dell’anno 2004, mi ripeto volentieri, (prima della legge 40 sulla
fecondazione medicale con limitazioni su quella eterologa e
successive modificazioni nell’anno 2014 su sentenza della
Consulta), sono state costrette dalla miopia e dalla stupidità
culturali e dall’inettitudine politica a ricorrere alla
fecondazione eterologa medicale assistita nei paesi europei
culturalmente aperti e veramente civili e democratici, la Spagna in
primo luogo. Dedico questo lavoro a tutte le donne che sono state
costrette a trasferirsi in terra straniera e a seguire un
pellegrinaggio procedurale e burocratico per realizzare il progetto
consapevole di diventare madre. A loro e ai loro amati e travagliati
figli, nonché a tutti gli psicoterapeuti che hanno lavorato con
loro, va il riconoscimento e il plauso per avere operato in una
situazione veramente difficile contro l’ottusità della Cultura e
della Politica.
“Mi
trovavo in uno studio medico per una visita ginecologica di
controllo.”
Samantha
esordisce direttamente con i “fantasmi” e i vissuti che occupano
il suo spazio psichico, gli organi sessuali e il progetto di una
gravidanza. Samantha è pronta a diventare madre e si prepara con la
testa e con il corpo all’evento della fecondazione. La scena non è
certamente poetica ed edulcorata, ma va bene anche la freddezza di un
lindo e asettico studio medico per portare avanti la giusta emozione
della presa di coscienza sulle potenzialità del proprio essere
femminile.
I
simboli dicono che lo “studio medico” rappresenta una difesa
dall’angoscia depressiva di perdita tramite la competenza
rassicurante, la “visita ginecologica” è una rivisitazione della
propria femminilità organica in funzione di un rafforzamento
psichico, il “controllo” sa di una presa di coscienza dell’Io
nel tenere in equilibrio le spinte pulsionali-desiderative dell’Es
e le spinte limitanti e inibitrici del “Super-Io”.
“Avevo
la sensazione che fosse la prima volta e mi sono chiesta se era
corretto quello che stavano facendo i medici.”
In
effetti, era “la prima volta” che Samantha faceva una visita
ginecologica funzionale alla maternità, per cui la sensazione è
giustissima. Anche “i medici” sono al posto giusto e nella
funzione corretta, ma Samantha manifesta una giusta “resistenza”
alla gravidanza attraverso la sua perplessità.
I
“medici” rappresentano gli alleati psichici e il rafforzamento
del progetto, oltre che la competenza ufficiale. Samantha è decisa a
procedere nel suo progetto di maternità e passa dalla sensazione
della “prima volta” alla domanda sulla correttezza procedurale.
Samantha è giustamente in agitazione conflittuale e vive in sogno
queste titubanze. La “prima volta” racchiude simbolicamente il
mito del “non nato di sé” e il desiderio imperioso di
sperimentarsi su territori psichici limitrofi al proprio essere
psicofisico, affermato e consolidato, di natura femminile.
“Avevano
tolto l’utero e lo avevano appoggiato sul tavolo.”
Come
volevasi dimostrare. Samantha si trova in un contesto veramente
paradossale ma massimamente significativo. L’organo inquisito è
l’utero e la sua capacità di portare avanti un embrione,
un feto. L’essere
“appoggiato sul tavolo” conferma l’importanza determinante
della funzione materna. Il quadretto elaborato in sogno da Samantha
coniuga l’effetto sorpresa con
la debolezza dell’organo e con la riduzione delle emozioni. Si
deve rilevare come la dinamica chirurgica è descritta in maniera
naturale, senza enfasi e drammaturgie, e non procura emozioni di
rifiuto o di dolore. Tutto è come Natura vuole.
Samantha
sta mettendo in discussione e in trattamento la sua capacità di
diventare madre.
I
simboli dicono che “tolto” condensa una perdita depressiva,
“l’utero” è l’attributo fondamentale della Madre e
sintetizza la capacità procreativa, “appoggiato” racchiude una
forma di offerta e di reverenza, il “tavolo” rappresenta l’altare
profano dell’esibizione.
“L’utero
era bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello.”
Il
meccanismo della “figurabilità” mette insieme nell’utero
l’intelligenza e l’affetto, il “sistema nervoso centrale” e
il “sistema neurovegetativo”, l’emisfero destro e l’emisfero
sinistro del Cervello, l’emozione e la natura, il sentimento e la
funzionalità. Il colore “bianco” attesta della verginità e
dell’innocenza dell’organo. La Natura ha concepito l’organo
della procreazione inserendo il sentimento della vita e dell’amore,
Filogenesi, “a forma di cuore”, ma non ha dimenticato di inserire
la scheda programmatica, “un piccolo cervello”, l’Intelligenza
finalizzata alla fecondazione, alla gravidanza e al parto.
Si
può procedere senza inciampo.
“Dopo
me l’avrebbero reinserito.”
Questa
è la dinamica tecnica della fecondazione assistita. Samantha sta
sognando l’intervento medico che preleva l’uovo, lo feconda “in
vitro” e lo reinserisce nell’utero per la naturale e normale
gestazione. Non ci dice se lo spermatozoo è del suo compagno o di un
donatore anonimo, a riprova che la donna è tutta presa dal suo ruolo
femminile e dalle sue prerogative biologiche e genitali. “Il figlio
è sempre della madre”, così recita un vecchio adagio nella bocca
dei gelosissimi uomini siciliani. “Mater semper certa est, pater
nunquam” recita un detto latino dell’antica Roma a testimoniare
che la Madre è l’ineludibile e l’essenziale per la procreazione
e per la trasmissione della Specie. E così è anche nel sogno di
Samantha. Del maschio e del maschile non c’è traccia fino a questo
momento.
“Reinserito”
è simbolo della fecondazione e della “traslazione sublimata” del
coito: al posto del pene subentra l’embrione e il potere della
madre.
“Non
mi sentivo a disagio, ma mi sembrava strano che fosse
quello il modo di fare il controllo.”
Samantha
è consapevole che l’intervento è funzionale al suo benessere per
cui non accusa “disagio”, non si sente con conflitto con il suo
“agio” perché sta facendo un intervento a lei vicino nella mente
e nel cuore: “agio” deriva dal latino “adiacens”. Samantha
accetta di buon grado l’eccezionalità del fatto, il suo utero che
esce ed entra impunemente dal suo grembo, ma accusa un senso di
estraneità che riguarda non la mente ma il corpo: “le sembra
strano” equivale a “le sembra un corpo estraneo” in
associazione con il controllo ginecologico. In tutto il sogno
Samantha non ha realizzato che sta elaborando il suo
desiderio-progetto di fecondazione medicale assistita.
“Mi
aveva accompagnato o mia madre o il mio uomo e la stanza era
asettica.”
La
conclusione del sogno è degna di una figlia della Dea Madre: voglio
diventare madre e mi serve un maschio. La “madre” è importante
perché afferma che Samantha in lei si è identificata e lei sta
naturalmente ripetendo, più che imitando. Il “mio uomo” è
altrettanto importante per il senso del possesso che non è affettivo
ma funzionale alla sua maternità, il mio strumento procreativo,
colui che mi serve per ingravidarmi e realizzarmi come madre e
mettere in riedizione il grande rito psico-biologico del “Principio
femminile”. Ogni gravidanza e ogni parto sono unici se visti nella
loro essenza perché condensano nello Spazio e fuori dal Tempo la
sacralità della Nascita, ma sono anche l’ennesima ripetizione nel
Tempo e nello Spazio della “prima volta” dei mitici progenitori.
In tutto questo mirabile e semplice contesto Samantha preme a dire
che dentro di lei non ha emozioni e sensi di colpa, una freddezza
difensiva che attesta di un “meccanismo psichico di difesa”
dall’angoscia che si chiama “isolamento” e che consiste nel
deprivare l’emozione dal fatto, la tensione dall’intervento
ginecologico. Samantha giustamente si difende dalla paura e da
eventuali angosce con i meccanismi psichici della veglia e del sonno,
“condensando”, “spostando” e “isolando”.
I
simboli sono “accompagnato” in funzione di rafforzamento psichico
e di alleato, “madre” o dell’universo psichico femminile e
delle sue prerogative, il “mio uomo” o dello strumento
procreativo in onore alla maternità, “la stanza” riguarda la
parte della “organizzazione psichica reattiva” coinvolta,
“asettica” si traduce senza macchia e senza colpa e senza
emozione partecipativa, il giusto distacco e il giusto approccio per
evitare le tensioni inutili.
Questo
è quanto contiene il sogno di Samantha.
PSICODINAMICA
La
psicodinamica del sogno descrive lo psicodramma di una donna che
ricerca la gravidanza attraverso l’assistenza della Scienza medica
e con tutte le perplessità e le ansie della novità. Samantha sogna
il delicato “iter” di fecondazione assistita per realizzare il
suo desiderio di vivere l’esperienza psicofisica della maternità.
Di grande interesse è il vissuto gratificante e la visione psichica
dell’utero: cuore e bontà, cervello e intelligenza.
PUNTI
CARDINE
Il
punto cardine del sogno di Samantha è il seguente: “Dopo me
l’avrebbero reinserito.” a proposito dell’utero. Questa
operazione chirurgica attesta simbolicamente che non si tratta di
perdita depressiva d’organo, bensì di benefico acquisto di
embrione.
ULTERIORI
RILIEVI METODOLOGICI
Dei
“simboli” ho ampiamente detto. Rilievo merita la discorsività
narrativa che contiene tanta simbologia.
Il
sogno di Samantha tira in ballo l’archetipo o simbolo universale
della “Madre” e della funzione genitale in “L’utero era
bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello.”
Il
“fantasma della gravidanza” è presente senza essere chiamato per
nome: “Dopo me l’avrebbero reinserito.” La “parte buona”
del “fantasma” è la maternità, la “parte negativa” è
l’angoscia di morte.
Il
sogno di Samantha presenta l’azione dell’istanza psichica della
vigilanza e della ragione “Io” in “mi trovavo” e in “avevo
la sensazione” e in “non mi sentivo” e in “mi sembrava
strano” e in “mi aveva accompagnato”. Si tratta di valutazioni
nel corso della narrazione del sogno che appartengono alla
consapevolezza dell’Io. L’istanza pulsionale “Es”,
rappresentazione dell’istinto, è contenuta in “Avevano tolto
l’utero e lo avevano appoggiato sul tavolo.” L’azione censoria
e limitante del “Super-Io” è assente.
La
“posizione psichica genitale” è dominante nel sogno di Samantha:
“L’utero era bianco a
forma di cuore e sembrava un piccolo cervello. Dopo me l’avrebbero
reinserito.”
Riconosce la madre e se la
porta dietro dimostrando una buona identificazione in lei e nella sua
funzione genitale, per cui la “posizione psichica edipica” è
ampiamente superata. La presenza del suo uomo rafforza la “posizione
psichica genitale” grazie all’investimento di “libido” che
comporta.
Il
sogno di Samantha usa i seguenti “meccanismi psichici di difesa”:
la “condensazione” in
“utero” e in “cuore” e in “cervello” e in altro,
lo
“spostamento” in “appoggiato” e in “tavolo” e in
“reinserito” e in “disagio” e in “asettica”,
l’isolamento”
in “Non
mi sentivo a disagio, ma mi sembrava strano
che fosse
quello il modo di fare il
controllo.”
La
“figurabilità” si esalta in “Avevano
tolto l’utero
e lo avevano appoggiato sul tavolo. L’utero
era bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello.”
Il
processo psichico di difesa della “regressione” è presente nei
termini richiesti dalla funzione onirica.
“Compensazione”
e “sublimazione” non risultano pervenute.
Il
sogno di Samantha mostra un tratto psichico “genitale”
all’interno di una “organizzazione psichica reattiva genitale”.
Il desiderio e il progetto di avere un figlio sono mentalmente lucidi
e moderatamente emotivi.
Il
sogno di Samantha forma le seguenti figure retoriche: la “metafora”
o relazione di somiglianza in “utero” e in “cuore” e in
cervello” e in altro, la “metonimia” o nesso logico in “visita
ginecologica” e in “tolto” e in “appoggiato” e in
“reinserito” e in “accompagnata”.
Desta
vario interesse l’intreccio simbolico o “allegoria” “L’utero
era bianco a forma di cuore e sembrava un piccolo cervello.”
La
“diagnosi” dice di una disposizione e di una reazione pacata alla
fecondazione assistita. Samantha allucina in sogno la procedura
medica e la tratta con il meccanismo dello “isolamento”,
scindendo l’emozione dal fatto.
La
“prognosi” impone a Samantha di portare avanti la
“razionalizzazione” dell’evento e di rafforzare la convinzione
della giustezza della sua scelta di diventare madre ricorrendo alla
scienza medica.
Il
“rischio psicopatologico” si attesta in una psiconevrosi fobica e
ossessiva con crisi di panico nel momento in cui la
“razionalizzazione” dell’evento e il meccanismo dello
“isolamento” non funzionano.
Il
“grado di purezza onirica” è “buono” alla luce del fatto che
la chiarezza espositiva e narrativa non è di lesione alla
interazione dei simboli.
La
“causa scatenante” del sogno di Samantha si attesta nella memoria
del suo progetto di maternità e nell’associazione di una
esperienza sanitaria nel corso della vita quotidiana.
La
“qualità onirica” è “allegorica“. Nella linearità
narrativa” e degna di nota la rappresentazione per immagine:
“figurabilità”.
Il
sogno di Samantha rientra per le sue caratteristiche formali ed
emotive nella fase terza del sonno REM.
Il
“fattore allucinatorio” si serve del senso della “vista” e
della “cenestesi” in “avevo la sensazione” e in “non mi
sentivo a disagio”.
Il
“grado di attendibilità” dell’interpretazione del sogno di
Samantha è “ottimo” alla luce dell’interazione lineare dei
simboli, per cui il “grado di fallacia” è “minimo”.
DOMANDE
& RISPOSTE
L’interpretazione
del sogno di Samantha è stata letta da una donna che ha preferito
l’anonimato. E’ conseguito questo dialogo.
Domanda
Come
donna e come madre le posso dire che non è facile ricorrere alla
fecondazione assistita anche perché la donna sente di non essere
all’altezza del compito se non fa tutto in maniera naturale. Non so
se mi sono spiegata.
Risposta
Si
definisce la “sindrome della madre imperfetta”. Le donne che
diventano madri sentono il dovere di partorire un figlio quasi
perfetto nel corpo. Qualsiasi nota caratteristica che stona o deroga
dai canoni che la donna ha elaborato in nove mesi di gravidanza e di
attesa prima di vedere il suo capolavoro, viene in un primo tempo
vissuta come incapacità nell’aver forgiato un corpo non conforme
alla sua norma e come una deroga dalle aspettative. In effetti la
donna in gravidanza rielabora il “fantasma del figlio” elaborato
durante l’adolescenza e la giovinezza, quando ha concepito e
assimilato la sua capacità di procreare. L’immagine del figlio si
scinde in “bello” e “brutto”, in come voglio io e come non
voglio io, con questi tratti e senza questi tratti, in un angioletto
o in uno “scarrafone”. Anche se la futura madre professa e grida
che non vede l’ora di vederlo perché non vede l’ora di partorire
e di liberarsi dell’amato ingombro, in effetti è in attesa di
comprovare se la sua onnipotenza ha funzionato, se il figlio è a sua
immagine e secondo la sua somiglianza come fece il Padre eterno con
Adamo, più che con Eva. La gravidanza e il sacro mistero
psico-biologico della maternità richiama nella donna il “meccanismo
psichico di difesa” del “controllo onnipotente”, quello che ha
usato da bambina nei riguardi dei suoi genitori nell’esorcizzare le
angosce di abbandono, lo stesso di cui si è servita giocando a fare
la mamma con le sue bambole imitando il comportamento della figura
materna, in vista dell’identificazione in lei e alla ricerca di un
progetto di vita e di realizzazione personale. Quindi, già con la
normalità ci sono problemi e conflitti, figuriamoci se la
fecondazione avviene “in vitro” e dopo una serie di operazioni
mediche. La “sindrome del genitore imperfetto” si esalta e viene
fuori in maniera prepotente anche perché l’itinerario della
maternità è travagliato e conflittuale. Alle solite paure di fare
un figlio disabile, “proiezione” delle angosce della madre sul
feto e rifiuto di quest’ultimo perché rappresenta una minaccia di
morte, si aggiungono altre esigenze voluttuarie del tipo che sia
bello e quasi perfetto e che non sia uno “scarrafone”, nonostante
il fatto accertato nei film e nella musica leggera che “ogni
scarrafone è bello a mamma soia”. E la psicodinamica si complica
sempre più. In ogni caso la maternità naturale o assistita nelle
sue varie forme deve sempre soddisfare la volontà della donna.
Questo rispetto è oggettivamente imprescindibile, il resto rientra
nella soggettività dei vissuti della candidata, esigenze e paure
comprese. Per il resto, il mai abbastanza compianto Pino Daniele
insegna che ogni figlio, oggettivamente brutto come uno scarafaggio,
è bello, che dico bello, bellissimo, per la sua mamma. E anche Sofia
Loren “docet” nei film di napoletana ispirazione come “Ieri,
oggi e domani” e altri firmati da Vittorio De Sica.
Domanda
Nel
sogno di Samantha compare un uomo e anche la madre. Lei ha ben
spiegato il significato. Cosa mi può dire di quelle donne che
ricorrono alla fecondazione assistita eterologa mettendoci soltanto
l’utero?
Risposta
Ti
riferisci alle donne che ricorrono alla banca del seme e dell’uovo,
lo fanno fecondare “in vitro” e poi lo ricevono e lo fanno
crescere nel loro utero. Si tratta di donne altamente autonome e
molto sensibili a mantenere la loro libertà dal maschio come se
fosse una loro ideologia e una loro vitale esigenza. Sono donne
navigate che magari hanno tanto lavorato per la loro realizzazione
personale e dopo i cinquantanni prendono coscienza del bisogno di
avere un figlio, di realizzare la loro maternità quando è soltanto
possibile nel modo prima descritto. La Scienza medica è al servizio
di questa donna che ha un tardivo risveglio dell’istinto materno.
Proprio quando incorre nella perdita della possibilità di procreare
con la menopausa, questa donna prende coscienza di non accettare la
“mutilazione” della sua “libido genitale”. In questo caso
esiste anche l’atto di non ricorrere al compagno e al suo seme
perché questa donna è allergica ai legami e alle dipendenze e non
ha una grande stima del maschio. Insomma la risposta è una sola:
questa donna va rispettata e appagata nella sua scelta e decisione.
Aggiungo senza mezzi termini che questa donna presenta una
“organizzazione psichica reattiva” decisamente
“fallico-narcisistica”, una sorta di Afrodite che concilia il
maschile nello sperma di Urano e il femminile nella schiuma del mare
Ionio, una donna che di fronte all’angoscia di perdita della
menopausa e della maternità reagisce in maniera narcisistica e
onnipotente chiedendo a sé di avere un figlio in condizioni estreme.
Questa donna è degna di psicoterapia dopo il parto, semplicemente
perché ha maturato sotto le sferzate dell’angoscia depressiva di
perdita la “posizione genitale” e la “libido” corrispondente,
sentendo il bisogno di amare non più soltanto se stessa ma anche un
figlio. Questa donna avverte a cinquantanni l’esigenza di
investimenti di “libido genitale” riconoscendo un figlio da amare
ma non un uomo su cui investire la sua “libido” in ogni senso,
sia quella erotica e sia quella genitale. Quindi il problema
dell’onnipotenza ancora esiste ed è in circolazione psichica.
Bisogna intervenire per facilitare l’evoluzione senza snaturare la
donna nella sua “organizzazione psichica reattiva” di base, ma
aiutandola a non ripetere lo schema “fallico-narcisistico” sul
figlio durante lo svezzamento e insegnandole che il figlio non è un
suo possesso o un oggetto di potere gratificante, ma è un individuo
e appartiene a se stesso e a nessun altro e come tale va vissuto,
aiutato e rispettato.
Domanda
Ma
come crescerà questo bambino senza la figura paterna? Lei ha sempre
detto che il padre è necessario per il corretto sviluppo psichico
del figlio.
Risposta
Riconfermo
e ribadisco che la figura paterna è importante quanto la figura
materna per l’evoluzione psichica del bambino e soprattutto per la
sua identità psichica, per la sua “posizione edipica”, per la
formazione dell’istanza psichica “Super-Io”, per la relazione
con la realtà e i suoi principi, nonché per la socializzazione. Ma
è anche vero che gli orfanelli del dopo guerra si identificavano
nella figura del prete o di qualsiasi uomo o persona su cui operavano
un investimento di “libido”. Mi spiego fuor di metafora e di
esempi. Il bambino ha un’autonomia di scelta delle figure di cui ha
progressivamente bisogno, per cui una figura al di là della madre
certamente la trova e la investe per la sua evoluzione psicofisica e
per l’elaborazione delle “posizioni psichiche” formative. Certo
questo bambino avrà una mamma avanti con gli anni e confrontandosi
con i coetanei chiederà perché le mamme degli altri bambini sono
più giovani, insomma qualche domanda indiscreta la farà alla sua
mamma. Sono sicuro che quest’ultima avrà la risposta giusta da
dargli dal profondo del suo potente narcisismo.
Domanda
Ma
è giusto avere un figlio in età avanzata e in questo modo?
Risposta
Sia
fatta la volontà della donna che vuole diventare madre e “più non
dimandare”. Comunque c’è un dibattito sulla “Bioetica” e
anche sulla fecondazione assistita. Si confrontano due tesi
fondamentali. In
primo luogo il “principio della dignità della vita umana” e
quindi del rispetto della Vita. In questo senso la “Etica della
responsabilità” e del timore si esprime nella paura che la
Tecnologia possa provocare danni irreparabili. Inoltre la Chiesa
cattolica è schierata su una posizione fortemente caratterizzata
dalla difesa della “sacralità della vita umana”e considera la
vita presente sin dal concepimento e fino alla stadio della morte
cerebrale totale. Di conseguenza la posizione della Chiesa in materia
di aborto, eutanasia, tecniche di riproduzione artificiale e
manipolazioni genetiche è di severa condanna. In secondo luogo il
“principio della qualità della vita” che fa riferimento in linea
di massima alla Bioetica laica, la quale afferma alcuni criteri umani
di riferimento: la “non maleficenza” (evitare il male), le
“beneficenza” (favorire il bene del paziente), la “giustizia”
e in particolare la “autonomia” (che suppone la libertà di
scelta del paziente e il suo consenso informato). I principi di
questa nuova visione dell’Etica argomentano a favore di un ruolo
nuovo dell’ammalato o del soggetto nelle decisioni. Quindi si
supera anche il Codice deontologico della Medicina che attribuiva al
medico una posizione di superiorità rispetto al paziente nella
scelta della cura. All’interno dell’Etica laica si sono espresse
posizioni teoriche ancora più radicali come quella di Peter Singer
che ha disegnato i termini di una vera e propria rivoluzione etica
sostituendo gli antichi comandamenti della Morale cristiana con altri
che possono essere condensati in “rispetta il desiderio delle
persone di vivere e di morire” e “non togliere mai la vita e
cerca sempre di evitare che lo facciano gli altri”. Singer ha
sostenuto che è compito dello Stato proibire il suicidio cioè
promuovere la Moralità e agire beneficamente verso i propri
cittadini. Inoltre ha sostenuto che il potere può essere
legittimamente esercitato su un cittadino contro il suo volere
soltanto per impedire che egli arrechi danno agli altri. Argomentava
a favore dell’Eutanasia per una persona incurabilmente malata che
chiede al suo medico di aiutarla a morire in un momento scelto da lei
e che non reca danno a nessuno. Singer ha sostituito il “crescete e
moltiplicativi” con “metti al mondo dei bambini soltanto se sono
desiderati”. La sua posizione radicale ha comportato anche un nuovo
modo di guardare gli animali che sono considerati non più come
oggetto del dominio dell’uomo, ma come dotati di diritti analoghi a
quelli degli uomini in quanto considerati esseri capaci di soffrire.
Di conseguenza gli animali hanno lo stesso “diritto alla Vita”
che noi attribuiamo agli esseri umani e quindi è immorale ucciderli.
In questi anni si sta diffondendo una posizione equilibrata e
concreta che suggerisce un approccio pragmatico. Questa prospettiva
propone un “Metodo” che parta dai casi reali da affrontare nella
loro specifica situazione e da sottoporre all’analisi ragionata
degli altri: una posizione che si richiama alla “Etica del dialogo
e del confronto” e che sembra essere la più fruttuosa per il
futuro non soltanto per la Bioetica, ma anche per le altre Etiche
applicate alla pratica umana.
Domanda
Sono
soddisfatta di quello che mi ha detto.
Risposta
Abbiamo
fatto una bella scorribanda. Grazie e alla prossima!
E
per concludere in bellezza, ecco a voi “O scarrafone” cantata da
Pino Daniele. Si parla anche della famigerata “Lega” e siamo
nell’anno 1991, anni formidabili per un’Italia affamata di
giustizia alla “mani pulite” e prossima preda del salvatore dei
suoi interessi privati, prima che pubblici. E tutta gente che ancora
circola grazie al potere acquisito con la proprietà dei mass media.
“Ho
sognato di aver ricevuto una lettera scritta con un inchiostro color
oro.
Io
e mio padre dovevamo consegnarla presso una casa.
Io
e mio padre siamo saliti con questa lettera in mano su un vagoncino
delle montagne russe che andava velocissimo e verso l’alto.
Io
non sono riuscita a sostenere l’ebbrezza della velocità e mi sono
lanciata fuori dal vagoncino, mentre mio padre ha continuato il
viaggio sulle montagne russe.”
Questo
è il sogno di Mara.
DECODIFICAZIONE
– CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il
sentimento d’amore della figlia nei riguardi del padre è una delle
settecentosettantasettemila meraviglie dell’universo umano e
sicuramente la più scandalosa e contestata nella bigotta e
chiesaiola Cultura occidentale. Non è da meno la psicodinamica
amorosa del figlio verso la madre, anzi, quest’ultima è
archetipica e risale ai primordi dell’umanità. Il Principio
femminile che incorpora il Principio maschile si rileva nella cultura
greca e nello specifico in Gea gravida di Urano, Krono e Zeus. Si
trasla nella cultura cristiana in Maria di Nazareth gravida di Gesù
Cristo e si tramanda fino ai giorni nostri in qualsiasi
rappresentazione verbale o visiva della diade “Madre-Figlio”.
Confermo tranquillamente che quest’ultima è stata privilegiata
nella storia culturale dell’uomo occidentale rispetto alla diade
“Padre-Figlia”. Il mito di Edipo abbraccia entrambe le
psicodinamiche e le esibisce chiaramente e senza tanti fronzoli
nell’esordio e nella conclusione: Giocasta ed Edipo, Edipo e
Antigone, la madre e il figlio, la figlia e il padre. Freud da buon
ebreo dell’Occidente privilegiò la relazione “madre-figlio” e
ne fece il monumento della sua Psicoanalisi ancor prima di erigere la
lapide al padre con la “Interpretazione dei sogni”. “Vidit
matrem nudam”: ahi ahi ahi! Il piccolo Sigmund aveva appena due
anni e la vide allontanare abbracciata al padre lasciandolo solo e
rifiutato. La concezione della donna nella cultura del Novecento non
gli dava il destro per considerare maggiormente la Psicologia di
Antigone, la figlia che accompagnò il padre nelle peripezie della
sua colpa e della sua vecchiaia, nell’espiazione della sua “ubris”
parricida e incestuosa. L’andare contro l’ordine naturale nella
cultura occidentale antica è uno schema psicologico condensato nella
legge dell’uniformità della Natura, in base alla quale
quest’ultima non procede per salti e senza quella consequenzialità
sperimentata nel tempo e nello spazio. Ancora qualche nota sulla
questione “Madre-Figlio” e “Padre-Figlia”. Le chiese e i
musei sono pieni di cosiddetti capolavori che vedono Maria con il
figlio bambino e adulto, natalità e morte, al seno e in braccio con
le braccia deposte e penzoloni con tutta la “pietas” possibile e
passibile secondo le intenzioni del sublime e umano Michelangelo. Ma
di Padre e Figlia niente è pervenuto, a mia modesta memoria, nelle
arti scultoree e pittoriche. Nella Letteratura, di certo, non mancano
le testimonianze anche sotto forma di accenni e di parti dell’opera.
Il motivo è profondo e il simbolismo dice che la relazione
“Padre-Figlia” è contrassegnata da incestuosa violenza e da
deroga trasgressiva alla Legge di Natura. La natura di questo vissuto
profondo si condensa nel concavo che riceve e nel convesso che
penetra, nella recettività sessuale femminile e nella penetrazione
sessuale maschile. L’adescamento femminile è protettivo, la
seduzione maschile è subdola. Il Principio maschile contiene la
colpa primordiale della violenza. Il Principio femminile è permeato
di filogenesi, Eros e amore della Specie, mentre il Principio
maschile è contraddistinto da pulsione distruttiva e mortifera,
Thanatos. Se il Padre si associa alla Morte come distacco
ineluttabile, la Madre aiuta la dipartita consolando la perdita,
sentimento della “pietas”. Vedi di Michelangelo la scultura della
“Madonna di Bruges” e la pittura della “Madonna con il
bambino”. Per quanto riguarda la relazione Madre-Figlio e la Morte
vedi la “Pietà vaticana”, una scultura ineffabile nei contenuti
sul tema in questione.
“Ho
sognato di aver ricevuto una lettera scritta con un inchiostro color
oro.”
L’esordio
del sogno non poteva essere più altolocato e degno di una nobiltà
d’altri tempi, quando l’orgoglio si sposava all’amor proprio
senza stridore e con naturalezza. Mara si fa recapitare da se stessa
una storia importante e una psicodinamica universale degna di tutte
le figlie delle migliori famiglie del globo terracqueo. I contenuti e
i tratti della storia psichica sono stati vissuti intensamente e
fissati in maniera indelebile nella “tabula rasa” della psiche
della nostra protagonista.
Da
chi Mara si fa mandare la lettera?
Quale
storia e quale psicodinamica sono in chiamate in ballo?
Intanto
i simboli dicono che “aver ricevuto” attesta di una disposizione
psichica recettiva e di una disponibilità a trattare e a
contrattare, “una lettera” si traduce in una storia intima e
privata, “scritta” equivale a esperienza consapevolmente vissuta,
“inchiostro” declina l’intensità sofferta e la fissazione
emotiva, “color oro” testimonia della sacralità e della nobiltà
umane del contenuto dell’esperienza vissuta che si sta profilando.
“Io
e mio padre dovevamo consegnarla presso una casa.”
Mara
non è da sola e, guarda caso, è in compagnia del padre, una
vicinanza che è una comunione d’intenti e di progetti: la storia
intima e privata appartiene a una persona e alla “organizzazione
psichica reattiva” di questa ben capitata. Essendo presente la
figura paterna si tratta con la massima evidenza della “posizione
edipica”, della conflittualità con il padre e la madre.
Coordinando, Mara si sta riappropriando della sua relazione con il
padre ed è in via di razionalizzarla proprio riattraversandola ed
evidenziando gli aspetti più intriganti e formativi per la sua
organizzazione psichica.
I
simboli dicono che “io e mio padre” rappresentano degnamente la
coppia edipica, “dovevamo” è ingiunzione morale dell’istanza
psichica Super-Io, “consegnarla” si traduce in affidarla alla
comprensione ossia decodificarla nei suoi segni, “presso una casa”
attesta della presenza di questa esperienza all’interno di una
struttura psichica evolutiva.
Il
motivo, per cui Mara attribuisce ad altri la destinazione della
lettera, s’incentra nella difesa dello “spostamento” anonimo di
materiale psichico altamente personale e caldo.
“Io
e mio padre siamo saliti con questa lettera in mano su un vagoncino
delle montagne russe che andava velocissimo e verso l’alto.”
Ed
ecco la chiave d’interpretazione del sogno di Mara!
Il
“vagoncino delle montagne russe” può essere un buon mezzo di
trasporto per la lettera d’amore da consegnare a una fortunata
estranea anche se non si spiega come può avvenire la dinamica di
recapito e, in specie, se il vagoncino va verso l’alto. Fuor di
metafora Mara sta rievocando la sua storia d’amore con il padre e
sta riesumando le emozioni e le sensazioni che hanno contraddistinto
tale rapporto. Nello specifico Mara mette l’accento sull’intensità
dei vissuti e sulla “sublimazione della libido”. Quest’ultima è
un’operazione di difesa direttamente proporzionale alla forza delle
pulsioni e dei desideri.
Il
“vagoncino delle montagne russe” è simbolo della consapevolezza
dell’intensità dei vissuti, “velocissimo” idem, “verso
l’alto” è la direzione della “sublimazione” delle cariche
erotiche.
Tutto
è come nella norma più spietata. Mara sogna la sua “posizione
psichica edipica” e la maniera in cui l’ha gestita nel corso
della sua formazione.
“Io
non sono riuscita a sostenere l’ebbrezza della velocità e mi sono
lanciata fuori dal vagoncino,”
La
consapevolezza non basta, la composizione delle emozioni e delle
pulsioni in una cornice naturale non basta all’adolescente, per cui
viene in soccorso di Mara il meccanismo della “rimozione” e della
espulsione dalla coscienza di questo materiale delicato e altamente
formativo della vita affettiva e sessuale, nonché dell’identità
psichica. Mara non riesce a gestire la “posizione edipica” e la
rimuove, la dimentica, la ridimensiona e la colloca nella sfera
psichica profonda, la scarica nel dimenticatoio nel duplice senso di
luogo e di energia. Le emozioni erotiche e le cariche sessuali
investite nella figura paterna avevano raggiunto un’intensità tale
da produrre la necessità difensiva di un depotenziamento.
La
simbologia parla di “sostenere l’ebbrezza” nel senso della
caduta della vigilanza della coscienza di fronte all’orgasmo,
“fuori del vagoncino” si traduce in fuori dal corpo ricorrendo
alla mente e bloccando il processo naturale dell’orgasmo.
“mentre
mio padre ha continuato il viaggio sulle montagne russe.”
Mara
si stacca dall’attrazione paterna e dalla morsa edipica al prezzo
di dover razionalizzare il suo trasporto sessuale e lasciando il
padre adulto ed esperto a vivere autonomamente la sua vita sessuale.
Mara risolve la “posizione edipica” dopo intensa vitalità
attraverso la risoluzione della paura dell’incesto. Questa
soluzione di rimuovere le sue pulsioni erotiche e sessuali paga il
prezzo di una difficoltà della funzionalità sessuale, l’anorgasmia,
l’incapacità a lasciarsi andare al moto dei sensi con la caduta
della vigilanza.
Il
simbolo del “viaggio sulle montagne russe” è il lasciarsi andare
all’orgasmo e ai movimenti psicofisici nell’esercizio erotico e
sessuale.
Si
conclude il viaggio onirico di Mara e la rievocazione della sua
polivalente relazione con il padre.
PSICODINAMICA
Il
sogno di Mara sviluppa la “posizione edipica” e nello specifico i
vissuti erotici e sessuali in relazione al padre. La risoluzione del
trambusto emotivo e libidico è avvenuta tramite la “sublimazione”
e la “rimozione”. Tale operazione rischia di danneggiare la
vitalità sessuale con l’anorgasmia. Mara ha bloccato la sua
pulsione edipica nel momento in cui la sua carica sessuale cresceva e
l’attrazione diventava emotivamente intensa.
PUNTI
CARDINE
Il
sogno di Mara ha la sua chiave interpretativa per quanto riguarda la
“posizione edipica” in “Io e mio padre siamo saliti con questa
lettera in mano su un vagoncino delle montagne russe che andava
velocissimo e verso l’alto.” In riguardo alla vita sessuale
determinante è “Io non sono riuscita a sostenere l’ebbrezza
della velocità e mi sono lanciata fuori dal vagoncino,”
DOMANDE
& RISPOSTE
L’interpretazione del sogno di Mara è stata analizzata da Mariano, uno studente di Liceo delle scienze umane. Alla fine mi ha posto le seguenti domande.
Mariano
A
scuola in letteratura greca la professoressa non ci ha spiegato i
miti e i personaggi come fa lei, anzi non ha fatto nessun riferimento
ai simboli, ha raccontato la storiella e chi si è visto si è visto.
Ma siamo sicuri che lei dice cose vere e non emerite minchiate?
Salvatore
Mariano
si è capito chiaramente che siamo nella meravigliosa Sicilia e nella
bellissima città di Siracusa, Ortigia per la precisione, resa
bruttissima dalle autorità a loro modo costituite e di tutti i tipi,
ordini e gradi, resa sporchissima dai siracusani. A Siracusa si paga
la tassa dei rifiuti più alta d’Italia per avere merda dappertutto
e discariche a cielo aperto. Dirti che sei un giovane ignorante non è
offensivo, ma è anche vero che potresti istruirti da solo, visto che
la scuola si ferma a quattro nozioni, almeno a quello che dici.
Purtroppo tutto quello che io scrivo non è farina del mio sacco, ma
è una sintesi di tante teorie e scuole sull’argomento mito e
Grecia antica. Per quanto riguarda la Psicoanalisi è meglio non
parlare, perché l’argomento è sicuramente tabù.
Mariano
Invece
di Psicoanalisi io sono informato perché ho letto alcuni romanzi di
Alberto Moravia e ho visto che il professore d’italiano ha
approfondito alcuni concetti sulla vita sessuale e sul rapporto tra
figli e genitori. Ho letto “La noia” e “Agostino” e mi sono
piaciuti tanto per la loro profondità. Certo c’è tanto
pessimismo. Oggi noi giovani viviamo in maniera più semplice e meno
contrastata, magari siamo superficiali, ma va bene così, anzi è
meglio così.
Salvatore
Ti
consiglio di rileggerli tra due anni e magari capirai di più.
Mariano
Ma
lei pensa che sono ignorante perché non so le cose che sa lei?
Salvatore
Tu
sei ignorante perché ignori tantissimo. Sei stato deprivato della
giusta istruzione e delle dovute conoscenze e la tua famiglia non è
stata uno stimolo giusto per farti crescere. Non parliamo della
società e tanto meno delle autorità inesistenti. Mi addolora il
fatto che sei stato fregato e te ne renderai conto quando porterai a
cena la persona ambita e ti renderai conto di non avere argomenti di
cui parlare e di essere un sempliciotto.
Mariano
Perché,
secondo lei, se io vado a cena con la mia fidanzata devo parlare di
filosofia e di teologia e di miti e di sogni. Io sono molto più
concreto e non so se mi sono spiegato abbastanza.
Salvatore
Ho
capito benissimo e non è proprio il caso di spiegarti ancora. Ti sei
riscattato ai miei occhi, ma resti un povero diavolo che non sa di
essere figlio di dio. Vedi, Mariano, ti hanno tolto la possibilità
di capire e di spiegare in tanti altri modi il mondo in cui vivi e la
persona che sei. Questo è gravissimo e per te è un danno difficile
da sanare. Se ti dico che hai poche categorie interpretative, mi
capisci?
Mariano
Certo
che capisco, ma credo che non sia essenziale avere le sue categorie
per essere intelligenti o intellettuali. Poi, io voglio essere un
uomo concreto che vive di fatti e non di parole o di idee. A cosa
serve capire un sogno, ammesso che sia vero quello che lei ha
scritto?
Salvatore
Vedi
come sei ristretto nella tua testolina. La materia grigia ha chiesto
diritto d’asilo ad altra testa e adesso è profuga e forse il
ministro degli interni con i suoi decreti non la farà arrivare da
nessuna parte. Ciao e stammi bene. La poesia che segue non è roba
per te. Lascia perdere, che a essere intelligenti si paga una tassa
molto alta. Meglio un drink in compagnia dei soliti noti. Dopo si
torna a casa a piedi, mi raccomando.
DEDICATO
A MIO PADRE
Non
mi piacciono le sagre e nemmeno le giostre,
il
Carnevale,
la
notte di San Silvestro,
la
baraonda d’ordinanza,
il
piacere relegato al suo più infimo significato.
Sono
nata libera,
non
portarmi sulle montagne russe
e
il guinzaglio mettilo ai tuoi cani.
Non
regalarmi velocità da centrifughe domestiche.
E
non sono il tuo postino,
non
consegno i tuoi messaggi alati alle mie rivali,
non
chiedermi nulla di cui io possa un giorno pentirmi.
Non
insegnarmi la tentazione di pensieri funesti,
potrei
rivolgerli contro di te,
sai
che lo farò,
ma
forse lo fai proprio per armare la mano che ti annienterà,
così
ognuno avrà modo di espiare la sua colpa.
Padre,
è
stato così difficile difenderti dalle insidie del tempo,
ho
avuto l’impulso di lasciarmi cadere dalla rupe di cartapesta
delle
tue montagne di cartapesta
quando
ho compreso che non erano le Alpi generose
dei
tuoi racconti di fiaba.
Ho
resistito al piacere di farti pagare il peccato primordiale
di
non avermi amata come si ama una donna.
E
adesso che è finita ed è ricominciata
e
finita e ricominciata ancora e per sempre,
dannazione
eterna di un amore umano,
vengo
a riscuotere il mio credito.
Portami
dentro di te,
dove
scrivi parole con la tua penna di carne
e
il tuo inchiostro di sangue,
imprimile
sulla mia pelle acerba,
affinché
io possa imparare a incidere un degno epitaffio
sulla
pietra ruvida della tua tomba.
Monterò
la guardia davanti alla porta del tuo regno
e
braccia umane non avranno accesso alle tue braccia,