TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Vado da un tatuatore. Io entro e lui esce da una porta e non mi vede.
C’erano due collaboratori, una donna e un uomo.
La donna mi fa sedere e comincia a muovere, senza toccarla, una plastica sul tavolo, avanti e indietro. C’erano dipinte le figure di un papà, di un figlio e di una mamma che si tenevano la mano.
Io rimango sbalordita e la donna mi dice: ci riesci anche tu col pensiero, se lo vuoi, a muovere ciò che vuoi, ma ci devi credere.
Poi lei va a capotavola e il suo posto lo prende l’uomo e mi dice “ora ti racconto la tua vita”.
Io gli dico che sono venuta per il tatuaggio e non per queste robe. E poi non ho soldi.
Lui dice che non fa niente e che ho una persona negativa nella mia vita che devo eliminare, forse una donna.
Io dico che è stata eliminata e che è un uomo. Intendevo il mio ex e gli chiedo se vuol vedere una foto per capire.
Lui mi dice di sì.
Cerco il telefono e tiro fuori quello vecchio. Cerco la foto, ma non ne avevo.
Mi accorgo che non era il mio telefono attuale.
Cerco e lo trovo nella borsa mezza vuota.
Guardo e ho due foto dentro lo schermo appannato e non capivo perché le foto non c’erano.
Il telefono si bloccava al tocco.
Tre foto, una mia, una vecchia di tre ragazze sconosciute in riva al mare e l’immagine su yu tube di una canzone, “ Favola” dei Modà”.
Mi sono svegliata molto turbata.”
Favola
Ora vi racconto una storia che farete fatica a credere
perché parla di una principessa e di un cavaliere
che, in sella al suo cavallo bianco, entrò nel bosco
alla ricerca di un sentimento che tutti chiamavano amore.
Prese un sentiero che portava a una cascata
dove l’aria era pura come il cuore di quella fanciulla
che cantava e se ne stava coi conigli, i pappagalli verdi e gialli,
come i petali di quei fiori che portava tra i capelli.
Na na na na na na na na na…
Il cavaliere scese dal suo cavallo bianco e piano piano le si avvicinò,
la guardò per un secondo, poi le sorrise
e poi pian piano iniziò a dirle queste dolci parole:
vorrei essere il raggio di sole che ogni giorno ti viene a svegliare
per farti respirare e farti vivere di me.
Vorrei essere la prima stella che ogni sera vedi brillare
perché così i tuoi occhi sanno che ti guardo
e che sono sempre con te.
Vorrei essere lo specchio che ti parla e che a ogni tua domanda
ti risponda che al mondo tu sei sempre la più bella.
Na na na na na na na na na…
La principessa lo guardò senza dire parole
e si lasciò cadere tra le sue braccia.
Il cavaliere la portò con sé sul suo cavallo bianco
e, seguendo il vento, le cantava intanto questa dolce canzone:
vorrei essere il raggio di sole che ogni giorno ti viene a svegliare
per farti respirare e farti vivere di me.
Vorrei essere la prima stella che ogni sera vedi brillare
perché così i tuoi occhi sanno che ti guardo
e che sono sempre con te.
Vorrei essere lo specchio che ti parla
e che a ogni tua domanda ti risponda
che al mondo tu sei sempre la più bella.
Na na na na na na na na na…
Questo è il “semplice” sogno di Mikaela.
DECODIFICAZIONE – CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Parto dal titolo. Il sogno di Mikaela è uno e include la canzone dei Modà “Favola”. Quest’ultima si può definire il “sogno a occhi aperti” dei Modà assimilato da Mikaela e usato per esprimere in sogno una sua psicodinamica. Identificarsi nella trama di una canzone è un’operazione psicologica naturale e frequente che consiste nell’assimilazione della trama e nell’immissione da parte del fruitore dei suoi contenuti psichici nel contenuto del testo. Tecnicamente i “significanti” di chi ascolta sono immessi nei “significati” del testo, così come, a sua o a loro volta, l’autore o gli autori del testo hanno immesso nei “significati” i loro “significanti”.
Spiego ancora e meglio.
Se io ascolto una canzone d’amore infelice con partecipazione e trasporto, lascerò che spontaneamente e per associazione emergano le mie storie d’amore vissute con dolore. Del resto, una canzone è poetica se è compresa dalla gente e diffusa tramite la condivisione e l’assimilazione, non certo per la sua aristocrazia espressiva e sociale. Si parla d’amore e ognuno ha la possibilità d’immettere la sua esperienza d’amore: “universalità” e “individualità” dell’arte nella concezione filosofica classica dell’Ottocento e del Novecento, Immanuel Kant e Benedetto Croce. L’Arte è di tutti e delle singole persone. L’Arte coglie l’universalità della Bellezza attraverso il vario vissuto individuale.
Mi chiedo a questo punto come procedere in tanta complicazione.
Interpreterò il sogno intero e poi individuerò come la “Favola” dei Modà si incastra e si inquadra nella psicodinamica di Mikaela. Sarà opportuno essere chiaro e sintetico vista la lunghezza della procedura e del testo.
Che il buon Freud me la mandi buona!
SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“Vado da un tatuatore. Io entro e lui esce da una porta e non mi vede.”
La funzione onirica si ammoderna e conosce i “tatuatori”.
Chi sono costoro?
Costoro sono coloro che simbolicamente inscrivono tracce indelebili nel corpo e specificatamente nella pelle. Sono coloro che hanno scritto materiale significativo nella storia personale di ogni persona e nel nostro caso di Mikaela. Sono coloro che geneticamente hanno marchiato i loro figli come le mucche argentine o il “grana padano”. Sono coloro che hanno dato ai figli la possibilità di marchiarsi con i vissuti nei loro riguardi e anche di altro.
I “tautatori” sono i genitori e tutti coloro che inducono “imprinting”, gli “imprittatori”. I “tatuatori” sono gli “imprittatori”: mi piace. Quindi le tracce indelebili si riconducono ai genitori e alle persone significative, le figure che hanno dato un corpo vivente ai figli e un patrimonio psichico da organizzare. L’identità del corpo risiede nei cromosomi e include l’origine biologica, così come l’identità psichica risiede nei vissuti e nei “fantasmi”. Mikaela è in cerca della sua radice psichica e la vuole assimilare e far propria, vuole finalmente razionalizzarla, vuole “riconoscere” il padre e la madre, non nella funzione che hanno svolto nei suoi riguardi, ma nei vissuti che ha elaborato nei loro confronti. Mikaela non riesce a compiere inizialmente quest’operazione perché il “tatuatore” si eclissa, “Io entro e lui esce da una porta e non mi vede”, per lasciare il posto a un uomo che Mikaela vive in maniera ambigua perché vuole e non vuole avere rapporti con lui. Il “tatuatore” in sogno evoca il padre, mentre l’ex uomo di Mikaela evoca la “posizione edipica”.
Si vedrà e, se son rose, fioriranno.
“C’erano due collaboratori, una donna e un uomo.”
Subito arriva la conferma. Il “tatuatore” è il padre di Mikaela che insieme alla madre si presentano sotto la forma di “due collaboratori”, due persone con cui ha condiviso travaglio e affanno, gioie e desideri. L’ex uomo di Mikaela si era inscritto nelle figure dei suoi genitori e soprattutto nel padre e lo ha evocato nelle doti e nei difetti a suo profitto o a suo danno. Mikaela ha vissuto una conflittualità con i genitori, “posizione edipica”, e si è identificata nella madre come donna e ha riconosciuto il padre come uomo. Vediamo dove Mikaela va a parare con il suo sogno.
“La donna mi fa sedere e comincia a muovere, senza toccarla, una plastica sul tavolo, avanti e indietro. C’erano dipinte le figure di un papà, di un figlio e di una mamma che si tenevano la mano.”
Mikaela evoca le caratteristiche psichiche della madre, quelle che l’hanno colpita e che si è portata dentro e dietro sin dall’infanzia. La madre è stata vissuta prevalentemente come una maga, una donna di grande abilità psicocinetica, una donna ammirevole per le sue capacità di tenere unite le tre entità familiari, “le figure di un papà, di un figlio e di una mamma che si tenevano la mano.” Mikaela riconosce alla madre la capacità di muovere le pedine dello scacchiere al nobile fine della coesione familiare secondo un quadro idilliaco e tradizionale. Muovere la “plastica sul tavolo, avanti e indietro” con il pensiero, attesta dell’opera occulta e abile di una donna intelligente e paziente. Questa è la madre vissuta da Mikaela in questa emergenza psichica della sua esistenza: un’eroina greca. La madre è la dea del focolare, è colei che ha facilitato la risoluzione dei conflitti edipici inscritti, meglio tatuati, nella psicodinamica di Mikaela. Degno di nota è il rilievo dell’unità familiare in “si tenevano per mano”, come nei migliori film degli anni cinquanta sul tema.
“Io rimango sbalordita e la donna mi dice: “ci riesci anche tu col pensiero, se lo vuoi, a muovere ciò che vuoi, ma ci devi credere.”
“Mater docet”, la madre insegna. Mikaela è costretta dalle evenienze e dalle emergenze della sua vita a recuperare l’abilità della madre di tenere unita la famiglia, un compito e un’impresa che la riguardano in questo momento della sua esistenza. Riscopre, visitando la figura materna da “sbalordita”, una donna che è riuscita con intelligenza e sensibilità, “col pensiero”, ad avere il potere di realizzare le imprese più difficili al prezzo di affidarsi a se stessa, di avere grande fiducia e stima nelle sue capacità occulte e visibili.
“Credere” traduce il latino “affidarsi”. Mikaela si fa dire in sogno da sua madre di avere fiducia in se stessa fino in fondo e che la donna è artefice delle dinamiche familiari più sottili e impensabili.
“Muovere” traduce “commuovere”, scatenare sensazioni e sentimenti. Questo sa fare la donna e la madre. Mikaela si fa regalare dalla madre questo insegnamento.
“Poi lei va a capotavola e il suo posto lo prende l’uomo e mi dice “ora ti racconto la tua vita”.
E’ il turno del padre. Dopo la maga arriva il mago. Ognuno ha la sua specializzazione, la prima muove le dinamiche familiari, il secondo è un indovino che protegge, colui che legge il passato e predice il futuro, colui che dà i consigli giusti e buoni dopo aver individuato i pericoli.
Del resto, cosa chiede una figlia al padre sin dalla più tenera età?
Essere protetta.
E la figlia come vive il padre?
Colui che è grande e forte e mi può aiutare a crescere: il gigante buono e il mago.
La madre prende il posto del padre, “va a capotavola”. Si riconferma l’importanza della funzione materna nel dirigere la politica familiare. Il padre, che conosce la vita della figlia e la sua evoluzione, è la persona più indicata ad aiutarla: “ora ti racconto la tua vita”. Questo pensa ed elabora giustamente in sogno la nostra Mikaela.
“Io gli dico che sono venuta per il tatuaggio e non per queste robe. E poi non ho soldi.”
Io ti riconosco soltanto come padre carnale, “tatuaggio”, e non come consigliere, “per queste robe”, quisquiglie e sciocchezze e “punzillacchere” come avrebbe detto il grande Totò in arte, principe Antonio De Curtis nella vita. Mikaela evidenzia un conflitto edipico irrisolto con il padre e sedato in parte dal tempo trascorso. L’autonomia acquisita si attesta a livello logistico, più che psichico. Come se Mikaela dicesse al padre: “ma se non ti sei interessato a suo tempo di me, cosa mi vai a dire adesso quello che devo fare e cerchi di proteggermi?” Aggiunge un suo grosso problema in atto: oggi non ho “libido genitale” da investire e tanto meno potere sessuale.” Mikaela denuncia al padre da un lato la sua assenza affettiva e dall’altro lato la sua attuale crisi di donna: “non ho soldi”.
Un brutto momento depressivo!
“Lui dice che non fa niente e che ho una persona negativa nella mia vita che devo eliminare, forse una donna.”
Il padre assolve se stesso e procede nella tutela della figlia secondo i desideri e i bisogni di Mikaela, l’autrice del sogno. “Anche se in passato non c’ero, adesso ti aiuto lo stesso”: “non fa niente”. Le urgenze emotive e affettive di Mikaela cercano la soluzione nel ritorno dal padre e dalla madre. Mikaela fa dire al padre che è “forse una donna” la persona da cui deve guardarsi. Traduco: “risolvi il conflitto con tua madre, visto che hai perso il potere seduttivo femminile e dal momento che in lei a suo tempo ti sei identificata come donna e da lei avresti dovuto prenderlo e riceverlo questo benedetto potere”. Mikaela si sta chiedendo: “in questo momento difficile della mia vita mi manca la madre con le sue arti femminili o il padre con la sicurezza e la protezione che mi induce?” La “persona negativa” è la parte psichica in crisi della femminilità di Mikaela. Lo psicodramma procede alla ricerca del colpevole e della soluzione del caso, come nei migliori film gialli.
“Io dico che è stata eliminata e che è un uomo. Intendevo il mio ex e gli chiedo se vuol vedere una foto per capire.”
Mikaela sostiene che la relazione conflittuale con la madre l’ha risolta, “è stata eliminata”, mentre la relazione conflittuale con il padre è ancora in atto e si riverbera nella sua vita affettiva, erotica e sessuale: “è un uomo”. Mikaela precisa che si tratta del suo “ex”, un uomo che ha scelto perché evocava la figura paterna, elaborata e vissuta durante il trambusto edipico. Mikaela si dimostra disponibile a questo gioco magico del padre e a questo ruolo riflesso, “ex” e padre, tant’è vero che vuole offrire al padre e a se stessa un’immagine esteriore per poter approfondire la questione e per capire che il suo “ex” era stato scelto a immagine e somiglianza del padre: “se vuol vedere una foto per capire.”
“Lui mi dice di sì.”
E’ proprio vero che il primo amore non si scorda mai. Mikaela ha ripescato l’intesa seduttiva con il padre.
Quante volte da piccola ha desiderato questa tresca e magari è rimasta delusa dall’indifferenza di lui!
Il sogno compensa e ripara, mostra e risolve, ma non dimentichiamo che il sogno siamo noi. La simbologia del “dire di sì” è intrisa di una carica seduttiva ed erotica, l’assenso al trasporto delle emozioni e dei sensi. Il tempo di Mikaela in riguardo al padre si è proprio fermato a questo indimenticabile ed ineffabile momento.
“Cerco il telefono e tiro fuori quello vecchio. Cerco la foto, ma non ne avevo.”
L’amore verso il padre perseguita Mikaela che cerca la relazione d’amore giusta e la ritrova nel passato, nel vecchio modo di relazionarsi al padre, in quel trambusto di sensi e di sentimenti che l’hanno avvinta durante la sua infanzia e che l’hanno trovata innamorata persa dell’augusto genitore. Tutto la riporta al passato, il tipo di relazione e l’immagine maschile: “quello vecchio” e per quanto riguarda l’immagine del suo “ex”, “la foto”, non ritrova alcunché.
“Mi accorgo che non era il mio telefono attuale.”
Come si diceva prima e come volevasi dimostrare. La relazione e l’intesa non erano quelle del presente ma quelle del passato, quelle già vissute e mai estinte, quelle che hanno provveduto a formare Mikaela e a legarla a un tipo d’uomo e a una forma d’investimento di “libido”, meglio a una modalità psichica e a un tipo di sentimento d’amore.
“Cerco e lo trovo nella borsa mezza vuota.”
La femminilità di Mikaela è “mezza vuota”, non è appagata a livello erotico e sessuale, nonché a livello affettivo. Il presente psichico e relazionale è in “deficit” e in perdita. Brutte nuvole si addensano nel cielo psichico della nostra protagonista che è appena venuta fuori da una storia precaria. Il suo “ex” non le ha riempito la “borsa”, non l’ha amata come i suoi bisogni antichi aspiravano.
“Guardo e ho due foto dentro lo schermo appannato e non capivo perché le foto non c’erano.”
Per l’appunto si trattava di due uomini e di due immagini maschili, il padre e il suo “ex”. Ma il tentativo di Mikaela di prendere consapevolezza del suo trambusto emotivo ed affettivo, “guardo”, non sortisce un buon risultato. “Lo schermo appannato” non dispone per niente bene. La coscienza è obnubilata e Mikaela incontra resistenze a capire questa collusione di due maschi nella sua vita di bambina e di donna adulta. Mikaela non sa districarsi nella sua “posizione edipica”, non sa ben guardare quel sole che non tramonta mai nell’orizzonte del passato e del presente: “le foto non c’erano”. Il meccanismo psichico di difesa della “rimozione” ha indotto questa dimenticanza, questa omissione, questa assenza delle foto.
“Il telefono si bloccava al tocco.”
La relazione era disturbata nella ricezione e nella trasmissione: “bloccava”. La “libido” da investire era impedita nella sua genuina funzione di rivolgersi all’altro, di avvolgere l’oggetto del desiderio, di appagare il bisogno. E se l’energia si blocca, prima o poi si somatizza e la ritrovi sotto forma di sintomo e di disturbo delle funzioni più umane come l’erotismo: “al tocco”.
“Tre foto, una mia, una vecchia di tre ragazze sconosciute in riva al mare e l’immagine su yu tube di una canzone, “ Favola” dei Modà”.
Il sogno si sta avviando alla conclusione. L’intensità emotiva è stata gestita bene perché il simbolismo ha occultato i veri significati e le vere psicodinamiche, nonostante il turbamento dopo il risveglio. Mikaela conferma la psicodinamica edipica e adduce le prove del significato del suo sogno: “tre foto”. La prima riguarda l’immagine e la storia della protagonista, l’attrice consumata di questo trambusto relazionale e di questo sconquasso emotivo. La seconda rievoca “tre ragazze sconosciute” che condensano le varie fasi della maturazione psicologica di Mikaela e alcune delle sue manifestazioni umane e sociali, i modi di porsi e di offrirsi nel corso della sua vita. “In riva al mare” si decifra tra realtà e immaginazione, tra bisogno e desiderio, tra concretezza e astrazione, tra superficie e profondità. E per concludere in bellezza e senza equivoci, come se tutto quello che ha sognato prima non bastasse, Mikaela lascia la prova delle prove, la “prova del nove” del significato e della psicodinamica del suo sogno, la “canzone, “Favola” dei Modà”.
Mikaela ha lanciato il guanto della sfida e a questo punto non resta che raccoglierlo e interpretare il corpo del reato. Pezzo dopo pezzo non si farà fatica a trovare una “posizione edipica” sotto la forma classica di un amore da “favola”, proprio quello raccontato dalle mamme e sognato dalle bambine.
Testo
“Ora vi racconto una storia che farete fatica a credere
perché parla di una principessa e di un cavaliere
che, in sella al suo cavallo bianco, entrò nel bosco
alla ricerca di un sentimento che tutti chiamavano amore.
Prese un sentiero che portava a una cascata
dove l’aria era pura come il cuore di quella fanciulla
che cantava e se ne stava coi conigli, i pappagalli verdi e gialli,
come i petali di quei fiori che portava tra i capelli.
Na na na na na na na na na…”
Interpretazione
La solita storia del bel cavaliere e della bella principessa, del cavallo bianco e del bosco, della cascata e dell’aria pura, del cuore di fanciulla e dei petali tra i capelli. Quello che stona in tanto idilliaco quadro sono i conigli e i pappagalli verdi e gialli, ma per il resto è tutto secondo norma e secondo cultura. Si tratta dell’innamoramento da parte di una bambina dell’immagine idealizzata del suo papà, quell’uomo che la chiama principessina e che è tanto bello.
Qualche simbolo per gradire?
“Il cavaliere in sella al suo cavallo bianco” è pregno di sessualità, il “bosco” rappresenta la parte oscura del desiderio, la “cascata” esprime la “libido”, “l’aria pura” è l’affettività, “il cuore” condensa la passione vitale, i vari animaletti del tipo “conigli e pappagalli verdi e gialli” sono le pulsioni erotiche, “i petali di quei fiori” si traducono nell’ingenuità di un sano desiderio erotico, “tra i capelli” equivale a nei suoi pensieri.
Questa è la rappresentazione di una bambina innamorata del suo papà. Fatevelo dire da chi ne capisce.
Ma non basta ancora, bisogna andare avanti.
Testo
“Il cavaliere scese dal suo cavallo bianco e piano piano le si avvicinò,
la guardò per un secondo, poi le sorrise
e poi pian piano iniziò a dirle queste dolci parole:
vorrei essere il raggio di sole che ogni giorno ti viene a svegliare
per farti respirare e farti vivere di me.
Vorrei essere la prima stella che ogni sera vedi brillare
perché così i tuoi occhi sanno che ti guardo
e che sono sempre con te.
Vorrei essere lo specchio che ti parla e che a ogni tua domanda
ti risponda che al mondo tu sei sempre la più bella.
Na na na na na na na na na…”
Interpretazione
La psicodinamica dell’amore eterno e impossibile si precisa e si approfondisce secondo le linee transculturali e archetipali della coppia “padre-figlia”. Questo è un quadretto universale che risale alla notte dei tempi e si deposita nei miti, nelle fiabe e nelle favole di ogni gruppo umano. E’ uno spaccato culturale di grande dolcezza e tenerezza, tant’è vero che non è stato “sublimato” nelle pitture sacre come, invece, la relazione “madre-figlio” che ha avuto sempre risvolti cruenti: vedi la trilogia tragica di Edipo a firma del greco Sofocle, il mito di Edipo riletto dall’ebreo Freud e la pittura medioevale sul tema della madonna e del figlio ucciso. La bambina e il suo papà hanno i connotati di un riconoscimento erotico reciproco che amplia i sensi senza colpevolizzarli, per cui non hanno bisogno di “sublimazione”. Consegue il senso e il sentimento del pudore.
Vediamo i simboli e poi gradirete.
L’arte della seduzione si trova in “scese”, “le si avvicinò”, “la guardò”, le sorrise” e in “iniziò a dirle”. Il sentimento d’amore è condensato nel dono finale delle parole, così come il desiderio si manifesta nell’avvicinamento e nel sorriso. Le parole sono dolci perché “il raggio di sole” sveglia il desiderio, fa “respirare” gli stessi affetti e crea una fusione erotica, “vivere di me”. La dominanza del principe mostra la figura del padre nel suo potere maschile. “La prima stella” che sorge brillante è Venere, più che una stella è un pianeta, e indica la presenza del sentimento nell’assenza fisica del bene amato. La consapevolezza della presenza protettiva si attesta negli “occhi che sanno che ti guardo”, una meravigliosa combinazione di simboli, così come “sono sempre con te” rappresenta l’assimilazione e la fusione, chiare trasposizioni di pulsioni erotiche e sessuali. Ritorna la favola di Biancaneve nello “specchio che ti parla”, quello “specchio bello, specchio rotondo” che sa “chi è la più bella del mondo”. La simbologia dice di una “posizione fallico-narcisistica” che ogni bambina vive tra i quattro e gli otto anni di vita e che induce a maturare quel potere femminile che nel tempo breve si risolve benignamente nell’amor proprio e nell’arte della seduzione. Tutto nella norma e come da copione universale, ma vediamo se il salmo edipico finisce in gloria.
Testo
“La principessa lo guardò senza dire parole
e si lasciò cadere tra le sue braccia.
Il cavaliere la portò con sé sul suo cavallo bianco
e, seguendo il vento, le cantava intanto questa dolce canzone:”
Interpretazione
La seduzione ha avuto il buon effetto di ridurre le resistenze della fanciulla a lasciarsi andare e ad affidarsi al suo “cavaliere”, quel maschio che sa cavalcare e sa proteggere: “si lasciò cadere”. Le “braccia” sono l’organo nobile dell’amplesso globale. Guardare “senza dire parole” equivale al trionfo dei sensi nella versione della consapevolezza e della dipendenza di chi tutto si aspetta dall’altro e nulla sa dare perché ignora. La posizione psicofisica della bambina è evidente, come la figura dominante del padre è evidente nei bisogni della figlia di essere educata anche nella formulazione dei sentimenti e nelle movenze dei sensi e del corpo. Si consuma lo psicodramma dell’amore edipico tra padre e figlia, quello senza sangue e senza morti, quello delicato che si appaga del desiderio e senza feroce struggimento. “Seguendo il vento” è simbolo del moto dei sensi e della danza erotica e non manca il dono delle parole: “le cantava intanto questa dolce canzone”.
La “Favola di Mikaela e dei Modà” finisce qua, ma fortunatamente si ripresenta “nei secoli dei secoli e così sia” sotto le sembianze di un padre e di una bambina che passeggiano a manina lungo i viali del parco delle rimembranze nel paese dei desideri.
Amen!
PSICODINAMICA
Il sogno di Mikaela sviluppa nella sua complessa articolazione e combinazione la semplice psicodinamica della “posizione edipica”, la relazione conflittuale vissuta dalla bambina con il padre e l’identificazione nelle virtù della madre. Mikaela sistema la madre nel ruolo magico di arbitro della politica familiare e il padre nel ruolo protettivo di confidente e di educatore. La “regressione” all’infanzia è agita nell’associazione alla canzone “Favola” dei Modà. Il sogno di Mikaela tiene in sottofondo la relazione affettiva e sessuale con il suo “ex”.
ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE
Il sogno di Mikaela presenta in funzione le seguenti istanze psichiche.
L’Io vigilante e consapevole e basato sul “principio di realtà” si manifesta in “vado” e in “io entro” e in “io rimango” e in “io gli dico” e in “io dico” e in “cerco” e in “mi accorgo” e in “guardo” e in “non capivo”.
L’Es pulsionale e basato sul “principio del piacere” è presente in “comincia a muovere, senza toccarla, una plastica sul tavolo, avanti e indietro.” e in “sbalordita” e in ““ora ti racconto la tua vita” e in “e poi non ho soldi” e in “ho una persona negativa nella mia vita che devo eliminare,” e in “nella borsa mezza vuota.” e in “schermo appannato” e in “Tre foto, una mia, una vecchia di tre ragazze sconosciute in riva al mare e l’immagine su yu tube di una canzone, “ Favola” dei Modà”.
Il “Super-Io” limitante e censorio e basato sul “principio del dovere” non è in funzione.
La “posizione psichica edipica”, conflittualità con i genitori, domina il sogno di Mikaela. Circola un riferimento privilegiato alla “posizione psichica genitale”, disposizione affettiva e sessuale e in evoluzione della relazione finita: vedi la madre e l’ex.
MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA
Il sogno di Mikaela usa i seguenti “meccanismi e processi psichici di difesa” dall’angoscia.
La “condensazione” è presente in “tatuatore” e in “credere” e in “tatuaggio” e in “soldi” e in “foto” e in “borsa” e in altro, lo “spostamento” in “collaboratori” e in “muovere senza toccarla” e in “tenevano la mano” e in “muovere col pensiero” e in “schermo appannato” e in altro. Il meccanismo della “rimozione” si suppone o si lascia intravedere in “C’erano dipinte le figure di un papà, di un figlio e di una mamma che si tenevano la mano.” e in ““ora ti racconto la tua vita” e in “Guardo e ho due foto dentro lo schermo appannato e non capivo perché le foto non c’erano.”
Il processo psichico di difesa della “sublimazione della libido” non viene usato, mentre il processo della “regressione” si esprime in un moto verso il passato nella seconda parte del sogno nell’affannosa ricerca delle foto e delle tracce del suo passato. Inoltre, la “regressione” è presente nella forma onirica tramite l’azione al posto del pensiero e l’allucinazione al posto del normale esercizio dei sensi.
ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA
Il sogno di Mikaela manifesta un tratto “edipico” marcato all’interno di una cornice decisamente “genitale”: conflittualità con i genitori in via di risoluzione e disposizione all’investimento di “libido” o bisogno di innamorarsi.
FIGURE RETORICHE
Le figure retoriche elaborate da Mikaela nel sogno sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “tatuatore” e in “tenevano la mano” e in “capotavola” e in “soldi” e in “foto” e in “telefono” e in “borsa mezza vuota” e in altro, la “metonimia” o nesso logico in “muovere senza toccarla” e in “muovere col pensiero” e in “credere” e in “schermo appannato” e in altro.
DIAGNOSI
La “diagnosi” dice del ritorno della conflittualità con i genitori, “posizione edipica”, a seguito della rottura affettiva e sessuale di Mikaela con il suo uomo. Ripresenta la disposizione a vivere il sentimento d’amore, “posizione genitale” e conferma l’attrazione dell’infanzia verso la figura paterna nell’associazione con la canzone “Favola”. Quest’ultima ha una forte valenza regressiva per la facile evocazione, operata dalla musica e dal testo, del marasma sensoriale e sentimentale del passato.
PROGNOSI
La “prognosi” impone a Mikaela di risolvere beneficamente, dal momento che non è possibile definitivamente, la relazione con i suoi genitori e soprattutto con il padre, al fine di potersi innamorare in maniera autonoma e senza strascichi pendenti. E’ opportuno non avere fretta, per ben ponderare i propri vissuti e sentimenti e per rinforzare la “razionalizzazione” del passato edipico, che se da un lato è stato struggente, dall’altro lato ha apportato attributi di fascino e pulsioni di desiderio nel corredo psichico della protagonista.
RISCHIO PSICOPATOLOGICO
Il “rischio psicopatologico” si attesta nella degenerazione della “posizione edipica” e nelle conseguenti “psiconevrosi” isterica, fobica, ossessiva, depressiva. Ricordo che la conflittualità irrisolta verso i genitori sfocia nel campo delle “nevrosi” e al massimo nello “stato limite”, qualora non è associata ad altri conflitti e non ricorre all’uso di meccanismi di difesa particolarmente delicati come la “negazione” e la “scissione dell’Io”.
GRADO DI PUREZZA ONIRICA
In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei simboli e dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Mikaela è “4” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.
La psicodinamica si avvale di un simbolismo che prevale di gran lunga sulla trama narrata.
RESTO DIURNO
La causa scatenante del sogno di Mikaela si attesta in una semplice riflessione sullo stato affettivo o su un incontro con le persone individuate nel sogno, genitori o “ex”. Il sogno si può definire “resto notturno” a causa dello scarso materiale che resta nel ricordo, cosi come il “resto diurno” è quel particolare che colpisce da svegli e che di notte scatena il sogno.
QUALITA’ ONIRICA
La qualità del sogno di Mikaela è “narrativa” in quanto snoda la trama come un racconto e “metaforica” perché nel finale associa una canzone come rafforzamento della tesi dominante, la relazione psichica con il padre.
REM – NONREM
Il sogno di Mikaela si è svolto nella terza fase del sonno REM alla luce del simbolismo e delle implicite emozioni. La protagonista rievoca con una buona copertura difensiva il suo viaggio nella “posizione edipica” o conflittualità con i genitori, usando bene i meccanismi psichici del “processo primario”. Inoltre conferma il significato profondo del suo sogno raddoppiandolo con la canzone dei Modà, a riprova dell’urgenza emotiva e affettiva che le ha procurato la rottura con il suo uomo, “ex”, a cui accenna. L’agitazione da sbalordimento non deve essere stata da poco.
Ricordo che nelle fasi REM il sonno è turbolento, mentre nelle fasi NONREM il sonno è profondo e catatonico ossia presenta una caduta del tono muscolare, senza movimenti e spasmi, senza agitazione psicomotoria. La memoria è presente nelle fasi agitate rispetto alle fasi di caduta muscolare e di sonno profondo dove è quasi assente.
FATTORE ALLUCINATORIO
Il sogno di Mikaela è ricco di sensazioni di “movimento”: “vado”, “entro”,”esce”, “comincia a muovere”, “va a capotavola”, “sono venuta”.
Il senso dello “udito” è dominante e si allucina in tre “mi dice”, “io gli dico”, “dice”, “io dico”.
Il senso del “tatto” è presente in “il telefono si bloccava al tocco”.
Il senso della “vista” è allucinato in “se vuol vedere una foto”, “mi accorgo”, “guardo”.
Il sogno di Mikaela è cenesteticamente dinamico e incalzante nel suo “batti e ribatti” e nel richiamo dell’esercizio dei sensi.
GRADO DI ATTENDIBILITA’ E DI FALLACIA
Per sondare la soggettività di chi interpreta e l’oggettività di chi sogna, l’approssimazione o la verosimiglianza della decodificazione del sogno di Mikaela, per valutare se l’interpretazione risente di forzature, stabilisco la prossimità all’oggettività scientifica o alla soggettività mistificatoria in una scala che va da “uno” a “cinque” e in cui 1 equivale all’oggettività auspicata e 5 denuncia una forzatura interpretativa verosimile. Tale valutazione è resa possibile dalla presenza di simboli chiari e forti e di psicodinamiche affermate ed esaurienti.
La decodificazione del sogno di Mikaela, alla luce di quanto suddetto, ha un grado di attendibilità e di fallacia “2” a causa della chiara simbologia e della psicodinamica reiterata nella “Favola” dei Modà.
DOMANDE & RISPOSTE
La lettrice anonima ha posto le seguenti domande dopo aver letto la decodificazione del sogno di Mikaela.
Domanda
Mi spiega meglio la differenza tra il conflitto edipico delle bambine e dei bambini?
Risposta
Brevemente, perché il discorso è più complesso. Il conflitto edipico delle bambine è più delicato e dolce, poetico, perché si elabora e si risolve ben presto, dai quattro ai nove anni. La bambina capisce la differenza dei sessi, si convince di essere femmina e passa all’identificazione nella madre pur mantenendo verso il padre un’attrazione particolare. Il quadro emotivo evapora e si sublima senza strascichi di sentimenti accesi. Il maschietto, invece, prolunga la sua competizione con il padre e il suo desiderio della madre per tempi più lunghi, si sofferma sulla “posizione fallico-narcisistica” con la forte gratificazione del suo corpo maschile. La bambina commuta il suo potere “fallico-narcisistico” nella seduzione erotica e nell’amor proprio, il bambino si crogiola in un brodo di individualismo e di esibizionismo pavoneggiandosi agli occhi della madre. Il tempo, impiegato per maturare la sua autonomia, porta il bambino a uno struggimento che coniuga sentimenti opposti e soprattutto a incamerare il famigerato sentimento della “gelosia”. Quest’ultimo, se non è stato adeguatamente risolto o ridimensionato, si può ridestare in futuro di fronte alla donna amata con gravi e tragiche complicazioni.
Domanda
I maschi sono più edipici e pericolosi delle femmine?
Risposta
La relazione con il padre e la madre non si risolve mai del tutto, ma i maschi spesso la trascinano a vita natural durante, mentre le femmine sono più concrete e realiste. E’ vero che i maschi sono più lenti e nostalgici in questo delicato settore. Spesso la madre per i suoi bisogni edipici non li libera, ma li trattiene da adulti con ulteriori seduzioni. E’ un argomento complesso e lungo.
Domanda
Incide anche la cultura?
Risposta
Perbacco! Il matriarcato è micidiale con la sua “legge del sangue”, mentre il patriarcato è severo con la sua “legge del dovere”: “Es” e “Super-Io”. E’ più violento il primo che il secondo. Il matriarcato prolunga la dipendenza edipica dei maschi. Il patriarcato impone alle femmine la legge monogamica del matrimonio e vieta la poligamia e l’incesto.
Comunque ho cercato di dire qualcosa sul tema. Mi fai delle domande che meriterebbero un saggio.
Domanda
Cosa pensa del tatuaggio?
Risposta
Ricordo che da bambino guardavo i detenuti, dietro le sbarre del carcere barocco di Siracusa, che cantavano chiedendo il perdono della madre per le loro malefatte. Quasi tutti avevano tatuato sul braccio la dichiarazione sentimentale “amo mamma”. Negli anni cinquanta i tatuaggi erano la prova di un soggiorno in carcere e di una pratica d’incisione della pelle atta a trascorrere il tempo e magari prendendo coscienza del forte legame con la madre. Non scrivevano sul braccio “amo il padre”, perché la legge del padre li aveva condannati. Questo è il mio impatto con il tatuaggio. Oggi la pratica è diffusissima e non comporta trascorsi legalmente burrascosi. Posso dire che il tatuaggio è un simbolo di appartenenza inscritto nel corpo e in modificazione dello stesso. Richiama l’identità psichica e il gruppo, ma richiede una buona dose di “libido sadomasochistica”, oltre che un vissuto conflittuale con il corpo dal momento che lo si vuole ritinteggiare. Questo discorso vale per gli eccessi, quando è visibile un rifiuto del corpo così com’è e una pulsione trasformativa e non di certo migliorativa. Poi ci sono i tatuaggi che fungono da memoria e da iscrizione solenne e vita natural durante: il corpo come promemoria delle esperienze ritenute fondamentali o importanti. Quando è una moda non è in eccesso, altrimenti comporta un uso dei “processi primari” tutto da scoprire.
Domanda
Può essere una psicopatologia?
Risposta
Non ci si copre tutto il corpo di vari simboli e messaggi per caso. Ci sono pulsioni profonde da razionalizzare e di solito si trova un “fantasma del corpo” che verte sul negativo più che sul positivo, per cui incidere la pelle è anche catartico.
Anche su questa domanda complessa mi sono dovuto fermare a qualche spiegazione.
Domanda
Cambio argomento. Cosa pensa della canzone dei Modà e dell’uso che ne fa Mikaela in sogno?
Risposta
La meravigliosa abilità dei “processi primari” associa al tema edipico, vissuto per tanto tempo sulla pelle, lo stesso tema della favola cantato dai Modà. Mikaela ha ascoltato questa canzone e si è identificata nella trama e nella bellezza semplice della poesia. Tramite le canzoni si possono far passare passioni comuni ed educazione sentimentale e civica. Il coinvolgimento psichico è favorito dalla simbiosi musica e parole. Il messaggio arriva e si deposita facilmente e senza resistenze nella dimensione profonda e per associazione evoca e ripesca pari pari quel materiale psichico vissuto.
Domanda
Le canzoni fungono da educazione delle masse con i messaggi belli e buoni?
Risposta
“Volete un popolo migliore? Dategli una migliore alimentazione” suggeriva il borghese Feuerbach nel diciannovesimo secolo a seguito del suo assunto di base “l’uomo è ciò che mangia”. Volete un popolo migliore? Dategli strumenti di identificazione sociale e civile chiari e distinti, semplici e comprensibili. Questo prescrivono psicologi e sociologi. Ebbene, le canzoni di musica leggera non sono soltanto semplici canzoni, ma prodotti psichici e culturali di grande e spedita diffusione. Musica e parole hanno un grande vantaggio perché la combinazione risulti poetica, creativa e ed emotiva come nelle tragedie greche.
Domanda
Può bastare.
Risposta
Credo proprio di sì. Il sogno di Mikaela è un “trip” micidiale di teorie e di pratiche, di scienza e di vita vissuta. Tutto quello che è stato scritto può bastare.
RIFLESSIONI METODOLOGICHE
Sull’interpretazione psicoanalitica delle favole consiglio la lettura di un classico, il testo di Bruno Bettelheim opportunamente intitolato “Il mondo incantato”. La decodificazione dei simboli indica l’uso collettivo dei messaggi contenuti nelle fiabe e nelle favole, quelle produzioni trasmesse nei secoli e che hanno educato e traumatizzato generazioni di bambini. Nonostante la crudeltà del racconto, intere generazioni si sono formate sulle classiche favole dell’infanzia e hanno sentito il fascino di tanto materiale psichico proprio perché trattava del loro mondo interiore, popolato da “fantasmi” che si agitavano dentro e che partivano dalla bocca della mamma e del papà e dei nonni e della maestra per risuonare come le campane pasquali in un giorno di aprile nella verde campagna.