LA VERANDA DI MIA NONNA

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Cammino per il vialetto della villa al mare insieme a mia sorella e a mio zio. Sul margine vedo una gatta stesa in terra, con le zampe rigide e dalla sua postura capisco che è morta. Il suo aspetto però non è sgradevole. Assomiglia ad un peluche e penso che non deve aver avuto una brutta morte. Lì intorno ci sono altri gatti.
Più vado avanti, però, più mi accorgo che la figura, oramai alle mie spalle, diventa sempre più grande e scura. Realizzo che è un cavallo nero e che è morto. Attorno a lui si aggirano gatti e cani, che iniziano a morderlo.
Non voglio guardare, affretto il passo, quando sento dei forti nitriti. Mi volto nuovamente e vedo il cavallo in piedi lottare furiosamente per scrollarsi di dosso gli altri animali.
Quelli però gli stanno sopra e vedo distintamente un cane lacerargli un lungo lembo di pelle, strappandogli un lamento.
Sento che non posso permettere che lo sbranino. Corro verso di loro e grido forte mettendo in fuga gli animali.
Al posto del cane, però, vedo un uomo, forse con un coltello in mano. Capisco che smetterà di opprimere il cavallo, ma mi sento in pericolo, temo che mi insegua.
Allora mi metto a correre e mi ritrovo sulla veranda di mia nonna. Non vedo altra via di fuga che attraverso i balconi, sicché mi preparo a scavalcare le ringhiere.
Mi rendo conto di sognare e penso che non è la prima volta che sogno fughe del genere.
Mi sveglio.”

Così ha scritto Sabino!

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

Sabino definisce incubo questo sogno, ma in effetti non lo è perché il “contenuto manifesto” non coincide con il “contenuto latente”. Indiscutibilmente è un sogno molto intenso e ricco che ha disturbato e agitato notevolmente il sonno fino al progressivo risveglio. La qualità del sogno di Sabino è decisamente “cenestetica”, scatena i sensi e procura sensazioni, rasenta l’isteria nel suo movimento ricco di risvolti emotivi attraenti e dettato da simbologie magnetiche.
Per quest’ultimo motivo il sogno di Sabino merita il massimo dei punti sul “grado di purezza onirica” perché il “processo secondario”, la razionalità, ha potuto far poco di fronte alle tante elaborazioni simboliche del “processo primario”. Quest’ultimo ha avuto vita facile nel saltare di palo in frasca nello sviluppo del tema dominante ed è stato sempre pronto ad associare nuovi simboli alla psicodinamica in elaborazione: dalla donna, alla madre, al padre, alla nonna e a gran parte della “posizione edipica” con un andamento incalzante e recuperando la “posizione anale” con la connessa “libido sadomasochistica”.
Dopo questa premessa si può passare alla laboriosa decodificazione del sogno di Sabino.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

“Cammino per il vialetto della villa al mare insieme a mia sorella e a mio zio.”

Il sogno si preannuncia tranquillo con il suo allegro quadretto familiare, ma in effetti prepara tempi cupi per Sabino man mano che l’ermetismo dei simboli si snoda e prende corpo a livello emotivo. Per il momento si presentano gli alleati, coloro che sosterranno Sabino nelle sue traversie in ambito familiare, “insieme a mia sorella e a mio zio”, una femmina e un maschio. La “villa al mare” lascia intravedere un senso altolocato dell’Io.
Niente di speciale!

“Sul margine vedo una gatta stesa in terra, con le zampe rigide e dalla sua postura capisco che è morta. Il suo aspetto però non è sgradevole.
Assomiglia ad un peluche e penso che non deve aver avuto una brutta morte.”

Sabino fa subito i conti con l’universo femminile, “la gatta”, e l’approccio non è dei migliori perché scarica la sua aggressività mortifera verso le donne, “stesa in terra, con le zampe rigide e dalla sua postura capisco che è morta”. Sabino ha una qualche consapevolezza di questa ostilità verso l’universo femminile e i suoi dintorni, “capisco”, dal momento che lo recupera e si riconcilia dopo aver ridotto la carica vitale o isterica, “non è sgradevole” e “assomiglia a un peluche”. Sabino trova le donne particolarmente vivaci e prepotenti, ma non può fare a meno d’investirle della sua rabbia. La “libido sadomasochistica” della “posizione anale” lo soccorre nell’esternare la sua ironica misoginia, un sentimento fatto di apprezzamento e sarcasmo, di morbida delicatezza e di potente disistima: “penso che non deve aver avuto una brutta morte”.

“Lì intorno ci sono altri gatti.”

Sabino ci tiene proprio alle donne anche se non le valuta adeguatamente e le detesta nel profondo. Fuori è pieno di donne, la madre, la sorella, la nonna e le altre, gli “altri gatti”, quelle che vengono dopo nel tempo e nello spazio. Si conferma l’aggressività verso le donne di casa, della villa al mare per la precisione, e verso le donne dei dintorni: un’ambigua misoginia.
E dopo i “gatti” cosa ci riserva il sogno di Sabino?

“Più vado avanti, però, più mi accorgo che la figura, oramai alle mie spalle, diventa sempre più grande e scura.”

Sabino prepara in sogno il thriller con la creatività degna di un regista a metà rosa e a metà nero. “Alle mie spalle”, nel mio passato si profila una figura, una sagoma che pensava di aver conosciuto e razionalizzato, ma che in effetti aveva soltanto rimosso. Simbolicamente le “spalle” condensano il meccanismo principe di difesa dall’angoscia della “rimozione”. Ritorna in sogno, dal materiale psichico rimosso e che Sabino pensava di aver razionalizzato, una figura “sempre più grande e più scura”, una figura che si accresce man mano che si avvicina, man mano che affiora alla coscienza.
Signori e signore, Sabino è pronto a presentarci suo padre.
“Grande” è attributo del padre, “scura” rappresenta la “parte negativa” del “fantasma del padre”, il padre castrante, quello cattivo, l’orco delle fiabe, il lupo delle favole.
La minaccia paterna si ascrive alla “posizione edipica”, relazione conflittuale con i genitori, di Sabino.
Si prospetta per il protagonista un “Super-Io” rigido e severo.

“Realizzo che è un cavallo nero e che è morto. Attorno a lui si aggirano gatti e cani, che iniziano a morderlo.”

“Come volevasi dimostrare” o “tutti i salmi finiscono in gloria”!
E’ fuor di dubbio che si tratta del padre. Il simbolismo classico del “cavallo” esige la potenza e l’eleganza della figura paterna e, a tal uopo, vedi il “caso clinico del piccolo Hans” e della sua fobia dei cavalli in quel di Vienna agli inizi del secolo scorso e a firma di Sigmund Freud.
Dopo le donne, meglio la madre, Sabino scarica la sua aggressività mortifera nel padre, “è morto”. Sabino ha risolto la “posizione edipica” uccidendo il padre, una soluzione diffusissima, una soluzione nevrotica che si porta sempre dietro un forte senso di colpa da espiare in sintomi e difficoltà relazionali. Sabino non ha riconosciuto il padre e ancora ha strada da percorrere. Non basta aver ucciso ”un cavallo nero”, il padre elegante ed enigmatico. L’opera sacrilega di scempio non è compiuta, per cui Sabino espone il corpo del cavallo allo strazio di “cani” e “gatti”, di maschi e femmine, di tutti quelli che hanno da scaricare rabbia sul suddetto. In effetti, Sabino cerca alleanze affettive e condivisioni pulsionali per continuare a dormire e a sognare. I meccanismi psichici di difesa dall’angoscia della “traslazione” e dello “spostamento”, oltre che della “condensazione”, sono usati abilmente nella figura del “cavallo”, ripeto, un classico della letteratura onirica.
Approfondendo, “i gatti e i cani”, rappresentano le pulsioni sadiche di Sabino e sono ascritte alla sua “androginia” psichica, la “parte maschile” e la “parte femminile” di cui si compone simbolicamente la sua “organizzazione psichica reattiva”, il vecchio carattere e l’altrettanto obsoleta personalità. Ricapitolando: la “posizione edipica” richiama in aiuto la “libido sadomasochistica” vissuta ed elaborata nella precedente “posizione anale”.

“Non voglio guardare, affretto il passo, quando sento dei forti nitriti. Mi volto nuovamente e vedo il cavallo in piedi lottare furiosamente per scrollarsi di dosso gli altri animali.”

Non voglio razionalizzare la mia “posizione edipica” e in particolare la mia aggressività verso di lui, sono “istero-fobico” e, allora, ho la buona illuminazione di rivedere il mio conflitto: “guardare”, “affretto”, “sento”.
Alla bisogna o all’uopo Sabino deve risuscitare il padre, pardon il cavallo, sentire dei “forti nitriti” degni di tanta bestia, ridare prestigio e forza al padre nei confronti dei violenti aggressori, Sabino “in primis” e tutto compreso. Degno di nota il “furiosamente per scrollarsi di dosso” in attestazione della grande stima che Sabino vive nei confronti del padre.
E’ una lotta impari, oltre che una guerra persa in partenza!
Meglio “toglierci mano”, come usano dire gli indolenti siciliani alludendo alle imprese difficili.
E’ anche vero che un padre così forte e capace ha creato non poca apprensione e paura nel figlio.
Sabino recupera il padre e lo valuta un abile lottatore e un tenace combattente. Sono in corso e sempre nello stesso sogno la rivalutazione edipica del padre e la comprensione del “fantasma” in riguardo alla sua interezza, “parte positiva” o padre buono e “parte negativa” o padre cattivo.
A violenza il padre di Sabino ha reagito con violenza superiore a conferma del suo potere e del ruolo di capo. Sabino coniuga il fascino con la paura.

“Quelli però gli stanno sopra e vedo distintamente un cane lacerargli un lungo lembo di pelle, strappandogli un lamento.”

Sabino è un abile contadino-sognatore perché prepara il terreno prima di seminarlo. Dopo la disfida con il padre e il riconoscimento della sua forza, come si usa nella cultura dei lupi, Sabino si ritaglia un ruolo altrettanto importante accorrendo in aiuto all’augusto e aulico genitore. Il “cane”, distintamente visto, rappresenta un rigurgito d’aggressività edipica di Sabino o un evento specifico di ordine traumatico che ha colpito la figura paterna secondo i vissuti del nostro candidato eroe, il sognatore Sabino. Il “lungo lembo di pelle” rievoca un qualcosa di chirurgico o, comunque, un trauma fisico. L’umanità del “cavallo” si condensa in quel meraviglioso “lamento”, una eroica e dignitosa consapevolezza dell’ineluttabilità del dolore e una riduzione d’onnipotenza.

“Sento che non posso permettere che lo sbranino. Corro verso di loro e grido forte mettendo in fuga gli animali.”

La coscienza di Sabino tocca un apice di generoso altruismo dopo tanta violenza perpetrata contro il nobile “cavallo” tramite “cani” e “gatti”. Adesso la coscienza morale si appropria della pulsione soteriologica: “non posso permettere che lo sbranino” equivale a “devo smettere di aggredirlo e di viverlo come il mio tiranno o, tanto meno, come il capo da eliminare”. D’impeto Sabino ha ucciso e con altrettanto impeto Sabino prende coscienza, “grido fortemente”, di tenere sotto controllo e, in tal modo, di risolvere ed eliminare le sue pulsioni sadiche, “gli animali”, nei confronti del padre. Questa è l’unica condizione per riconoscere il padre senza inutili conflitti e dolorose competizioni.
Ma attenzione alle sorprese!
Il sogno è infido da certi punti di vista e specialmente nel portare avanti i processi di disvelamento del “rimosso” e di reintegrazione psichica.
Vediamo le magiche acrobazie del sogno di Sabino.

“Al posto del cane, però, vedo un uomo, forse con un coltello in mano.”

Ecco la classica scena edipica del conflitto “padre-figlio” e della “castrazione psichica” antecedente all’accettazione e al riconoscimento del padre e, di poi, all’identificazione in lui. Trattasi di tappe psicodinamiche universali che vanno al di là della razza e della cultura. Il “cane” era la “traslazione” difensiva di Sabino che ha permesso al sonno e al sogno di continuare senza che il “contenuto manifesto” coincidesse con il “contenuto latente”: incubo e risveglio immediato per incapacità del “sistema neurovegetativo” di tollerare e di gestire la tensione nervosa accumulata e in atto. Meglio: perché scattasse l’incubo, bisognava mettere “al posto del cane” Sabino e “al posto dell’uomo” il padre pronto al rituale della castrazione.
Ricordo che il “coltello” è un classico simbolo fallico nel suo rappresentare il membro maschile in versione sadica e traumatica, deflorante con dolore.
Sabino ha rivisitato in sogno pari pari il suo “fantasma di castrazione”. Benedetto sia il sogno e le sue mirabili arti di rappresentazione delle nostre verità psicofisiche e delle nostre contorte psicodinamiche!

“Capisco che smetterà di opprimere il cavallo, ma mi sento in pericolo, temo che mi insegua. Allora mi metto a correre e mi ritrovo sulla veranda di mia nonna.”

Sabino è in piena presa di coscienza che la “posizione edipica” va risolta e che la relazione con il padre deve assumere i connotati di una proficua imitazione del meglio e di una generosa collaborazione. Sabino sa che deve identificarsi in lui per assumere posture psicofisiche maschili e che non serve avere vissuti astiosi e recriminazioni nostalgiche. Sabino sa che il presente psichico in atto è da tenere in grande considerazione ed è l’unico dato a cui appellarsi nel bene e nel male.
Questa è la la traduzione di “capisco che smetterà di opprimere il cavallo”, ma la questione non è ancora conclusa perché Sabino si trova adesso a fare i conti con i suoi sensi di colpa e con le paure collegate di espiazione degli stessi. Ed ecco che ritornano la “castrazione” e la paranoia di trovare ancora nel padre il suo polo persecutorio o l’oggetto della sua “libido sadomasochistica”: il ritorno del sintomo e la punizione per tanta infamia. Questa è la traduzione di “mi sento in pericolo, temo che mi insegua”.
La soluzione a tanti dilemmi e giuste paure è la relazione con la sostituta materna o con la “parte positiva del fantasma della madre”, la “nonna” e la sua “veranda”, la relazione affettiva di un certo grado e di una qual consistenza. La “nonna” è decisamente un equivalente materno esente da conflitti e solamente “positivo”. Essa funge nei bisogni profondi di Sabino come ammortizzatore dei conflitti non soltanto con la madre, ma soprattutto con il padre. Sabino ha elaborato e vissuto una “nonna androgina” in cui conglobare il padre e la madre.
La “veranda” condensa la recettività femminile in riguardo all’ordine affettivo, l’apertura e l’accoglienza, l’esenzione da legge e da tributo, la legge del sangue e della fusione, del ritorno alla protezione dopo l’espiazione della colpa. La nonna condensa il concetto giuridico dell’extraterritorialità.
Il “mi metto a correre” attesta della “psiconevrosi edipica” in atto, un conflitto fobico e depressivo che si traduce così: “se perdo gli affetti, dopo aver tanto peccato contro il padre e la madre, resterò solo”.
E’ oltremodo chiaro che Sabino deve necessariamente aggiustare il tiro nei riguardi dei suoi genitori.

“Non vedo altra via di fuga che attraverso i balconi, sicché mi preparo a scavalcare le ringhiere.”

Il “balcone” è il simbolo delle relazioni sociali più o meno significative e attesta della nostra disposizione psichica ad avere contatti con il prossimo. Una casa con tanti o con pochi balconi rivela il nostro grado di relazione e di investimento sugli altri, di coinvolgimento e di affabilità. A volte i “balconi” sono salvifici come vie di fuga da imbarazzi e da disagi interiori specialmente se la casa è molto stretta e impervia.
Sabino compensa le sue angosce con la “nonna” e soprattutto con la sua “veranda”, un sostituto genitoriale in tutti i sensi che con il suo affetto incondizionato va nell’immaginazione di Sabino oltre il lecito e il consentito, oltre il limiti e verso i mito.
“Scavalcare le ringhiere” è un uscire dal carcere edipico al fine di trovare figure sostitutive atte a compensare le angosce; la “nonna” è archetipo della “Madre”, la legge della Natura che viene prima della Cultura.

“Mi rendo conto di sognare e penso che non è la prima volta che sogno fughe del genere. Mi sveglio.”

Il sogno è stato ampio e intenso, ha trattato il decorso “edipico” dalla madre al padre con la compensazione della nonna, ma Sabino ancora fugge dalla risoluzione e istruisce qualche difesa destinata a cadere ma che ancor resiste come “resistenza”, incapacità a far emergere le giuste verità in riguardo alla madre e al padre. Necessita il giusto sviluppo per non avere riverberi nelle relazioni significative in atto e future. I genitori invecchiano e la nonna passa, per cui “fughe del genere” significano che il conflitto è aspro e duro ma è da risolvere.

PSICODINAMICA

Il sogno di Sabino sviluppa una vasta area della “posizione edipica” e riprende la “libido sadomasochistica” della “posizione anale” per sviluppare il conflitto con la madre e le donne maturando una difensiva “misoginia”. Di poi, il sogno verte sul conflitto edipico con il padre, una dialettica in via di risoluzione sotto la spinta dell’identificazione per acquisire identità psichica.
Procedendo, il sogno manifesta la compensazione di un sostituto materno e paterno nella figura mitica e androgina della nonna, superando i limiti e i blocchi di un rapporto convenzionale con un investimento di puro amore.

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

Le istanze psichiche richiamate sono l’Io, l’Es e il Super-Io. L’Io è manifesto in “mi accorgo”, “realizzo”, “capisco”, ”mi ritrovo”, “mi sento”, “mi rendo conto”.
L’Es è attivo in “gatta stesa in terra…morta”, “cavallo nero…morto”, “iniziano a morderlo”, “lacerargli”, “grido forte”, “coltello in mano”, “la veranda di mia nonna”. Il Super-Io è presente in “non posso permettere che lo sbranino”.
Le “posizioni psichiche” richiamate sono quella “anale” con la “libido sadomasochistica” e quella “edipica”: “una gatta stesa in terra, con le zampe rigide e dalla sua postura capisco che è morta” e “ Realizzo che è un cavallo nero e che è morto”.

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

I meccanismi psichici di difesa coinvolti nel sogno do Sabino sono la “rimozione” in “oramai alle mie spalle”, lo “spostamento” in “cavallo” e in “cane” e in “animali” e in altro, la “traslazione” in “un uomo, forse con un coltello in mano” e “nonna, la “condensazione” in “nonna” e “veranda” e “figura” e in altro. E’ presente il ritorno del rimosso in “Realizzo che è un cavallo nero e che è morto”. I processi psichici di difesa dall’angoscia della “regressione” e della “sublimazione della libido” non sono evidenti.

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

Il sogno di Sabino evidenzia un tratto “sadomasochistico” e “istero-fobico” all’interno di una “organizzazione psichica reattiva” nettamente “edipica”.

FIGURE RETORICHE

Nel sogno di Sabino sono presenti molti simboli e di conseguenza le figure retoriche coinvolte sono la “metafora” o rapporto di somiglianza in “nonna” e “gatta” e “cavallo” e “spalle” e “coltello” e in altro, la “metonimia” o relazione logica in “villa al mare” e “guardare” e “affretto” e “sento” e “veranda” e “balcone” e in altro, la “enfasi” o forza espressiva in “scrollarsi di dosso” e “grido forte”.

DIAGNOSI

La diagnosi dice di una psicodinamica edipica conflittuale in atto con proiezione aggressiva di natura sadomasochistica nei confronti dell’universo femminile e del padre. La compensazione affettiva e protettiva viene traslata nella figura della nonna. La “traslazione” è un meccanismo di difesa dall’angoscia.

PROGNOSI

La prognosi impone a Sabino di portare avanti il processo di emancipazione dal padre e dalla madre e da figure similari, al fine di raggiungere un’autonomia psichica consentita dall’economia nervosa in atto. Sabino deve passare dalla soluzione infantile di “uccidere il padre e la madre” alla soluzione matura del “riconoscere il padre e la madre” tramite la comprensione dei vissuti legati alla sua storia familiare e alle figure che l’hanno popolata nel bene e nel male. Tale operazione di presa di coscienza porterà a vivere le relazioni affettive in maniera più libera e autentica senza incorrere in dipendenze di vario tipo e di vario genere.

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

Il rischio psicopatologico si attesta in una “psiconevrosi edipica”: “isterica” con conversioni somatiche, “fobica” con crisi di panico, “d’angoscia depressiva” con caduta del gusto nel vario esercizio della vita.

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “simboli” e dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Subritte è “5” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

RESTO DIURNO

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno di Sabino si attesta nella dominanza emotiva del conflitto e nella provocazione di un fatto o di una riflessione.

QUALITA’ ONIRICA

La qualità onirica, come si diceva nelle “considerazioni” iniziali è decisamente “cenestetica”, scatena i sensi e procura sensazioni, rasenta l’isteria nel suo movimento ricco di risvolti emotivi attraenti e dettato da simbologie magnetiche.

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

Il sogno di Sabino è molto ampio e variegato, oltre che simbolicamente consequenziale. Ulteriori riflessioni non servono alla luce della ricchezza delle psicodinamiche e dei contenuti, per cui una nota canzoncina per bambini è più che opportuna, doverosa direi, per chiudere con un sorriso sciocco.

 

 

 

 

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