“Le scapole aperte”
“Marta sogna di trovarsi in un piccolo paesino, in circostanze che non ricorda più, in un edificio che era un misto tra una chiesa e un sito archeologico. C’era un viavai di gente, forse una festa che scemava.
A un tratto fa irruzione una ragazza con un forte torcicollo. Dice che le fa male il collo, ma si vede chiaramente che ha le scapole al rovescio, come se le spalle fossero state ruotate. E’ di statura piccola, con i capelli chiari e corti.
Marta si offre di spalmarle una pomata, mentre lei sta sdraiata sul pavimento di pietra antica e cerca di massaggiarla molto delicatamente sulle spalle. Poi le spiega che le scapole andavano rimesse a posto, ma lei preferisce non farlo. Arriva O.P. e Marta le dice che è un amico ed è bravissimo per questo intervento. Lui allora le prende la spalla e gliela ruota nel senso giusto, ma lei non sopporta quel dolore e pretende che le si metta la spalla di nuovo storta com’era prima. Dice che preferisce il vecchio dolore a quello nuovo.
L’accontentano, anche se Marta è un po’ preoccupata e si domanda come sia possibile una cosa simile e in che modo possa aiutarla.”
Vado subito al dunque onirico.
Il “piccolo paesino” è simbolo di convivenza parentale, di famiglia allargata. Le “circostanze” dimenticate rappresentano una difesa in quanto evitano al sogno di precisare e di disoccultare. “Un edificio misto tra chiesa e sito archeologico” esprime una forma di altolocazione dell’Io, un buon narcisismo, un Io ideale, un’ipertrofia sempre dell’Io, un Io sublimato tra il sacro e il profano, una forma religiosa di culto del proprio Io. Un “viavai di gente” condensa la rete delle relazioni, la festosa coreografia ed è inserito in un processo di perdita accompagnato al dubbio: “forse una festa che scemava”. Marta esibisce un buon senso dell’Io e un forte amor proprio, è una persona orgogliosa che socializza facilmente e che riesce conciliare gli opposti: una buona presentazione di sé, frutto anche di un buon lavoro su se stessa e di una proficua ricerca dell’autocoscienza. Questa è la sua “parte positiva”.
“Fa irruzione una ragazza con un forte torcicollo”: termini forti a livello linguistico e a livello psichico. Il “torcicollo” rappresenta un trauma collegato al rapporto tra testa e torace, un’interruzione tra mente e sentimento, tra “Io” ed “Es”, tra ragione ed emozione, tra “processo secondario” e “processo primario”. In termini semplici si profila una dissonanza tra la funzione razionale e la funzione emotiva, una distonia tra la ragione e il sentimento. Questa ragazza che fa irruzione nella scena del sogno è la chiara “proiezione” di Marta, rappresenta il suo conflitto psichico e si profila anche fisicamente in seguito: “di statura piccola, con i capelli chiari e corti”. Non significa che Marta ha questi tratti fisiologici, ma la statura piccola e i capelli corti attestano del contrasto tra un “Io ipertrofico” e un corpo piccolo. Questa è la “parte negativa” di Marta. Il sogno va per opposizioni.
“Male al collo”, “scapole al rovescio”,”spalle ruotate” confermano la presenza di un disturbo della sfera affettiva e relazionale. In sostanza questa strana ragazza esprime una simbologia onirica che si traduce in una difesa spasmodica dalle relazioni e dai sentimenti. In particolare le relazioni affettive non sono inserite nella realtà in atto, non sono filtrate con il cervello e non sono valutate criticamente, per cui sono in un primo tempo rifiutate e di poi negate. Trattasi chiaramente di un trauma relazionale e affettivo, di una delusione sentimentale che ha portato questa ragazza a non fidarsi più del suo prossimo e a non affidarsi più a nessuno, come in seguito si evidenzierà in maniera forte.
Marta cura se stessa, la sua sfera affettiva attraverso la presa di coscienza del suo conflitto relazionale e della sua difesa di affidarsi a qualcuno, di non mettersi in gioco nella realtà sociale di tutti i giorni. “Spalmarle una pomata”, ”cerca di massaggiarla molto delicatamente”,”le spiega”: Marta si conosce, sa di sé e si vuole anche bene, ma non riesce ad affidarsi a livello affettivo, non vuole abbandonarsi emotivamente in maniera direttamente proporzionale alle delusione subite. Ma a chi non vuole affidarsi? Alla mamma o al papà? Marta non vuole affidarsi a un uomo. Ecco che “arriva O.P. e Marta dice che è un amico ed è bravissimo per questo intervento”. La frustrazione dell’investimento relazionale e affettivo riguarda un uomo.
“Lui allora le prende la spalla e gliela ruota nel senso giusto, ma lei non sopporta quel dolore e pretende che le si metta la spalla storta com’era prima”. E’ giusto relazionarsi con un uomo; così suggerisce il fisioterapista della Provvidenza, ma le resistenze di Marta sono talmente forti da pretendere che il senso giusto della sua spalla sia quello doloroso e che il senso sbagliato della sua spalla sia quello normale.
Il meccanismo di difesa di Marta è la “fissazione”: Marta è bloccata in quel trauma relazionale e affettivo e si difende dal prossimo fissandosi a quello e soffrendo per non soffrire di più. “O te o nessuno mai più”, “se l’amore fa soffrire, io non voglio amare più”: così recitano delle canzoncine leggere degli anni settanta. Certo che questa “fissazione” a investimenti dolorosi del passato comporta anche una mancata risoluzione del complesso di Edipo, ma nel sogno questo tratto non si esprime, si desume. “Dice che preferisce il vecchio dolore a quello nuovo”.
A questo punto “Marta si domanda come possa aiutarla”? Meglio: come posso aiutarmi?
La prognosi impone di alzare la soglia della tolleranza delle frustrazioni relazionali e affettive, di ridurre l’ipertrofia dell’Io e di diminuire le esigenze a carico degli altri. Bisogna evitare l’autocondanna alla misantropia e a una vita ispirata alla paura di abbandonarsi e affidarsi a relazioni significative. L’orgoglio in eccesso è una difesa spasmodica e coincide con la stupidità.
Il rischio psicopatologico si attesta nell’isolamento depressivo e nella caduta della qualità della vita, nell’autolesionismo difensivo all’interno di una visione pessimistica delle relazioni e degli affetti. Il rischio è uno stato limite.
Riflessione metodologica: il meccanismo psichico di difesa della “fissazione” è un processo tramite il quale l’evoluzione della “libido” e i suoi investimenti, a causa di specifiche situazioni affettive ed emotive, si arrestano, arretrano e si legano a persone, a situazioni, a immagini, a relazioni e a eventi particolarmente forti e significativi a livello psicologico, perché rassicuranti,protettivi, soddisfacenti, specialmente in un presente ricco di frustrazioni o di traumatiche gratificazioni. La “fissazione” è collegata inevitabilmente alla “regressione” o a un processo regressivo o a una evoluzione all’incontrario, anzi ne è la logica conseguenza riparatoria; mentre la seconda non si considera un meccanismo di difesa vero e proprio, la prima è da ritenere in maniera più marcata un processo psichico difensivo dall’angoscia. Esempio: il figlio unico che non vuole crescere e rendersi autonomo dalle figure genitoriali e dall’ambiente ovattato della famiglia o il primogenito in preda al sentimento angosciante e struggente della rivalità fraterna in occasione della nascita di un fratello. Entrambi usano il “processo psichico difensivo della fissazione”.