“MANGIA, MANGIA !”
TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Offrivo da mangiare a due persone, ma le mie premure erano rivolte all’uomo che era mio marito morto da tanti anni.
Aveva un volto diverso che non mi stupiva perché non lo vedevo da tanto tempo.
Era serio in viso, quasi inespressivo, e io gli offrivo un ragù di carne e gli dicevo premurosamente “mangia, mangia”, come si fa con una persona stanca e affamata che aveva affrontato un lungo cammino.
Rivolgevo, a questo punto, l’attenzione alla donna che l’accompagnava, una presenza indistinta di cui non vedevo il volto e l’aspetto fisico.
Chiedevo a mio marito chi fosse e lui mi faceva capire con cenni e con naturalezza che era la sua compagna.
A questo punto gli toglievo il cibo che gli avevo offerto e gli dicevo di andarsene.
Lui non ha mai parlato.
Uscendo di casa vedevo prima una mia cugina anziana e dopo mia sorella e mi dicevo: “ma guarda, loro si sono già trasferite e io no”.
Mi riferivo a una casa di villeggiatura e mi dicevo che presto mi sarei trasferita anch’io.
A questo punto mi sono svegliata.”
DECODIFICAZIONE – CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il marito, morto da tempo, si presenta in sogno. Meglio: la moglie vede in sogno il marito morto da tempo.
Niente di metafisico e di metapsichico!
Si tratta semplicemente di un’ulteriore e ricorrente “razionalizzazione del lutto”.
Degna d’interesse è la modalità in cui Maria Pia squaderna tra realtà e simboli la triste psicodinamica della morte del marito e della sua solitudine, della perdita di una persona amata e del forzato acquisto dell’autonomia psicofisica.
A proposito del meccanismo psichico di difesa dall’angoscia della “razionalizzazione del lutto”, si può affermare che si tratta di un processo universale, un “archetipo” funzionale valido per tutte le umane genti e colorato di tradizioni specifiche e di riti particolari. Non nuoce ricordare che il funerale e il culto dei morti hanno contraddistinto l’uomo e il grado di civiltà del gruppo di appartenenza. L’esorcismo dell’angoscia di morte si esercita in un rito sempre avvolto di sacralità e nel mistico divieto naturale di non procurare la morte, di non uccidere insomma.
Ricordo che il tempo necessario a razionalizzare il lutto è di circa due anni e che le reazioni psicofisiche alla perdita non sono da giudicare soltanto moralmente o culturalmente, ma soprattutto in base alla formazione di ogni persona in riguardo al depressivo “fantasma di perdita”, secondo la “organizzazione psichica reattiva” per l’appunto.
In ogni caso le reazioni psicofisiche al lutto sono sempre presenti nella diversità della formazione e della qualità del “fantasma” richiamato.
A questo punto è opportuno procedere nell’interpretazione del sogno di Maria Pia e riservare ulteriori considerazioni nella sezione “domande & risposte”.
SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“Offrivo da mangiare a due persone, ma le mie premure erano rivolte all’uomo che era mio marito morto.”
Maria Pia è in piena “posizione psichica genitale” con l’esercizio dell’omonima “libido”: due persone da amare e da investire con premure, una in particolare degna di affetto e riconoscimento, il marito defunto. Maria Pia rievoca in sogno il trauma della perdita e la psicodinamica del lutto senza trascurare la valenza simbolica del cibo, l’affettività e il sentimento d’amore. Analizziamo i simboli.
“Offrivo da mangiare a due persone” tratta il classico simbolo del sentimento d’amore, il cibo. “Chi mi ama, mi nutre” recita il motto psicoanalitico assimilato sin dalla primissima infanzia. Maria Pia si offre in maniera “genitale” donando il cibo, i simbolici affetti. Le “persone” sono simbolicamente e latinamente “maschere” difensive in attesa di essere individuate.
“le mie premure erano rivolte all’uomo che era mio marito morto da tanti anni.”
La “genitalità” si precisa nella fusione di apprensione e di cura, “premure”, nella solerzia invadente e benefica del “premere”, così come si precisa una persona e si individua nella maschera del marito defunto. Maria Pia in sogno esibisce il suo sentimento d’amore verso il marito e offre un’informazione reale nel dato di fatto che quest’ultimo è “morto da tanti anni”. Simbolo e realtà sono combinati dalla protagonista sognante in maniera di stemperare le angosce e per continuare a dormire senza cadere nell’incubo e nel risveglio immediato.
“Aveva un volto diverso che non mi stupiva perché non lo vedevo da tanto tempo.”
Maria Pia riconosce il marito e ne giustifica l’atteggiamento e l’offerta con l’allentamento della “razionalizzazione del lutto”. Da tempo non aveva pensato in maniera terapeutica al trauma subito, magari aveva pensato di aver risolto la perdita. Si era abituata all’assenza irreparabile del marito, per cui ne giustifica la novità del modo di porsi e di offrirsi. Gatta ci cova, ma procediamo con la decodificazione puntuale dei simboli.
Il “volto diverso” condensa la nuova modalità di relazionarsi e di offrirsi in maniera difensiva agli altri.
“Non mi stupiva” attesta di una resistenza della protagonista a prendere coscienza di una “parte psichica di sé” emergente dai suoi drammatici vissuti del trauma subito con la morte del marito e dalle sue convinzioni sul tema.
“Non lo vedevo da tanto tempo” si traduce in “non ci pensavo da tempo”, avevo “rimosso” il trauma e non lo avevo mantenuto nella memoria consapevole anche per tenere sotto controllo le angosce collegate e non adeguatamente risolte.
“Era serio in viso, quasi inespressivo,”
Maria Pia sta parlando del suo vissuto e lo proietta nel marito defunto. Rievoca la sua psicoterapeutica riduzione del vissuto del marito a freddezza emotiva e affettiva. La “razionalizzazione del lutto” di Maria Pia è stata portata avanti nella maniera più naturale e ovvia, riducendo e raffreddando gli investimenti affettivi al fine di stemperare le emozioni legate al dramma della morte. I simboli confermano questa operazione psicofisica difensiva.
“Serio in viso” equivale a un’assenza di emozione e all’aumento dell’autocontrollo.
“Inespressivo” traduce la difesa di Maria Pia nel “razionalizzare il lutto” deprivandolo di angosce più che di emozioni, di inutili struggimenti più che di dolore. Il meccanismo psichico di difesa usato da Maria Pia, oltre la “razionalizzazione”, è “l’isolamento”, la scissione del sentimento dal fatto luttuoso.
“e io gli offrivo un ragù di carne e gli dicevo premurosamente “mangia, mangia”, come si fa con una persona stanca e affamata che aveva affrontato un lungo cammino.”
Maria Pia reagisce maternamente di fronte al marito tornato in vita e lo accudisce con le premure affettive e con la classica sollecitazione delle madri e in particolare delle madri siciliane, le “matriarche”. Maria Pia rievoca il suo atteggiamento materno nei confronti del suo uomo e realizza il desiderio di riportarlo in vita e di ritornare a vivere con lui. La stanchezza, la fame e il lungo cammino sono il risultato di un desiderato ritorno alla vita in compensazione di tanta perdita e di tanto dolore. I simboli chiariranno meglio questi temi.
“e io gli offrivo un ragù di carne” attesta della “libido orale” e “genitale”, della sfera affettiva, oralità, e della sfera donativa, “genitalità”. “Offrivo” denota la sacra devozione che trabocca o travalica nella “sacrificalità”, l’esagerazione della dedizione e la riduzione dell’amor proprio quando il dare e darsi non comporta un rinforzo narcisistico. Il “ragù di carne” non è un semplice cibo e un semplice simbolico attaccamento affettivo, è un condensato ben curato di energia, di investimento psichico, di “libido” per l’appunto. Forte è il bisogno di amare di Maria Pia e altrettanto forte è il vissuto di debolezza nei riguardi del marito.
“gli dicevo premurosamente “mangia, mangia”, conferma la cura anticipata, quella premura materna che toglie al figlio la possibilità di esprimere e di esprimersi. La disposizione, oltremodo “genitale”, si rafforza nel dono delle parole, “gli dicevo”, “hai tanto bisogno di essere amato per amare”, precisa traduzione simbolica di “mangia, mangia”. Ricordo che il cibo è il classico e primario simbolo dell’investimento affettivo, dell’appagamento della “libido orale” ed è legato alla figura materna o all’equivalente nutrice. Ricordo che in Sicilia da sempre per dirti che ti vogliono bene, ti offrono tanto e succulento cibo, dolci in particolare.
“come si fa con una persona stanca e affamata che aveva affrontato un lungo cammino.” La “stanchezza” attesta simbolicamente della caduta depressiva della “libido” e di una psicoastenia infausta che coinvolge la mente e il corpo secondo le linee programmatiche di una perdita di vitalità. La “fame” condensa simbolicamente il bisogno di essere amato e l’incapacità di investire la “libido” necessaria alla propria sopravvivenza, una dipendenza psicofisica classica del bambino. Maria Pia conferma il suo vissuto di provvedere a un “marito bambino” che non ha raggiunto l’autonomia. A tanta “libido genitale” corrisponde in maniera direttamente proporzionale il vissuto di una persona cara che ha tanto bisogno di cura e di premura. Il “lungo cammino” conferma, sempre simbolicamente, la difficoltà esistenziale in cui si incorre nel tragitto della vita. Maria Pia esprime il vissuto che giustifica tanto investimento nei confronti del marito, una vita irta di sacrifici e di asperità, insomma una vita non segnata dalla fortuna e dalla felicità.
“Rivolgevo, a questo punto, l’attenzione alla donna che l’accompagnava, una presenza indistinta di cui non vedevo il volto e l’aspetto fisico.”
Maria Pia complica la trama del sogno allargandola al sentimento della gelosia, psicologia, e alla dimensione metafisica, al di là della Natura. Focalizza la sua attenzione, dirige la sua coscienza, converge sulla figura femminile che associa nel sogno al marito defunto e tornato in vita secondo i suoi desideri, totalmente femminili, di donna, di moglie e di madre. Maria Pia s’imbatte nel suo sogno in immagini femminili che la riguardano e che si riferiscono alla sua “posizione edipica” e alla sua cultura metafisica. Da un lato rievoca la figura materna edipica, quella conflittuale con cui ha formato il suo essere femminile seguendo l’istinto che la portava nell’infanzia verso la figura paterna, dall’altro lato elabora l’effigie classica della Morte, una figura femminile senza volto e indistinta. Il ritorno del marito morto la mette di fronte alla sua “posizione psichica edipica” e alla sua immagine metafisica della Morte. I simboli spiegheranno meglio tanta intensità simbolica e dinamica del breve brano.
“Rivolgevo, a questo punto, l’attenzione” tratta il principio di Brentano della “intenzionalità della coscienza” ossia il fatto che la psiche si dirige sempre verso un oggetto specifico.
“alla donna che l’accompagnava,” la questione di Maria Pia verte sul suo essere la donna che ha accompagnato il marito fino alla morte e sul suo avere avuto a che fare con una donna, la madre, nel corso della sua formazione psichica. Una donna ha rubato il marito, la morte, e una donna lo ha tenuto per sé, la madre: due sconfitte al narcisismo e provvidenziali per la formazione del femminile.
“una presenza indistinta di cui non vedevo il volto e l’aspetto fisico.”
Il sogno viaggia tra passato e presente perché la persona delineata nel sogno è la figura materna che per resistenza e per continuare a dormire non si vede a causa dell’angoscia che evocherebbe perché rispolvera la “posizione edipica”. Maria Pia sta allucinando la madre o la figura mitica e mitologica della Morte, quella donna che le ha portato via il marito. La prima, la madre, le ha portato via l’affetto del padre, la seconda, la morte, le ha portato via il marito. Analizziamo i simboli.
La “presenza indistinta” è tale perché evoca angoscia. Si tratta della madre e della morte. Si cade nell’indistinto per difesa e per continuare a dormire, pena l’incubo e il risveglio immediato.
Il “non vedevo il volto e l’aspetto fisico.” attesta che ha un conto sospeso verso la morte e l’angoscia sottesa e verso la madre e la colpa sottesa. Maria Pia non ha razionalizzato adeguatamente la madre e la morte del marito. Il “volto” significa l’identità sociale e psichica, l’esibizione e la connotazione psicofisica. L’aspetto è la persona, la maschera che si porta nel sociale, alcune caratteristiche formali e non sostanziali.
“Chiedevo a mio marito chi fosse e lui mi faceva capire con cenni e con naturalezza che era la sua compagna.”
Si presenta immancabilmente l’infausto sentimento della gelosia, quello vissuto sin da bambini come un forte bisogno di possesso e come un esorcismo dell’angoscia legata al senso di colpa di aver tanto desiderato e preteso. La “posizione narcisistica” si coniuga con la “posizione edipica”, il sentimento della gelosia si sposa con lo struggimento del rifiuto e con la tensione della competizione con persone dello stesso sesso. I “cenni” e la “naturalezza” confermano che si tratta di un contesto naturale e di un sentimento affermato, si tratta della famiglia e delle cose giuste. Maria Pia frappone il piano antico, la famiglia, al piano successivo, la perdita del marito. Come se la madre facesse capire alla bambina che quello era il padre di cui ha avuto bisogno in qualche modo e da cui si allontana. Ora la bambina sa e può reagire. Il marito morto ha evocato il passato edipico per il tipo di rapporto che aveva con lui. Analizziamo i simboli.
“Chiedevo a mio marito chi fosse” equivale a chiedersi e a chiedere da bambina che figura era la madre e che cos’è la morte e il distacco affettivo.
“lui mi faceva capire con cenni e con naturalezza che era la sua compagna.” attesta della “razionalizzazione del lutto” alla convinzione che il marito ormai è tra le braccia della Morte e che tale unione è naturale. I cenni attestano del linguaggio efficacissimo e “naturalissimo” dei gesti.
“A questo punto gli toglievo il cibo che gli avevo offerto e gli dicevo di andarsene.”
Come dire: a questo punto ho razionalizzato il lutto e ho ridotto l’investimento affettivo. Necessariamente ha dovuto fare a meno del marito e
ha ridotto l’investimento affettivo. Non è un rifiuto per gelosia, ma soltanto un normale e naturale processo di distacco per continuare a vivere senza l’angoscia della morte in giro per la psiche.
“Lui non ha mai parlato.”
La parola è un simbolo affettivo e si traduce in un dono vitale. Appartiene alla “posizione psichica genitale” ed è un investimento classico della “libido” matura. “In principio era il Verbo” inizia il Vangelo di Giovanni a testimoniare del prodigi energetici della Parola di un Dio che ama e che crea. Il marito di Maria Pia non ama più. Meglio, Maria Pia è convinta che il marito non può regalarle affetto e non può investire alcunché. Il marito appartiene ai morti.
“Uscendo di casa vedevo prima una mia cugina anziana e dopo mia sorella e mi dicevo: “ma guarda, loro si sono già trasferite e io no”.
Cambia radicalmente la scena. Maria Pia torna alla realtà di tutti i giorni e si vede negli altri. Si trova avanti negli anni e reagisce alla sua staticità psichica muovendosi, trasferendosi, investendo “libido” su se stessa. Dalla “libido genitale” enorme di “mangia mangia” e del servizio agli altri, recuperare “libido narcisistica” e pensare a se stessa è importante per Maria Pia nello smaltimento psichico del lutto. Ritorno al presente e alla realtà è compito dell’Io e il parlare a se stessi aiuta a capirsi e a convincersi.
“Mi riferivo a una casa di villeggiatura e mi dicevo che presto mi sarei trasferita anch’io.”
Maria Pia cerca il suo disimpegno psicofisico nella “casa di villeggiatura” dove alberga per rilassarsi e per divertirsi, quanto meno per cambiare modo di vivere per un breve periodo. La “proiezione” e “l’identificazione” nella sorella e nella cugina trova una Maria Pia affermativa nella conclusione del sogno e decisa a non soffrire per gli assenti giustificati, il marito morto, e rubati da quella “Morte” che simbolicamente è rappresentata da sempre in sembianze femminili. Le Moire greche erano tre donne: Lachesi, Atropo, Cloto.
“A questo punto mi sono svegliata.”
Il sogno ha compiuto completamente il suo viaggio di rievocazione e di reintegrazione del lutto. Dopo aver riattraversato un aspetto e una qualità della relazione con il marito defunto, la sua protezione e il suo affetto materno nello specifico, Maria Pia converge su e stessa e rafforza la “razionalizzazione” della perdita irreparabile, restaura il “fantasma di perdita” personale, la sua angoscia di morte, attraverso un processo di integrazione nella vita e di continuazione al meglio possibile della quotidianità, recupera “libido narcisistica” dall’infanzia per rafforzare l’amor proprio. Questa operazione è necessaria per tutti gli anziani. Dopo tanto esercizio “genitale”, dopo aver tanto amato e voluto bene, ogni persona deve affrontare la vecchiaia volendosi tanto bene, ma veramente tanto. “Svegliata” equivale a “ho preso ulteriormente coscienza di me come persona e delle mie esperienze vissute in riguardo al lutto”.
Buon viaggio Maria Pia nel cammino della vita!
PSICODINAMICA
Il sogno di Maria Pia sviluppa la psicodinamica della “razionalizzazione del lutto” e della reintegrazione della perdita all’interno della sua “organizzazione psichica reattiva”, struttura evolutiva in atto. Di fronte al personale “fantasma di morte” la protagonista reagisce affermando con volitività la migliore vita e vitalità possibili alle condizioni date: una vecchiaia attiva.
ULTERIORI RILIEVI TECNICI
I simboli importanti e presenti nel sogno di Maria Pia sono “mangiare”, “volto”, casa di villeggiatura”, “affamata”, “stanca”, “cammino”, “compagna”.
L’archetipo dominante è la “Morte” ed è visibile in “”una donna che l’accompagnava”.
Il “fantasma di morte” è richiamato e gira in tutto il sogno.
Il sogno di Maria Pia lascia agire fondamentalmente l’istanza “Io” con la sua ricerca di razionalità e di presa di coscienza, ma non manca l’azione dell’istanza pulsionale “Es” nella rielaborazione della perdita e del lutto: “mangia, mangia” in primo luogo. L’istanza limitante e censoria del “Super-Io” agisce in “A questo punto gli toglievo il cibo che gli avevo offerto e gli dicevo di andarsene.” E’ un’espressione a metà tra pulsione e censura a conferma che l’elasticità e la duttilità regolano le combinazioni psichiche.
Le posizioni psichiche richiamate nel sogno sono in progressione la “orale”, la “genitale” e la “fallico-narcisistica”: “mangia mangia” e “la casa di villeggiatura”.
I meccanismi e i processi di difesa usati da Maria Pia nel sogno sono la “condensazione”, lo “spostamento”, la “razionalizzazione” e la “regressione” onirica al lutto, la “proiezione” e la “identificazione”. Non è presente la “sublimazione” dell’angoscia della perdita.
La “organizzazione psichica reattiva” evidenziata nel sogno di Maria Pia è classicamente “genitale” con una forte incidenza “orale: dono e affettività in eccesso. La struttura psichica in atto e in attesa di evoluzione è rivolta verso la soluzione e l’integrazione degli affetti e dell’amor proprio.
Il sogno di Maria Pia contiene le figure retoriche della “metafora” in “mangia mangia, della “metonimia” in “una presenza indistinta di cui non vedevo il volto e l’aspetto fisico.” L’elaborazione non è poetica ma prosaica.
La “diagnosi” dice della riedizione di un processo completo di “razionalizzazione del lutto”: fantasma di perdita e riparazione dell’angoscia in base al “principio di realtà” e a opera dell’istanza “Io”.
La “prognosi” impone a Maria Pia di tenere nel cuore il ricordo del marito scomparso e di non smettere mai di volersi bene.
Il “rischio psicopatologico” si attesta in una sindrome depressiva legata alla riedizione dell’angoscia di perdita.
Il “grado di purezza” del sogno di Maria Pia è buono, nonostante la sua discorsività consequenziale.
La causa scatenante del sogno è il ricordo del marito o una qualsiasi associazione alla sua figura: “resto diurno”.
La “qualità onirica” è simbolico-discorsiva.
Il sogno è stato effettuato nella terza fase REM del sonno alla luce del fatto che possiede una sua linea logica consequenziale.
Il “fattore allucinatorio rivela la preponderanza attiva del senso della “vista”.
Il “grado di attendibilità” dell’interpretazione del sogno di Maria Pia è buono.
Il lettore anonimo ha posto le seguenti domande dopo aver letto con interesse la decodificazione del sogno di Maria Pia.
DOMANDE & RISPOSTE
Domanda
Dopo tanti anni può ritornare l’angoscia per la morte di una persona cara?
Risposta
Certamente, ma in maniera sempre più blanda. Tutto dipende da come è stato portata avanti la “razionalizzazione del lutto”, con quali “meccanismi e processi” di difesa è stata operato lo smaltimento del dolore e dell’angoscia, con quale intensità emotiva e spessore psicologico era costituito il nostro “fantasma di morte”.
Domanda
Capisco e non capisco e mi piacerebbe capire di più, visto che il lutto coinvolge prima o poi tutti.
Risposta
Giustissimo. La morte di una persona, cara e non, evoca il nostro “fantasma di morte”, ci pone la triste verità che anche noi moriremo, ci mette nella condizione psicologica e sociale dei sopravvissuti, ci costringe a rivedere come ci siamo formati sin dal primo anno di vita nei riguardi dei vissuti di perdita. Di fronte alla morte istruiamo “meccanismi e processi di difesa” dall’angoscia e a tal proposito vedi il sogno di Fernanda sulla “razionalizzazione del lutto”, dove spiego l’azione dei vari meccanismi e dei processi di difesa. Importantissima e determinante è la presa di coscienza progressiva dell’esperienza di morte altrui e dell’ineludibilità della nostra: la “razionalizzazione del lutto e del fantasma”. Ricordo che il sogno aiuta a integrare l’esperienza depressiva della morte nella cornice psichica e a riparare eventuali sensi di colpa indicando le specifiche posizione affettive nei riguardi della persona defunta. Il sogno “docet”, è sempre un insegnamento per chi vuol capire.
Domanda
Mi è consentita un’ultima domanda impertinente?
Risposta
Certamente.
Domanda
E se quello che si è presentato nel sogno di Maria Pia fosse stato proprio lo spirito di suo marito?
Risposta
In questo caso siamo nel parapsicologico, nel metafisico, nell’esoterico e nel magico. Siamo in un campo da cui Freud volle a suo tempo esulare. Il sogno spazia, e non liberamente, nel settore squisitamente psichico. Il sogno siamo noi con il nostro personale bagaglio, la nostra formazione in evoluzione, la nostra “organizzazione psichica reattiva”, la nostra struttura “in fieri”. Il marito di Maria Pia era quello da lei vissuto in quel momento storico e psichico della sua vita. Il sogno ratifica, suggerisce, integra, abbellisce, aiuta e fa tanto di altro sempre a vantaggio del sognatore. Sognare è uno strumento di equilibrio psichico proprio perché evidenzia e organizza quei conflitti che sono la nostra sostanza, a prescindere dal fatto che ricordiamo o non ricordiamo il sogno.
Domanda
Quale canzone ha scelto per questo sogno?
Risposta
Scelgo “Quando una stella muore” di una Giorgia allegoricamente usignolo che rievoca poeticamente un lutto molto sentito e tragico, quell’incidente stradale che ha rapito il suo compagno. La canzone è una perfetta “razionalizzazione” del lutto con punte di “sublimazione”. In questo modo l’angoscia resta ai margini del territorio psichico. Di rilievo è anche il sollievo dai sensi di colpa nel ricordo di un lutto pubblico e privato.
Quando una stella muore
Cambia il cielo,
cambia la musica dell’anima,
ma tu resti qui con me
tra lo stomaco e i pensieri più invisibili
e da li non te ne andrai.
La vita cambia idea, cambia le intenzioni
e mai nessuno sa come fa.
Quando una stella muore,
che brucia ma non vuole,
un bacio se ne va,
l’universo se ne accorgerà.
Quando una stella muore fa male,
fa male.
Troppe notti sotto agli occhi porto lividi,
ho imparato a modo mio
a leccarmi le ferite più invisibili
perché è così che si fa.
Ma la vita cambia idea e cambia le intenzioni
e mai nessuno sa come fa.
Quando una stella muore,
che brucia ma non vuole,
un bacio se ne va,
l’universo se ne accorgerà.
Quando una stella muore, fa male
a metà tra il destino e casa mia
arriverà la certezza che non è mai stata colpa mia
non è stata colpa mia.
Un bacio se ne va,
l’universo se ne accorgerà.
Quando una stella muore
fa male.