LE CINESERIE DI “DOLCE & GABBANA”

LA LETTERA E IL SOGNO

“Caro dottore, ho sognato una giovane donna cinese che stava davanti a un cannolo siciliano e voleva mangiarlo con due bastoncini.”
Lei che sa tutto, mi sa dire cosa vuol dire?
Un saluto da Giobattino.”

LA SIMPATICA PROVOCAZIONE

Giobattino è un mio caro sconosciuto estimatore e manifesta la sua simpatia con gradevoli provocazioni. In passato mi ha mandato un sogno che regolarmente ho decodificato con passione e dovizie di particolari. A stretto giro di posta Giobattino mi ha fatto sapere che si trattava di una sua farneticazione a occhi ben aperti, anzi spalancati. Ci è rimasto male quando gli ho spiegato che si trattava sempre di un suo prodotto psichico o di un suo “sogno a occhi aperti”. Ha incassato il colpo con un sorriso ma, come si vede, non demorde e di tanto in tanto si fa presente con i suoi bonari imbrogli. Non tutti i mali vengono per nuocere.
Di quanti Giobattini avremmo bisogno in questo nostro pazzo mondo?
Tanti, ma veramente tanti!

LA REALTA’ DEI FATTI

Nei giorni scorsi Giobattino è stato colpito dalla notizia del rifiuto cinese della pubblicità “Dolce & Gabbana” e dell’accusa di sessismo e di razzismo rivolta agli intramontabili e spocchiosi stilisti. Al rifiuto nazionale è seguita la condanna “urbi et orbi” del pacchetto intero e la restituzione al mittente di tutto il trabiccolo modaiolo e pubblicitario. Si è parlato di danni economici e di guerre commerciali, ma in effetti è rimasta in piedi la domanda: “sono proprio fondate le accuse di sessismo e di razzismo da parte delle competenti autorità cinesi e della pubblica internazionale opinione?”
Ecco che l’infido Giobattino mi chiede in maniera contraffatta di spiegargli un suo sogno: una giovane donna cinese di fronte a un cannolo siciliano, palermitano per la precisione, che tenta di mangiarlo con le classiche posate cinesi, i due bastoncini. Poteva chiedermi direttamente di spiegargli la psicodinamica e la simbologia dello spot, ma l’inganno è il suo mestiere e lo strumento per farsi voler bene.

IL MIO PROGETTO

Ma io, che non lesino gli affetti, non solo gli spiegherò lo spot, pardon il suo sogno, ma gli darò anche qualche imbeccata sulle altre due sequenze pubblicitarie che in queste ultime settimane hanno creato un caso economico e diplomatico tra l’Italia e la Cina. Dopo aver precisato che l’accusa di razzismo è particolarmente legata ai giudizi insolenti di Stefano Gabbana in riguardo al popolo cinese e diffuse nei “social”, del tipo “i cinesi sono un popolo di merda” e “mangiano i cani” e altro, frasi messe in rete da un hacker a detta dello stilista, non mi fermerò soltanto a quello che si può estrapolare dalle immagini inquisite a livello di simbologia profonda e di schemi culturali, ma approfitterò per ricordare che la cultura cinese deve progredire sui diritti umani, sulla pena di morte, sull’inquinamento, sulla salvaguardia delle neonate presso le comunità rurali, sui diritti dei lavoratori e sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Avanti con la prima, come diceva la buonanima di Bernardo Bertolucci.

LO SPOT DEL “CANNOLO PALERMITANO”

E’ lo spot accusato di “sessismo”, discriminazione sessuale, ed è quello più ironico e ben recitato in ossequio alla sua radice culturale e pasticcera sicula.

Analizziamo il “registro visivo”: una giovane e sorridente donna cinese, vestita con un elegante capo della casa milanese e adornata con gioielli preziosi sempre della stessa “maison”, è seduta davanti a un tavolino dove viene servito un cannolo siciliano, palermitano per la precisione, enorme come le leccornie che usano fare da quelle parti della benamata e squilibrata Sicilia.

Il “registro sonoro” è il seguente: una voce fuori campo illustra in lingua cinese alla ben capitata signorina di cosa si stratta e quello che deve fare con i bastoncini: mangiare il cannolo per l’appunto. La meraviglia e il benevolo disappunto della donna sono accattivanti anche quando la voce fuori campo ammiccando le chiede se il cannolo “è troppo grande per lei”.

Il “registro grafico” si attesta nello scorrere degli ideogrammi nella fascia bassa dell’immagine a illustrare con i simboli grafici il dialogo, il “registro sonoro”. Il tutto possiede una valenza esotica di buona portata.

Il “registro referenziale iconico” dice che lo spot è gradevole nella sensazione prodotta e nel sorridente volto della modella. Inoltre, produce emozioni di simpatia e coinvolge secondo un valore medio.

Il “registro iconografico” dichiara che gli schemi culturali, presenti nelle immagini, appartengono alla cultura cinese e alla cultura occidentale italiana, nello specifico alla subcultura siciliana in quanto il cannolo è di scuola pasticciera palermitana con tanto di calibro e di ricotta condita con granella di pistacchio e con pezzetti di frutta candita. Il cannolo rappresenta simbolicamente l’organo sessuale maschile nella forma e l’attitudine alla fecondazione nel contenuto. Lo spot ha una lampante valenza sessuale se si associa alla donna destinataria e all’ambiguo imbarazzo che esibisce di fronte alla prelibata leccornia e nell’atto di inforcarlo con i bastoncini. Gli ammiccamenti e le ambiguità sensuali non finiscono mai e culminano nella voce fuori campo che espressamente chiede se il cannolo “è troppo grande per lei”. Il rilievo è in linea con lo schema culturale che vuole il maschio siciliano sessualmente dotato e la donna cinese sessualmente delicata e graziosamente minuta. Gli schemi culturali cinesi sono i tratti somatici della donna e le bacchette di legno per prendere il cibo. Niente di trascendentale e di eccezionale. La cultura cinese è sacrificata rispetto all’abbondanza della cultura italiana. Non dimentichiamo che la graziosa e sorridente donna indossa abiti e gioielli a marca “Dolce & Gabbana”, italiani per l’appunto. Nelle immagini e nell’interazione delle stesse c’è una preponderanza culturale del “made in Italy” in quella terra che tanto produce per l’industria italiana. La millenaria e mistica Cina popolare, la terra che mirabilmente è riuscita a coniugare il marxismo-leninismo-maoismo e il liberalismo di Adam Smith nel capitalismo di Stato, è quasi ospitata in questo spot di parte decisamente italiana e simpaticamente irriverente. Le bacchette di legno condensano simbolicamente una pulsione aggressiva che si nobilita nella sfera affettiva, una forma civile e perbenista di condivisione sociale. Le bacchette non hanno l’enfasi aggressiva del cannolo condito, ma condensano una buona percentuale di “libido orale”, quella legata alla bocca e alla manducazione. Anche nel prelevare con i famigerati bastoncini una parte minima della crema di ricotta, la graziosa donna cinese si mostra divertita e tendenzialmente ghiotta di quella leccornia. La critica cinese ha trovato invasiva e sessista la serie delle immagini e l’ha ripudiata insieme al prodotto che rappresentano, abiti e gioielli di Stefano Gabbana e di Domenico Dolce.

Il “registro visivo tropologico” si attesta nell’uso della figura retorica della “metafora” o relazione di somiglianza: il cannolo somiglia al pene. Viene usata anche la “enfasi” o forza espressiva e la “iperbole”: consistenza ed esagerazione del cannolo.

“L’assunto psichico di base” è il “fantasma della sessualità”, uno strumento universale e proficuo che consente un’efficace divulgazione e un’ampia diffusione del marchio e del prodotto in tutti i continenti. La sessualità, maschile in questo caso, è un simbolo universale: “archetipo”.

Il “giudizio” sullo spot in questione è pienamente positivo. Infatti è ben concepito e nel suo essere ritenuto maldestro e nell’essere rifiutato ha prodotto e produce gratuita “pubblicità della pubblicità”. L’accusa di “sessismo” all’universo maschile si attesta nell’avere umiliato una donna con gratuite provocazioni sessuali e di averla costretta a stare al gioco senza alcun riguardo per la sua sensibilità e la sua dignità. La psicodinamica dice di una donna compiacente nel sorriso artefatto dalla necessità pubblicitaria e la simbologia dice di una “falloforia”, di un trionfo dell’organo sessuale maschile con annesso seme nella ricotta condita. L’assaggio del cannolo avviene tramite i due bastoncini in maniera parziale e minima. Questo è quello che lo spot contiene a livello visivo e simbolico. Ma non basta. La psicodinamica esige di disoccultare la “posizione psichica orale” con la relativa “libido” e la “posizione psichica genitale” con la relativa “libido”, nonché una punta ben condita di “libido narcisistica”. Lo spot è costruito su un piano erotico-affettivo e su un livello di suadente seduzione.

GLI SPOT DELLA “PASTASCIUTTA” E DELLA “PIZZA”

Se al posto dell’insolente cannolo si mette la pizza e la pastasciutta, il prodotto pubblicitario diventa accessibile e condivisibile, nonché obsoleto nel richiamare i classici simboli dell’italianità nel mondo. Ma è anche e soprattutto vero che il veicolo pubblicitario deve avere la massima comprensione per avere la massima diffusione, per cui usare l’immagine di una robusta pizza napoletana e di un mastodontico piatto di spaghetti, conditi con la salsa del carrettiere, non peccherà di originalità, ma sarà efficacissimo. Aver concepito questi tipi di spot non rasenta la creatività di Oliviero Toscani nella pubblicità “Benetton” degli anni ottanta, ma è consona al compito e spedita nell’effetto di depositare il marchio “Dolce & Gabbana” nella psiche degli osservatori e dei fruitori. Confermo la bontà tecnica degli spot.

Il “registro visivo” è identico a quello del cannolo eccezion fatta per l’oggetto in primo piano, la pastasciutta e la pizza.

Il “registro sonoro”…idem con patate.

Il “registro grafico”…la stessa cosa.

Il “registro referenziale iconico”…come prima e come sopra.

Il “registro iconografico” si snoda tra gli schemi culturali cinesi e italiani, nello specifico la subcultura napoletana per quanto riguarda la pizza e la cultura italiana per quanto riguarda la pastasciutta. La pizza rappresenta simbolicamente la sfera degli affetti nel suo essere un alimento e nel suo appagare la “libido orale”. La pastasciutta si decodifica nella stessa maniera: simbolismo affettivo e “posizione psichica orale” e omonima “libido”. Sono spot che contengono simboli rassicuranti come l’amore materno nella sua radice, i contatti e le esperienze primarie legate al nutrimento e alla figura materna. Anche in questo caso viene richiamato un simbolo universale, l’archetipo della “Madre” e anche in questo caso l’umanità è rassicurata e la diffusione è assicurata. La donna protagonista dello spot, destinataria della pizza e della pastasciutta, non entra minimamente in ambiguo imbarazzo, tutt’altro. Davanti alle squisite italiche pietanze esibisce perplessità sull’uso dei bastoncini. Gli ammiccamenti e le ambiguità sensuali dello spot del “cannolazzo” non sono presenti e la voce fuori campo ha buon gioco nell’elogio del cibo e del marchio con tanto gradimento da parte della modella cinese.
Vediamo la parte culturale cinese presente negli spot. Gli schemi si attestano nei tratti somatici della donna e nelle bacchette di legno che, tutto sommato, ben reagiscono di fronte alla pizza e agli spaghetti rispetto alle deficienze accusate con il cannolo. Anche in questi casi niente di nuovo sotto il sole. La cultura cinese è ridimensionata rispetto alla cultura italiana.
Torniamo ai simboli. Mi ripeto. Le bacchette di legno condensano simbolicamente una pulsione aggressiva in riguardo alla sfera affettiva, una forma civile e perbenista di condivisione sociale. Le “bacchette” si relazionano bene con la pizza e con gli spaghetti rispetto al “cannolo” perché sono in lecita sintonia con la “libido” legata all’appagamento affettivo. Oltretutto, come si diceva, sono maggiormente funzionali nel prelevare un pezzo di pizza e soprattutto nell’arrotolare gli spaghetti. La graziosa donna cinese si mostra divertita e tendenzialmente ghiotta. La critica cinese ha trovato invasivi gli spot e li ha ripudiati insieme al prodotto che rappresentano, abiti e gioielli di Stefano Gabbana e di Domenico Dolce. L’accusa è che sono obsoleti nella diffusione dell’immagine della donna cinese e degli schemi culturali. Il popolo cinese è ben altro da come lo si dipinge in questi messaggi pubblicitari. Del resto, è anche vero che all’estero gli italiani sono identificati nella pizza, negli spaghetti e nella mafia, di conseguenza anche noi non siamo messi bene per quanto riguarda gli schemi obsoleti.

Il “registro visivo tropologico” si attesta nella figura retorica della “metonimia”, relazione di senso, tra la donna, le bacchette e la pizza o la pastasciutta. Tutto è in linea senza doppi sensi e metafore oscene. La donna cinese, vestita e adornata da “Dolce & Gabbana”, gradisce i cibi italiani e il messaggio pubblicitario passa attraverso una simbologia affettiva e protettiva. Non manca anche in questo caso la “enfasi” e la “iperbole” nell’abbondanza esagerata e nella forza espressiva dei due piatti.

“L’assunto psichico di base” è l’archetipo della “Madre” e il “fantasma dell’oralità” nella consistenza del cibo. Viene evocato l’amore materno e una sacra premura affettiva nell’offerta del cibo. L’universalità della simbologia consente un’efficace divulgazione e un’ampia diffusione del marchio e del prodotto in tutti i continenti.

Il “giudizio” è pienamente positivo.

CONCLUSIONE

Giobattino è ben servito, almeno spero. A espiazione della sua truffa lo costringo a leggere il mio testo “Benetton 10 e lode” che ho postato nel frontespizio del blog. Il saggio tratta della pubblicità in immagine singola ideata dal “concept” Oliviero Toscani per i maglioni “Benetton”. Ricordate le fotografie dissacranti del “rotolo di carta igienica”, del “bacio del prete e della suora”, della “donna nera che allatta un bambino bianco”, delle “boccacce degli adolescenti di razza diversa”, dei “preservativi colorati”, della “bambina appena nata”?
E ancora: le fotografie provocatrici del “guerrigliero”, del cimitero di guerra”, dei “pinocchi”, delle “foglie morte sospese sul petrolio”?
Le prime richiamavano “fantasmi” di tipo “orale”, “anale”, “fallico-narcisistico” e “genitale”, le ultime facevano perno sul “fantasma di morte”, tutti veicoli psichici efficaci per imprimere in maniera subdola nella pubblica coscienza il marchio “Benetton”.
Il saggio “Benetton 10 e lode” tratta l’innovazione del codice pubblicitario operata da Oliviero Toscani, operazione che ha fatto tanto discutere per la sua apparente carica di assurdità.
Buona lettura!

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *