LA VISITA DI MIA MADRE

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

 

“Dovevo andare a trovare la mia compagna.

Mentre arrivo a casa sua, vedo mia mamma ( che nella realtà è morta da circa vent’anni) che esce dalla sua porta e scende le scale con un sacco di immondizia nero in mano.

Ho pensato che fosse andata a pulire la casa.

Ho aspettato che venisse giù dalle scale, senza farmi vedere, e poi sono salito ed entrato in camera.

Non appena entro, la mia compagna subito mi sgrida dicendomi che mia mamma è stata lì a disturbarla.

Ho risposto: “strano, questo non è da lei”(incredulo perché mia mamma non era invadente).

Lei mi ribatte: “eh no, guarda qua… che ha lasciato questa roba nel tuo

posto …”

Noto che la mia ragazza è mezza nuda e grassa (in realtà è magra), mentre mi fa vedere che sul letto disfatto c’è un libro o una scatola con sopra tre anelli appoggiati.

A quel punto mi sono svegliato turbato.”

Questo sogno è firmato Pierino.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

Il sogno di Pierino, nome scelto non a caso, è pervaso nella sostanza da una montagna di tenerezza e di delicatezza, un prodotto poetico elaborato da una persona irrequieta e creativa, Pierino per l’appunto.

Questo sogno è aristocratico, non ha niente di volgare e si connota per una sensibilità estetica in onore e in riguardo a una figura materna che da vent’anni non frequenta questa terra e che nella realtà esistenziale non presentava i segni dell’invadenza e della prevaricazione: la “parte positiva” del “fantasma della madre”, la madre buona e il “seno buono” secondo le proficue teorie di Melanie Klein.

La prepotenza delle donne, che Pierino si porta in sogno, contrasta con la moderazione della madre in vita e, se la realtà è rappresentata in maniera distorta, anche la “compagna” non è esente da questa deformazione: la madre è prepotente e la compagna è grassa.

Questo significa, qualora ce ne fosse bisogno, che Pierino in sogno camuffa bene i personaggi perché i meccanismi della “condensazione” e dello “spostamento” funzionano in maniera egregia, così come quelli dell’associazionismo e del simbolismo.

Insomma, Pierino mette insieme i fantasmi del passato e li fonde al presente per evidenziare il suo conflitto psichico in atto.

Questo processo psicodinamico è fuor di dubbio e sortisce un esito fausto nei diversi livelli, da quello psichico a quello creativo, da quello emotivo a quello sentimentale.

Non resta che misurare bene i simboli e farli interagire, perché soltanto le varie condensazioni diranno quella verità che il “contenuto manifesto” o la trama del sogno non aiuta a cogliere e, tanto meno, a capire.

Preciso per gli appassionati che il sogno di Pierino è strutturato secondo la regia del miglior film giallo. Alla fine è posta la chiave del mistero: “sul letto disfatto c’è un libro o una scatola con sopra tre anelli appoggiati.”

 

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

 “Dovevo andare a trovare la mia compagna.”

 

Pierino parte dalla situazione affettiva in atto, “la mia compagna”, Il  “dovevo” attesta di un obbligo imposto dal “Super-Io”, una relazione di dovere, una storia non ispirata a grande fuoco passionale e a grande trasporto sentimentale. Pierino esordisce con la freddezza e il distacco di chi si difende dal coinvolgimento amoroso e non investe “libido genitale” di buona qualità.

 

“Mentre arrivo a casa sua vedo mia mamma ( che nella realtà è morta da circa vent’anni) che esce dalla sua porta e scende le scale con un sacco di immondizia nero in mano.”

 

Quali sensi di colpa spingono Pierino a riesumare e vivificare la madre dopo vent’anni?

La madre nella casa della sua donna cosa significa?

Pierino sta elaborando in sogno il suo critico affidamento affettivo ed erotico alle donne. Il “sacco d’immondizia nero”, un classico della nettezza domiciliare, attesta simbolicamente di un grembo femminile avvolto dal senso di colpa.

Una paternità e una maternità impedite?

Pierino vive nella madre una maternità luttuosa e proietta in lei una sua esperienza equivalente nella qualità. Può anche trattarsi di una sequela di sensi di colpa che normalmente s’incamerano nel lungo tragitto che dalla “posizione edipica” porta al riconoscimento della madre e all’autonomia psichica. L’operazione psichica che si consuma nell’atto “scende le scale”, attesta del processo di “materializzazione”: andare verso la concretezza della realtà senza voli pindarici e sublimazioni religiose.

 

“Ho pensato che fosse andata a pulire la casa.”

 

“Pulire la casa” attesta chiaramente di “catarsi” di sensi di colpa, di assoluzione delle colpe reali o vissute tali che Pierino ha elaborato nei riguardi della madre. Si rileva ancora il meccanismo psichico di difesa della “proiezione” nell’attribuire alla madre i suoi sensi di colpa in riguardo alla tematica femminile. Se la “casa” è il simbolo della “organizzazione psichica reattiva”, della struttura psichica per meglio intenderci, se la “sporcizia” condensa i sensi di colpa, “pulire la casa” evidenzia la purificazione assolutoria dei sensi di colpa, la “catarsi” greca delle colpe d’impeto e d’ira, del peccato di turbamento dell’ordine costituito voluto dalla divinità. Pierino ha tanto di sospeso verso la madre e verso le donne. Pierino è sacrilego secondo la teoria greca della “ybris”. Pierino stravolge in sogno la figura della madre reale per le sue convenienze psichiche di risolvere alcuni traumi.       

 

“Ho aspettato che venisse giù dalle scale, senza farmi vedere, e poi sono salito ed entrato in camera.”

 

Ecco la prova!

“Senza farmi vedere” si traduce ed equivale a “senza la consapevolezza della relazione edipica con mia madre”. In un primo tempo Pierino bambino ha atteso la concretizzazione del suo desiderio, “ho aspettato che venisse giù dalle scale”, e, di poi, Pierino adulto ha sublimato la “libido” nei suoi confronti, “sono salito ed entrato in camera”. Quest’ultima, la camera, rappresenta la parte della sua “organizzazione psichica reattiva” riservata all’elaborazione psichica della figura materna. Pierino sintetizza in sogno le tappe fondamentali della sua “posizione edipica” esclusivamente in riguardo alla madre. Mi ripeto: Pierino va “giù dalle scale” e “su per le scale” a visitare la camera riguardante i vissuti relativi, i desideri da colpevolizzare e da non comunicare, “senza farmi vedere”, rimuovendo sapientemente il trasporto affettivo ed erotico del suo essere bambino verso la madre.

 

“Non appena entro, la mia compagna subito mi sgrida dicendomi che mia mamma è stata lì a disturbarla.”

 

La relazione edipica con la madre disturba la relazione di coppia, se è vero che si sceglie la seconda donna in riferimento alla prima donna, la compagna in riferimento alla madre. Pierino è “sgridato” come soleva fare la madre al bambino. Il rapporto con le donne è di soccombenza e avviene con collocazione filiale da parte di Pierino. La mamma è di disturbo all’equilibrio della coppia, perché secondo le linee edipiche il figlio cerca la madre nella donna e la donna teme il confronto con la madre del suo uomo proiettando, a sua volta, il conflitto con sua madre. La parabola significa che Pierino ha problemi di relazione con le sue donne a causa del “fantasma” di una madre ingombrante e negativa, il famigerato “seno cattivo” della teoria di Melanie Klein. Tutto questo la madre non era nella realtà, ma nei vissuti di Pierino il “fantasma” doveva essere sottoposto normalmente a “splitting”, scissione.

 

“Ho risposto: “strano, questo non è da lei” (incredulo perché mia mamma non era invadente).”

 

In effetti non si tratta della mamma, ma del figlio che si serve della madre in sogno per attestare un suo conflitto legato alla “posizione edipica” e, nello specifico alla madre, alla relazione con le donne. La madre funge da schermo in cui Pierino proietta la sua invadenza e, in precedenza, la sua propensione ai sensi di colpa dopo le marachelle pensate o agite.

 

“Lei mi ribatte: “eh no, guarda qua… che ha lasciato questa roba nel tuo

posto …”

 

Pierino ha ricevuto dalla madre della “roba nel suo posto”. Pierino si fa lasciare oggetti significativi e messaggi cifrati, piccoli “totem” che esorcizzano l’angoscia della perdita legata ai sensi di colpa. Pierino condivide con la madre dei segreti, per cui non è autonomo e non è libero con la donna attuale e con le donne del passato, perché si è fatto seguire psicologicamente dalla madre e se l’è portata dentro le sue relazioni.

 

“Noto che la mia ragazza è mezza nuda e grassa (in realtà è magra),”

 

Si conferma che non si tratta della sua donna attuale, ma di una donna del passato da cui è stato colpito e che si porta dentro. “Mezza nuda” equivale simbolicamente a una buona dose d’ingenuità, “grassa” attesta di forti bisogni affettivi inappagati e traslati nell’assunzione smodata di cibo.

Chi è questa donna?

Pierino lo sa. Il sogno non precisa meglio.

 

“ha lasciato questa roba nel tuo posto …”

 

La madre di Pierino, contrariamente ai suoi sani principi e alla sua buona educazione, ha fatto irruzione nella casa dove il figlio abita con la compagna, ha fatto pulizia racimolando un sacco nero di spazzatura e ha lasciato “sul letto disfatto un libro o una scatola con sopra tre anelli appoggiati.”

Urge decodificare i simboli che Pierino si è fatto lasciare dalla madre nel sogno, proiettando in lei i suoi “fantasmi”.

Il “libro” condensa la storia di una vita, la sintesi dei vissuti psichici legati alla “formazione reattiva” del nostro protagonista. Pierino si fa lasciare dalla madre sull’ultimo talamo, letto matrimoniale scomposto dalle passioni e dalle pulsioni dell’istanza “Es”, la consapevolezza riflessiva della sua identità psichica. Pierino sa di sé, non è un pivello sconosciuto a se stesso. Pierino ha la sua sensibilità delicata, non è un cafone del porto o del mercato. Pierino ha una sua dimensione estetica, sa cos’è il bello e la bellezza, non è uno sprovveduto che tira a campare sbarcando il lunario con una porzione di lesso. Pierino è un uomo complesso e complicato. Pierino ha scritto il “libro” della sua vita e questo “sogno” è un denso e brillante capitolo.

Questo basta per quanto riguarda il simbolo del “libro”.

La “scatola” rappresenta il corredo psicofisico dell’universo femminile soprattutto in riferimento alla dimensione sessuale e genitale.

“Sopra” la “scatola” ci sono “tre anelli”, chiari simboli vaginali in ulteriore rafforzamento che il sogno di Pierino sta navigando su un mare d’intimità riguardante le sue relazioni sessuali e amorose.

A questo punto non resta che chiederci: perché tre?

Tre sono le storie d’amore significative e rimaste impresse nel “libro” psichico di Pierino.

Quali sono?

La prima è sicuramente quella con la madre, la “posizione edipica” che ha formato Pierino nel rapporto con le donne. Le altre storie trovano risposta nella memoria e nel cuore del protagonista, ma si può dire con certezza che la donna in atto, quella del sogno, non è uno dei rimanenti due anelli.

Pierino si fa lasciare in sogno dalla madre, deformata nel carattere e nella sensibilità, la sua identità psichica e la sua modalità relazionale con le donne e rielabora le tre più importanti e complesse esperienze che lo hanno formato e segnato. Non sbaglio se affermo che la madre era una gentildonna, la seconda era invadente e la terza era in carne e ingenua.

Svelato il giallo!

Hitchcock ne andrebbe fiero.

 

“A quel punto mi sono svegliato turbato.”

 

Il turbamento è il minimo prezzo da pagare a cotanto sogno, alla riedizione di una buona fetta della torta psichica di Pierino. “Turbato” equivale simbolicamente a confuso e perplesso, emozionato dalla confusione degli elementi psichici che gli sono capitati tra capo e collo nello spazio di poche ore di sonno. La “turba” è la folla dei “fantasmi” evocati da Pierino in questa emergenza psichica della sua vita.

 

PSICODINAMICA

 

Pierino elabora in sogno il suo critico affidamento affettivo ed erotico alle donne, esibisce i conti sospesi verso la madre convertendola in una donna ingombrante e negativa: il famigerato “seno cattivo” del fantasma materno.

Come scritto nelle considerazioni, Pierino mette insieme i fantasmi del passato e li fonde al presente per evidenziare il suo conflitto psichico in atto nei confronti dell’universo psicofisico femminile e in riguardo specifico alla sua “posizione edipica”.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

L’istanza “Super-Io” è presente in “dovevo”. L’istanza “Es” è presente in “letto disfatto” e “turbato”. L’istanza psichica “Io” è presente in “ho aspettato” e “poi sono salito”. E’ richiamata la “posizione psichica edipica” nell’espresso riferimento alla madre: “vedo mia mamma…” e altro.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

Sono in funzione i seguenti meccanismi psichici di difesa: la “proiezione” in “pulire la casa”, la “rimozione” in senza farmi vedere”, la “condensazione” in  “libro” e “anelli” e altro, lo “spostamento” in “sacco immondizie nero” e altro, la “drammatizzazione” in “una scatola con sopra tre anelli”. I processi psichici della “sublimazione” e della “materializzazione” sono richiamati rispettivamente in “sono salito” e in “giù dalle scale”.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

Il sogno di Pierino evidenzia un tratto fortemente “orale”, affettività, in una cornice edipica occupata esclusivamente dalla figura materna. Tende a investire “libido genitale” ma prevalgono i bisogni affettivi. Pierino non è donativo in maniera esauriente nella relazione di coppia.

 

FIGURE RETORICHE

 

La “metafora” si coglie in “sacco” e altro, la “metonimia” in “scendere le scale” e altro, la “sineddoche” in “mezza nuda e grassa”, la “enfasi” in “sul letto disfatto c’è un libro o una scatola con sopra tre anelli appoggiati.” Il sogno di Pierino è ricco di simboli e di “significanti” che danno al contenuto un valore poetico e un sentimento nostalgico.

 

DIAGNOSI

 

Il sogno di Pierino attesta del conflitto in riguardo alla figura materna e, di conseguenza, nei confronti delle donne a cui si accompagna. La “libido genitale”, affidamento donativo, migliora con la liquidazione della “posizione edipica” e con la progressiva risoluzione dello struggimento nostalgico legato alla madre.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone a Pierino di razionalizzare il vuoto affettivo legato alla devastante perdita della nobile figura della mamma, di assolvere i sensi di colpa immancabilmente legati alla psicodinamica edipica, di coinvolgersi in giusta dose nelle relazioni affettive e amorose al fine di rendere migliore la sua vita e di liquidare le pendenze materne, per quello che è consentito dalla legge psichica del sangue.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta nella mancata razionalizzazione del lutto e della perdita, nel persistere dei sensi di colpa e nell’esaltarsi di un tratto depressivo con le difficoltà nelle relazioni con le donne e il conseguente isolamento.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “simboli” e dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Pierinio è “4” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

 

RESTO DIURNO

 

Il “resto diurno”, causa scatenante, del “resto notturno”, sogno, di Pierino si attesta in un contrasto relazionale e in una riflessione sulla situazione affettiva.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

La qualità onirica dl sogno di Pierino è “estetica”: creativa e ricca di “significanti”.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

Opportuno, a completamento del sogno di Pierino e in rievocazione delle mamme assenti e anzitempo dipartite, è il seguente “insieme” di libere parole.

 

VOLEVO …

COME AVREI VOLUTO ESSERE IO PER TE

 

“Tutta sfolgorante è la vetrina,

piena di balocchi e profumi,

entra un dì la mamma e il suo bambino

tra lo sfolgorio di quei lumi:

“comandi signora,

ciprie e colonie coty”.

Da bambino volevo comprarti un cane,

un pastore tedesco,

per difenderti da tutti i mali del tempo e della storia,

perché si accucciasse sui tuoi piedi sopraffini di donna pensierosa

e li scaldasse nelle giornate di tramontana e di scirocco,

affinché ti fosse fedele nel tempo e nella storia

come un soldatino solerte e ubbidiente del ‘99,

come avrei voluto essere io per te.

Da bambino volevo comprarti una scimmietta,

uno scimpanzé africano,

per farti ridere di tutto e di niente

quando i tuoi pensieri da soavi diventavano severi

e le ciglia si aggrottavano dentro le orbite dei tuoi trasognati occhi neri,

quasi come prima di piangere,

uno scimpanzé dispettoso per farti ridere di tutto e di niente,

come avrei voluto essere io per te.

Da bambino volevo comprarti una saponetta,

una saponetta al gelsomino,

Lux o Palmolive o Camay,

perché odorassi di quella dolce essenza nel bene e nel male,

dopo il risveglio e prima del sonno,

dopo la realtà e prima del sogno,

una saponetta profumata tutta per te.

L’avrei comprata nel mercato di Ortigia,

nel luogo all’aroma d’impostura

dove tu andavi nell’ora dell’addio

quando i mercanti erano disposti a vendere il bene e il male.

L’avrei regalata a te

a mo’ di “non ti scordar di me, la vita mia legata è a te”,

il pegno di un tenero amante,

come avrei voluto essere io per te.

Da bambino volevo comprarti le parole più belle

e le parole più argute,

le parole di un vate o di un fanciullino,

per inanellarti una poesia immortale,

per ricordarti anche dopo il big bang,

magari parole prese in prestito

in una vecchia antologia della quinta elementare,

tipo

“Contessa che è mai la vita?

E’ l’ombra di un sogno che fugge.

La favola bella e breve è finita,

il vero immortale è l’amor.”

Da bambino volevo…come avrei voluto essere io per te.

Quante cose avrei voluto da bambino.

Quante cose avrei voluto dire e fare da bambino con te.

Ma tu,

mia adorabile e adorata madre,

te ne sei andata da sola e in silenzio nel giorno di san Lorenzo,

mentre le stelle cadevano senza esser viste.

Sei partita verso il chissà dove,

verso il chissà quando,

senza disturbo e senza impiccio.

Sei andata in qualche parte dall’altra parte

senza la banda e senza rumore.

Tu,

donna di popolo,

ti sei alzata senza salutare

lasciandomi addosso tutto quello che avrei voluto dare a te,

tutto quello che avrei voluto fare per te:

un pastore tedesco,

uno scimpanzé africano,

una saponetta al gelsomino,

le parole più belle e più argute.

Oggi, nel congedare una disperata speranza,

ti penso e ti ripenso

mentre Luciano Tajoli canta ancora

dallo sgangherato grammofono al civico 15 di via Savoia

e mi ricorda che

“Tutta sfolgorante era la vetrina,

piena di balocchi e profumi,

entrava un dì la mamma e il suo bambino

tra lo sfolgorio di quei lumi:

“comandi signora,

ciprie e colonie coty”.

 

 

 

 

 

 

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