LA  NONNA  MORTA  E  IL “SUPER-IO”

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“Wendy sogna in bianco e nero la nonna morta. Durante un pranzo di famiglia tutti i parenti gioiscono, ma lei è soltanto una presenza che osserva tutti e non parla. Lei non parla mai.”

“Wendy sogna la nonna dietro a un tavolo che la osserva mentre parla amichevolmente con le cugine. Lei non parla mai, lei non sorride mai.”

Due sogni brevi che contengono lo stesso tema: il “Super-Io”.

E’ obbligo fare una premessa teorica per una precisa interpretazione e comprensione dei sogni di Wendy. Nel definire il secondo sistema psichico, Freud introdusse, accanto alla dimensione inconscia “Es” e alla dimensione consapevole “Io”, la dimensione “Super-Io”. Quest’ultima è un’istanza psichica che si forma nel corso dell’evoluzione infantile attraverso l’introiezione dei genitori e che contiene le norme morali e i valori sociali, il senso del dovere e del limite, il controllo del comportamento e dei sentimenti, dei pensieri e delle pulsioni. Il “Super-Io”  valuta e orienta gli investimenti della “libido” verso l’utile personale e sociale. Va da sé che un “Super-Io” rigido degenera nella bieca censura e blocca l’iniziativa e l’azione. Si diceva che si forma attraverso l’introiezione delle figure dei genitori, simbolicamente il padre in quanto rappresentante dei valori morali e sociali, del limite e del divieto. Nella realtà si può spostare in altre figure che incarnano la suddetta funzione.

Si consideri quanto riportato dalle dottrine freudiane per procedere nella decodificazione dei sogni di Wendy.

Sognare “in bianco e nero” non è un gusto personale, ma una necessità psicofisica che si definisce nell’ attenuazione delle emozioni in sogno, nella paura di sognare e di abbandonarsi al sonno, nel timore di uno sconvolgimento sensoriale ed emotivo. Il colore stimola la reattività sensoriale, mentre il bianco e nero attutisce le emozioni e blandisce gli stimoli.

La “nonna morta” condensa in questo caso l’istanza del Super-Io di Wendy e questa tesi si evince da come appare nel prosieguo del sogno: “una presenza che osserva tutti e non parla”. Chiaramente nella figura della nonna Wendy investe una propria dimensione psichica in evoluzione dal padre o dalla madre, una figura genitoriale con cui ha formato il suo “Super-Io”. Usando il meccanismo onirico dello “spostamento”, Wendy condensa nella nonna sensazioni e sentimenti vissuti nella sua formazione psichica nei confronti dei  genitori.

Il “pranzo di famiglia” coniuga affetti e gruppo, contiene soprattutto quel calore affettivo che Wendy non riscontra nella nonna: lei, mentre tutti “gioiscono” esprimendo la pienezza vitale degli affetti, non parla, non regala parole e tanto meno sorrisi, non partecipa e non si esprime. La nonna è una “presenza” inquietante ed enigmatica nella sua drastica chiarezza, è un rigido censore che giudica severamente e non si coinvolge, condanna e non assolve.

Wendy tiene a precisare e insiste sulla fenomenologia della nonna: “lei non parla mai”. La parola è un simbolo antichissimo che risale ai primordi della cultura, in particolare la cultura religiosa. Nel “Genesi” biblico Dio crea con la parola: “sia la luce e la luce fu”. “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” recita nel suo inizio il vangelo di Giovanni, a testimoniare della funzione creativa e divina della parola. Nel sogno di Wendy l’atto del non parlare della nonna equivale a un’incapacità d’amare, a una carenza affettiva ed emotiva, a una funzione di giudice severo che non lascia trapelare le sue tremende sentenze.

Fin qui il primo sogno.

Nel secondo sogno la nonna assume la funzione di giudice dietro lo scanno del tribunale, “il tavolo”, il giudice osserva Wendy mentre parla e socializza in maniera disinibita. Ma “lei” che “non parla mai”, “lei” che ”non sorride mai” interviene a giudicarla e a inibirla nelle sue più genuine manifestazioni sociali.

Wendy sogna frequentemente la nonna perché sogna se stessa, il suo “Super-Io” rigido e ipertrofico. Wendy avverte nella quotidianità del “suo” non parlare e del “suo” non ridere il “suo” conflitto tra Es, Io e Super-Io. Questo è il regalo che la nonna ha fatto da morta a Wendy  in sogno, al di là dei normali sensi di colpa che le ha lasciato.

La prognosi impone a Wendi di ridimensionare l’istanza psichica del “Super-Io”, di ridurre il suo rigore valutativo e affettivo razionalizzando al meglio le figure dei genitori ed emancipandosi dalle loro influenze formative. Wendy necessita di uno spirito garibaldino da investire nella gioia della vitalità senza censure e senza limitazioni esagerate.

Il rischio psicopatologico si concentra in una sindrome paranoica, in un  sentirsi perseguitata dagli altri e in un rigore verso se stessa che non equivale a un volersi bene .tutt’altro! Il rigore porta a una caduta della gioia di vivere e della qualità della vita, un vivere condizionato da deleteri blocchi d’investimento della libido.

Riflessioni metodologiche: il sogno non predice verità inammissibili o eventi straordinari. Il sogno non contiene influssi negativi che si riversano nella vita del sognatore e nel suo ambiente al risveglio. La superstizione vuole che il sogno sia foriero di disgrazia o di fortuna: non è assolutamente vero. Il sogno ci parla e ci dice come siamo sistemati dentro, ci induce a migliorare la nostra vita perché ci fornisce la consapevolezza di come ci siamo evoluti a livello psichico, di quali conflitti siamo protagonisti in questo momento storico e di quali strategie abbiamo bisogno nel futuro prossimo. Le conoscenze scientifiche attuali sul sogno, pur tuttavia, si attestano in nozioni rudimentali anche se altamente utili. E allora? Allora buona fortuna alla nuova generazione di ricercatori!

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