
TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO
“Bernardo sogna di trovarsi in terrazza con la moglie e con il nipotino di cinque anni.
Nella terrazza di fronte c’è una vecchia scarmigliata che chiama il bambino.
Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta.
Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare.
Salta sui tetti e cammina piangendo, ma all’improvviso cade e precipita nel vuoto gridando per la paura.
A metà caduta rallenta la velocità e sembra quasi planare al suolo come se fosse un angelo.
A questo punto Bernardo si sveglia angosciato.”
DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE
CONSIDERAZIONI
Il sogno di Bernardo sviluppa un tratto depressivo apparentemente pacato nella compilazione del sogno, ma molto spiccato nell’intensità emotiva vissuta durante il sogno. Tratta di quei traumi che un uomo può vivere nel corso della vita di coppia e all’interno della famiglia in riguardo ai figli nati e non nati. Una morte di qualsiasi natura e qualità può intercorrere nella vita di coppia, per cui il sogno di Bernardo risulta assolutamente naturale nel suo spolverare delicatamente e intensamente il vissuto legato a un fatto immaginario o a un fatto reale. In ogni caso si tratta del “fantasma depressivo della perdita” di un bambino elaborato e formulato in termini semplicissimi e altamente poetici dal padre, per cui è degno d’interesse ricercare e ritrovare un equivalente prodotto culturale estetico, un “sogno a occhi aperti” o un “sogno da svegli guidato”.
Ecco all’uopo il carme 34 del libro V di Marco Valerio Marziale, ( 38 o 41 – 104 p.C.n.).
De Erotio: consolatio
A voi affido l’ombra di Eròtion
“A te, padre Frontone, a te, Flaccilla genitrice,
affido questa bimba, (tenera) boccuccia e mia delizia,
affinché la piccola Erotion non tema le nere ombre
e le mostruose bocche del cane degl’inferi.
Avrebbe appena completato i geli del sesto inverno,
se fosse vissuta non meno di altrettanti giorni.
Tra così antichi protettori possa (la) birbantella giocare
e il nome mio con la boccuccia (ancor) blesa garrire.
Le delicate ossa sian protette da non dura zolla, e tu,
terra, non esserle pesante: lei non (lo) fu per te.”
Mi piace dare la versione latina di questi ultimi due versi per la bellezza sintetica e per il valore simbolico e retorico.
“Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi,
terra, gravis fueris: non fuit illa tibi.”
“Una rigida zolla non copra le sue tenere ossa,
o terra, non esserle pesante: lei non lo fu con te.”
Versi bellissimi!
Condensazioni simboliche da svegli guidate dal “processo primario”!
La rigida zolla, le tenere ossa, il peso: ecco il trionfo lirico della “metonimia” o relazione logica e della “sineddoche” o la parte per il tutto o viceversa.
Inserirò nelle finali “Riflessioni metodologiche” un’altra degna poesia sul tema della perdita depressiva di un figlio: “Pianto antico” di Giosuè Carducci.
Inoltre, sulla morte di un bambino mi piace ricordare la famosissima poesia di Giovanni Pascoli, “L’aquilone”, su cui tutti abbiamo versato struggenti lacrime nel tragitto tormentato delle scuole elementari, almeno quelle dei miei tempi.
Intanto procedo con la decodificazione puntuale del sogno di Bernardo.
SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA
“Bernardo sogna di trovarsi in terrazza con la moglie e con il nipotino di cinque anni.”
Il sogno di Bernardo esordisce presentando la sua famiglia, lui, la moglie e un bambino, una tipologia classica di famiglia, quella degli esordi di ogni coppia che si è evoluta in famiglia con la nascita del primogenito. Bernardo ricorre al “nipotino di cinque anni” e al suo ruolo di nonno per operare una difensiva “traslazione” delle sue angosce in riguardo. Bernardo non si coinvolge direttamente come padre, ma il sogno è suo e lo riguarda in pieno e in prima persona. Bernardo rappresenta se stesso non come figlio ma come padre. Poteva operare una “traslazione” del suo essere stato bambino nel nipotino, ma questo “spostamento” non avviene per la presenza della “moglie”, una figura tanto discreta da sembrare insignificante e che, invece, è la figura cardine per la comprensione del “significato latente” del sogno di Bernardo.
“Nella terrazza di fronte c’è una vecchia scarmigliata che chiama il bambino.”
La “terrazza di fronte” condensa un’esposizione sociale e un sistema di relazioni in riguardo alla realtà. L’essere “di fronte” attesta di un conflitto in atto e chiaramente avvertito. La “vecchia scarmigliata” è il simbolo depressivo della sterilità, della perdita della vitalità e nel caso estremo della morte. La rappresentazione della morte con una figura femminile anziana è classica di tante culture, quasi un “archetipo”. Lilith, prima moglie di Adamo, era tralignata in un’entità demoniaca che rovinava il maschio con le sue arti seduttive e sessuali portandolo alla follia e alla morte. Le “Moire” greche erano le tre signore divine della morte. Quest’ultima, la morte per l’appunto, nel Medioevo era rappresentata come una donna armata di falce. La “strega” era una donna che portava il maschio alla morte. Trascuro le “Sirene” e le “Maghe”, per ritornare al bellissimo sogno di Bernardo.
La morte, la vecchia scarmigliata, “chiama il bambino”, il nipotino di Bernardo e della sua signora, ma a tutti gli effetti il figlio. Il sogno rievoca in modo semplice e lineare il trauma della perdita di un figlio, una perdita immaginaria o reale. A mio giudizio la perdita è reale perché il bambino ha cinque anni e non è un’entità astratta, ha una sua vitalità e una sua precisa identità. Bernardo deve aver perso un figlio nel pieno dell’infanzia.
“Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta.”
Bernardo proietta sul bambino il suo rifiuto di perdere un figlio e di consegnare a “quella brutta signora” la sua creatura. Il lamento è suo, ma più che un lamento è un dolore acuto associato a una querimonia del lutto da parte di un padre molto indeciso. Poche note servono al sogno per descrivere le angosce di una perdita, il dolore di un lutto. La semplicità delle parole è poetica nel condensare in maniera semplice e naturale un consistente trauma della paternità. Struggente è il lamento del bambino, così come drammatica è l’impotenza del padre.
“Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare.”
Ecco la maniera con cui viene offerto ed elaborato un senso di colpa sottile e acuto. Bernardo non si è potuto opporre alla richiesta della vecchia signora di volere per sé il bambino. Bernardo non ha fatto nulla per impedire questo dramma. Bernardo non ha saputo e potuto impedire che si adempisse la volontà della “vecchia scarmigliata”. Bernardo non ha parole, non investe affettivamente sul bambino anche se lo vuole per sé, sa anche che non può averlo. La costrizione, “il bambino è costretto ad andare”, attesta dell’ineluttabilità della morte e della drammatica presa di coscienza dell’incapacità del padre a intervenire e a modificare il piano maligno.
“Salta sui tetti e cammina piangendo, ma all’improvviso cade e precipita nel vuoto gridando per la paura.”
Questa è la scena onirica madre, il nucleo tragico del sogno, la massima esplosione estetica: l’allontanamento coatto del bambino che cammina piangendo dopo il salto sui tetti e l’impotenza del padre che lo lascia andare e lo vede precipitare. Il “camminare sui tetti” conferma che si è in alto ma senza significato simbolico della “sublimazione”: il bambino deve cadere e Bernardo deve rivivere lo struggimento del distacco e della perdita. “Precipita nel vuoto gridando” attesta dell’irreparabile e dell’angoscia. Questa è la sintesi ardita del trauma presentata in maniera alta dal sogno a Bernardo. Lasciare andare da solo un figlio piccolo verso la morte è orribile e tremendo, ma il sogno compone il trauma in maniera umanamente accettabile in grazie alla funzione poetica dei “processi primari”.
“A metà caduta rallenta la velocità e sembra quasi planare come se fosse un angelo.”
Bernardo se la racconta con la fede: “come se fosse un angelo” conferma della morte e della consolazione del lutto, della perdita e della morte dolce, quella che non fa sfracellare il bambino, ma lo fa allontanare planando verso il “basso”, il luogo simbolico degli inferi. Bernardo rallenta il “folle volo” del figlio bambino verso l’ignoto e la trasfigurazione metafisica del passaggio a miglior vita, come si suole pensare e dire. Giù il cappello, signore e signori, di fronte alla “pietas” paterna, l’amorosa accettazione e il devoto riconoscimento dell’ineluttabilità. Degna ancora di nota è la maniera in cui il sogno rappresenta la morte e la trasfigura in una possibile continuazione della vita, la resurrezione dopo il temporaneo sonno del giusto.
“A questo punto Bernardo si sveglia angosciato.”
Ecco la sintesi di tutta l’angoscia del padre!
Ecco lo sgomento per la perdita del figlio!
Ecco il “fantasma di morte” e la sua valenza depressiva!
Il sogno non ce la fa più a camuffare la tragica emozione e il risveglio impedisce l’incubo.
PSICODINAMICA
Il sogno di Bernardo rivela il trauma della perdita di un figlio e la progressiva razionalizzazione del lutto. La funzione onirica aiuta a raggiungere l’equilibrio psichico nonostante la drasticità drammatica del distacco. L’angoscia di Bernardo si alimenta anche della figura della moglie raffigurata silente e della reattività struggente del bambino.
ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE
Ricordo, en passant, che le “istanze” psichiche sono I’”Es” o “Io Natura”, l’”Io” o “Io Coscienza e Ragione”, il “Super-Io” o “Io Cultura, mentre le “posizioni psichiche sono quelle “orale”, “anale”, “fallico-narcisistica”, “genitale”, “edipica”. Nel sogno di Bernardo è presente l’istanza “Es” in “precipita nel vuoto gridando per la paura” e in “si sveglia angosciato”, l’istanza “Io” in “sembra quasi planare come se fosse un angelo” e in “Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora”, l’istanza “Super-Io” si manifesta in “Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare” e nella “vecchia scarmigliata”. La “posizione psichica genitale” si evidenzia nel sentimento della “pietas” verso il figlio e l’ineluttabilità della fine: l’amore del padre e il culto dei valori della paternità.
MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA
I meccanismi psichici di difesa coinvolti e innescati sono la “traslazione” in “nonno” e in “nipotino”, lo “spostamento” in “Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta”, la “condensazione” in la “vecchia scarmigliata”. Il sogno di Bernardo presenta il processo psichico di difesa della “sublimazione” del bambino morto in “angelo”. Il movimento dall’alto verso il basso, la “caduta”, attesta di un perfido “fantasma di perdita” che si addolcisce nel “planare”.
ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA
La “organizzazione psichica reattiva” evidenziata da Bernardo nel suo sogno è “genitale”. Il tratto specifico è “depressivo.
FIGURE RETORICHE
Le figure retoriche coinvolte in questo semplice prodotto psichico sono la “metafora” in “vecchia scarmigliata” e “angelo”, la “metonimia” e l’”enfasi” in “cade e precipita nel vuoto”.
DIAGNOSI
La diagnosi include un trauma della paternità, una sindrome d’angoscia depressiva in fase di risoluzione attraverso la razionalizzazione del lutto.
PROGNOSI
La prognosi impone a Bernardo di portare avanti la consapevolezza profonda della perdita del figlio e di curare in modo particolare il valore e il sentimento della “pietas”, l’amorosa accettazione dell’evento e il culto del riconoscimento del tragico evento e della sfortunata sorte del figlio.
RISCHIO PSICOPATOLOGICO
Il rischio psicopatologico si attesta nel degenerare del “fantasma di perdita” nella nefasta sindrome depressiva con la conseguente caduta della vitalità e degli investimenti della “libido”.
GRADO DI PUREZZA ONIRICA
In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Bernardo è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.
RESTO DIURNO
Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno di Bernardo si attesta in un ricordo del trauma e in un evento legato alla visione del mondo incantato dell’infanzia.
QUALITA’ ONIRICA
Il sogno di Bernardo ha una valenza fortemente estetica. In poche e semplici note l’autore mette insieme “significanti” e “significati” in una cornice poetica.
RIFLESSIONI METODOLOGICHE
La parola va al vate italico Giosuè Carducci che scrisse questa poesia a eterna memoria del figlioletto Dante, stappato anzitempo ai suoi occhi, alle sue cure e alle sue premure.
Pianto antico
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior.
Nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
Giovanni Pascoli è un poeta di particolare interesse per la poetica del “Fanciullino”, il teorico, dopo l’antesignano Giambattista Vico, della poesia come elaborazione legata ai “processi primari”, alla Fantasia, la modalità di pensare dell’infanzia.
Questo del Pascoli è un modo diverso, rispetto a quello del Carducci, di vivere la perdita di un bambino.
L’aquilone
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove,
e sento che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento dei cappuccini,
tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle,
e visita le chiese di campagna,
ch’erbose hanno le soglie:
un’aria d’altro luogo e d’altro mese e d’altra vita:
un’aria celestina che regga molte bianche ali sospese…
sì, gli aquiloni!
È questa una mattina che non c’è scuola.
Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d’albaspina.
Le siepi erano brulle, irte;
ma c’era d’autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche,
e qualche fior di primavera bianco;
e sui rami nudi il pettirosso saltava,
e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso:
ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, risale, prende il vento;
ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.
S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo esile,
e vada a rifiorir lontano.
S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo petto del bimbo
e l’avida pupilla e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla lassù lassù…
Ma ecco una ventata di sbieco, ecco uno strillo alto…
– Chi strilla? Sono le voci della camerata mia:
le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata…
A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni!
e te, sì, che abbandoni su l’omero il pallor muto del viso.
Sì: dissi sopra te l’orazïoni, e piansi:
eppur, felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento.
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi persuaso,
stringendoti sul cuore il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore ancora in boccia!
O morto giovinetto, anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto…
Meglio venirci ansante, roseo, molle di sudor,
come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre…
adagio, per non farti male.