La Globalizzazione?
Chi è costui o costei?
Un Carneade o una Carneade?
Costui o costei era,
non è e non sarà.
Magari!
La Globalizzazione è finita.
Ella o Ello fu,
passò,
transiit,
ha statu,
s’inni fuiu cu Cammela a cinisi o cu Cammelu u rumenu
e non è più tornata o tornato,
c’est fini.
La troia o il troio è andata o andato
in gran stramona di bagascia o di bagascio.
Magari!
E voi, o popolo popolano e popolare, cosa fate qui?
Cosa aspettate babbo Pasquale con la colomba al napalm?
Cosa aspettate la colomba con il ramoscello d’olivo al plutonio?
Ite,
ite,
andate in pace,
come dice don Giuseppe della Borgata alla fine della messa
a quei poveri borgatari tutti a pois e a colori.
Non ferite gli ulivi per la signora Pace.
E tanto meno le Palme.
Pax fuit et pax facta est.
Omnia turpia turpibus.
Non lo sapete?
Il Mondo è cambiato.
Non c’è più il Mondo di una volta.
Figuriamoci l’Uomo!
Non c’è più spazio
per i minchioni di omnia munda mundis,
tanto meno per i coglioni e le coglionate
della solita sera con i popcorn americani passata in tivvu,
per i pivelli nostrani dalle uova d’oro all’improvviso
dopo una vita di fame e di puttanesimi,
per i professori esibizionisti alla panna montata
dopo l’espulsione dai sommi Licei,
per i filosofi e le filosofesse narcisisti
all’odor di varechina della nonna e di naftalina,
per i nuovi Sofisti e Sofiste dell’italiota agorà
malati di fantasia e di sogni a occhi aperti,
per quelli e quelle che hanno girato
e girano le sette parrocchie in una sola volta e a ginocchioni,
per le galline e i galli imbellettati al sapore di prugna,
come il buon confetto di una volta,
quello che faceva veramente cagare tanto e di gusto.
Animo, orsù, manica di picchiatelli!
Lo sballo è passato,
il manicomio è chiuso,
i folli si sono sciolti nell’acido mafioso
della notorietà occulta e manifesta,
la guerra è cominciata e impazza dalle Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
la bomba guizza in un baleno,
l’oppio è sempre dei popoli
per lenire l’angoscia di morte,
ma Karl non c’è più.
Al barbone hanno da tempo tagliato il barbone.
Quanti barboni in questa via delle vecchie maestranze!
Il fantasma però c’è,
è rimasto in casa,
ha cambiato solo tunica,
è davanti alla statua di una donna in gesso,
prega una madre celeste per i figli di Eva,
una imperdonabile Eva.
I popipopi eterodossi condannano ancora i figli di Lilith,
una adorabile Lilith,
e sono davanti al grande Capo tutta cacca
con abiti d’oro e diamanti in testa
al suono di una nenia da neo impero dell’Est.
Eva ha partorito il buon Abele.
Eva ha partorito l’intoccabile Caino.
Eva ha partorito tutti noi.
Noi siamo gli esuli figli di Eva
gementi e piangenti in hac lacrimarum valle,
in hoc mundo furenti
colmo di uomini ferini e di mercanti in fiera,
ricolmo di guerrieri mercenari e ortodossi ministri della Morte,
di lanzichenecchi oculati e pieni di scolo,
affollato di gentaglia senza pietas con la sifilide e l’aids,
fottuti in hoc mundo furenti sine pietate,
sine bontade,
sine beltade,
sine poetica.
Viviamo in un mondo sine pueris et puellis,
in un pianeta adescato da osceni banchieri
e violentato dal Mercato banderuola,
quel Mercato girovago che sta sopra la onesta Nazione,
quella buona Nazione che sta sotto il Mercato assurdo.
Povero Giuseppe!
Una, libera, indipendente e repubblicana,
Ah, questa Giovine Italia!
Cosa volete, o picchiatelli?
E’ il prezzo della Storia,
quella Storia che potrebbe anche ribassare i prezzi
vista l’inflazione di storici e filosofi,
vedi Cugin e cuginastri,
vedi qualche professore nostrano sedicente filosofo,
vedi i politicanti e i pressaioli allo sbando bellico,
vedi chicchessia in sonoro e in video
alla ricerca del pezzo eccezionale
per stare sul pezzo e sul mercato con il pezzo.
Lilith non vuole.
La fanciulla proletaria non vuole stare sotto.
Eva ci sta,
Eva vuole stare sotto,
è una costola clerico-capitalistica,
una costoletta imperialista
rifatta al meglio da un chirurgo abusivo
che ha l’ambulatorio in una traversa di Trebaseleghe,
una buona donna,
una donna troppo buona
per essere di cartapesta e al botulo.
Eppure, ha labbra enormi e tette ingombranti.
E allora?
Allora tutti in Cina,
tutti in Cina,
andiamo in Cina a prenderlo tra le chiappe chiare.
Gridiamo, orsù, “Trade”,
commercio, commercio,
gridiamo tutti in coro “evviva il libero commercio”,
“osanna al Liberismo”,
osanna nel più basso dei mercatini rionali.
Gridiamo, orsù, “Adam”,
“viva Smith”,
“evviva Adam”
che ci dà il gas e la luce
come se fosse un duce,
che ci dà un mondo inquinato al sapore di plastica,
i supermercati strapieni al gusto di niente
che esondano la merda di caciocavalli
negli ampi orinali di seduttivi casini commerciali.
Hai visto cosa hai combinato tu che non c’eri?
Plutocrati,
oligarchi,
timocrati,
panfili a cinque stelle stesi al sole in Marina di Pietrasanta,
a Portofino e a Pozzallo.
Le sette sorelle sono diventate sette fratelli,
si sposano sempre e lo stesso tra di loro,
mutatis mutandum e come i nobili deficienti,
ci danno un gioco del Calcio senza fosforo
negli stadi della fascinosa Europa,
non quella stuprata dall’infoiato Zeus,
quella del nuovo toro bianco di tutte le Russie
e dell’imbellettato con il sacro cirillo,
con in testa la crocetta d’oro.
E noi?
Noi chi siamo?
Da dove veniamo?
Dove andiamo?
Cosa portiamo?
Quanto dazio paghiamo?
Noi,
noi siamo i figli di quelle stelle tramontate
che da lassù ci guardano ancora stupefatte
dalla coca e dal grattaevinci
e da quaggiù si lasciano ancora amare.
Cronin non era russo,
non era bielorusso,
non era ceceno,
non era siciliano,
Cronin era scozzese,
un modesto e parsimonioso scozzese senza la gonna,
era un medico ippocrateo
che aveva giurato il giuramento di Ippocrate,
aveva giurato sulla testa di Zorba il greco.
Cronin era un profeta
che parlava prima e a favore della gente normale,
prae et pro for faris, fatus sum, fari.
Ita locutus est per prophetis pro plebe.
Cronin non era maritato con Maria Maddalena.
E allora, cossa vu tu?
Lo Stato è finito nel cesso,
la Nazione è morta di diarrea,
il Popolo è allo sbando mediatico,
la Res pubblica è l’Internazionale del Quattrino,
non quella Socialista dell’Inno “Noi siamo dei lavoratori”,
salariati e plusvaloristi,
non valorizzati e inflazionisti,
Internet è cresciuta in verticale senza Netiquette,
il Mercato è un Mercatismo dentro un pugno di uomini,
un pugno di ferro con la maschera di Zorro,
un supereroe metallico di un metro e mezzo
con la Zeta tracciata su un petto senza cervello,
un veritiero che impone di negare la realtà
a tutti quelli che conoscono l’imbroglio
di un Impero russasiatico nuovo di zecca e vecchio di zucca.
E il Poeta?
Il poeta vuole soltanto morire di sballo,
se la ride tra i limoni e le patate della famigerata Siracusa,
il femminello e la femminella,
una città greca,
famosa per la spazzatura nostrana e l’incuria politica,
per le sue strade bucate ad arte e per la cultura mancata,
un’isola affollata di nuovi barbari e di eterni mercanti importati
che ne combinano di tutti i colori.
Io e la mia famiglia abitavamo in Ortigia,
la quaglia greca,
con i veri Siracusani di quel tempo che fu
e in quel tempo che non sarà mai più.
Che finale travolgente!
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 04, 04, 2022