
VENERDI’ SANTO
È lento o veloce il tempo?
Che forma ha?
È rotondo?
Quadrato?
È il cilindro con all’interno un coniglio
o l’attesa del ladrone alla mia destra?
Non esiste,
ma intanto dilata l’orizzonte
di questa spianata priva di lancette.
Anelo a un orologio
come uno schiavo che invoca un ordine da eseguire,
credo di essere attratta dal bisogno di un calcio nel culo,
una colpa da trasferire,
un carnefice che dia un senso a questo pomeriggio.
Mi guardava come avrebbe guardato un quadro o un cane.
Questo quando mi amava.
Adesso mi guarda come fossi una certezza
e so che,
quando scomparirò,
non noterà la mia assenza.
Alla fine ci si abitua alla permanenza,
diventa evanescente come un santo.
Vivo o morto è a tua disposizione,
a disposizione delle tue necessità morali.
È sempre una questione di tempo,
anche quando non esiste.
Non si ferma,
si muove come vuole,
rughe,
questo bel culo che cade,
creme,
speranze da disilludere,
ridere,
ridere di questa banalità,
il pensiero viaggia più veloce
ma almeno rallenta a comando,
mentre questo corpo esige la sua immanenza.
Sono le tre del pomeriggio
ed è necessaria una morte
per decretare l’immortalità.
Io sono il mio tempio,
il mio corpo è il mio tempio,
il tempio è stato distrutto,
prima o poi sarò a Gerusalemme.
Mi metteranno in croce?
Penso di sì,
questo è il messaggio del Figlio dell’Uomo.
Messo in croce Lui,
messi in croce tutti noi.
Non lamentarsi,
difendere il bastione con onore.
Sarà bello il mio vestito?
Sarà bianco?
Avrò meritato la ribalta?
Io non credo che ci sarà gente,
non paga più nessuno
per assistere al supplizio di un fiore reciso.
Sabina, aprile, 2019
PASQUA
Fiorisci bel fiore,
fiorisci amore mio,
che a morir d’amore c’è tempo,
lo sai.
Chissà quanti anni hai.
Forse tredicimila e cinquanta tre,
forse trentamila e quattro.
Chissà quante vite hai.
Forse cinquecento e due,
forse settemila e sette.
Ti ho dato i numeri,
ma tu non sognare di rinascere,
non rinascere,
ancora ti servi viva.
E la tristezza di un padre voluto e cercato
riservala sempre a te stessa,
non darla al miglior offerente
nel mercato delle colombe e delle uova
il sabato mattina nella piazza del Duomo,
così a Trento,
così a Siracusa,
così là dove e in ogni dove ci sarà un Duomo.
Sfiorisci bel fiore.
sfiorisci amore mio,
che a morir d’amore c’è tempo,
lo sai.
Sul davanzale esposta è la tua sagoma
tra vasi oblunghi di fiori di fragola,
tra filari infiniti di mele melinde.
Le litanie ripetono i cori della primavera
e nell’asilo delle bambine e dei bambini,
abbandonati anche dalle suore,
nelle ore della canicola
si esorcizza l’angoscia della malora
in quel dopoguerra mai tramontato.
E i bambini e le bambine cantano e non piangono.
“Mela melina,
dolce e carina,
rossa e rotonda,
mela gioconda,
come ti mordo
nel mio ricordo.”
Intanto il tempo scorre tra le umide legnaie
e, se ti muovi,
scarica eros il tuo corpo aspro
di adolescente cresciuta in fretta
e non diventata donna.
Come farai a essere la prima della classe?
Va bene lo stesso,
ma non essere sola,
non sentirti sola,
ti prego
e parlami con gli occhi,
quelle fiaccole celesti
che brillano quando canti
“Mele meline,
dolci e carine,
rosse e rotonde,
mele gioconde,
come vi mordo
nel mio ricordo.”
Quando cammini,
sei tra maschio e femmina,
tra uno sculettare
e un incedere imperioso di vanagloria.
Regali ancora i tuoi seni al destino infame?
Non correre troppo,
altrimenti si vede quella malafemmina
che della seduzione ha fatto un’arma dolce e micidiale,
come la sirena Lighea,
la figlia di Calliope e di un delfino.
I tuoi occhi sono haschisc
o, se vuoi, due tazzulelle e cafè,
ch’i tant l’adda girà
e tant l’adda girà,
ch’o roce d’inta tazza
coppa a bbocca m’adda ‘rivà.
I poeti, mia cara, muoiono sempre il giorno dopo
e poi rinascono come i ramarri.
Tu,
per quello che ti compete,
leggimi un po’ ogni sera
per tenermi ancora in vita.
Il poeta non sarà oscurato dalla censura
o dalle sue stesse rimozioni.
Che l’ascolto sia fragile
e il dimenticare sempre lieve.
Hai vissuto soltanto pochi giorni di sole.
Assolvi la tua debolezza
e dolce ti sia ancora e sempre il ricordare,
così come volevi quando eri l’Orazio di allora,
così come volevi quando eri la Saffo di ieri.
Riposa bel fiore,
riposa amore mio,
che a morir d’amore c’è tempo,
lo sai.
Salvatore, aprile, 2019