“Vivienne sogna di dover sistemare i capelli, giusto una spuntatina.
Vivienne ama molto portare i capelli lunghi.
Si rivolge al parrucchiere di sua madre e questi la rapa a zero.
Infuriata Vivienne accusa la madre di averla mandata da un incompetente.
Per fortuna nota che i capelli le ricrescono quasi subito.”
Un discorso parzialmente sospeso con la “madre”, un maldestro parrucchiere come condensato del “padre”, l’abilità dell’autonomia psichica acquisita: queste sono le fila di una classica evoluzione della situazione edipica. L’autonomia si può conquistare a qualsiasi età, dal momento che la psiche vive soltanto la dimensione del presente, il “breve eterno”: un’attualità psichica da vivere possibilmente inventandola da protagonisti, piuttosto che subendola da vittime. Ma fate attenzione, perché l’autonomia inizialmente si può presentare come la sorella minore della solitudine. “Riconosci il padre e la madre” grida dal deserto il comandamento psicoanalitico, ma soltanto per essere un po’ di più te stesso e un po’ di più padrone a casa tua. Alla fine chi vince in questa improba lotta tra genitori e figli? Il Genio della Specie! E allora? Allora riserviamo la competizione con i genitori alle fasi giuste e ai tempi idonei e poi accettiamo furbescamente la mezza sconfitta per volare fuori dal nido. In tal modo avremo evitato a noi stessi i conflitti nevrotici che durano a vita e la caduta della qualità della nostra vita.
La benefica autocoscienza nel bene e nel male e sempre al servizio di un equilibrio psicofisico, l’importanza dei genitori,: questi sono i temi del sogno di Vivienne.
Vivienne deve sistemarsi le idee che ha in testa, ma non deve cambiarle. Vivienne deve soltanto aggiornarle, tenerle sotto controllo, lucidarle per migliorare la consapevolezza della sua storia psichica e delle sue relazioni.
I capelli rappresentano le idee, i pensieri, il parto della testa e nello specifico del cervello; i capelli sono simboli della razionalità, della vigilanza e della realtà.
“Giusto una spuntatina”: una riformulazione, non un lavoro drastico di base!
Vivienne ama molto la sua sfera intellettiva, il suo patrimonio conoscitivo, la sua storia razionalizzata, anzi ci fila tanto e la esibisce narcisisticamente, se ne compiace e ne fa un fiore all’occhiello: “ama molto portare i capelli lunghi”.
Il “parrucchiere” va da sé; trattasi di un analista filosofo, un maestro buddista, uno che sistema le idee, un educatore, uno strizzacervelli, una persona significativa insomma, ma essendo il parrucchiere di sua madre attesta della figura paterna o di un surrogato del padre. Vivienne si rivolge al parrucchiere di sua madre, non al suo parrucchiere. La riedizione del complesso di Edipo è servita sul piatto del parrucchiere, chiara “traslazione” del padre.
Ecco che immancabilmente arriva la “castrazione” paterna come nelle migliori riedizioni della trilogia tragica di Sofocle: il parrucchiere “la rapa a zero”, non condivide i suoi pensieri, rende insignificanti le sue idee, vanifica le sue ideologie, frustra il suo patrimonio mentale faticosamente acquisito. La psicodinamica edipica resta nella sfera dei pensieri, più che delle emozioni e degli affetti. Vivienne corre il rischio di essere tanto affezionata alle sue idee al punto di ossessionarsi con i suoi prodotti mentali fino a farli diventare cerebrali. A tal uopo vedi la psiconevrosi ossessiva, quando l’idea si presenta nella panoramica mentale e ritorna a ricordare non quello che logicamente significa, ma qualcosa d’altro, quello che sottende a livello emotivo.
Dopo il padre, ecco la madre: Vivienne“accusa la madre”. Il complesso di Edipo ritorna e attacca le radici, coinvolge nel bene e nel male entrambi i genitori, presenti o assenti, reali o ideali.
Il padre è “incompetente”. L’incompetenza significa che il padre non attiene alla sua conoscenza, che ignora e non è nel suo ambito ideale, non avvolge la sua mente e non opprime la sua testa. La “traslazione” del padre avviene nell’ambito delle conoscenze e non degli affetti per difesa dall’angoscia di non essersi sentita a suo tempo abbastanza amata. Del resto, il conflitto edipico può essere ridimensionato, non dico risolto, anche con una poderosa presa di coscienza o con un altrettanto poderoso scatto d’orgoglio.
Al conflitto edipico appena profilato e relegato a livello ideale e mentale, subentra la soluzione immediata: “i capelli ricrescono quasi subito”. L’autocoscienza ritorna e l’equilibrio di ciò che era stato riesumato, il rapporto con il padre e la madre, ritorna sotto controllo.
L’importanza della situazione edipica nella formazione psichica in universale e la rilevanza dei fantasmi psichici dei genitori, le nostre origini e le radici indispensabili alla nostra evoluzione psicofisica, sono oggettive e sperimentabili al punto che se siamo orfani inventiamo i genitori o li spostiamo su figure similari che si sono presi cura del nostro corpo alleviandone le sofferenze, secondo la formula di base del vivente “chi mi nutre, mi ama”. E se non li abbiamo conosciuti, li andremo a cercare dagli Appennini alla Ande. E se non ci sono perché sono partiti per un viaggio senza ritorno, li teniamo in vita con il ricordo benefico e l’elogio assolutorio. E se abbiamo bisogno di verità trascendenti, ci facciamo regalare anche la soluzione dell’angoscia di morte, pensando che ci aspettano da qualche parte nell’altra parte.
Questo è il sogno di Vivienne, ma è anche il sogno di tutti, di tutti quelli nati da maschio e femmina, di poi chiamati padre e madre.
La prognosi impone di tenere sempre sotto controllo il complesso edipico, una dimensione psichica che normalmente ritorna a conferma che siamo umani e non divinità onnipotenti. E’ importante capire che il conflitto edipico è sempre irrimediabilmente in perdita a causa della sacralità che i figli stessi investono e sperimentano nei genitori per fini di sopravvivenza e per bisogno d’identificazione d’identità psichiche.
Il rischio psicopatologico si attesta in una psiconevrosi isterica o fobico ossessiva o depressiva o d’angoscia, una psiconevrosi in ogni caso e sempre secondo la ricerca clinica di Sigmund Freud.
Riflessione metodologica: la dimensione psichica, definita da Sigmund Freud nel secolo scorso “edipica”, era presente nella mitologia greca ed era stata ampiamente elaborata in termini tragici dal greco Sofocle nel quinto secolo avanti Cristo. Freud aveva sperimentato su se stesso il vissuto struggente verso la madre e il padre, esperienza che poi rielaborò in una teoria psicologica di fondamentale importanza. Il complesso di Edipo è una tappa universale della formazione psichica che si vive dal quarto anno di vita e si snoda nel tempo fino alla liquidazione del travaglio, tappa che porta all’emancipazione dalle figure genitoriali, alla soluzione delle pendenze emotive e all’acquisto dell’autonomia psichica. La dialettica edipica si svolge secondo le linee metodologiche seguenti: “ho onorato il padre e la madre e sono rimasto schiavo”,” ho ucciso il padre e la madre e sono rimasto solo”, “ho riconosciuto il padre e la madre e sono rimasto libero”. In ogni caso “sono rimasto”, a conferma che l’esistenza di ogni uomo è affetta dalla malattia della morte e dall’angoscia legata all’essere gettato nel mondo senza essere stato a suo tempo consultato; questi concetti sono stati elaborati da Soren Kierkegaard nell’opera “Il concetto dell’angoscia e la malattia mortale”. In effetti, il complesso di Edipo non si risolve mai del tutto, perché i genitori sono per i figli, come si diceva in precedenza, figure sacre che incarnano le origini e le radici. I genitori sono figure carismatiche nel bene e nel male e il conflitto dei figli è destinato alla sconfitta proprio per questa qualità sacrale vissuta e riconosciuta dai figli stessi. Da bambini abbiamo elaborato queste figure care ed enigmatiche con travaglio e fantasia e non soltanto in termini sessuali, come si divulga in maniera psicoanalitica ortodossa secondo le linee tradizionali di un superato ”pansessualismo” freudiano: i genitori sono un tutto armonico e tanto di più di un maschio e di una femmina: i genitori sono archetipi.