UN’ATMOSFERA MAFIOSA

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Mi incontro in un appartamento antico di Berlino con Giogiò e passiamo delle ore serene e in sintonia, come al solito.

Per un po’ di mesi non lo sento più e allora decido di scrivergli un sms al quale non risponderà mai.

Sono in Sicilia e incontro due suoi collaboratori che mi dicono che Giogiò è stato assassinato qualche mese fa e non si sa da chi.

Scopro che il suo capo mi sta cercando perché ha saputo di noi.

Organizzano una cena fastosa per commemorare Giogiò e io sono l’ospite d’onore.

C’era un’atmosfera mafiosa e a un certo punto il suo capo mi dice che sta per arrivare la portata speciale cucinata appositamente per me.

Entra un cameriere con un piatto pieno di carne e mi dicono che sono i testicoli e il pene di Giogiò e che li devo mangiare.

Tutti sono inorriditi, ma io calma li mangio. Sono brutti ma dolci e la carne è tenerissima e si scioglie in bocca.

Rispondo che sono buonissimi e che li trovavo fantastici quando era vivo e sono così anche ora.

Questo è per loro un affronto e allora mi fanno vedere delle foto. Lo avevano rapito, seviziato e lasciato morire: una sorta di regolamento di conti.

Allora capisco che sanno tutto di noi. Scappo e mi inseguono, mi nascondo in un negozio di parrucchiera e dopo molte ore il capo mi trova.

Entra, ma la sua attenzione è presa da delle parrucche da donna, ne sceglie una e si fa truccare e scopre che vestito così si vede bello.

Mi lascia perdere e se ne va.

Io esco e mi aspettano i carabinieri. Mi dicono che da mesi indagano sull’omicidio, ma che non avevano mai sospettato del suo titolare. Pensavano a qualche pista passionale e mi dicono che hanno scoperto che Giogiò aveva amanti ovunque. Una fissa a Torino.

I carabinieri mi fanno vedere una foto dell’appartamento di Torino e vedo che ci sono macchie secche bianche sui mobili in cucina. Mi dicono che pensavano fosse cocaina, ma invece erano sputi secchi di acqua e sale, tipo un gioco di bambini.

La cosa non mi turba. In cuor mio so che sono stata speciale e unica per lui. Mi ritrovo triste a casa, depressa e in lutto per la sua perdita. Mi sento tanto triste che devo raccontare la nostra storia a mia cugina.”

Così e questo ha sognato Mamai.

DECODIFICAZIONE – CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

La storia tra un uomo e una donna, una tra le tante storie tra un uomo e una donna che non si lascia catalogare per la sua intrinseca innocenza e naturale trasgressione, è degnamente rappresentata in sogno dalla protagonista in un momento di nostalgia canaglia e in un momento di composizione dei sentimenti e di remissione delle emozioni. Quando il marasma d’amore e di sesso, vissuto nello struggimento di un maremoto sensoriale, sembra irrimediabilmente passato, ecco che arriva il sogno a dirti creativamente quanto ti ha segnato e insegnato la meravigliosa esperienza vissuta. Il “tempo fuori” non ha sfiorato minimamente il carico di bellezza rimasto tra le maglie del “tempo dentro”.

Tutt’altro!

Il “tempo fuori” ha dato la possibilità al “tempo dentro” di maturare l’ironia e il distacco dal materiale psicofisico apparentemente archiviato.

E così, una donna chiamata Mamai si è trovata da bambina tanto legata al padre e da adulta realizza naturalmente le sue fantasie edipiche per superarle e abbandonarle dopo l’ampio appagamento. E’ quello che avviene nel cosiddetto “primo amore”, quello che non si sposa mai semplicemente perché è destinato a finire. Il “primo amore” si esaurisce perché non ha niente di originale e di creativo, è una minestra appetitosa ma riscaldata e come tutte le pietanze della tradizione non permette innovazioni e originalità. Il sogno è la storia di Mamai che realizza con Giogiò quello che ha allucinato con la fantasia nell’infanzia e nell’adolescenza nei confronti del padre e all’interno di una cornice sicula-mafiosa, un quadro obsoleto e stucchevole che mantiene le sue peculiarità creative perché altamente simbolico. Il sogno di Mamai è la sintesi di un romanzo drammatico che la buona penna del miglior Camilleri avrebbe elaborato e ricamato con la rigogliosità etnica e linguistica dell’esordio.

E cosa dire delle allegorie che Mamai intesse nel suo sogno a proposito dei riti “oro-incorporativi” e magici?

E cosa dire dell’inevitabile rimando a “Totem e tabù” di Freud?

Il sogno di Mamai è veramente un condensato di “processi e meccanismi psichici di difesa” dall’angoscia, oltre che un barattolo di pillole letterarie su temi siculi di mafia e di amore. La donna non è vittima, ma è dominante e gestisce, senza alcuna paura reverenziale verso il maschio, la trama del suo prodotto psichico.

E’ opportuno delucidare la Mafia in quanto Cultura primaria, in quanto insieme di schemi interpretativi ed esecutivi dell’Uomo e della Realtà.

La Mafia è il simbolo della Madre e della sua Legge, la Legge del Sangue, la Ontogenesi e la Filogenesi, l’origine e l’amore della Specie. La Mafia originaria include il Matriarcato e il culto della dea Madre nel mistico onore e nella sacra obbedienza dovute per Natura al Principio femminile. La Madre è la sede degli istinti e delle pulsioni, istanza Es, delle emozioni e dei sentimenti, del sistema nervoso neurovegetativo e della Magia, dei riti e dei divieti, dei totem e dei tabù. Il Pensiero della Madre è la Fantasia e si esprime nella Poesia e nel Sogno, non nella Filosofia e nella Scienza. La Politica della Madre si realizza nei clan, organizzazioni di famiglie che condividono il Sangue e la sua Legge. Il Sangue è simbolo di Vita e di continuazione della Vita ed è depositato nella Femmina Madre, uovo, e si distribuisce nelle femmine madri. Ritornano le figure mitiche di Lilith e di Eva, nonché di Gea e di Demetra. Si rivedono le “parti buone e cattive” del Fantasma Madre. E’ da precisare che il Matriarcato e la sua Cultura si pongono come sistema interpretativo sin dall’origine, ma vengono nel tempo soppiantati dal Patriarcato e dalla sua Cultura. La Madre viene rimossa a livello collettivo e sopravvive nel sottobosco e nell’occultamento in pieno rispetto alla Verità la cui etimologia impone che si nasconda e che si mostri solo se ricercata e disoccultata: “a-letheia” o senza nascondimento. Il Regno delle Madri è l’anima occulta del sistema esistente dei Padri, è l’Invisibile concreto del Visibile altrettanto concreto, è la Matrice materiale del Corpo materiale. Il potere dei Padri è effimero e mutevole perché è l’epifania del potere delle Madri.

Tornando alla Mafia come organizzazione criminale, si desume che nel Tempo storico la Cultura delle Madri sia stata imitata e sia tralignata negli schemi della sopraffazione dei nemici e della prevaricazione degli estranei, dell’eliminazione e dello sterminio di tutti coloro che non si adeguano al sistema imposto dal gruppo di origine e di appartenenza, la Famiglia e le Famiglie: “Cosa nostra”. Quella che in origine era la Cultura della Madre e del Sangue è stata imitata nelle modalità organizzative e metodologiche dalla Cultura dei Padri e si è evoluta nelle Organizzazioni criminali o nel Capitalismo alternativo. Non sono estranee a tali principi e metodi le “Società segrete”, i “Beati Paoli” in Sicilia, la Massoneria in Europa, la Carboneria in Italia e “I Sublimi Maestri perfetti” e tutte quelle compagini che si sono date una Etica alternativa e occulta, una finalità politica e sociale in opposizione ai valori dominanti e agli schemi conclamati.

Il sogno di Mamai meritava tanto preambolo perché non è un semplice sogno e deve essere gustato come un cannolo di ricotta della premiata pasticceria Girlando di Avola: un qualcosa di veramente eccezionale.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

Mi incontro in un appartamento antico di Berlino con Giogiò e passiamo delle ore serene e in sintonia, come al solito.

La tresca è antica e fascinosa, rientra tra le esperienze preziose della vita, avviene quando la serenità e la sintonia si combinano con i sensi e i sentimenti e nel mentre che l’ingrato tempo trascorre lasciando l’odore del “già vissuto” e del “già visto”. Mamai ha il suo Giogiò e insieme si trovano nella pacatezza di un incontro trasgressivo del loro tipo, quello che ben conoscono e che volentieri rinnovano con il ciclo delle varie lune. La ripetizione è monotonia e appartiene alle loro modalità d’approccio. Tutto è solito e antico e nello stesso tempo è insolitamente nuovo perché trascorre tra serenità e sintonia. Tutto ha bisogno ancora di essere rivissuto e la ripetitività infonde sicurezza ai giovani amanti.

La simbologia vuole che “mi incontro” sia un happening erotico e sessuale, “l’appartamento antico” sia la parte psicofisica trasgressiva e di volta in volta occupata secondo l’occasione, la “ore serene” siano i vissuti sgombri di nuvole, la “sintonia” sia quella dei sensi, “Berlino” sia un indizio soggettivo, un simbolo di Mamai per l’appunto.

Per un po’ di mesi non lo sento più e allora decido di scrivergli un sms al quale non risponderà mai.”

Il vissuto è stato vissuto e gli amanti hanno già dato ampiamente a se stessi in assenza di altro e di altri. Non resta che il ricordo e la possibilità di un ritorno, l’attesa di una riedizione del “già vissuto”. Del resto, gli amanti non vivono il tempo storico, non hanno continuità quotidiana, non interpretano l’esistenza nella sua banalità, non hanno beni da condividere e tasse da pagare, non subiscono le offese degli istrioni. Gli amanti vivono gli attimi, più o meno lunghi, che riescono a inventare e a riempire, si amano e si abbandonano, vivono e muoiono nello stesso tempo, si salvano e si uccidono insieme. Gli amanti mettono insieme brandelli di tempo e di storia, di carne e di sangue. L’attimo è la loro unità di misura psicofisica. Se trapassano nella continuità del tempo, gli amanti non esistono più semplicemente perché sono diventati marito e moglie, hanno comprato casa e figli, lavorano e si scannano, si abbuffano e si deprivano, guardano la tv e scrivono sms, fanno distrattamente l’amore la domenica mattina per dovere coniugale. Se si chiamano al telefono, non possono rispondere perché non hanno nulla da comunicare. Gli amanti muoiono e rinascono come l’araba fenice o come il ramarro. Ma, nel caso di Mamai qualcosa non va più nel verso giusto perché Giogiò non risponde, perché Giogiò non può rispondere. Mamai è cambiata. Mamai non è la stessa. Mamai non è quella di prima e di sempre. La trama dell’amore inquieto e fascinoso si complica e la questione psico-sociale diventa veramente drammatica.

Altro che Montalbano e le sue semplici trovate o “pinzate”!

Qui siamo prossimi al siciliano Sciascia e all’americano Mario Puzo!

Mamai sta per calare sul tappeto verde i suoi assi dalla manica delle memorie e delle ricordanze, nonché le sue affinità elettive in riguardo alle culture e ai personaggi. Seguirla sarà un piacere intrigante anche perché è una donna del Continente che ama la Sicilia.

Sono in Sicilia e incontro due suoi collaboratori che mi dicono che Giogiò è stato assassinato qualche mese fa e non si sa da chi.”

I conti tornano. Giogiò non può rispondere perché è passato tragicamente a miglior vita o a nuova dimensione, insomma ha cambiato sintonia. La Sicilia non promette niente di buono tra “collaboratori” e morti ammazzati, tra anonimi assassini e ambigui salotti. Questo cambio spazio-temporale è dei peggiori auspicabili, ma il sogno può nascondere fatti tragici e camuffarli con fatti surreali. Il mistero si profila e richiama il miglior detective che esiste sulla piazza o sul mercato. A tutti gli effetti risulta che Mamai ha chiuso l’attimo trasgressivo e creativo con Giogiò ed è trapassata nella storia di un amore già vissuto e nel ricordo di un amore perduto. Tutto è morto e la Sicilia offre il destro per gli intrighi più occulti e per i riti più originali.

Hanno ammazzato compare Giogiò!

Risuonano le assolate contrade del grido del bandezzatore, il messaggero del potere: “hanno ammazzato compare Giogiò!”

La “Cavalleria rusticana “ di don Giovanni Verga è a due passi, è nelle grida sconsolate e nelle contrade disperse, ma la verità è questa: Mamai ha ucciso compare Giogiò perché la loro storia di sesso e d’amore infelice non poteva trasfigurarsi in una storia di spirito e d’amore felice. La messa era finita e si poteva andare in pace. L’attimo era fuggente ed era trascorso come un lampo di calore nel tardo pomeriggio infilandosi tra i filari dei fichi d’India e il giallore delle gaggie.

Scopro che il suo capo mi sta cercando perché ha saputo di noi.”

Ecco che arriva il “mammasantissima” di turno nella figura esotica del “suo capo”!

Ecco che arriva il “Super-Io” di Mamai con l’istanza censurante o l’Io severo nella funzione di mediatore psichico e culturale!

Piace seguire la trama nella intrigante versione siculo-mafiosa, piuttosto che nella squallida versione psicoanalitica. Piace pensare a una tresca di amanti puniti dalla Legge del Sangue, quella dell’archetipo Madre, piuttosto che a una psicodinamica di colpevolizzazione della trasgressione e di ripristino dell’equilibrio turbato da tanta “ubris”, peccato originale di ira e di sconvolgimento dell’ordine costituito. Ma attenzione, che i riti sono diversi e non si tratta del solito lettino dello psicoanalista, perché in Sicilia la truculenza si sposa con la luce e il calore del sole, come insegna Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo “Gattopardo”. Nella realtà psichica la decodificazione esige che Mamai abbia preso coscienza della sua trasgressione e in preda ai sensi della morale costituita deve espiare le sue colpe dopo aver chiuso la fascinosa relazione e gli attimi eterni con Giogiò.

I simboli dicono che “scopro” equivale a prendo coscienza ed è funzione dell’Io, “il suo capo” equivale al mio Super-Io, “mi sta cercando” equivale a il senso di colpa mi assilla, “ha saputo di noi” equivale a ho preso coscienza della trasgressione.

Organizzano una cena fastosa per commemorare Giogiò e io sono l’ospite d’onore.”

Un grande uomo abbisogna di una grande commemorazione. La cena fastosa è pronta al macabro uso e al macabro rito. La protagonista non può che ubbidire alle istanze del suo narcisismo e mettersi in primo piano e direttamente coinvolta nei festeggiamenti. La prima donna non può che farsi fare la festa. La morte si onora con una cena di gran classe e con l’ospite da onorare in onore al compianto. Siamo nelle trame e nelle tresche della Sicilia di Camilleri, quello “buono” che scriveva la cultura siciliana vissuta e appresa dai nonni e non quello “cattivo” che sulle ali del successo e nel massimo delle finanze televisive suggeriva temi triti e ritriti sul filone arancione, più che giallo. Mamai rievoca la sua relazione amorosa con Giogiò dopo averla troncata e al fine di acquistare una migliore consapevolezza e di operare la giusta “catarsi” dei sensi di colpa. Nel rievocare le bellezze e i trionfi dei sensi, Mamai converte i vissuti e li camuffa servendosi dei meccanismi psichici del sogno, i famigerati e mai abbastanza esecrati “processi primari”.

I simboli dicono che la “cena fastosa” richiama la “libido orale” e le alte sfere della vita affettiva. Dopo la morte di Giogiò la passione cessa e lascia il posto agli affetti più sublimati. La “ospite d’onore” assolve il narcisismo di Mamai. Del resto, è lei che ha vissuto il lutto e che sta organizzando il funerale. Onore al merito!

C’era un’atmosfera mafiosa e a un certo punto il suo capo mi dice che sta per arrivare la portata speciale cucinata appositamente per me.”

Se non si fosse capito, ci troviamo di fronte all’archetipo culturale della “Sicilia”, la “Mafia” e la sua atmosfera. Non manca, di certo, il “Capo”, il “Mammasantissima”, non certo un volgare ragioniere con “pizzini” annessi, non certo uno spietato psicopatico criminale, non certo un capraio puzzolente di merda, ma un gentile e premuroso “capo dei capi”, “inizio degli inizi”, “principio dei principi”, “principe dei principi”, Colui a cui tutto si riconduce, il master Chef dei master Chef che ha pronta la “portata speciale cucinata appositamente” per Mamai.

Altro che Camilleri, altro che Verga, altro che Sciascia, altro che Brancati, altro che Pirandello, altro che Giuseppe Tomasi duca di Palma e principe di Lampedusa!

La funzione onirica tocca i suoi livelli più alti con la spontaneità con cui nasce l’origano nelle rupestri campagne di Palazzolo Acreide nei monti Iblei. Ricordo che la riunione conta soltanto maschi, eccezion fatta per l’ospite, Mamai l’ambigua, l’eletta e l’inquisita.

A livello psicodinamico quest’ultima proietta la sua consapevolezza del fatto e del misfatto sul “capo” di Giogiò, a metà tra l’Io e il “Super-Io”, al fine di espiare i suoi sensi di colpa. Tra il grottesco e l’ironico, tra la “sineddoche” e la “metafora” si consuma la vendetta del “mammasantissima”, ma a tutti gli effetti si esalta la capacità di Mamai di rappresentare dinamicamente in simboli il residuo desiderio e la fatale condanna. La “traslazione” è il meccanismo psichico di difesa che consente a Mamai di esprimere il conflitto tra la “libido” in fiore e la colpa ineludibile.

I simboli si esprimono in questi termini: “atmosfera mafiosa” o ambiguità psichica, “il suo capo” o istanza “Super-Io”, “sta per arrivare” o acquista consapevolezza, “portata speciale” o ipertrofia dell’Io, “cucinata appositamente per me” o mitomania narcisistica.

Entra un cameriere con un piatto pieno di carne e mi dicono che sono i testicoli e il pene di Giogiò e che li devo mangiare.”

Il sogno, meglio, la funzione onirica di Mamai si esalta in questo ambiguo incalzare degli eventi. Tra il “narcisismo” ruspante e il “sadomasochismo” conclamato la scena madre viene offerta con un piatto tragico alla greca. Mamai ricorda Medea nel prepararsi in sogno la guerra di tutte le guerre, la “libido” e la colpa, nonché la “conversione nell’opposto” e la “traslazione” della virilità rappresentata secondo la figura retorica della “sineddoche” negli organi sessuali del povero Giogiò, ormai morto e defunto ma inevitabilmente ricordato nei suoi nobili accessori. Di brutto Mamai si serve nel sogno la rievocazione del “meglio” del suo amante, la sessualità, e seguendo il suo senso di colpa rivive in maniera traslata l’empito e la passione della “libido genitale” che nell’attimo scatenava con Giogiò quando viveva bene la relazione poetica e volgarmente truffaldina. Mamai deve reincorporare per via traslata gli organi dell’orgoglio virile del suo uomo fatale. Pene e testicoli in un sol boccone non sono un piatto di tutte e di tutti i giorni. Mamai appaga il desiderio di riavere Giogiò e lo realizza in maniera traslata: la bocca è la “traslazione” della vagina e l’incorporazione orale attesta del buon senso del possesso di Mamai e dell’universo psicofisico femminile, oltre che dell’orgoglio del potere. Tutto questo psicodramma è reso possibile, sempre a Mamai, dall’angoscia di “castrazione” e dall’ambigua collocazione sessuale in onore della “libido” e del “Genio della Specie”.

In termini sintetici Mamai rievoca e attualizza il desiderio sessuale nei confronti di Giogiò in maniera traslata e dopo aver colpevolizzato la sua relazione estatica con lui. Degne di nota sono la “libido sadomasochistica” e la messa in atto della “posizione psichica anale” di Mamai.

I simboli dicono che il “cameriere” rappresenta l’alleato psichico per sviluppare la cruenta psicodinamica, il “piatto pieno di carne” condensa la libido sadomasochistica, “i testicoli e il pene” rappresentano il potere maschile ridotto in “sineddoche” ossia la parte per il tutto, (il povero Giogiò è ridotto ai suoi organi sessuali), “li devo mangiare” si traduce in un rapporto orale come “traslazione” difensiva del coito.

Tutti sono inorriditi, ma io calma li mangio. Sono brutti ma dolci e la carne è tenerissima e si scioglie in bocca.”

La domanda sorge spontanea: “ma che “mammasantissima” e che “mafiosi” ci sono ormai in giro per la nostra bella Sicilia, se inorridiscono di fronte alla calma e gustosa “traslazione” di un rapporto sessuale, oltretutto architettato impunemente da un’ardimentosa femmina?

E’ vero che tutto passa e niente è più come prima, ma uno stuolo di sedicenti carbonari o massoni non deve assolutamente inorridire per una scena di nobile sesso, per una religiosa incorporazione orale dei simboli del potere maschile. Una calma Mamai consuma il suo rito orgiastico in presenza di coloro che chiedevano ragione delle sue arti seduttive e la condannavano in quanto una “quasi” strega che prevaricava il maschio, oltretutto in odore di mafiosità. Nella descrizione sintetica del gusto è insito il piacere sessuale di quegli attimi vissuti di volta in volta con il suo complice: l’allegoria del coito e dell’orgasmo è servita in “io calma li mangio. Sono brutti ma dolci e la carne è tenerissima e si scioglie in bocca.”

Che bella ed eroica fine hanno fatto i gioielli di famiglia!

Traduco i simboli e approfondisco le psicodinamiche: “inorriditi” o “conversione nell’opposto” del desiderio, “calma” o controllo dell’Io, “li mangio” o rituale magico oro-incorporativo, “brutti” o compensazione attraverso caduta estetica, “dolci” o compensazione attraverso esaltazione sensoriale, “la carne è tenerissima” o totem e compensazione del trauma oro-incorporativo, “si scioglie in bocca” o “traslazione” orgasmica del coito.

Rispondo che sono buonissimi e che li trovavo fantastici quando era vivo e sono così anche ora.”

Si può ridere della Mafia e si possono benissimo irridere i mafiosi. E’ importante che il gioco si fermi all’allegorico e all’ironico e non traligni nella cruda realtà del crimine. Mamai mostra in sogno una bella faccia tosta e una portentosa reazione alla malasorte, Mamai è temeraria e sa far buon viso a cattivo gioco. Ha mangiato di gusto gli organi sessuali del suo amante, si è mostrata interessata e non si è tirata indietro, si è dimostrata una donna con i contro-coglioni mangiandosi in un sol boccone i coglioni del morto e adesso alza il tiro e rilancia la posta a questi mafiosi della domenica che sembrano monaci benedettini nell’ora della siesta. Mamai è proprio insolente e impertinente perché non solo conferma la colpa, ma non rinnega la bontà della vitalità erotica e sessuale del suo defunto amore. Da vivo e da morto il suo Giogiò è stato fantastico nei suoi attributi sessuali e nelle sue funzioni erotiche, “mutatis mutandis atque rebus”, cambiando la realtà dei termini in questione: dolce e tenero in vagina e in bocca. Del resto, questi organi reali collimano perfettamente a livello simbolico.

I simboli attestano la spregiudicatezza di Mamai in “rispondo”, la provocazione in “buonissimi”, l’irrealtà poetica in “fantastici”, la nostalgia e la rievocazione in “vivo” e in “così anche ora”.

Questo è per loro un affronto e allora mi fanno vedere delle foto. Lo avevano rapito, seviziato e lasciato morire: una sorta di regolamento di conti.”

“Est modus in rebus”, perbacco!

La funzione onirica di Mamai vuole proprio coniugare alla grande e al gran completo le trame di questa farsa, più che psicodramma, mafiosa. Recentemente anche il siciliano, attore regista, Pif ha scritto e filmato lo sceneggiato “La mafia uccide soltanto di domenica”. La Mafia non fa più paura perché non esiste. La Mafia è morta, è stata anzitempo uccisa dai burocrati e dai funzionari, dai borghesi e dagli affaristi, dai finanzieri e dagli uscieri, dagli stronzi e dai merdaioli, dagli opinionisti e dai politici, dai buffoni e dagli istrioni, dagli scrittori e dai poeti, dalle tv di stato e dalle tv di parte. Mamai colpisce ancora se stessa e chiede al suo intransigente “Super-Io” di dargli le prove di cotanta costosa decisione di chiudere definitivamente con l’immarcescibile e sessualmente fenomenale Giogiò. Mamai provoca e offende la cupola mafiosa che rappresenta la sua intransigenza morale e scarica aggressività sadomasochistica del peggior stampo “anale” sul povero stecchito amante: “seviziato” e “lasciato morire”. In effetti è stato un vero regolamento dei conti, ma dei conti di Mamai, quelli presentati dal suo “Super-Io” nel momento in cui esulava verso paradisi morali eterei e sublimava la trasgressione del passato con l’etichetta della bellezza della passione. Mamai non rinnega, tutt’altro, riconosce e considera, rivive e valuta senza rinnegare alcunché, ma senza addurre un ulteriore desiderio da vivere e una carica di “libido” da investire. Tutto si è svolto e si è composto come nei migliori cerimoniali di pompe funebri. Bontà della “razionalizzazione” che riesce a stemperare e a frenare le più grandi passioni, anzi direi che più grandi sono state e più facile è archiviarle secondo i meccanismi psichici del “farsene una ragione” dell’impossibilità di riviverle.
Vediamo i simboli: “affronto” o opposizione e competizione, “vedere foto” o prendere coscienza dei propri vissuti e funzione dell’Io, “avevano rapito” o castrazione, “seviziato” o libido sadomasochistica, “lasciato morire” o relegato consapevolmente nel dimenticatoio, “regolamento dei conti” o valutazioni critiche dell’Io.

Allora capisco che sanno tutto di noi. Scappo e mi inseguono, mi nascondo in un negozio di parrucchiera e dopo molte ore il capo mi trova.”

“Allora capisco di avere piena consapevolezza di quello che ho vissuto con Giogiò e di quello che avevo bisogno di sapere di me con Giogiò.”

Mamai conferma, qualora non bastasse quello che ha affermato in precedenza, che si tratta di una sua precisa trama onirica in cui rispolvera e ammoderna la sua storia truffaldina con l’amante, un’esperienza talmente bella e fascinosa che si può definire, senza ombra di dubbio e di smentita, costruttiva, in quanto è servita a realizzare le pulsioni edipiche che nell’infanzia e nell’adolescenza aveva vissuto nei riguardi del padre. Mamai riesuma la sua “posizione edipica” e la realizza con Giogiò ottemperando alla pulsione erotica e sessuale e, quindi, disponendosi al meglio verso il suo uomo e distogliendolo a una donna come nei migliori tradimenti o fatti di corna. Dopo aver vissuto il suo atavico desiderio e la sua antica pulsione, può chiudere con Giogiò e concludere la sua avventura adolescenziale. Ormai è donna a tutti gli effetti psichici e può passare alla “posizione genitale” e concentrarsi nell’investimento di “libido” della suddetta qualità. L’istanza censoria “Super-Io” ha imposto le sue norme morali e tutto si può concludere con il riconoscimento che la storia di sesso e di passione con Giogiò è stata veramente bella.

Vediamo come Mamai immagina in sogno il suo decorso psichico.

Usa il meccanismo psichico della fuga, “scappo”, e dell’espiazione della colpa, “mi inseguono”, si serve del camuffamento delle idee ossia se la racconta e si giustifica, “mi nascondo in un negozio di parrucchiera”, e finalmente rende conto al “Super-Io” della consapevolezza di tutto il quadro riesumato dal cimitero di un passato molto attuale ma superato perché riconosciuto. Mamai ha dato abbastanza ed è venuta fuori dal marasma grazie al meccanismo psichico di difesa della “razionalizzazione” della sua “posizione edipica”.

I simboli dicono che “capisco che sanno tutto di noi” si traduce in sono cosciente di quello che ho vissuto, “scappo” è uno dei tanti meccanismi di fuga dall’angoscia, “mi inseguono” attesta del persistere del senso di colpa, “mi nascondo in un negozio di parrucchiera” significa che mi sono rivolto a un analista e ho messo in discussione le mie idee e le mie convinzioni, “dopo molte ore” o il tempo necessario per la “razionalizzazione”, “il capo” o il mio “Super-Io” istanza morale e censoria, “mi trova” si traduce in viene considerato e ascoltato nella sua funzione di limitarmi nella realtà e di non aderire alla pulsione d’onnipotenza.

Entra, ma la sua attenzione è presa da delle parrucche da donna, ne sceglie una e si fa truccare e scopre che vestito così si vede bello.”

Si vede chiaramente che il “capo” era l’istanza psichica di Mamai. Il “Super-Io” viene addomesticato dall’Io anche tramite l’opera della parrucchiera o dell’analista e Mamai si giustifica con i suoi atti e i suoi vezzi di donna, si assolve con le sue filosofie difensive della trasgressione. Anche il “Super-Io” si ammorbidisce nelle sue censure e viene ridimensionato al punto che l’esperienza trasgressiva viene ascritta al processo psichico evolutivo di Mamai, la quale non può fare altro che essere soddisfatta, quasi orgogliosa, di questa sua capacità di aver vissuto il desiderio edipico e di averlo realizzato in barba al suo “Super-Io”. Mamai ascrive al tempio della bellezza la sua esperienza erotica e sessuale con Giogiò e sa ben camuffare con i modi di essere donna le sue esperienze vissute. Comunque bisogna dire che non ci sono più i “capi” bastone e i “mammasantissima” di una volta. Sono cambiati anche loro assieme alle mezze stagioni e alle mezze maniche.

I simboli dicono e confermano che “entra” indica coinvolgimento e approfondimento, “attenzione” e intenzionalità psichica dell’Io, “parrucche da donna” sono i modi di pensare e le filosofie difensive classiche delle donne, “sceglie”equivale ad affinità elettiva, “truccare” è un camuffamento difensivo da uso del meccanismo della “conversione” o della “traslazione”, “scopre” è funzione deliberativa e decisionale dell’Io, “vestito così” si traduce in difeso in questo modo, “si vede bello” richiama il senso estetico come difesa da tutti i mali individuali e sociali.

Mi lascia perdere e se ne va.”

Mamai si convince che non è più il caso di affliggersi e condannarsi per le sue trasgressioni erotiche e sessuali, per le relazioni del suo tipo, per i rapporti sensuali e sessuali, per le colpe reali e presunte. Mamai prende consapevolezza della quasi necessità evolutiva di vivere un patrimonio di trasgressioni compatibile con la sua formazione e in particolare con il suo essere femminile e la sua natura di donna per il fine di maturare anche e soprattutto la sua conflittualità con la figura paterna, la sua “posizione edipica”. Mamai esalta le doti del suo “Io” e rimette la bilancia psichica in equilibrio. In sostanza si è assolta attraverso il meccanismo di difesa della “razionalizzazione” ed è pronta a passare ad amare un altro uomo, quello giusto su cui investire la sua “libido genitale” e non uno su cui scaricare le sue pregresse psichiche pendenze. Ma attenzione, questo discorso vale per il momento in questione, perché la storia e la psicodinamica non si è ancora conclusa. Ogni male non viene per nuocere.

La simbologia si attesta nella tolleranza e caduta di rigore dell’istanza psichica censoria e morale del “Super-Io” in “mi lascia perdere e se ne va”.

Io esco e mi aspettano i carabinieri. Mi dicono che da mesi indagano sull’omicidio, ma che non avevano mai sospettato del suo titolare. Pensavano a qualche pista passionale e mi dicono che hanno scoperto che Giogiò aveva amanti ovunque. Una fissa a Torino.”

Come volevasi dimostrare. Il “capo” lascia il posto ai “carabinieri” e sempre di “Super-Io” si tratta, sempre di agenti punitivi della colpa e di funzionari della legalità stiamo parlando. Se il capo mafia incarnava un “Super-Io” drastico e violento in un ambito truffaldino, i “carabinieri” rappresentano la legalità sociale e l’ordine costituito, la benemerita Arma fedele nei secoli e oggetto di tante immeritate ilarità per il suo carico di cultura popolare. In sostanza, Mamai si autoaccusa nell’istanza “Super-Io”, il “titolare”, attraverso la nuova forma e versione legale e conforta la sua scelta di essersi liberata di Giogiò addossandogli un’ulteriore dose di trasgressione nei tradimenti in quel di Torino, ma anche in quel del Piemonte, del Lombardo Veneto e dell’Ovunque. Mamai si sta dicendo che è stata una donna procace e seduttrice e che aveva costruito una rete di uomini da amare come una vera agenzia di viaggi o una catena di supermercati. L’esame di coscienza Mamai lo fa seriamente e veramente scoprendo tutti i suoi altarini diffusi in tante chiese e non soltanto nella cupola mafiosa. La “pista passionale” risponde alla voce professione nella carta d’identità della giovane Mamai. Insomma la protagonista ha fatto le sue esperienze di crescita e ne è parzialmente orgogliosa ed è doverosamente consapevole di aver ecceduto in qualche fascia della sua prima giovinezza quando le urgenze affettive e le emergenze sessuali si mescolavano nel calderone di un corpo in evoluzione psico-ormonale.

I simboli dicono che “io esco” significa io risolvo, “mi aspettano i carabinieri” significa io penavo di aver risolto ma sono incorsa in un’altra condanna magari legittima e maggiormente consapevole, “da mesi indagano sull’omicidio” significa che da tempo razionalizzavo le mie esperienze e riflettevo su come risolverle, “non avevano sospettato del suo titolare” significa che Mamai non era appieno consapevole del come procedere nel giudizio su se stessa e sul suo contestato operato, “pensavano a qualche pista passionale” equivale a dire mi assolvevo adducendo le sensazioni e i sentimenti, “mi dicono che avevano scoperto che Giogiò aveva amanti dappertutto” significa che sono cosciente delle mie tante trasgressioni.

E “una fissa a Torino” cosa vuol dire?

Significa che Mamai di tutte queste battaglie e schermaglie privilegia la prima, quella “edipica”, quella che riguarda lei bambina e il padre.

I carabinieri mi fanno vedere una foto dell’appartamento di Torino e vedo che ci sono macchie secche bianche sui mobili in cucina. Mi dicono che pensavano fosse cocaina, ma invece erano sputi secchi di acqua e sale, tipo un gioco di bambini.”

E proprio l’appartamento di Torino, la madre di tutte le guerre e di tutte le trasgressioni, a essere inquisito. Mamai rievoca i suoi vissuti edipici e tra gli affetti reperisce le tracce affettive della sua infanzia e adolescenza: “le macchie secche bianche sui mobili in cucina”. Si tratta di affetti e desideri, di pulsioni e bisogni dettati da spinte ormonali intese alla variazione dello stato di coscienza, la “cocaina” o “l’ormonella”. Mamai ricorda che la sua infanzia è stata costellata da pulsioni erotiche e sessuali che adesso la donna individua nei resti delle secrezioni essiccate sulle lenzuola o sugli indumenti intimi. Tra i giochi di bambini esiste una vasta gamma di fantasie e di operazioni erotiche che Mamai raffigura in maniera egregia. Le traccie ormonali sono evidenti nel contesto onirico che si sta esaurendo senza nulla risparmiare ai particolari intimi che hanno costellato le esperienze e i viaggi della “libido” di Mamai bambina, adolescente e giovane donna. Tutto il pacchetto è ben servito al prezzo di essere ben razionalizzato e tolto dalla mani severe del “Super-Io” per non incorrere in condanne e in espiazioni di colpe che immancabilmente avrebbero compromesso la funzione sessuale.

I simboli li ho già spiegati. Non mi resta che procedere nel gran finale.

La cosa non mi turba. In cuor mio so che sono stata speciale e unica per lui. Mi ritrovo triste a casa, depressa e in lutto per la sua perdita. Mi sento tanto triste che devo raccontare la nostra storia a mia cugina.”

Avete visto che si trattava del padre!

Come interpretereste voi “In cuor mio so che sono stata speciale e unica per lui”?

Mamai ha avuto una storia di qualità edipica con Giogiò, un uomo su cui aveva investito quella “libido” a suo tempo vissuta nei riguardi della figura paterna. Mamai si è collocata con Giogiò come quella figlia bambina che aveva un rapporto speciale con il padre, che desiderava il padre come l’uomo del cuore e del corpo. La “razionalizzazione” del trambusto “edipico” è stata portata avanti ed effettuata in gran parte, così come il “riconoscimento” psichico del padre. Adesso non resta che il dolore della perdita di quel mondo incantato, un dolore ampiamente compensato dall’autonomia psicofisica di scegliere e di godere. Mamai non avrà più bisogno di Giogiò, di “mammasantissime” e di carabinieri. Le sue prime voglie sono state appagate e vissute in maniera traslata. Il primo amore è stato la realizzazione di quello che aveva immaginato da bambina e il cerchio si può chiudere qui, magari con l’aiuto di uno psicoanalista che è ben visibile nella figura della cugina a cui deve raccontare la sua storia per non incorrere nelle drastiche censure del “Super-Io” e per non danneggiasi con l’espiazione spietata dei sensi di colpa legati al non aver ottemperato al “comandamento” di non desiderare l’uomo di altre e di non aver onorato il padre. Mamai esagera con le parole e le autodiagnosi intorno alla depressione. E’ doloroso aver perso il padre edipico, ma è gioioso aver trovato il padre giusto e gustare l’autonomia psicofisica. Mamai adesso può innamorarsi ed amare senza il condizionamento dei poderosi “fantasmi edipici”, quelli che da bambina elaborava con le stimmate della realtà e che era intenzionata a vivere in tutto e per tutto. Dopo aver concretamente vissuto grazie a Giogiò le sue fantasie erotiche e sessuali, Mamai non perde alcunché, ma evolve il suo “status” psichico. Dalla “posizione psichica edipica” Mamai è passata alla “posizione psichica genitale” senza nulla togliere e senza nulla perdere in riguardo al suo corredo psichico evolutivo. Il quadro adesso ha bisogno di una buona integrazione e razionalizzazione, per cui ben venga qualsiasi cugina e magari con una formazione psicoanalitica che può ben valutare il travaglio intenso vissuto con il padre e con Giogiò, l’uomo edipico che sarà abbandonato al suo destino inconsapevole di strumento di crescita e che magari è cresciuto anche lui riformulando la sua “edipicità”. Il padre e la madre non si sposano, ma le fantasie su di loro si realizzano e si superano. Il ristagno nella “posizione edipica” impedisce l’avvento della “genitalità”, per cui la “relazione edipica” è destinata a fallire perché ha un termine temporale e un appagamento da dipendenza e, quando il romanzo è stato tutto riletto, la storia è finita e speriamo che nel frattempo non siano nati figli.

PSICODINAMICA

Il sogno di Mamai sviluppa la psicodinamica “edipica” all’interno di una originale cornice culturale mafiosa: la “traslazione” delle fantasie in riguardo al padre nella figura ineffabile di un colorato e portentoso amante. La trama del sogno non trascura alcunché della corretta e naturale evoluzione psicofisica che la figlia ha vissuto e rivive. Dall’attrazione alla seduzione, dal coinvolgimento erotico e sessuale all’orgasmo, dal senso di colpa all’espiazione, dal ripristino dell’equilibrio turbato al riconoscimento del padre per concludersi nella benefica “razionalizzazione” della perdita edipica, il sogno di Mamai si snoda nel turbamento composto e nella deliberazione intelligente denotando una buona “coscienza di sé”. Del resto, per fare un sogno di queste dimensioni e di questo colore, Mamai deve aver tanto lavorato su se stessa e sulla storia dei suoi vissuti. Per essere padrona in casa sua e per affrontare e umiliare il capo dei capi senza fare una piega, Mamai ne ha fatto di strada.

PUNTI CARDINE

Il punto cardine per eccellenza è il seguente: “La cosa non mi turba. In cuor mio so che sono stata speciale e unica per lui.” Questo capoverso finale rivela il basamento “edipico” della psicodinamica di Mamai, ma non sono da meno “Giogiò è stato assassinato” e “mi dicono che sono i testicoli e il pene di Giogiò e che li devo mangiare.” e “Allora capisco che sanno tutto di noi. Scappo e mi inseguono, mi nascondo in un negozio di parrucchiera”

DOMANDE & RISPOSTE

L’interpretazione del sogno di Mamai è stata letta da un uomo e da una donna che hanno voluto conservare l’anonimato.

Lei

Lei che è siciliano ha mai visto i mafiosi?

Io

Ricordo di aver visto in un bar nel 1964 e alle cinque del mattino in quel di Pachino un uomo di cinquant’anni particolarmente elegante con tanto di vestito all’americana e scarpe di pelle di coccodrillo. Era il mese di settembre, il tempo della vendemmia di uve particolarmente pregiate e forti. Aveva ordinato una birra e parlava in lingua italiana con la cadenza dialettale palermitana. Aveva un seguito, ma in quel momento era solo e si vantava di avere tanti amici. Io facevo colazione con il cappuccino e il cannolo di ricotta appositamente riempito con canditi e perle di cioccolato. Ricordo che ero in procinto di andare in barca per la pesca a traino tra Pachino e Portopalo di Capo Passero. Non è finita. Ho conosciuto un siciliano in soggiorno obbligato nel Veneto. Era l’anno 1973. Vestiva in maniera ricercata e ostentava un portafoglio stracolmo di bigliettoni delle vecchie lire. Parlava in italiano con l’accento siciliano e aveva una precisa etica fatta di cortesia e di solidarietà. Queste sono le mie dirette esperienze. Nel frattempo ho conosciuto tanti delinquenti e mascalzoni, ma non avevano niente a che fare con questi discutibili e inquietanti personaggi.

Lui

Cosa pensa degli scritti di Andrea Camilleri?

Io

Ho citato Camilleri e tanti scrittori siciliani per sostenere la tematica e la coreografia del sogno di Mamai. Camilleri ha avuto la grande fortuna di avere avuto una famiglia, nonni e genitori in particolare, che faceva della parola e del racconto un’arte di comunicazione. L’adulto Camilleri è partito da questi temi etnici per costruire i suoi romanzi e le sue migliori opere, quelle che hanno una particolare eco popolare e che nascono dai ricordi del tempo antico in cui la Sicilia si faceva onore nel bene e nel male con i suoi personaggi e le sue filosofie di vita e di morte. Questa è la produzione letteraria che prediligo. Il resto è richiesto dal mercato televisivo ed è scritto insieme a sceneggiatori che non hanno radici in quel di Porto Empedocle e dintorni, i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di Camilleri.

Lei

Mi spiega la parola “mafia”?

Io

L’etimologia è contrastata e oscilla tra l’arabo e il francese, tra il toscano e il piemontese. I significati sono anch’essi in opposizione e oscillano tra lo spavaldo, il vanaglorioso, l’elegante, il bello, il coraggioso, il forte e il volgare, il delinquente, il prevaricatore, il violento, il criminale. In ogni caso prevale la distinzione dalla massa e l’identità psichica e sociale.

Lui

Quale origine ha la mafia secondo lei?

Io

Mi piace pensare che sia originata dalla società segreta dei “Beati Paoli” e dal Mutuo soccorso popolare nella Sicilia borbonica sin dal Settecento. Per il resto confermo che è una Cultura del Sangue originata dall’archetipo Madre che mantiene in essere gli opposti di Vita e di Morte con tutto il corredo umano e sociale che comporta nel Bene e nel Male. Nel tempo storico e nelle circostanze politiche questa Cultura si è offerta alla prostituta di turno adattandosi come un camaleonte specialmente alle esigenze del Capitalismo.

Lui

Cosa pensa del bandito Salvatore Giuliano e dei vari killer delle varie stragi consumate in Italia fino ai nostri giorni?

Io

Salvatore Giuliano era un povero ignorante che nel banditismo ha trovato la sua personale vocazione. E’ passato alla storia per la strage dei braccianti agricoli a Portella della Ginestra del primo maggio del 1947 e per i contatti avuti con alcuni ufficiali americani per una separazione della Sicilia dalla Repubblica italiana e un’adesione alle stelle della bandiera americana. Aveva valori primari e ferini, come quelli che sono venuti dopo. Sulla questione dei rapporti della Mafia con pezzi deviati dello Stato sin dagli anni settanta, ricordo soltanto che Falcone e Borsellino sono emblemi di chiara estrazione sicula assieme ai tanti martiri servitori di uno Stato ingrato che non li tutelava abbastanza dalla criminalità organizzata, più che dalla Mafia.

Lei

Mi spiega i riti magici che lei ha definito oro-incorporativi?

Io

Un principio fondamentale della Magia è da sempre, nei secoli dei secoli, l’assimilazione: se mangi di quello, diventerai come quello. La pozione è la dose che permette di incorporare il potere ricercato e di realizzare il fine voluto. L’assunzione avviene prevalentemente per bocca, ma può anche avvenire per irraggiamento o per contatto. E’ necessario il “mago” per caricare la sostanza di potere e per convogliare sull’oggetto l’energia della Natura. Ricordo che il pensiero magico del bambino si basa sullo stesso principio e usa lo stesso meccanismo di difesa dall’angoscia. Freud raccontava di aver visto spesso la nipotina di due anni che, ogni volta che la madre si assentava, andava a prendere il rocchetto del filo da cucire e lo lanciava sotto l’armadio dicendo “non c’è” e poi lo tirava fuori dicendo “adesso c’è”. Esorcizzava magicamente la sua angoscia di abbandono e di morte. Il pensiero magico e la Magia hanno origine nei primordi dell’umanità e sopravvivono semplicemente perché sono la traduzione nella realtà, il rito, dei meccanismi psichici di difesa dall’angoscia di perdita depressiva. I più importanti sono “l’annullamento” e lo “spostamento”. Il primo converte l’angoscia nella modalità accettabile di un rito, il secondo crea un feticcio proprio spostando l’angoscia da un oggetto a un altro. Molti culti e riti religiosi sono basati su questi meccanismi psichici e sui principi umanissimi e naturali della Magia.

Lui

Perché dovremmo leggere “Totem e tabù” di Freud?

Io

Per capire concretamente questi concetti e per essere consapevoli di cosa inneschiamo ogni volta che ci troviamo in circostanze di assoluta normalità come in un supermercato o in una piazza davanti a un manifesto o in una chiesa. Il “totem” esiste per giustificare magicamente il tabù, il divieto. Si arriva prima a vietare qualsiasi azione con il totem rispetto alla spiegazione e alla presa di coscienza. Comunque, se leggi il libro di Freud, capirai di più te stesso e il mondo che ti circonda, ma soprattutto eviterai di leggere i libri che quotidianamente ti propinano in qualsiasi programma televisivo.

Lei

Cosa mi dice dei riti dionisiaci in riferimento alla trama del sogno di Mamai?

Io

Il rito dionisiaco nell’antica Grecia era una psicodinamica di gruppo che consentiva alla gente di variare lo stato di coscienza con l’ausilio del vino e della danza in rievocazione del dio Dioniso che era rappresentato da un capretto. Quest’ultimo nel corso del rito veniva ucciso e sbranato: incorporazione per bocca del dio traslato nel povero animale. Lo stato di coscienza vigilante veniva ridotto fino ad arrivare alla pura espressione neurovegetativa dando sfogo agli istinti primari e alle pulsioni sfrenate. La sessualità rientrava in questa provocazione e l’orgasmo coronava l’orgia collettiva. Prima che Nietzsche individuasse in questi riti l’origine della tragedia, il culto di Dioniso serviva alla gente per esaltare il corpo e i suoi diritti fino ad arrivare all’estasi, all’esaltazione dei sensi. Mamai sogna i suoi orgasmi negli incontri ravvicinati e del suo tipo con il suo Giogiò vivo.

Lui

Il complesso di Edipo non si realizza perché è un inganno che porta a un fallimento della coppia?

Io

Il “primo amore” investe il genitore del sesso opposto, avviene nell’infanzia e si rafforza nell’adolescenza. La “libido edipica” si manifesta come amore o come odio e la “posizione psichica” corrispondente porta i figli a elaborare un cumulo di fantasie e di desideri funzionali alla loro evoluzione psichica. Codesta “posizione” si supera attraverso la “razionalizzazione” e la consapevolezza dell’impossibilità di tale unione e consente l’identificazione e l’identità psichiche: si nasce maschi e femmine, ma si diventa maschi e femmine. La soluzione ottimale è il riconoscimento del padre e della madre e la cessazione della conflittualità e delle ambiguità. In tal modo avviene l’emancipazione dal modello genitoriale e la libera scelta del futuro partner. Il mancato riconoscimento porta a cercare il padre o la madre nell’uomo o nella donna che prima o poi si sceglie. Realizzati i desideri e le fantasie in riguardo al primo amore, la relazione cessa per esaurimento e incapacità di formulare nuovi progetti e liberi intenti. Questo processo è ben visibile nella psicodinamica del sogno di Mamai. L’uomo edipico e la donna edipica incorrono in un fallimento della relazione di coppia semplicemente perché vanno avanti con le loro tangenti fino all’esaurimento della “libido”. Giogiò era un amore edipico per Mamai e può morire insieme alla relazione gratificante. Adesso Mamai è pronta per un investimento libero e creativo.

Lei

Mi può dire quali “meccanismi psichici di difesa” usano le donne per assolvere i loro tradimenti sessuali?

Io

Non soltanto le donne, ma anche i maschi usano gli stessi meccanismi. Sono strumenti difensivi universali nelle culture monogame. Nelle culture poligame vigono lo stesso ma con qualche variante. La “razionalizzazione” consente di giustificare, la “compartimentalizzazione” si attesta nel relegare il fatto a una parte della vita e della persona, la “legittimazione” permette la giustificazione della colpa, la “assoluzione” si serve della svalutazione della propria persona.

Lei

Mi faccia degli esempi.

Io

Un esempio al femminile esige che la donna sia consapevole della sua colpa, la riservi alla sua vita privata con il famigerato “sono fatti miei”, la ritenga giusta perché il suo uomo la maltratta, si assolva condannandosi e definendosi una persona poco per bene.

Lui

E della trilogia filmistica del “Padrino” di Coppola cosa mi dice?

Io

Mario Puzo ha scritto della Mafia americana meglio di un siciliano di Palermo o di Corleone. Coppola ha riprodotto la sceneggiatura in maniera realistica. Il migliore è il primo film, quello dedicato a don Vito Corleone. Gli altri sono buoni, ma risentono di una pressione del mercato e dell’industria, come i lavori di Camilleri. Quelli liberamente sentiti sono venuti fuori veramente bene, gli altri sono funzionali al dio quattrino.

Lui

Mi dica i titoli a cui si riferisce.

Io

“Il cane di terracotta” e “La forma dell’acqua”, per quanto riguarda il filone del “Commissario Montalbano”. Delle altre opere degne di nota sono “Il birraio di Preston” e “Il gioco della mosca”. Aggiungo che Camilleri ha tradotto in lingua italiana il dialetto di Agrigento nei costrutti e nelle semansi. Non è poco.

Lei

Mi dice qualcosa di Medea?

Io

Mi tocchi sulla carne viva. Sono nato e cresciuto a Siracusa e il teatro greco era ogni due anni la scena delle tragedie greche. La rappresentazione di Medea, interpretata dalla bravissima e bellissima Ilaria Occhini, mi affascinava tantissimo proprio per la sua enigmatica figura. Se io dovessi spiegare agli psicologi il “fantasma femminile” ricorrerei a Medea perché contiene la “parte positiva” e la “parte negativa” in maniera evidente: la donna madre e la donna maga, la donna che ama e la donna che uccide, la donna che seduce e la donna che annienta. Medea coniugava la ragione e il furore, la deliberazione e la passione, la scelta e il desiderio, la verginità e la maternità, l’essere amorevole con l’essere cruenta. Di Medea hanno scritto Apollonio di Rodi, Diodoro siculo, Euripide, Ovidio e Draconzio. Ognuno ha dato il suo ritratto aggiungendo e togliendo tratti e fatti.

Lei

Il “tempo fuori” non ha sfiorato minimamente il carico di bellezza rimasto tra le maglie del “tempo dentro”. Le faccio i complimenti per questa importante sintesi, ma in ultimo le chiedo cosa intendeva dire nella conclusione dell’interpretazione del sogno di Mamai?

Io

Le coppie edipiche, quelle che sono destinate a finire dopo la realizzazione traslata delle fantasie e dei desideri, quelle che a un certo punto della convivenza si trovano senza poter nulla dare e nulla inventare, quelle che si trovano nell’impossibilità di investire “libido genitale” per immaturità evolutiva, ebbene, queste coppie spesso hanno messo al mondo dei figli. Consegue che il trauma della separazione coinvolge direttamente anche la formazione psicologica di questa parte delicata e indifesa della famiglia.

Dopo questa raffica di domande mi sento spolpato all’osso e felice di essere ancora vivo sotto un ulivo secolare della mia Sicilia. In degna conclusione del sogno di Mamai scelgo la scena iniziale della prima parte del “Padrino” a testimonianza del mutuo soccorso, del rapporto personale, della sostituzione allo Stato da parte dell’organizzazione criminale, dei valori e dei disvalori che la contraddistingue.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *