COMPLESSO  DI  EDIPO  E  ANGOSCIA  DI CASTRAZIONE

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“Giuliana sogna un corridoio che ricorda la vecchia casa dove abitava.

Distesa sul pavimento blocca la porta d’ingresso con i piedi sulla maniglia.

Dietro quella porta c’è qualcuno che vuole entrare per farle del male o per rubare.

Giuliana è terrorizzata.

E’ disperata perché sente che non sarebbe resistita per tanto tempo.

Continua a urlare chiamando il marito, ma la voce non esce e le si strozza  in gola.

Chiama anche la figlia perché a sua volta chiami il papà, ma sa che non può sentirla.

Alla fine urlando si sveglia da una terribile angoscia.”

 

Il sogno di Giuliana è classico e universale, non conosce distinzioni di sesso e di razza, di tempo e di spazio, di cultura e di politica, di economia e di religione perché riguarda il naturale rapporto psichico dei figli con il padre e con la madre, una psicodinamica antichissima e formativa che Freud elaborò psicologicamente come “complesso di Edipo”. La dimensione edipica è il degno tributo che paghiamo per la conquista della nostra identità psicofisica e della nostra autonomia, dopo aver vissuto tanto travaglio e altrettanto struggimento nell’elaborazione dei fantasmi in riguardo ai nostri genitori. All’incontrario di quanto pensava Freud, la valenza sessuale non è esclusiva e dominante in questa fase evolutiva della “libido” e della formazione del carattere, ma è una componente consistente che porta alla “libido genitale” e alla maturazione psichica della vita sessuale. La situazione edipica contiene sensazioni e sentimenti, modi affettivi e modi amorosi, modalità di relazione con persone e oggetti, la fantasia e la ragione, i fantasmi e i concetti: “in nuce” il nostro essere adulti. La fase edipica è il prezzo degnamente onorato e investito nei riguardi del mito delle origini e nei riguardi degli archetipi “Madre” e “Padre”. Di poi, la vita o meglio l’esercizio del vivere ci può riservare idee ed eventi, fantasie e fatti che possono scatenare in qualsiasi momento e in qualsiasi spazio tutto il materiale edipico vissuto e sedimentato, chiaro e oscuro, con i suoi fantasmi e i suoi vissuti, i suoi ricordi e le sue dimenticanze, le sue caratteristiche così personali nel loro essere così universali. Ecco che il sogno custodisce nel suo presente e nel suo “breve eterno” il magma psichico legato ai nostri genitori e lo può in qualsiasi momento recuperare e rimettere in edizione sulla scena onirica con quella precisione apparentemente dimenticata e in quel linguaggio caduto in disuso. L’esempio concreto a portata di mano è Giuliana, una donna già figlia, già moglie, già madre, almeno da quello che ci dice la trama del sogno. La sua condizione psichica non dimentica e non confonde i suoi vissuti, per cui basta ancora uno stimolo di poco spessore o un trauma notevole per rimettere in palcoscenico il suo antico desiderio di tanto padre nella valenza del trauma sessuale e nella figura del ladro. Giuliana si trova in una situazione ambigua di figlia e di madre, da questa parte della barricata con i suoi genitori e dall’altra parte della barricata con i suoi figli e, perché no, anche con il marito che possibilmente cerca ancora la madre nella propria donna. Gli stimoli a ridestare l’edipico sono tanti nel quotidiano vivere e non mancherà un “resto diurno” a fungere da causa scatenante del sogno di Giuliana e di tutti quelli che sono nati da madre e padre o hanno avuto madre e padre. Ricordo che esiste la distinzione tra genitori naturali e genitori psichici: non sempre devono coincidere o possono anche non coincidere. Ma perché tanta angoscia edipica nei sogni? Semplicemente perché la situazione edipica non è stata elaborata in maniera adeguata a suo tempo e il complesso edipico non è stato liquidato in maniera ottimale: semplicemente non si sono riconosciuti i genitori e questi ultimi non ci hanno aiutato a crescere anche in questi ambigui versanti. Un’ultima questione è la seguente: si liquida totalmente il complesso di Edipo? La risposta non solo è negativa, ma addirittura la dimensione edipica riesce a camuffarsi in mille modi e a capovolgersi nei ruoli. Ma di questo parleremo in altra circostanza.

Procediamo con l’analisi del sogno di Giuliana, una trama altamente emotiva che riguarda e coinvolge tutti proprio perché facilmente l’abbiamo vissuta e rappresentata negli stessi termini.

“La vecchia casa dove abitava” si trasla dalla dimensione spaziale in quella  temporale ed equivale a “quand’era piccola”, ai vissuti e ai fantasmi di quando abitava con i suoi genitori. Il corridoio rappresenta il tramite di un vissuto, il collegamento di un fantasma, un nesso emotivo. Giuliana torna indietro nel tempo e si ritrova bambina o adolescente con la struttura psichica e le psicodinamiche di quel periodo tradotte dai meccanismi del sogno.

“Distesa sul pavimento blocca la porta d’ingresso con i piedi sulla maniglia.” La scena del sogno va subito al dunque e propone, più che simboli, la psicodinamica edipica tramite i meccanismi della “figurabilità” e della “drammatizzazione”: Giuliana distesa che si protegge dai suoi fantasmi  immaginando un uomo fuori dalla porta pronto alla violenza, quella sessuale in questo caso dal momento che è “distesa sul pavimento”. I piedi e la maniglia sono simboli fallici, ma non sono importanti perché la scena onirica è chiara nel suo essere drammatica. Giuliana si ritrova addosso l’angoscia edipica collegata alla violenza sessuale di un maschio simile alla figura paterna. Giuliana si trova davanti a quel suo desiderio pulsionale e al conseguente fantasma di “castrazione”. Giuliana s’imbatte nella colpa di aver tanto malignamente fantasticato seguendo la direzione dei suoi ormoni.

“Dietro quella porta c’è qualcuno che vuole entrare per farle del male o per rubare”. Trattasi di violenza e di castrazione, la prima in espiazione del senso di colpa di aver desiderato il padre e la seconda in base alla sua condizione sessuale femminile, la mancata crescita del clitoride nella forma del pene. Non indifferente è la frustrazione del senso e del sentimento collegata al fallimento del suo progetto,del suo desiderio, della sua pulsione. Ma perché è un maschio che viene a punirla e per assurdo un surrogato del padre?Perché non può essere la madre? Semplicemente perché la violenza fisica si ascrive simbolicamente all’universo maschile, al corredo degli attributi psicofisici del  maschio. La punizione compete al padre e a lui, sempre simbolicamente, si ascrive. In effetti Giuliana teme il suo desiderio, quello che a suo tempo fu l’investimento della sua “libido” nel padre. Adesso, sempre in sogno, teme la punizione dall’oggetto del suo desiderio di allora, sempre il padre.

“Disperata” e “terrorizzata” perché Giuliana sa di subire una violenza sessuale. Possibilmente la causa scatenante è stata un altro tipo di violenza, magari molto più sottile, subita nel giorno antecedente e magari “intra moenia”. Ricordiamo che i sogni parlano di noi e in forma specifica ci dicono la nostra verità in atto anche tramite rocambolesche associazioni.

Giuliana cerca aiuto e chiama il marito, anzi urla, ma la voce si strozza in gola: classico sintomo di “castrazione” e d’impotenza, di vanificazione delle energie e di solitudine. Trattasi di scene classicamente edipiche ed emotivamente direttamente proporzionali all’intensità del desiderio e dell’innamoramento vissuti nei riguardi del padre a suo tempo. L’oggetto del desiderio di prima nel sogno di Giuliana viene convertito nell’oggetto del dolore, della condanna e della colpa.

“Chiama anche la figlia”, ma Giuliana sa già che non può sentirla, perché  Giuliana è una donna sola e questa sua solitudine è più angosciante della violenza sessuale temuta e trasfigurata in sogno. A questo punto il sogno traligna e l’angoscia diventa ingestibile. Il risveglio soccorre Giuliana con l’emissione della parola gridata, la gola non è più strozzata, il risveglio è la soluzione salvifica per il suo equilibrio psicofisico.

La castrazione nella vita attuale porta Giuliana a sognare la castrazione edipica del tempo adolescenziale e a sentirsi sola come allora quando doveva districare la matassa del suo magmatico complesso senza poterne parlare con nessuno: la solitudine e l’impotenza, la colpa e l’espiazione, insomma un quadro normale anche se fortemente drammatico.

La prognosi impone a Giuliana di razionalizzare le situazioni di disagio psichico che evocano lo struggimento edipico e di razionalizzare il quadro umano ed esistenziale anche attraverso l’ironia e lo spirito critico. L’angoscia è della realtà in atto e richiama quella edipica che a suo tempo era normale.

Il rischio psicopatologico si attesta nella caduta della qualità della vita a causa dell’esaltazione di tratti depressivi con somatizzazione dell’angoscia collegata al senso d’impotenza. Si possono presentare inspiegabili variazioni dell’umore. Siamo, pur tuttavia, nell’ambito delle psiconevrosi.

Riflessione metodologica: la psicodinamica edipica nella bambina si snoda nel modo seguente: una forte attrazione globale verso il padre e una conseguente ostilità verso la madre. L’angoscia di “castrazione” la indurrà a recuperare  quest’ultima e a ’identificarsi al femminile. Mentre il bambino si trova il pene, la bambina si convince che il suo clitoride non crescerà, per cui matura la coscienza della differenza sessuale e indirizza la sua “libido” nel desiderio di avere un figlio dal padre e successivamente nella forza della seduzione verso il maschio per accedere definitivamente nella risoluzione edipica con l’identificazione sessuale nella madre. L’assunto di base è il seguente: si nasce bambini, ma si diventa maschi e si nasce bambine, ma si diventa femmine. Da questo travaglio psichico dipende non solo la scelta dell’oggetto d’amore dopo la pubertà, ma anche l’istanza del limite, della norma e della realtà. I fantasmi della fase edipica sono prevalentemente erotici e struggenti: il desiderio, il possesso, il piacere, la colpa, la castrazione, il conflitto. In particolare i fantasmi della “parte positiva e negativa del padre e della madre”, che il bambino aveva già elaborato nella “fase orale” sia pur in maniera rudimentale ed elementare, si arricchiscono e si complicano dopo la fase edipica. I sogni edipici sono dominanti non solo nell’infanzia e nell’adolescenza, ma anche nella vita adulta come nel caso di Giuliana. Il simbolo del “ladro” è molto ricorrente e traumatico e si traduce nel mio “dizionario psicoanalitico” come “castrazione psicofisica e compensazione traslata, difesa dall’angoscia edipica”: la castrazione mi porta a cercare appagamento fuori dall’ambito familiare e questa figura del ladro mi consente di sognare, condensandola e spostandola, la mia dimensione edipica.

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