LA LETTERA
“Egregio dottor Vallone,
devo dirle che il sogno che le ho spedito quest’estate lo avevo composto da sveglio. Volevo vedere se lei se ne accorgeva e me lo interpretava come un sogno.
Lei lo ha interpretato e io mi pento di averla ingannata e non so neanche perché l’ho fatto.
Mi scusi tanto. Comunque lei è un grande.
Giovattino”
LA RISPOSTA
Devo ringraziare Giovattino perché mi dà la possibilità di chiarire e di approfondire alcuni punti fondamentali intorno al motore che elabora i sogni, il “Processo primario” con i suoi meccanismi e l’attività e la funzione della “Fantasia”.
Non sentirti in colpa Giovattino perché io non ti porto alcun rancore, tutt’altro!
Ma, adesso devi sorbirti la lezione teorica e devi comprendere bene quello che ti spiego, altrimenti all’esame ti boccio.
Ho sempre scritto che il sogno è un prodotto psichico più vicino alla veglia che al sonno: “resto notturno”.
Tu mi hai mandato un tuo prodotto psichico elaborato da sveglio e, quindi, l’interpretazione che ti ho fornito ci sta tutta e vale tutta.
Leggimi adesso con attenzione.
LA LEZIONE
Le ricerche sulla dimensione psichica inconscia e sulla funzione onirica hanno consentito a Freud di stabilire una relazione tra il “sogno notturno” e la “fantasticheria”, altrimenti detta “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti”.
Inoltre Freud ha potuto definire la controversa e polivalente funzione della “Fantasia”. Quest’ultima è intesa come attività vigile e finalizzata all’appagamento di desideri consci e inconsci.
Il senso originario e il significato corretto della parola “fantasia” è il seguente: “fare apparire nella luce” o “mostrarsi attraverso la luce”, un “prender luce” dall’interno; questo richiamo all’interiorità della luce ingloba il senso e il significato del termine “allucinazione”.
“Fantasia” equivale, quindi, a un “dare luce dall’interno” al proprio materiale psichico, a un “mostrarsi con la luce” e non a un generico “mostrarsi nella luce” o a un estrinseco “venire alla luce”.
L’etimologia mette in rilievo nell’attività della “fantasia” il fattore allucinatorio radicato nell’interiorità e derivante da un’energia psichica che si esprime nell’eccitazione dei sensi e che in tal modo si scarica e appaga.
Il “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti” è la soddisfazione del desiderio, al di là dei limiti imposti dalla realtà: dialettica tra l’invadente “principio del piacere” e il restrittivo “principio della realtà”.
Nella formazione dei “sogni diurni” hanno una maggiore implicazione i meccanismi del “processo secondario”; i “sogni diurni” si presentano, infatti, come storie coerenti e strutturate secondo coordinate logiche e nessi plausibili.
Per quanto riguarda i contenuti, i “sogni diurni” attingono ampiamente a elementi e a vissuti dell’infanzia.
Le loro trame sono spesso riprese anche dai “sogni notturni” e forniscono lo scenario onirico e la possibilità della gratificazione allucinatoria di un desiderio.
Queste trame non si limitano alle fantasie più o meno compiaciute e coscienti della veglia, ma si estendono alla dimensione psichica inconscia, per cui buona parte di esse non raggiunge la “Coscienza” e contribuisce essenzialmente a dare i diversi contenuti al “lavoro onirico”.
Freud fissa con precisione l’inizio dell’esercizio di questa funzione nel progressivo inserimento dell’attività psichica nel “principio della realtà” e nel consequenziale ridimensionamento del “principio del piacere”.
La “fantasticheria”, altrimenti detta “sogno diurno” o “sogno a occhi aperti”, è l’espressione di un desiderio del presente che trova immediato riferimento nel ricordo di un’esperienza piacevole vissuta nel passato e pone l’intenzione progettuale di essere rivissuto nel futuro prossimo.
Prodotto della “fantasia”, la “fantasticheria” è costruita con elementi sottratti alla realtà in atto ed estrapolati non solo dal tempo e dallo spazio, ma anche dal loro proprio significato per essere messi al servizio di desideri più o meno coscienti.
La “fantasticheria” è, quindi, lo strumento attraverso cui si conferisce struttura e coerenza logiche a elementi fittizi e immaginari per costruire situazioni persuasive e convincenti, oltre che appaganti.
Essa è sempre allettante e gratificante, sia perché soddisfa allucinatoriamente desideri che nella realtà non possono essere riproposti e realizzati, sia perché produce una tensione e una valorizzazione specialmente quando si riferisce a pesanti frustrazioni vissute da compensare e a tristi ingiustizie subite da riparare.
La “fantasticheria” è, infatti, considerata dalla Psicoanalisi il contro-effetto di un desiderio inappagato attraverso cui l’emancipazione da pesanti situazioni oggettive avviene proprio liberando il desiderio, altrimenti represso e insoddisfatto.
Nella “fantasticheria” esiste una contaminazione tra presente, passato e futuro, in quanto si attinge dal passato un’esperienza rilevante nella vita psichica, la si associa a un desiderio presente e la si proietta nel futuro per la possibile realizzazione.
Le “fantasticherie” si articolano secondo una sofferta linea di sviluppo e ricercano nel loro versante estremo soddisfazioni immaginarie di desideri ambiziosi ed erotici; esse prosperano in maniera direttamente proporzionale agli impedimenti della realtà psichica e alle frustrazioni della situazione esistenziale in atto.
Anche quando non appaga il desiderio, la “fantasticheria” risponde all’esigenza di una sua legittimazione e favorisce al pari dell’ “abreazione catartica” una scarica emotiva di natura terapeutica.
La “fantasticheria” compensa anche in maniera abnorme quelle soddisfazioni che la realtà nega o ridimensiona; s’istruisce, in tal modo, un conflitto più o meno aspro tra il “principio della realtà” e il “principio del piacere”, tra le istanze psichiche associate dell’Io e del Super-Io e l’istanza pulsionale dell’Es.
La “fantasia” concepisce e ricerca il piacere fuori dalla realtà e dai suoi angusti limiti.
Questi “sogni a occhi aperti” si pongono come “resti diurni” ossia come il nucleo dei sogni notturni, il quale sviluppa i temi dei “sogni diurni” nelle condizioni in cui essi diventano fruibili per il “lavoro onirico”, quando le pulsioni sono libere di rappresentarsi e di appagarsi, sia pur nell’alterazione operata dai meccanismi deputati alla formazione del sogno.
Le “fantasticherie” possono essere subconsce o coscienti e non sono soltanto causa dei sogni notturni, ma anche dei sintomi nevrotici; esse si legano inequivocabilmente non soltanto alla cosiddetta normalità psichica, ma anche alla psicopatologia.
Questa attività fantastica è regolarmente frequente nei bambini, perché essi hanno facilità di accedere ai “processi primari” e di sottrarsi alla realtà e ai suoi principi, destituendo di concretezza e di peso i fatti e le evenienze reali a favore della gratificante soddisfazione delle pulsioni.
Come i sogni, le “fantasticherie” sono anche appagamenti di desiderio e si basano soprattutto sui vissuti dell’infanzia.
Esse sono creazioni che godono d’indulgenza da parte della censura dell’Io e del Super-Io; la loro composizione rivela che lo spunto del desiderio ha condensato e spostato in un nuovo insieme il materiale psichico originario.
CONGEDO
Caro Giovattino,
come hai potuto notare, le cose sono molto più complicate di quanto si pensa. Si possono interpretare anche le “fantasticherie”.
Meriti un ringraziamento e un regalo.
Per dimostrarti che il tuo tranello è stata l’occasione per approfondire i temi, ti
dedicherò la decodificazione della canzone dei Pooh “Uomini soli”, il prodotto culturale che ha vinto il festival di Sanremo nel 1990.
Lo troverai nei prossimi articoli del mio blog.
Cordialità
Salvatore Vallone