IL FANTASMA DELLA DEFLORAZIONE

IL COCCODRILLO GIGANTE

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Mi trovavo a bordo di un’imbarcazione, ero in Oriente, ma non ricordo dove.
A bordo con me c’era gente che non conoscevo.
Tra loro c’erano un principe e una principessa di qualche paese dell’estremo Oriente.
A un certo punto un coccodrillo gigante comincia a mordere da sotto l’imbarcazione.
La morde fino a che riusciamo a vedere la sua testa enorme spuntare dal pavimento della barca.
La gente a bordo faceva come se nulla fosse e, in effetti, non accadeva proprio nulla.
Io mi sentivo inquieta e chiedevo spiegazioni sull’accaduto al principe e alla principessa.”

Così e questo ha sognato una certa Brubrù.

DECODIFICAZIONE – CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

E’ sorprendente scoprire come la funzione onirica, l’umano sognare, camuffi la vitalità sessuale in una gita in barca con coccodrillo birichino incorporato e l’innamoramento in un principe e in una principessa all’interno di una cornice esotica del mitico Oriente.
Così ha fatto Brubrù.
Spesso i sogni trattano questioni importanti e drammatiche, ma vertono anche sulla normale quotidianità e sui fatti della vita corrente: una giovane donna innamorata e le sue prime esperienze sessuali.
Così ha fatto Brubrù.
Tutto questo ambaradan si forma grazie all’abilità dei “processi primari”, la Fantasia, di ammantare con poetici simboli i vissuti personali al fine di renderli irriconoscibili e di continuare a dormire senza che scatti l’incubo e il risveglio immediato: “il sogno è guardiano del sonno” ha detto il grande Vecchio.
Così ha fatto Brubrù.
Come dicevo in precedenza, la prevalenza dei sogni è impostata sulle piccole e normali esperienze della vita e non sui traumi altamente emotivi e sulle scoperte filosofiche e scientifiche che siamo in procinto di fare. Il sogno è soprattutto modico e modesto, riguarda i fatti di casa nostra, verte sulle piccole cose della vita di borgata anche se usa un linguaggio poetico e creativo di cui non siamo consapevoli e di cui ignoriamo le coordinate.
Così ha fatto Brubrù.
Nel sogno siamo universalmente poeti, “criatori” alla Giambattista Vico, perché traduciamo in immagini simboliche i nostri vissuti, personalissimi e privatissimi.
Questa caratteristica importante del sogno non è stata messa abbastanza in luce dalle varie scuole di Psicologia. Soltanto la Gestalt e la Psicoanalisi di Jacques Lacan hanno sottolineato la poeticità del sogno nel formare figure retoriche e immagini estetiche e oltremodo dense di significato profondo.
La mia ricerca si è imbattuta in questa componente artistica e, a volte, ha riattraversato il sogno di un marinaio sconosciuto in un insieme di parole con pretesa estetica: un momento di Bellezza. Alla poesia del sogno decodificato ho aggiunto le belle parole evocate in me dall’interpretazione: un sogno per due tipi di poesia, quella dell’altro e quella mia. Questa operazione è resa possibile dal riattraversamento del “già vissuto” e del “già detto”: “contaminatio” e “riattualizzazione”.
A questo punto un po’ di teoria non guasta.
Secondo la “Gestaltpsycologie” il sogno possiede una “valenza creativa e poetica” basata sui “processi primari” che permette l’immedesimazione di chi sogna nel materiale psichico che sta svolgendo e che lo riguarda direttamente, nonché la traduzione in parole significative delle sensazioni e dei sentimenti, la conversione dei suoi “significanti” in “significati”. In quest’ultima operazione psichica siamo tutti poeti, “criatori”, perché immettiamo originalmente nelle immagini i nostri vissuti e diamo figura ai “fantasmi” elaborati durante la nostra formazione psico-culturale.
Secondo la “Gestaltpsycologie” il sogno possiede una “valenza drammatica teatrale” che ben si individua nell’esaltazione emotiva e nella rappresentazione visiva dei temi. L’amplificazione dei sensi, allucinazioni, e delle azioni, psicodinamiche, è legata all’angoscia che è stata rimossa nel tempo e che trova il modo di scaricarsi nel sogno. Esempio: uccidere ed essere ucciso in sogno è frequente, così come essere inseguito e non riuscire a correre. In ogni caso la Psiche tende a rappresentarsi in maniera esagerata ed eclatante.
Per quanto riguarda Lacan il discorso è abbastanza complesso e lo rimando a miglior fortuna, ma ricordiamo che l’Inconscio lacaniano si condensa e si esprime nella “Parola”: “la Cosa parla”.
E’ tempo di convergere sull’interpretazione del sogno di Brubrù e di estrapolarne la vena poetica come si usa fare in una miniera d’oro che si rispetti.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

“Mi trovavo a bordo di un’imbarcazione, ero in Oriente, ma non ricordo dove. A bordo con me c’era gente che non conoscevo.”

Brubrù ama l’esotico e il rarefatto. Brubrù ha una femminilità mistica e intraprendente. E’ pienamente padrona di se stessa e cavalca la sua tigre interiore con padronanza e buoni intenti. Brubrù ha anche il fascino dell’indistinto e dell’indeterminato, dell’attesa e della disposizione. Brubrù sta bene con gli altri, ma sopratutto sta bene con se stessa in questo volgere del suo tempo verso eventi importanti. La sua “libido” attende e sa attendere. E’ un desiderio dei sensi a metà carnale e a metà mentale. Qualcosa succederà.
Preciso le simbologie.
Consapevolezza della femmina e della femminilità: “Mi trovavo a bordo di un’imbarcazione,”.
Ricerca di originalità emotive, di qualcosa di me che aspira a nascere: “ero in Oriente”. E’ un tratto della “organizzazione psichica reattiva” di Brubrù, della sua formazione umana.
Una lieve e fascinosa dimenticanza di sé o blanda “rimozione” del desiderio dei sensi: “ma non ricordo dove”. E’ ovvio che la Ragione e la consapevolezza non possono dominare questo quadro altamente simbolico e desiderante.
Non avevo piena consapevolezza della mia dimensione psichica e anche sensuale, più che sociale: “ A bordo con me c’era gente che non conoscevo.”
Brubrù prova sensazioni strane e presagisce il disvelamento di un mistero.

“Tra loro c’erano un principe e una principessa di qualche paese dell’estremo Oriente.”

Tra i miei evanescenti pensieri e rarefatte atmosfere si profilava il desiderio di un uomo e di una donna altolocati, di un maschio e di una femmina originali, non certo di persone qualunque e obsolete, convenzionali e stantie. Brubrù ha un senso di nobiltà edipico del corpo e della mente, quel privilegio che consegue alla relazione dialettica con i genitori, la psicodinamica che sistema il padre come oggetto del desiderio e compone la madre come modello da imitare. Brubrù ha mantenuto il suo senso di unicità e di eccezionalità come figlia, altrettanto privilegiata, di degni genitori. E’ matura per il desiderio di donna e per l’avventura di femmina.
Preciso le simbologie.
Dentro di me sentivo di essere pronta all’altro, di realizzare la coppia sognata e trasognata, immaginata e desiderata, nobile e borghese, sacra e profana: “tra loro c’erano un principe e una principessa”. Quante fantasie di bambina emergono nel sogno della donna!
L’Oriente è simbolo di ciò che nasce in noi e cerca la consapevolezza, della vita e della vitalità, della “libido” che esige il gusto della concretezza senza remore mentali e fobie inconsulte. Se poi quest’Oriente è “estremo”, bisogna esaltare queste caratteristiche alla massima potenza, quella consentita dall’umana natura.

“A un certo punto un coccodrillo gigante comincia a mordere da sotto l’imbarcazione.”

La meraviglia della carica erotica e della pulsione sessuale si presentano sul plateau psichico con la simbologia del maschile, il “coccodrillo gigante”, e del femminile “da sotto l’imbarcazione”. La “libido” esorbita e trasborda, il desiderio di se stessa e dell’altro assume le sembianze dell’aggressività oltremodo naturale nel suo essere di buona qualità erotica: la pulsione “sadomasochistica” consegue nei desideri e nei bisogni di Brubrù alla pulsione genitale e sessuale. La “posizione psichica anale” si è evoluta nella “posizione psichica genitale” senza trascurare la “posizione psichica
fallico-narcisistica”: il desiderio di essere sessualmente avvinta e presa si sposa con l’originale considerazione di se stessa. Brubrù è pronta alla sua maniera, è pronta a disporsi all’aggressività sessuale maschile secondo i suoi sacrosanti tratti, quel corredo di tendenze maturato evolutivamente sin da bambina nel vivere il suo corpo e nell’offrirlo all’altro: Narciso si sposa con Edipo e vissero felici e contenti, almeno per questo connubio erotico e in attesa della fusione sessuale. Questo psicodramma si gioca nell’interiorità di Brubrù che sogna se stessa.
Preciso le simbologie.
Il “coccodrillo” è simbolo dell’aggressività maschile con sfumature “anali” di “libido sadomasochistica”. L’essere “gigante” conferma la meraviglia del vissuto e l’importanza del desiderio. Non è decisamente un momento da poco quello che Brubrù sta vivendo e allora bisogna tollerare le apparenti intemperanze.

“La morde fino a che riusciamo a vedere la sua testa enorme spuntare dal pavimento della barca.”

La deflorazione è compiuta, ma non si va in pace, tutt’altro! Questo ribollire del corpo è tutto un programma per la futura “libido”. Brubrù ha incarnato la sua “genitalità” attingendo a piene mani al suo potere femminile, fallicità, e alla gratificazione di se stessa, narcisismo. Adesso nell’immaginazione o nella realtà il lieto evento di partorire la sua femmina ha visto la luce, meglio, è stato allucinato in sogno, per cui Brubrù in compagnia delle sue fantasie e delle sue realtà può celebrare il trionfo dei suoi sensi superando il dolore e la paura: “la morde” e “la sua testa enorme”. La deflorazione è evidente in “spuntare dal pavimento della barca”.
Il meccanismo onirico che domina questo capoverso del sogno di Brubrù è la “figurabilità”, la capacità dei “processi primari” di dare la giusta e originale immagine al fantasma, la creatività nel rappresentare un desiderio immaginato o un fatto occorso in una serie di sequenze in movimento. La “figurabilità” è associata abilmente alla “condensazione” della “testa” del coccodrillo e al “pavimento della barca”, una metafora e una metonimia, una relazione di somiglianza, la “testa” al posto del glande, e un nesso logico, il “pavimento della barca” al posto della lacerazione dell’imene e in rappresentazione del sesso femminile. Ogni fantasma e ogni fantasia hanno una naturale immagine: codice visivo.

“La gente a bordo faceva come se nulla fosse e, in effetti, non accadeva proprio nulla.”

Tutto normale e regolare”, tutto secondo Natura e Cultura, tutto è stato vissuto e rappresentato secondo l’originalità consentita: una donna innamorata e sedotta da un maschio secondo la sua immagine e somiglianza. “In effetti non accadeva proprio nulla” di anomalo e di perverso, di immorale e di vietato. Le sacre scritture di Brubrù si sono adempiute. Adesso può essere felice e contenta. Gli innamorati sono sempre soli e la gente attorno non è invidiosa. Meglio: il mio mondo interiore era appagato e non sconvolto. La “gente” rappresenta non soltanto l’altro fuori di me, ma soprattutto il cumulo delle pulsioni, dei desideri e dei pensieri in riguardo all’esercizio globale della “libido”. L’ormone si è sposato con la pulsione e il desiderio ha trovato il suo pensiero e tutti vissero veramente felici e contenti, almeno per questa esperienza. Degna di rilievo è la capacità del sogno di non reagire alle rappresentazioni come nella veglia. Mi spiego meglio: di fronte a un coccodrillo che spacca a morsi la barca una certa qual paura è normale, ma in sogno non è così perché il sognatore sa che si tratta di ben altro, di un ben altro fascinoso e libidico.

“Io mi sentivo inquieta e chiedevo spiegazioni sull’accaduto al principe e alla principessa.”

Dopo il desiderio o il fatto è opportuno operare la giusta razionalizzazione, rifletterci sopra e cercare le ragioni dell’accaduto. E’ successo che un principe e una principessa dell’estremo Oriente, degni figli di cotanti genitori, si sono incontrati e si sono innamorati. E’ nato un idillio che ha trovato il degno compimento in un trasporto dei sensi e in affidamento reciproco. La simbologia dominante è la sessualità con le sue caratteristiche specifiche: aggressività, autocompiacimento, affidamento e donazione. Dopo aver goduto del suo, Brubrù non tralascia il riconoscimento dell’altro. Bisogna capire bene cosa è successo tra noi due. Quinto Orazio Flacco avrebbe detto e scritto in versi “redde rationem”, “rendimi conto”. I posteri spartanamente possono dire: “e adesso?” Brubrù è “inquieta”, non appagata. Dopo l’orgasmo del corpo e della mente si ritorna alla vita quotidiana e la quiete dei sensi è turbata dal futuro: “cosa sarà di noi due?”

Tutto questo è quanto dovevo in parole al sogno di Brubrù.

PSICODINAMICA

Il sogno di Brubrù sviluppa la psicodinamica della deflorazione associando l’esercizio della “libido anale, fallico-narcisistica e genitale” in un quadro di affettività e di affidamento: desiderio e realtà.

ULTERIORI RILIEVI TECNICI

I simboli presenti nel sogno di Brubrù sono i seguenti: “a bordo di un’imbarcazione”, “oriente”, “principe”, principessa”, “coccodrillo”, “mordere”, “testa”, “gente”.
Nel sogno di Brubrù si manifesta l’azione del “fantasma della deflorazione”.
Non sono presenti archetipi.
Domina il sogno di Brubrù l’istanza pulsionale “Es”, la rappresentazione dell’istinto. E’ presente l’istanza razionale “Io” in “chiedevo spiegazioni”. Non si manifesta l’istanza censoria e morale “Super-Io”.
Il sogno di Brubrù evolve la “posizione psichica anale” nella “posizione psichica genitale” senza trascurare la “posizione psichica
fallico-narcisistica”: il desiderio di essere sessualmente avvinta e presa si sposa con l’originale considerazione di se stessa, come detto in precedenza.
Il sogno di Brubrù usa i seguenti meccanismi e processi psichici di difesa dall’angoscia: la “condensazione”, lo “spostamento”, la “figurabilità” in “La morde fino a che riusciamo a vedere la sua testa enorme spuntare dal pavimento della barca.”, la “rimozione” in “ma non ricordo dove”, la “razionalizzazione” in “chiedevo spiegazioni”. Non si evidenziano i processi della “sublimazione” e della “regressione- fissazione”.
La “organizzazione psichica reattiva” o “struttura psichica in atto e in evoluzione” evidenzia un tratto “anale” di “libido sadomasochistica” all’interno di una cornice “genitale” o disposizione all’investimento nell’altro.
Le figure retoriche presenti nel sogno di Brubrù sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “principessa” e in altro, la “metonimia” o relazione di senso logico in “mordere” e “oriente” e in altro.
La “diagnosi” dice di un esercizio di “libido sadomasochistica”, deflorazione, in piena consapevolezza e disposizione psicofisica.
La “prognosi” impone il rafforzamento qualitativo della situazione psichica ed esistenziale.
Il “rischio psicopatologico” si attesta in una improbabile regressione e fissazione a posizioni psichiche precedenti, la “orale”, con il prevalere di bisogni affettivi smodati.
Il “grado di purezza onirico” è buono. Brubrù non ha manipolato il sogno al risveglio con l’esercizio di accomodamento logico dei “processi secondari”.
La causa scatenante del sogno di Brubrù, “resto diurno” come lo definiva Freud, è ormonale e si attesta in un piacevole stimolo sessuale.
La “qualità onirica” o attributo dominante nel sogno di Brubrù è cenestetica, simbolica sensoriale.
Il sogno si è svolto nella seconda fase REM.
Il “fattore allucinatorio” si esalta nel senso della “vista”.
Il “grado di attendibilità e di fallacia” dell’interpretazione del sogno di Brubrù è alto, è prossimo alla verità oggettiva.

DOMANDE & RISPOSTE

La lettrice anonima ha posto le seguenti domande dopo aver letto l’interpretazione del sogno di Brubrù.

Domanda
Quindi, quando sogniamo siamo tutti poeti?

Risposta
Proprio così, cara mia! Usando i “processi primari” costruiamo immagini ad alto contenuto emotivo, i “fantasmi”. Di poi, se questi fantasmi li traduciamo in parole e li accomodiamo in discorsi, possiamo comunicarli e condividerli insieme alle emozioni e alla carica di bellezza che contengono.

Domanda
Ma se siamo tutti poeti almeno in sogno, cos’è la Poesia secondo lei?

Risposta
Discorso complicato, ma cerco di semplificarlo. Ogni tempo e ogni cultura hanno avuto e hanno la loro Poetica e le loro Poetiche, la Filosofia intorno alla Bellezza, e l’hanno codificata quasi sempre in un fattore emotivo intriso di forti sensazioni. L’Arte può rappresentare la realtà esterna o la realtà interna o entrambe secondo una metodologia espressiva. L’Arte abbisogna di una “forma” e di un “contenuto”, insegnava don Benedetto Croce; la prima è culturale e universale, il secondo è individuale e condivisibile. La Bellezza comunque è sempre legata alla sensazione vissuta da ogni persona. Quest’ultima varia secondo la formazione psichica, la “organizzazione psichica reattiva”.

Domanda
Quindi ogni persona ha sensazioni diverse di fronte allo stesso oggetto artistico?

Risposta
Precisamente così.

Domanda
Io posso tradurre il mio sogno in poesia?

Risposta
Certamente e con gli strumenti espressivi prediletti, al di là dell’accettazione della gente e, orribile a dirsi, del mercato dell’arte. Puoi riattraversarlo immettendo le emozioni del sogno in quelle della rielaborazione.

Domanda
Un doppio brodo!

Risposta
Proprio così! Mi piace questo accostamento. Hai usato la figura retorica della “metonimia”, una condivisione logica. Hai posto un nesso tra la poesia e il brodo della Star tramite la qualità del doppio.

Domanda
Mi sembra esagerato quello che lei dice.

Risposta
Ma tu pensi che gli artisti siano persone eccezionali? Sono fornai che quotidianamente sfornano il buon pane per la gente, come diceva Neruda. Hanno le parole per dire le cose personali e di tutti e le inquadrano secondo gli schemi della scuola a cui aderiscono, le Poetiche. L’Arte al tempo dei Greci era intesa come imitazione della Natura tramite la tecnica del verso: scuola classica a base mitica-realistica. Nel tempo e nelle culture si è evoluta fino a rasentare l’assurdo, il surreale, il metafisico e tanto di altro, dal pop alle elites. L’artista è un tecnico che possiede il metodo, ma è anche un istrione e un ciarlatano, un vate e un bandezzatore, un venditore di tappeti e un “vastasi della piscaria” di Catania o Palermo. Fondamentalmente è una persona che racconta a suo modo delle storie e fa dei resoconti: “unu ca cunta i cunti”, uno che racconta i racconti. Sicuramente il poeta è un mezzo matto, uno che usa i “processi primari” e sta ai bordi della cosiddetta normalità. Adesso passo ai fatti e ti mostro come ho elaborato il sogno di Brubrù in versi di scuola realistica, ermetica e surreale.

RIATTRAVERSAMENTO ESTETICO DEL SOGNO DI BRUBRU’

Una gita in barca nel mitico Oriente,
io e te,
evanescenti, senza ricordi,
con il presente in atto,
senza tempo tra gente sconosciuta
dai lineamenti sinuosi e accattivanti.
Noi due sconosciuti tra gli altri
e tutti da conoscere,
io principessa e tu principe,
tu aladino e io lampada,
tu genio e io materia.
E’ tutto così estremo in Oriente!
Tu che mi tocchi e mi baci,
tu che fremi e mi mordi.
La mia barca vacilla,
s’imbeve d’acqua
e va giù mentre tu affondi i colpi.
La mia carne intonsa è stata scorticata
e l’imene è soltanto il ricordo del passato di bambina.
La mia femminilità è campo da arare,
è mare da solcare con la tua prua.
La gente attorno non sa, non vede, non sente.
E’ come nei nostri desideri,
un sacro connubio di corpo e di mente,
una comunione, un mito, un rito.
Non è accaduto proprio nulla,
tutto è stato secondo natura.
Cosi immaginavo e cosi è successo.
Dimmi, o mio principe,
parlami adesso,
dì alla tua principessa il segreto di tanto mistero.
Svelami l’arcano
e spiegami perché ogni volta che ti sento e ti vedo
mi si rivolta il ventre in cerca di nobiltà.

LA PRINCIPESSA E IL PRINCIPE

Principe

Rosa dolze e aulentissima
c’apari al disio de la mia carne,
traiemi d’esta focora
che n’abio a volontate.
Pe tia nun aio abiento la notte e la dia.

Principessa

Accarezzami, o mio principe,
e inebriami dei tuoi baci al fuoco di un’indomabile passione
finché non avrai sentito il suono della mia campana
diffondersi dal villaggio fino alle pendici del monte di Venere
tra i cervi degli anfratti e le violette del pensiero.
La tua principessa vuole finalmente godere
alla luce del sole nel misterioso Oriente.

Baciami, o mio principe,
e toccami con tutto l’ardore dei tuoi ormoni
e fai della mia bocca il centro di un piccolo universo
che si dilata fiducioso verso la periferia dei sensi.

Strapazzami, o mio principe,
fino a farmi male
e a lasciare impresse nella mia carne
tutte le tracce della tua barbarica irruenza,
affinché io non possa più pensare
di essere ancora sola
e di essermi graffiata
cadendo dal divano color scarlatto.

Straziami, o mio principe,
ma di baci saziami
e portami tante rose rosse,
tante quanti i giorni che ho consumato
nell’attesa che tu ti accorgessi di me,
mi sorridessi e mi portassi con te.

Prendimi, o mio principe,
e lascia sulla mia pelle
le stimmate del tuo calvario di animale
e fammi rinascere nel mio corpo,
una quinta forza,
una parentesi senza spazio e senza tempo.

Rielaborazioni e riattraversamenti effettuati da Salvatore Vallone in Siracusa, nel mese di Luglio dell’anno 2018.
La “contaminatio” riguarda la poesia del mille duecento di Cielo d’Alcamo o Ciullo, poeta della scuola siciliana o poesia trasmessa dal popolo oralmente: degno di nota il passaggio dalla lingua latina al dialetto siciliano.

Rosa dolze e aulentissima
c’apari al disio de la mia carne,
traiemi d’esta focora
che n’abio a volontate.
Pe tia nun aio abiento la notte e la dia.

Rosa dolce e odorosissima
che appari al desiderio della mia carne,
tirami fuori da questo fuoco
che ne ho a volontà.
Per te non ho tranquillità la notte e il giorno.

Altra “contaminatio” riguarda la canzone a ritmo di “tango” scritta nel 1926 da Luigi Liaglia su testo di Anacleto Francini. La prima lettura del testo lascia sconcertati per la sensualità che descrive in riferimento a una donna meticcia, figlia di un colono europeo e di una donna dell’America latina, la Creola. Chiaramente la donna è culturalmente considerata per le sue proprietà erotiche e per l’effetto sessuale che suscita nel maschio. In Italia il Fascismo gradì molto questa canzone e il suo contenuto, nonché la musica fortemente carezzevole nella forma ritmata del tango. Il riferimento alla “coca” è del tutto legittimo perché non era fuorilegge e normalmente usata in medicina e nella pratica quotidiana. Vedi il testo breve di Freud sulla “Cocaina”. La “bruna aureola” riguarda il seno ed è un tratto somatico caratteristico delle “creole” e particolarmente gradito ai maschi. Diffidate dalla collocazione di soccombenza del maschio. E’ soltanto una sottomissione interessata. Tornerò su questo testo. Intanto gustate la versione sostenuta offerta da Milva.

Creola

Che bei fiori carnosi
son le donne dell’Avana:
hanno il sangue torrido
come l’Equador.

Fiori voluttuosi
come coca boliviana…
Chi di noi s’inebria
ci ripete ogn’or:

Creola,
dalla bruna aureola,
per pietà sorridimi
che l’amor m’assal…

Straziami,
ma di baci saziami;
mi tormenta l’anima
uno strano mal.

La lussuria passa
come un vento turbinante,
ché gl’odor più perfidi
recan ogn’or con sé

ed i cuori squassa
quella raffica fragrante
e inginocchia gli uomini
sempre ai nostri piè.

Creola,
dalla bruna aureola,
per pietà sorridimi
che l’amor m’assal…

Straziami,
ma di baci saziami;
mi tormenta l’anima
uno strano mal.

Straziami,
ma di baci saziami;
mi tormenta l’anima
uno strano mal.

 

 

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