“LA COLPA DI ESSERE LA DONNA DI SALVINI”

 

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Entro in un lavasecco (mentre il mio compagno resta fuori ad aspettarmi) per portare dei panni a lavare.
La titolare sta facendo dei lavori di sartoria, le spiego di cosa ho bisogno e lei, poi, mi dice di aspettare perché mi vuole sistemare la frangia dei capelli come “va di moda ora”.
La lascio fare, ma sono preoccupata per il tempo che passa sapendo che fuori il mio compagno mi sta aspettando.
Succede non so bene cosa, ma scoppiano dei tumulti.
Scopro che la titolare del lavasecco è la fidanzata di Matteo Salvini….
Scappiamo.
Fuori è buio e ci nascondiamo all’interno di un furgone dove dietro ha degli scomparti grandi come casse da morto.
Riusciamo, tutte e due a nasconderci lì dentro.
Capiamo che stanno cercando proprio lei che avrebbe la colpa di essere la donna di Salvini.
Il furgone parte e noi riusciamo così a lasciare quella piazza pericolosa.
Arriviamo in un borgo ed entriamo in una vecchia casa dalle stanze piccole; esco da questa casa con la preoccupazione di non sapere come tornare a casa mia….

Questo è il sogno di Elisa.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

Il sogno di Elisa elabora il tema della trasgressione e della colpa, presenta un uomo politico contemporaneo molto mediatico e per la precisione il leader della “Lega Nord” Matteo Salvini, sviluppa l’evangelo onirico di Elisa intriso di una ricerca conflittuale di parti di sé.

Interessante è la presenza dell’uomo politico per il semplice motivo che andrà decodificato e chiarito nella sua valenza simbolica.

Tutti usiamo i “processi primari”, se per fortuna non li abbiamo smarriti dietro l’incalzare della vita corrente, e, quindi, tutti possiamo formulare un vissuto personale su qualsiasi persona contemporanea e su qualsiasi tema attuale, al di là o a fianco dello schema culturale collettivo. Decisamente Matteo Salvini sortisce un giudizio popolare molto contrastato, perché nel suo essere innovativo ha evoluto il suo partito dal regionalismo separatista a una filosofia politica nazional populista. Il professor Miglio sussulta nella bara. Del resto, per lo zoccolo duro leghista Matteo Salvini è l’uomo politico che ha tradito i progetti e i valori originari e originali della Lega lombarda e veneta, di poi fuse nella Lega Nord. E’ anche vero che presso i militanti più elastici il leader ottiene un giudizio politico positivo. Si aggiunga che la Lega Nord contemporanea non è ideologicamente e politicamente diversa da altri partiti di “Destra”, ma Matteo Salvini resta un uomo esposto nel bene e nel male e mediaticamente gettonato per le sue realistiche e provocatorie sintesi, per cui consente alla gente di formulare una simbologia per quello che evoca e per l’idea politica che propone.

Il sogno dirà quale simbologia individuale e collettiva il leader politico della Lega Nord ha scatenato nella contrastata dimensione psichica di Elisa.

 

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

“Entro in un lavasecco (mentre il mio compagno resta fuori ad aspettarmi) per portare dei panni a lavare.”
“I panni sporchi si lavano in famiglia”: così recita un antico proverbio per testimoniare che le peggiori magagne vanno discusse e risolte in un ambito sociale protettivo e ristretto. A livello psicologico le magagne sono i sensi di colpa o le colpe reali. Elisa è in procinto di purificare, “lavare”, tecnicamente di “razionalizzare” e prendere coscienza, questi ingombri psichici e propone all’uopo la “lavasecco”. Tiene fuori da questo personale materiale psichico da purificare l’uomo a cui si accompagna, confermando la buona norma in base alla quale non tutto il nostro patrimonio psichico si può e si deve portare in coppia, ma soltanto e solamente quello che non è di danno all’equilibrio della coppia stessa. Pensieri osceni del nostro presente e fatti turbolenti del nostro passato si devono omettere, senza incorrere nella tremenda bugia, nel momento in cui sono di pregiudizio all’economia e alla psicodinamica della coppia. In ogni caso prendiamo atto della precisazione tra parentesi che ci dà Elisa “(mentre il mio compagno resta fuori ad aspettarmi)” e deduciamo che seguiranno nel sogno vissuti e fatti in cui l’uomo attuale non è coinvolto.

 

“La titolare sta facendo dei lavori di sartoria, le spiego di cosa ho bisogno e lei, poi, mi dice di aspettare perché mi vuole sistemare la frangia dei capelli come “va di moda ora”.
Colei che assolve i sensi di colpa e le colpe, i panni sporchi, è una donna, “La titolare”, una figura esperta e capace anche di proporre modi psichici di essere e di esistere nella relazione sociale e nel manifestarsi agli altri. Questa donna ha tutta l’aria di essere una figura materna, molto materna, una madre buona e provvidente, magari una nonna fascinosa. I “lavori di sartoria” attestano simbolicamente di modi e di atteggiamenti, di ruoli e di movenze, di fenomenologie sociali, di “come” ci esibiamo con il nostro prossimo. Questa donna “titolare” ha una forte duttilità psicologica, ma non possiede soltanto questa preziosa dote perché è anche una saggia filosofa, dal momento che sa sistemare i pensieri e le idee secondo i tempi moderni, “la frangia dei capelli come “va di moda ora”. Elisa ha tanto bisogno di questa figura polivalente e decisamente molto affascinante. Come “va di moda ora”: Elisa vuole essere al passo con i tempi. Questa figura può essere reale, ma è anche la “proiezione” dell’ideale femminile di Elisa, la parte di Elisa che si vuole bene.

 

“La lascio fare, ma sono preoccupata per il tempo che passa sapendo che fuori il mio compagno mi sta aspettando.”

 

E’ più importante un compagno che aspetta fuori o una maestra polivalente? Il “tempo” è un problema di Elisa, questo tempo che passa e lascia in attesa. Elisa sente forte il bisogno di ammodernarsi e di adeguarsi, ma vive con ansia il tempo che dedica a se stessa come se non fosse degna di tanta cura e attenzione. L’uomo di Elisa è importante, ma può attendere che la sua donna s’impreziosisca nei modi psichici e nei contenuti mentali. Degno di nota è il fatto che il compagno resta “fuori” dal travaglio tutto personale di Elisa, una sana estromissione.

 

“Succede non so bene cosa, ma scoppiano dei tumulti.” 

 

Si scatena il conflitto psichico e la nostra protagonista avverte indefiniti turbamenti dentro di lei e per necessità psichica li proietta nell’ambiente che la circonda. Il “tumulto” attesta simbolicamente di uno struggimento che ha una parte mentale e una parte pratica, la psicologa e la sarta, la filosofa e la parrucchiera, il tutto in una cornice sociale.

 

“Scopro che la titolare del lavasecco è la fidanzata di Matteo Salvini…”

 

A questo punto si pone l’arduo problema di decodificare il leader della Lega Nord, un partito separatista che si è evoluto in nazional populista. Come si diceva in precedenza, Matteo Salvini è una figura ricorrente nei “media”, un uomo a suo modo provocatore e popolano nelle idee, decisamente una persona che colpisce per i modi e per le parole. Elisa non fa eccezione, perché è attratta da questo personaggio discusso e trasgressivo nel bene e nel male. Il sogno sviluppa questa valenza dell’uomo politico, un uomo pericoloso.

 

“Scappiamo.
Fuori è buio e ci nascondiamo all’interno di un furgone dove dietro ha degli scomparti grandi come casse da morto.”

Elisa si è alleata con la sua maieutica psicologa e filosofa, oltre che donna coraggiosa e invidiabile in quanto fidanzata di Matteo Salvini. La fuga, “scappiamo”, è la soluzione a tanta scoperta: “scopro che…”. La luce della coscienza, “fuori è buio” viene a mancare a testimonianza del contesto fortemente emotivo che Elisa sta sviluppando in sogno. L’occultamento della verità e l’ambiente della trasgressione sono presentate nel “ci nascondiamo” e nel “furgone”, un simbolo sessuale drammatico dal momento che viene associato alle “casse da morto”, a una femminilità spenta dal senso di colpa. Elisa elabora un contesto seduttivo ed eccitante, ma pervaso dalla colpa di essere donna e soprattutto femmina.

 

“Riusciamo, tutte e due a nasconderci lì dentro.
Capiamo che stanno cercando proprio lei che avrebbe la colpa di essere la donna di Salvini.”

 

La titolare alleata e la complice Elisa operano una “rimozione” della colpa sessuale di stare con un uomo trasgressivo pubblico e non affidabile, un politico che deroga dalle norme costituite e addirittura un traditore, un politico che ha tradito i valori antichi, quanto meno un uomo non della tradizione. Il “Super-Io” di Elisa è severo e ligio, non tollera ciò che per altri versi desidera e cerca, la trasgressione, ma la vive come colpa e in riguardo specifico alla sessualità. Non dimentichiamo che le due donne alleate sono nascoste dentro un “furgone”, un simbolo della meccanica neurovegetativa sessuale. Elisa ha tanto desiderato “dentro” una diversità che non poteva permettersi “fuori” per la sua sensibilità alla colpa, per un maledetto “Super-Io” cresciuto a dismisura sotto le sferzate dell’ambiente sociale e dietro le inibizioni autoindotte.

 

“Il furgone parte e noi riusciamo così a lasciare quella piazza pericolosa.”

 

Le relazioni pericolose sono quelle ambivalenti, quelle che sessualmente incutono attrazione e paura, quelle che suscitano le pulsioni e le resistenze personali e culturali, La “piazza” è simbolo delle relazioni sociali e dello scambio affaristico, il luogo classico delle truffe e delle comunicazioni  diverse. “Lasciare quella piazza pericolosa” significa relegarsi nel perbenismo e nell’isolamento, vuol dire non coinvolgersi nel nuovo e nel diverso. Il pericolo rappresenta simbolicamente l’orgasmo della conoscenza e del “sapere di sé”, al di là delle norme familiari e sociali costituite e trasmesse. Il pericolo condensa il fascino del sapere innovativo.

 

“Arriviamo in un borgo ed entriamo in una vecchia casa dalle stanze piccole;”

 

Dalla piazza al “borgo”, dall’eccitazione alla tradizione, dalla novità alla monotonia rassicurante, dall’apertura all’angustia: questo è il “ritorno al passato” di Elisa dopo la trasgressione di essere “la donna di Salvini”. Le “stanze” sono il simbolo delle varie componenti della “casa” psichica, l’organizzazione reattiva, la personalità, la formazione, la struttura di Elisa. Questa casa è vecchia e ha le “stanze piccole”. Elisa è tornata alle sue dimensioni dopo essersi allargata oltremodo secondo i suoi desideri e le sue pulsioni. E’ tornata a essere tutta “casa e chiesa” e, di certo, non “casa del popolo” e tanto meno “casino”. Elisa visita per opposizione il progetto desiderato che non è riuscita a realizzare e, adesso, è smarrita, si è smarrita dentro se stessa nel suo passato.

 

“esco da questa casa con la preoccupazione di non sapere come tornare a casa mia….”

 

Elisa ha paura del nuovo e desidera il ritorno al vecchio rassicurante, ma è preoccupata di aver tanto trasgredito e di non riuscire a tornare nella sua normalità, “tornare a casa mia”. La sua casa, “casa mia”, è il suo vecchio modo di essere e di esistere, la sua struttura psico-esistenziale costituita e codificata.

 

PSICODINAMICA

 

Il sogno di Elisa sviluppa la psicodinamica conflittuale delle due immagini di sé, una ideale e l’altra reale. La “titolare” è la “proiezione” della protagonista e Salvini è il tipo di uomo che Elisa ha desiderato: immagini ideali di donna e di uomo. Inoltre, è presente il conflitto tra la norma e la trasgressione, tra le pulsioni sessuali dell‘istanza “Es” e la censura morale del “Super-Io”, tra il lecito e il vietato, tra il permesso e l’illegale. In tale travaglio la funzione di mediazione dell’istanza “Io” entra in difficoltà e il conflitto si risolve nella quiete protettiva del “ritorno alla norma” con l’abbandono delle ambizioni e dei desideri.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

L’istanza “Io” si destreggia tra le pulsioni dell’istanza “Es” a trasgredire, a innovare, a diversificarsi, e la censura repressiva e sacrificale delle stesse a causa delle norme imposte dal “Super Io”. Le “posizioni” psichiche richiamate sono quelle “orale” e “genitale”. La prima per quanto riguarda la componente affettiva e la seconda per quanto riguarda la “libido” conflittuale.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

I meccanismi psichici di difesa coinvolti sono la “proiezione” nella “titolare” e nel “tumulto” e in altro, la “condensazione” in “lavasecco” e in “casa” e in altro, lo “spostamento” in “capelli” e in “borgo” e in altro, la “drammatizzazione” in “casse da morto” e in “fuori è buio” e in “piazza pericolosa” e in altro, la “figurabilità” in “casse da morto”. E’ accennato il processo psichico della “regressione” in “tornare a casa mia”.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

Il sogno di Elisa evidenzia un tratto psichico isterico in un quadro generale di desiderio e paura, di pulsione e fobia. La “organizzazione psichica reattiva” tende alla “oralità”, bisogni e coinvolgimenti affettivi inappagati e tende alla “genitalità”, bisogno di donare e di donarsi.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche richiamate dal sogno di Elisa sono la “metafora” ad esempio in “casse da morto”, la “metonimia” ad esempio in “piazza” e “borgo”, la “iperbole” ad esempio in “scappare”, la “enfasi” in “ci nascondiamo” e “fuori è buio”. Mi preme rilevare che il sogno di Elisa è ricco di simboli e di figure retoriche a riprova di una sua buona vena poetica.

 

DIAGNOSI

 

La diagnosi esige uno stato conflittuale, “psiconevrosi”, tra le pulsioni dell’istanza “Es” e le inibizioni del Super-Io”, tra l’universo desiderante e la censura morale. Questa è la classica “psiconevrosi istero-fobica”.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone a Elisa di ripristinare e rafforzare la funzionalità deliberativa e decisionale dell’istanza “Io”, di operare una giusta riflessione sull’inutilità delle censure morali e di coordinare l’irruenza delle pulsioni appagandole. Elisa deve godere dei diritti del suo corpo e della sua mente secondo le modalità di un “tutto unico” che le consente armonia psichica e gioia di vivere, autonomia e libertà.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta nell’irrobustirsi della psiconevrosi istero-fobica e, di conseguenza, in una caduta della qualità delle emozioni e in un aggravamento dei conflitti personali e relazionali. Il sacrificio della “libido” porterebbe inevitabilmente a somatizzazioni: ciò che non si scarica per via diretta, trova innervazioni traslate.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Elisa è “4” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

 

RESTO DIURNO

 

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno di Elisa si lega a una provocazione sensoriale, magari legata alla visione televisiva del leader politico in questione. E’ possibile anche che una semplice discussione abbia innescato il ritorno del passato.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

La qualità del sogno di Elisa è drammatica, una drammaturgia che si snoda secondo le linee compatibili della farsa e dell’enfasi.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

Il sogno di Elisa elabora la figura di un leader politico contemporaneo a riprova che a livello psicologico le notizie e le visioni, i pensieri e le immagini si ripercuotono e si riformulano secondo i nostri bisogni del momento. Quante volte da bambini, e non soltanto, ci siamo innamorati del cantante preferito o dell’attore amato o del calciatore famoso: il tutto è avvenuto per motivi e gusti personali, soprattutto per evocazione del rimosso. Infatti il sogno di Elisa si svolge su due piani, il presente e il passato, un presente ordinato e un passato turbolento, un uomo da tenere fuori dalla lavasecco e un Salvini da sballo pericoloso secondo i desideri pregressi e rimasti in cielo per colpa di un rigido “Super-Io”.

LA PATERNITA’ MUTILATA E IL TRAUMA DELLA PERDITA

 

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

 

“Bernardo sogna di trovarsi in terrazza con la moglie e con il nipotino di cinque anni.

Nella terrazza di fronte c’è una vecchia scarmigliata che chiama il bambino.

Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta.

Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare.

Salta sui tetti e cammina piangendo, ma all’improvviso cade e precipita nel vuoto gridando per la paura.

A metà caduta rallenta la velocità e sembra quasi planare al suolo come se fosse un angelo.

A questo punto Bernardo si sveglia angosciato.”

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

Il sogno di Bernardo sviluppa un tratto depressivo apparentemente pacato nella compilazione del sogno, ma molto spiccato nell’intensità emotiva vissuta durante il sogno. Tratta di quei traumi che un uomo può vivere nel corso della vita di coppia e all’interno della famiglia in riguardo ai figli nati e non nati. Una morte di qualsiasi natura e qualità può intercorrere nella vita di coppia, per cui il sogno di Bernardo risulta assolutamente naturale nel suo spolverare delicatamente e intensamente il vissuto legato a un fatto immaginario o a un fatto reale. In ogni caso si tratta del “fantasma depressivo della perdita” di un bambino elaborato e formulato in termini semplicissimi e altamente poetici dal padre, per cui è degno d’interesse ricercare e ritrovare un equivalente prodotto culturale estetico, un “sogno a occhi aperti” o un “sogno da svegli guidato”.

Ecco all’uopo il carme 34 del libro V di Marco Valerio Marziale, ( 38 o 41 – 104  p.C.n.).

 

De Erotio: consolatio

 

A voi affido l’ombra di Eròtion

 

“A te, padre Frontone, a te, Flaccilla genitrice,
affido questa bimba, (tenera) boccuccia e mia delizia,
affinché la piccola Erotion non tema le nere ombre
e le mostruose bocche del cane degl’inferi.
Avrebbe appena completato i geli del sesto inverno,
se fosse vissuta non meno di altrettanti giorni.
Tra così antichi protettori possa (la) birbantella giocare
e il nome mio con la boccuccia (ancor) blesa garrire.
Le delicate ossa sian protette da non dura zolla, e tu,
terra, non esserle pesante: lei non (lo) fu per te.”

 

Mi piace dare la versione latina di questi ultimi due versi per la bellezza sintetica e per il valore simbolico e retorico.

 

“Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi,

terra, gravis fueris: non fuit illa tibi.”

 

“Una rigida zolla non copra le sue tenere ossa,

o terra, non esserle pesante: lei non lo fu con te.”

 

Versi bellissimi!

Condensazioni simboliche da svegli guidate dal “processo primario”!

La rigida zolla, le tenere ossa, il peso: ecco il trionfo lirico della “metonimia” o relazione logica e della “sineddoche” o la parte per il tutto o viceversa.

Inserirò nelle finali “Riflessioni metodologiche” un’altra degna poesia sul tema della perdita depressiva di un figlio: “Pianto antico” di Giosuè Carducci.

Inoltre, sulla morte di un bambino mi piace ricordare la famosissima poesia di Giovanni Pascoli, “L’aquilone”, su cui tutti abbiamo versato struggenti lacrime nel tragitto tormentato delle scuole elementari, almeno quelle dei miei tempi.

 

Intanto procedo con la decodificazione puntuale del sogno di Bernardo.

 

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

“Bernardo sogna di trovarsi in terrazza con la moglie e con il nipotino di cinque anni.”

 

Il sogno di Bernardo esordisce presentando la sua famiglia, lui, la moglie e un bambino, una tipologia classica di famiglia, quella degli esordi di ogni coppia che si è evoluta in famiglia con la nascita del primogenito. Bernardo ricorre al “nipotino di cinque anni” e al suo ruolo di nonno per operare una difensiva “traslazione” delle sue angosce in riguardo. Bernardo non si coinvolge direttamente come padre, ma il sogno è suo e lo riguarda in pieno e in prima persona. Bernardo rappresenta se stesso non come figlio ma come padre. Poteva operare una “traslazione” del suo essere stato bambino nel nipotino, ma questo “spostamento” non avviene per la presenza della “moglie”, una figura tanto discreta da sembrare insignificante e che, invece, è la figura cardine per la comprensione del “significato latente” del sogno di Bernardo.

 

“Nella terrazza di fronte c’è una vecchia scarmigliata che chiama il bambino.”

 

La “terrazza di fronte” condensa un’esposizione sociale e un sistema di relazioni in riguardo alla realtà. L’essere “di fronte” attesta di un conflitto in atto e chiaramente avvertito. La “vecchia scarmigliata” è il simbolo depressivo della sterilità, della perdita della vitalità e nel caso estremo della morte. La rappresentazione della morte con una figura femminile anziana è classica di tante culture, quasi un “archetipo”. Lilith, prima moglie di Adamo, era tralignata in un’entità demoniaca che rovinava il maschio con le sue arti seduttive e sessuali portandolo alla follia e alla morte. Le “Moire” greche erano le tre signore divine della morte. Quest’ultima, la morte per l’appunto, nel Medioevo era rappresentata come una donna armata di falce. La “strega” era una donna che portava il maschio alla morte. Trascuro le “Sirene” e le “Maghe”, per ritornare al bellissimo sogno di Bernardo.

La morte, la vecchia scarmigliata, “chiama il bambino”, il nipotino di Bernardo e della sua signora, ma a tutti gli effetti il figlio. Il sogno rievoca in modo semplice e lineare il trauma della perdita di un figlio, una perdita immaginaria o reale. A mio giudizio la perdita è reale perché il bambino ha cinque anni e non è un’entità astratta, ha una sua vitalità e una sua precisa identità. Bernardo deve aver perso un figlio nel pieno dell’infanzia.   

 

“Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta.”

 

Bernardo proietta sul bambino il suo rifiuto di perdere un figlio e di consegnare a “quella brutta signora” la sua creatura. Il lamento è suo, ma più che un lamento è un dolore acuto associato a una querimonia del lutto da parte di un padre molto indeciso. Poche note servono al sogno per descrivere le angosce di una perdita, il dolore di un lutto. La semplicità delle parole è poetica nel condensare in maniera semplice e naturale un consistente trauma della paternità. Struggente è il lamento del bambino, così come drammatica è l’impotenza del padre.

 

“Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare.”

 

Ecco la maniera con cui viene offerto ed elaborato un senso di colpa sottile e acuto. Bernardo non si è potuto opporre alla richiesta della vecchia signora di volere per sé il bambino. Bernardo non ha fatto nulla per impedire questo dramma. Bernardo non ha saputo e potuto impedire che si adempisse la volontà della “vecchia scarmigliata”. Bernardo non ha parole, non investe affettivamente sul bambino anche se lo vuole per sé, sa anche che non può averlo. La costrizione, “il bambino è costretto ad andare”, attesta dell’ineluttabilità della morte e della drammatica presa di coscienza dell’incapacità del padre a intervenire e a modificare il piano maligno.

 

“Salta sui tetti e cammina piangendo, ma all’improvviso cade e precipita nel vuoto gridando per la paura.”

 

Questa è la scena onirica madre, il nucleo tragico del sogno, la massima esplosione estetica: l’allontanamento coatto del bambino che cammina piangendo dopo il salto sui tetti e l’impotenza del padre che lo lascia andare e lo vede precipitare. Il “camminare sui tetti” conferma che si è in alto ma senza significato simbolico della “sublimazione”: il bambino deve cadere e Bernardo deve rivivere lo struggimento del distacco e della perdita. “Precipita nel vuoto gridando” attesta dell’irreparabile e dell’angoscia.  Questa è la sintesi ardita del trauma presentata in maniera alta dal sogno a Bernardo. Lasciare andare da solo un figlio piccolo verso la morte è orribile e tremendo, ma il sogno compone il trauma in maniera umanamente accettabile in grazie alla funzione poetica dei “processi primari”.

 

“A metà caduta rallenta la velocità e sembra quasi planare come se fosse un angelo.”

 

Bernardo se la racconta con la fede: “come se fosse un angelo” conferma della morte e della consolazione del lutto, della perdita e della morte dolce, quella che non fa sfracellare il bambino, ma lo fa allontanare planando verso il “basso”, il luogo simbolico degli inferi. Bernardo rallenta il “folle volo” del figlio bambino verso l’ignoto e la trasfigurazione metafisica del passaggio a miglior vita, come si suole pensare e dire. Giù il cappello, signore e signori, di fronte alla “pietas” paterna, l’amorosa accettazione e il devoto riconoscimento dell’ineluttabilità. Degna ancora di nota è la maniera in cui il sogno rappresenta la morte e la trasfigura in una possibile continuazione della vita, la resurrezione dopo il temporaneo sonno del giusto.

 

“A questo punto Bernardo si sveglia angosciato.”

 

Ecco la sintesi di tutta l’angoscia del padre!

Ecco lo sgomento per la perdita del figlio!

Ecco il “fantasma di morte” e la sua valenza depressiva!

Il sogno non ce la fa più a camuffare la tragica emozione e il risveglio impedisce l’incubo.

 

PSICODINAMICA

 

Il sogno di Bernardo rivela il trauma della perdita di un figlio e la progressiva razionalizzazione del lutto. La funzione onirica aiuta a raggiungere l’equilibrio psichico nonostante la drasticità drammatica del distacco. L’angoscia di  Bernardo si alimenta anche della figura della moglie raffigurata silente e della reattività struggente del bambino.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

Ricordo, en passant, che le “istanze” psichiche sono I’”Es” o “Io Natura”, l’”Io” o “Io Coscienza e Ragione”, il “Super-Io” o “Io Cultura, mentre le “posizioni psichiche sono quelle “orale”, “anale”, “fallico-narcisistica”, “genitale”, “edipica”. Nel sogno di Bernardo è presente l’istanza “Es” in “precipita nel vuoto gridando per la paura” e in “si sveglia angosciato”, l’istanza “Io” in “sembra quasi planare come se fosse un angelo” e in “Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora”, l’istanza “Super-Io” si manifesta in “Bernardo non dice nulla e alla fine il bambino è costretto ad andare” e nella “vecchia scarmigliata”. La “posizione psichica genitale” si evidenzia nel sentimento della “pietas” verso il figlio e l’ineluttabilità della fine: l’amore del padre e il culto dei valori della paternità.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

I meccanismi psichici di difesa coinvolti e innescati sono la “traslazione” in “nonno” e in “nipotino”, lo “spostamento” in “Il nipotino non vuole andare da quella brutta signora e si lamenta”, la “condensazione” in la “vecchia scarmigliata”. Il sogno di Bernardo presenta il processo psichico di difesa della “sublimazione” del bambino morto in “angelo”. Il movimento dall’alto verso il basso, la “caduta”, attesta di un perfido “fantasma di perdita” che si addolcisce nel “planare”.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

La “organizzazione psichica reattiva” evidenziata da Bernardo nel suo sogno è “genitale”. Il tratto specifico è “depressivo.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche coinvolte in questo semplice prodotto psichico sono la “metafora” in “vecchia scarmigliata” e “angelo”, la “metonimia” e l’”enfasi” in “cade e precipita nel vuoto”.

 

DIAGNOSI

 

La diagnosi include un trauma della paternità, una sindrome d’angoscia depressiva in fase di risoluzione attraverso la razionalizzazione del lutto.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone a Bernardo di portare avanti la consapevolezza profonda della perdita del figlio e di curare in modo particolare il valore e il sentimento della “pietas”, l’amorosa accettazione dell’evento e il culto del riconoscimento del tragico evento e della sfortunata sorte del figlio.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta nel degenerare del “fantasma di perdita” nella nefasta sindrome depressiva con la conseguente caduta della vitalità e degli investimenti della “libido”.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Bernardo è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

RESTO DIURNO

 

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno di Bernardo si attesta in un ricordo del trauma e in un evento legato alla visione del mondo incantato dell’infanzia.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

Il sogno di Bernardo ha una valenza fortemente estetica. In poche e semplici note l’autore mette insieme “significanti” e “significati” in una cornice poetica.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

La parola va al vate italico Giosuè Carducci che scrisse questa poesia a eterna memoria del figlioletto Dante, stappato anzitempo ai suoi occhi, alle sue cure e alle sue premure.

Pianto antico

L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior.

Nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,

sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

 

Giovanni Pascoli è un poeta di particolare interesse per la poetica del “Fanciullino”, il teorico, dopo l’antesignano Giambattista Vico, della poesia come elaborazione legata ai “processi primari”, alla Fantasia, la modalità di pensare dell’infanzia.

Questo del Pascoli è un modo diverso, rispetto a quello del Carducci, di vivere la perdita di un bambino.

 

L’aquilone

 

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,

anzi d’antico: io vivo altrove,

e sento che sono intorno nate le viole.

 

Son nate nella selva del convento dei cappuccini,

tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento.

Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle,

 

e visita le chiese di campagna,

ch’erbose hanno le soglie:

un’aria d’altro luogo e d’altro mese e d’altra vita:

 

un’aria celestina che regga molte bianche ali sospese…

sì, gli aquiloni!

È questa una mattina che non c’è scuola.

 

Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d’albaspina.

Le siepi erano brulle, irte;

ma c’era d’autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche,

 

e qualche fior di primavera bianco;

e sui rami nudi il pettirosso saltava,

e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso.

 

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso:

ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino.

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, risale, prende il vento;

 

ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,

come un fiore che fugga su lo stelo esile,

 

e vada a rifiorir lontano.

S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo petto del bimbo

e l’avida pupilla e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

 

Più su, più su: già come un punto brilla lassù lassù…

Ma ecco una ventata di sbieco, ecco uno strillo alto…

– Chi strilla? Sono le voci della camerata mia:

 

le conosco tutte all’improvviso,

una dolce, una acuta, una velata…

A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni!

 

e te, sì, che abbandoni su l’omero il pallor muto del viso.

Sì: dissi sopra te l’orazïoni, e piansi:

eppur, felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni!

 

Tu eri tutto bianco, io mi rammento.

solo avevi del rosso nei ginocchi,

per quel nostro pregar sul pavimento.

 

Oh! te felice che chiudesti gli occhi persuaso,

stringendoti sul cuore il più caro dei tuoi cari balocchi!

Oh! dolcemente, so ben io, si muore

 

la sua stringendo fanciullezza al petto,

come i candidi suoi pètali un fiore ancora in boccia!

O morto giovinetto, anch’io presto verrò sotto le zolle

 

là dove dormi placido e soletto…

Meglio venirci ansante, roseo, molle di sudor,

come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle!

 

Meglio venirci con la testa bionda,

che poi che fredda giacque sul guanciale,

ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre…

 

adagio, per non farti male.

 

 

LA VERTIGINE DELLA LIBERTA’

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Mi trovavo a casa di mia nonna, era la notte di Natale e di lì a poco sarebbero arrivati gli ospiti.

Io e mia nonna eravamo in balcone. Io mi avvicino alla ringhiera, ma mi accorgo che non vi era altro che una fitta rete nera che separava il balcone dal vuoto.

Per sbaglio, facendo un movimento brusco, la faccio staccare da un lato. Faccio notare a mia nonna che trovo quel balcone senza ringhiera alquanto pericoloso, ma lei sostiene che avremmo dovuto solo riagganciare la rete.

Io non volevo che mia nonna si avvicinasse al vuoto, così le dico che lo avrei fatto io.

Tuttavia, ogni volta che mi avvicinavo con il lembo di rete staccato in mano per riagganciarlo, mi ritraevo per l’impressione che mi suscitava lo stare così vicina al vuoto.”

Questo sogno porta la firma di Brunetta.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

L’emancipazione psichica dalla figura materna e la ricerca del naturale rapporto con il corpo nella vita sessuale procurano la vertigine della libertà. La figura materna è importante e complessa per la psicologia femminile in quanto comporta il vissuto della dipendenza, dell’affettività, della rivalità, dell’ostilità, della colpa, della sconfitta, dell’alleanza, dell’identificazione e finalmente dell’identità.

Quanto viaggia e peregrina una donna per approdare in se stessa dopo la caduta della dea madre!

E dopo a chi ci rivolgiamo?

A noi stessi e alla nostra autonomia psichica!

E del corpo cosa sarà?

Libero anche lui e pronto a godere!

Una donna libera di mente e libera di corpo: un bel connubio!

Brunetta si avventura in questa delicata psicodinamica con la sacra cautela di chi non vuole improvvisare e improvvisarsi.

Vediamo cosa le insegna il suo sogno con pochi ma efficaci simboli.

 

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

“Mi trovavo a casa di mia nonna, era la notte di Natale e di lì a poco sarebbero arrivati gli ospiti.”

 

Si rileva nell’immediato la “traslazione” difensiva della figura materna nella “nonna”, un’operazione di “spostamento” delle mille emozioni legate alla madre e una difesa per continuare a dormire e a sognare. In Brunetta la conciliazione e l’identificazione con la madre sono andate a buon fine, ma adesso bisogna esibire e agire le conquiste effettuate: l’autonomia psicofisica. Ed ecco che arrivano gli “ospiti”, coloro che guardano, valutano,  giudicano e coinvolgono.

 

“Io e mia nonna eravamo in balcone. Io mi avvicino alla ringhiera, ma mi accorgo che non vi era altro che una fitta rete nera che separava il balcone dal vuoto.”

 

L’esposizione sociale è offerta anche nel suo tratto problematico e pericoloso perché nel “balcone” manca la “ringhiera”, mancano le naturali e giuste difese verso gli altri, verso quel sociale che turba e intriga. Il posto della fredda “ringhiera” è stato preso da “una fitta rete nera”, da una serie poderosa di pensieri e pregiudizi, di paure ed emozioni, da un condensato pessimistico di difese mentali. En passant, è opportuno precisare che le giuste e naturali difese del coinvolgimento relazionale sono l’autostima e il garbo formale, l’amor proprio e la seduzione cortese, il poco spessore e la profondità del non dire. Questa è la naturale metaforica “ringhiera”. Il “vuoto” rappresenta la vertigine della libertà e ha una duplice valenza. Per un verso rappresenta la crisi dell’autonomia psichica, la caduta depressiva e la perdita delle conquiste psichiche fatte, un “fantasma di morte”. Dall’altro verso rappresenta il lasciarsi andare psicofisico, l’abbandono temporaneo delle facoltà di vigilanza dell’Io e la disposizione a sentire le emozioni più profonde  e intime. Il movimento dall’alto verso il basso si attesta in una “concretizzazione” e in una “incarnazione” dell’identità psicofisica acquisita.

E allora?

Bisogna rafforzare il senso dell’Io e assimilare queste conquiste per poterle agire con l’adeguata presa di coscienza e la necessaria sicurezza: lasciarsi andare al ritmo neurovegetativo delle pulsioni.

 

“Per sbaglio, facendo un movimento brusco, la faccio staccare da un lato.”

 

Brunetta tenta di superare le paure e i pregiudizi, i pensieri nefasti e le ipocondrie, ma non riesce del tutto, perché restano in lei le remore alla relazione sociale e all’abbandono psicofisico. Queste ultime non significano affidamento acritico a se stessa e agli altri, ma il giusto approccio formale alle convenienze proprie e alle esigenze del gruppo. Si tratta di una relazione d’amore con se stessa e di una solidarietà natalizia fatta di succulenza e di gioco, di seduzione e di fascino.

 

“Faccio notare a mia nonna che trovo quel balcone senza ringhiera alquanto pericoloso, ma lei sostiene che avremmo dovuto solo riagganciare la rete.”

 

L’esperienza non è acqua fresca. Brunetta si fa dire dalla nonna, la “traslazione” della figura materna, che bisogna essere disinibite e senza tante inutili barriere con se stesse e con gli altri. Basta con le paure inutili e le ragnatele dei mille ragionamenti astratti che le donne abilmente intessono per nascondere le inibizioni. Comunque un “balcone” senza “ringhiera” non è pericoloso secondo il Vangelo della nonna, una che sa le cose come vanno.  Una disposizione aperta e accogliente non è pericolosa perché bisogna buttarsi e dare materia alla materia.

 

“Io non volevo che mia nonna si avvicinasse al vuoto, così le dico che lo avrei fatto io.”

 

La nonna è una donna navigata e non ha paura delle relazioni, ma Brunetta la protegge, ha paura per lei o meglio ha paura per sé. Le ultime resistenze alla relazione con se stessa e con gli altri sono da superare. Brunetta esegue quello che la nonna avrebbe fatto: identificazione e imitazione con tutti i diritti della gioventù.

 

“Tuttavia, ogni volta che mi avvicinavo con il lembo di rete staccato in mano per riagganciarlo, mi ritraevo per l’impressione che mi suscitava lo stare così vicina al vuoto.”

 

Se non ti lasci andare, non godi. Questo è l’insegnamento finale del sogno di Brunetta. Bisogna superare paure e resistenze a lasciarsi andare e il sogno nel finale acquista una valenza sessuale e una connotazione psichica: la paura di lasciarsi andare all’orgasmo e il bisogno di vigilare e di controllare, un non fidarsi del corpo e un bisogno della mente di vigilare.

Il vuoto non è depressivo ma psicosomatico.

 

PSICODINAMICA

 

Il sogno di Brunetta parte dalla “posizione edipica” per spostarsi sul versante psico-sessuale. Bisogna relazionarsi nei giusti modi e lasciarsi andare per avere il massimo del piacere, la vertigine della libertà psicofisica negli investimenti della “libido genitale”.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

Il sogno di Brunetta evidenzia la pulsione fobica dell’istanza “Es” nella paura di cadere nel vuoto. L’istanza “Io” è presente nel bisogno di controllo e di vigilanza, oltre che nel riparare il “fantasma del vuoto”. L’istanza “Super-Io” non si profila in alcun modo.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

Il sogno di Brunetta si serve dei meccanismi di difesa della “condensazione” e dello “spostamento” in “ringhiera” e “nonna”, della “traslazione” in “nonna” e “vuoto”, della “materializzazione” in vicina al vuoto” e la collegata paura di cadere.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

Il sogno evidenzia un tratto fobico nella “organizzazione psichica reattiva”: la paura di lasciarsi andare nel vuoto, di affidarsi a se stessa e di sentire il proprio corpo.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche coinvolte nel sogno di Brunetta sono la “metafora” in “ringhiera” e in “nonna”, la “metonimia” in “rete fitta” e “vuoto”.

 

DIAGNOSI

 

Il sogno di Brunetta presenta una conflittualità nevrotica di natura fobica a lasciarsi andare e a godere della propria autonomia psicofisica.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone a Brunetta di rafforzare l’autonomia psicofisica in risoluzione della “posizione edipica” e di migliorare il vissuto in riguardo al corpo e alle sue funzioni senza sentire la necessità di controllo e di autocontrollo, al fine di evitare la “sublimazione” delle pulsioni sessuali.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta nella difficoltà a lasciarsi andare nell’esercizio della vita sessuale e nella difficoltà a coronare con l’orgasmo la “libido genitale”.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Brunetta è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

 

RESTO DIURNO

 

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno, si può attestare in una preoccupazione o in un evento sessuale.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

Il sogno di Brunetta ha una qualità onirica logico-discorsiva.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

IL SOGNO SECONDO ECCLES

“L’Io e il Suo Cervello”, volume secondo, pagine 449,450,451,

Armando Armando Editore in Roma nel 1981.

 

Eccles

 

“Con il risveglio sembra che la Mente autocosciente si riprenda gradualmente e che trovi alcuni moduli aperti e organizzati ricavando dalla loro attività strutturata sprazzi di illuminazione ed ecco che la coscienza nascente del nuovo giorno si manifesta sotto forma di esperienze frammentarie e parziali per poi ricostituirsi gradualmente. Ti ricordi dove ti trovi e ricapitoli quello che devi fare durante la giornata.

La Mente autocosciente per tutta la durata del sonno continua a esplorare e ad esaminare la corteccia cerebrale ricercando ogni modulo aperto e utilizzabile ai fini dell’esperienza. Molti sogni attraversano la Mente autocosciente che seguita a scandire l’attività del Cervello ma non vengono ricordati al risveglio. Il soggetto ricorda il sogno se viene svegliato nel momento in cui si manifestano i movimenti oculari e gli eventi neuronali associati con esso appaiono nella registrazione elettroencefalografica. Dieci minuti dopo non ricorda alcun tipo di sogno. E’ sicuro che nel sonno paradosso si sogna al novanta per cento riferiscono appena svegliati. La Mente autocosciente è in rapporto con il Cervello e svolge sempre l’azione di scansione sull’attività del Cervello ma non sempre il Cervello si trova in condizioni di comunicare con essa.

 

Commento

 

Il risveglio si attesta nel progressivo riappropriarsi da parte della “Mente autocosciente” di moduli aperti e organizzati che sono in connessione progressiva con la realtà in atto: il passaggio dal sonno alla veglia. La ricerca nella corteccia cerebrale del modulo aperto e disponibile ai fini di esperienza contraddistingue il sonno paradosso e il sogno. Si sogna nella fase R.E.M. e si ricorda se si viene svegliati, altrimenti i sogni sono destinati a essere dimenticati: questi prodotti mentali sono atti al dimenticatoio. Tra “Mente autocosciente” e “Cervello” non c’è sempre cooperazione e comunicazione, nonostante la loro relazione e la scansione della Mente autocosciente sull’attività del Cervello. I sogni non si ricordano nella loro globalità, se ne ricorda qualcosa, un “resto notturno”, il resto del sogno viene perduto anche se si sveglia il soggetto in piena fase R.E.M. con grave danno per la salute fisica e mentale, disturbo del sonno e psicosi. Eccles coglie nel segno nel dire che noi perdiamo gran parte di quello che sogniamo nel sonno paradosso o R.E.M.

 

John Carew Eccles, neurofisiologo e filosofo australiano, è nato nel 1903 ed è morto nel 1997. I suoi studi sulla “fisiologia dei neuroni” e la sua scoperta del “meccanismo biochimico dell’impulso nervoso” gli hanno procurato il premio Nobel per la Medicina nel 1963, riconoscimento condiviso con Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley.

LE DUE FONTANE E LE DUE ANIME

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Sono nel giardino di mia nonna.

Ci sono due fontane molto basse dalle quali esce dell’acqua ferruginosa.

Davanti alla fontana sto eseguendo un rito e per due volte la mia anima si sdoppia dal corpo, la prima più breve, la seconda più intensa.

La sensazione “spirituale” è molto forte.

Improvvisamente l’acqua non esce più dalle fontane e inizia la guerra.

Il cielo è buio e c’è confusione di uomini in divisa, persone e veicoli.

Mi passano vicino due macchine.

Entro in un grande palazzo e mi ritrovo assieme a gente che conosco e che entrano in un ascensore assieme a degli uomini in divisa.

Io e un’altra ragazza non entriamo perché percepiamo un pericolo e di nascosto scendiamo le scale.

Ci ritroviamo in un grande atrio dove si sta svolgendo una riunione di yogi.

Ci aggreghiamo al gruppo che discute di filosofia.

Viene detta con solennità una frase che contiene la parola “Dio” e viene fatto un disegno.

Ecco che la guerra finisce in concomitanza con la ricomparsa dell’acqua dalle fontane.”

Questo sogno è di Angela.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

Il sogno di Angela ha una sostanza metafisica: l’anima e Dio. E’ prossimo alla filosofia e allo yoga, ai filosofi e agli yogi, alla magia e allo spiritualismo, all’Occidente e all’Oriente.

Anche lo pseudonimo, Angela, non è scelto a caso dalla protagonista: un “lapsus mentis” che attesta del contenuto nobile e alto del sogno, una trasfigurazione della materia e della materialità nella spiritualità.

Tratta di fontane e di acqua, di anime scisse dai corpi, di uomini in divisa e di guerra, di cielo e di buio, di ascensore e di atrio, di Dio “parola” e di Dio “disegno”.

L’”Io narrante” di Angela ha formulato il sogno in termini comprensibili, anche se nel suo complesso il prodotto psichico è surreale.

L’”Io onirico” si è veramente divertito nel combinare, nel condensare, nello spostare le pedine dell’affascinante gioco.

Ma cosa contiene questo irto sogno di Angela?

Bisogna procedere con assoluta calma per evincere una serie di “significanti”  completamente opposti al “significato”: dalle stelle alle stalle, dallo spirito alla materia, dall’alto al basso.

 

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

“Sono nel giardino di mia nonna.”

 

Angela si relaziona con la madre e sposta nella “nonna” la problematica conflittuale per continuare a dormire senza che scatti l’incubo e il risveglio. Il “giardino” rappresenta la realtà psichica in atto, una situazione gradevole fatta di vitalità e di vivacità.

 

“Ci sono due fontane molto basse dalle quali esce dell’acqua ferruginosa.”

 

Le “fontane” sono il simbolo della femminilità e della maternità, dell’origine della vita, della madre e della figlia, “due” inserite nel “giardino”. L’essere “basse” condensa un legame con la concreta materia. “L’acqua ferruginosa” introduce il trauma: l’acqua non è limpida, ma rossastra. Presenta tracce d’imperfezione, di precarietà, di malattia. Angela rievoca un trauma e un senso di colpa in riguardo al suo essere femmina e femminile.

 

“Davanti alla fontana sto eseguendo un rito e per due volte la mia anima si sdoppia dal corpo, la prima più breve, la seconda più intensa.”

 

Il “rito” esorcizza un divieto e assolve una colpa, è “catarsi” dell’infrazione e della deroga alle norme costituite. Il “rito” ripara un’ossessione che rievoca il fatto traumatico, annulla la carica d’angoscia e la converte in una forma accettabile. L’”anima” condensa la “parte femminile” della psiche di Angela, la femminilità intesa come astrazione dell’esser biologicamente femmina. Lo “sdoppiamento” o meglio la scissione dell’anima dal corpo equivale a una rottura dell’unità dello “psicosoma” di Angela, la femminilità da una parte e il corpo dall’altra parte. Angela si scinde perché non accetta la sua “parte femminile” materiale, per cui istruisce la modalità primaria del pensiero infantile, il meccanismo primitivo di difesa dall’angoscia che opera un processo di “splitting”, scissione, tra la “parte buona”  e la “parte cattiva” di ogni rudimentale conoscenza, il “fantasma” per l’appunto. Angela recupera da adulta questo processo mentale di spaccare in due, il numero magico in ”due volte si sdoppia”, come “due” erano le “fontane” e le “acque ferruginose”. Tra l’altro il numero “due” è il simbolo dell’universo psichico femminile, oltre che del numero pari e della definizione geometrica della linea retta. Angela ha rafforzato l’uso dello “splitting” nella sua evoluzione psichica. Due è anche il simbolo della coppia.

 

“La sensazione “spirituale” è molto forte.”

 

Ecco un orgasmo mistico!

Trattasi tecnicamente del meccanismo psichico di difesa della “formazione sostitutiva”, la conversione dell’orgasmo fisiologico in estasi mistica: la giusta difesa per non vivere la colpa in riguardo al corpo, alle sue funzioni, alle sue pulsioni e ai suoi bisogni.

Oltre allo “splitting” e alla “formazione sostitutiva”, si deve rilevare che il processo psichico di difesa dall’angoscia della “sublimazione” funziona molto bene in Angela e anche questo sin da giovane sotto gli stimoli dell’educazione formale e religiosa che ha ricevuto e ben assimilato. Angela deve commutare nobilmente la sua “libido” da materiale in spirituale. La psiche usa la “sublimazione” per giustificare l’angoscia del coinvolgimento sessuale nell’esercizio della “libido” e nelle sue accezioni specifiche di tipo “orale”, “anale”, “fallico narcisistica”  e “genitale”.

Angela esprime il suo conflitto nella psicodinamica d’identificazione al femminile nella figura materna e in questo travaglio è costretta a vivere le conseguenze del caso. La spiritualità affascina e seduce la protagonista. La “sensazione” alberga nel corpo e giustamente Angela virgoletta il contrasto oppositivo con la spiritualità a significare che il corpo è la base dei più alti pensieri e delle più nobili sensazioni dell’essere umano.

 

“Improvvisamente l’acqua non esce più dalle fontane e inizia la guerra.”

 

Questo è il conflitto psichico di cui dicevo prima. L’”identificazione” al femminile viene bloccata e con essa insorge il trauma della “scissione” tra corpo e mente, tra soma e psiche: “inizia la guerra”. L’identità al femminile è rimandata e l’autonomia psichica sarà il prossimo traguardo di Angela. Finché funziona la “sublimazione della libido” il quadro nella sua globalità può essere giudicato in equilibrio: una simmetria mancata, una equipollenza inconcepibile.

Viva lo spirito e le sue mirabili arti suggestive!

Evviva l’oppio dei popoli!

 

“Il cielo è buio e c’è confusione di uomini in divisa, persone e veicoli.”

 

La lucidità mentale e la vigilanza dell’Io entrano in crisi. Il “cielo buio” attesta della caduta dei desideri. Angela non desidera più e non ragiona abbastanza. La “confusione” equivale a una commistione di elementi psichici diversi per qualità e per posizione. Soprattutto, per quanto riguarda la relazione con l’universo maschile e con il ruolo del maschio, le relazioni con gli altri e con la sessualità, tutto è formale, militarizzato, difeso, ben strutturato. Anche la relazione con gli oggetti è compromessa. Angela è in piena crisi psichica ed esistenziale.

 

“Mi passano vicino due macchine.”

 

Trattasi delle esperienze affettive con rischio sessuale, “due macchine”, che Angela ha vissuto  durante la sua adolescenza. Ma lei non si è coinvolta, ha sublimato e ha continuato a sublimare. Non si lascia neanche sfiorare dalla vita che vive e che trascorre: “mi passano vicine”. Angela è in piena difesa da se stessa e dagli altri.

 

“Entro in un grande palazzo e mi ritrovo assieme a gente che conosco e che entrano in un ascensore assieme a degli uomini in divisa.”

 

Le relazioni sono tante e di poco spessore e tutte basate sulla “sublimazione della libido”, spirituali molto, materiali niente. Il mondo di Angela è formale nei ruoli, tutto bigotto e senza complicità seduttiva. Tutti in “ascensore”, un simbolo femminile e materno che di per sé va verso l’alto senza coinvolgimenti di corpi e di materie. Gli “uomini in divisa” condensano il cliché formale della concezione di Angela in riguardo all’universo maschile.

 

“Io e un’altra ragazza non entriamo perché percepiamo un pericolo e di nascosto scendiamo le scale.”

 

Meno male che Angela avverte il pericolo psichico, si astiene dal sublimare e s’identifica nella ragazza alleata per rafforzare le sue scelte di “materializzare”, di “scendere le scale”, di coinvolgersi, di far sesso, di concretizzare la vitalità, d’incarnare l’esistenza. Di nascosto Angela include l’infrazione alle norme bieche del codice familiare, contempla la deroga ai dettami sociali e alle ingiunzioni del suo “Super-Io”. Angela ammorbidisce l’istanza censoria e repressiva del “Super-Io” e tenta di affermarsi dal momento che sente l’innaturalità del suo difendersi dalla materia, dal suo corpo, dai suoi istinti, dalle sue pulsioni vitali, dagli altri e dai contatti di un certo tipo.

 

“Ci ritroviamo in un grande atrio dove si sta svolgendo una riunione di yogi.”

 

Ahi ahi ahi!

E’ proprio vero che il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Tecnicamente si definisce “coazione a ripetere”: pulsione a usare i meccanismi conosciuti per non incorrere in angoscia al prezzo di non godere pienamente di se stessi.

Dalla padella alla brace, dal culto dello spirito Angela passa al culto del corpo, ma sempre in versione sublimata: yoga e yogi. La filosofia del vivente va benissimo, ma Angela ha bisogno di concretezza e di vivere di concretezza. Il suo tentativo di cambiare incorre nella “metafisica del basso” sotto forma di “sublimazione della materia”, un riconoscimento parziale del “vivente”. Lo Yoga lavora il corpo e lo riconosce sublimando. Meglio un muratore o un contadino rispetto a uno yogi.

Angela socializza sublimando ancora.

 

“Ci aggreghiamo al gruppo che discute di filosofia.”

 

Angela e l’amica hanno provato a disinibirsi, ma sono cadute nell’uso dello stesso meccanismo di difesa dall’angoscia e dal coinvolgimento sessuale, la “sublimazione”. La “filosofia” è amore per il sapere, un amore astratto almeno nella simbologia del sogno. Per altri versi la “filosofia” è la madre di tutte le scienze, ma in questo contesto psichico e onirico le cose stanno dalla parte del mancato coinvolgimento per paura della concretezza materiale e della vitalità sessuale.

 

“Viene detta con solennità una frase che contiene la parola “Dio” e viene fatto un disegno.”

 

La “metafisica della materia” è completa. Compare “Dio” e la sua visione del mondo: la castità, la sublimazione, la teologia e l’etica della religione cristiana. Dio è parola, Dio è Verbo. Ma la Parola e il Verbo si concretizzano in un progetto e addirittura nella creazione dell’universo e dell’uomo, oltre al fatto storico che Dio “si fece carne e abitò tra noi”, come recita l’introduzione del Vangelo di Giovanni. Dio è “disegno” e progetto e attesta di uno stile di vita in ubbidienza ai comandamenti, dettami etici che portano sempre in cielo dopo la vita nella materia. Angela sembrava in salvo, ma non è cosi. Si è costretta ad adattare la sua femminilità biopsichica all’etica religiosa.

 

“Ecco che la guerra finisce in concomitanza con la ricomparsa dell’acqua dalle fontane.” 

 

Angela ha risolto in questo modo la sua femminilità e la sua sessualità. Il conflitto è finito. Vai in pace e così sia!

Per fortuna esiste l’evoluzione. E questa non è una teoria della fede, ma della scienza, per cui Angela ha avuto le opportunità per superare le resistenze alla coscienza di sé, le difese alle angosce e al coinvolgimento, le inibizioni alle pulsioni erotiche e sessuali.

 

PSICODINAMICA

 

Il sogno di Angela, nome non scelto a caso, attesta dell’evoluzione conflittuale della “posizione edipica” in riferimento all’identificazione nella figura materna e all’assimilazione dell’identità psichica femminile. Il conflitto specifico si attesta nell’uso improvvido del processo psichico di difesa della “sublimazione della libido”, nonché nel sentire il corpo e i suoi bisogni e nel ragionare sullo spirito e i suoi orizzonti.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

Nel sogno di Angela sono presenti le istanze dell’”Es”, dell’”Io” e del “Super-Io”. La prima, “Es”, si manifesta in tutte le parti fortemente suggestive, emotive e simboliche: “Il cielo è buio e c’è confusione di uomini in divisa, persone e veicoli.” “La sensazione “spirituale” è molto forte.” “Davanti alla fontana sto eseguendo un rito e per due volte la mia anima si sdoppia dal corpo, la prima più breve, la seconda più intensa.”

L’istanza “Io” è manifesta nell’accomodamento della trama onirica e nella formulazione giustificativa degli eventi: la “razionalizzazione” del sogno sognando. Esempio: “Sono nel giardino di mia nonna.” “Ci sono due fontane molto basse dalle quali esce dell’acqua ferruginosa.” E altro.

L’istanza “Super-Io” si presenta “Viene detta con solennità una frase che contiene la parola “Dio” e viene fatto un disegno.” “Io e un’altra ragazza non entriamo perché percepiamo un pericolo e di nascosto scendiamo le scale.”

La “posizione psichica edipica” è richiamata e rielaborata nella sua evoluzione.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

Il sogno di Angela attesta del trionfo del processo della “sublimazione della libido” nel suo teatro psichico. La protagonista, inoltre, esorcizza l’angoscia attraverso il meccanismo dello “splitting”, dell’”annullamento”, della “formazione sostitutiva” e della “coazione a ripetere”. Il sogno è formulato secondo i seguenti meccanismi del “processo primario”: la “condensazione” in “giardino”, lo “spostamento” in “nonna”, il “simbolismo” in “anima”, la “drammatizzazione” in “Dio” e la “figurabilità” in “acqua ferruginosa”.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

Il sogno di Angela evidenzia un tratto ossessivo all’interno di una “organizzazione psichica reattiva” strutturata. La protagonista vuol cambiare, ma poi ripropone schemi equivalenti e non alternativi. Considera questi ultimi e li pensa come progetti di rinnovamento evolutivo.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche coinvolte nel sogno di Angela sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “nonna” e altro, la “metonimia” o relazione concettuale logica in “rito” e altro, la “iperbole” o esagerazione in “anima” e altro, la “enfasi” o forza espressiva in “Dio” e altro.

 

DIAGNOSI

 

La diagnosi evidenzia la difesa di Angela dalla materia e dalla materializzazione, dai diritti del corpo e dalle pulsioni sessuali, dal coinvolgimento relazionale ed erotico.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone ad Angela di aprirsi a se stessa e al mondo, di commutare la sua filosofia di vita da astratta a concreta, dall’Idealismo al Marxismo, di curare la mistica della materia se proprio ha bisogno di dare un “senso alto” alla sua esistenza e di elevarsi intellettualmente e religiosamente. Angela ha tanto da scoprire e da vivere di sé e del suo mondo. Basta commutare ottica e darci dentro nelle gioie del corpo, passando da un mondo incantato a una realtà laica ma non volgare.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta in una caduta depressiva della “libido” nel momento in cui il processo di difesa della “sublimazione” non funziona in maniera adeguata.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Angela  è “4” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

 

RESTO DIURNO

 

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante del sogno di Angela è una riflessione sullo stile di vita o un’esperienza conflittuale con se stessa e con il prossimo.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

La qualità del sogno di Angela è autoreferenziale, surreale e altamente simbolica.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

Il sogno di Angela si può considerare una breve “enciclopedia della psicoanalisi” alla luce dei tanti processi e meccanismi psichici che richiama e coinvolge, alla luce dei tanti simboli e fantasmi che evoca. E’ un sogno molto ricco e propizio proprio perché tanto suggestivo e surreale. Angela si è trovata nel corso dell’esistenza a fare un bilancio sulla sua vita psichica, una riflessione non fine a se stessa ma intesa a operare un cambiamento evolutivo. Il sogno può arrivare prima del cambiamento dietro gli stimoli quotidiani o magari dopo per attestare come Angela era e come Angela è diventata. Consiglio a tutti di leggere questo sogno con assoluta calma e più volte per coglierne tutta l’intensità emotiva e gustarne l’atmosfera surreale. Il sogno di Angela è anche pieno di figure retoriche che trasfigurano la realtà psichica in fabulazione poetica. Ribadisco: il sogno di Angela è un saggio breve sulla formazione evolutiva, una serie di tappe della vita ricca di conflitti e di suggestioni. Angela può essere orgogliosa della sua poliedrica e polivalente funzione onirica.

L’ODISSEA SESSUALE DI SABINO

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

E’ un sogno chilometrico, elaborato dall’Io onirico in concorso con l’Io narrante, a riprova che si può sognare in dormiveglia e si può accomodare il prodotto con valide capacità narrative e linguistiche. Le abilità sono sempre parti di noi. Il sogno di Sabino condensa parti simboliche in un contesto logico discorsivo. Per questo motivo si può definire “Odissea” in omaggio a Omero, ma si può anche definire “Ulisse” in omaggio a Joyce per la parte simbolica e paradossale che contiene e per la maniera di renderla narrativamente in lingua italiana. Sabino non va per libere associazioni come lo scrittore irlandese, ma offre uno spaccato estetico e popolare del suo mondo interiore e delle simbologie che lo popolano. Dell’Ulisse omerico il sogno di Sabino evidenzia il lungo peregrinare, dell’Ulisse di Joyce mette in risalto i “significanti” profondi delle sue trame simboliche. Il tutto in un contesto  comprensibilissimo e accessibile, a conferma che un sogno non è mai un semplice prodotto psichico, ma è anche espressione della nostra formazione  intellettuale e della nostra sensibilità estetica.

Per un “viaggio omerico nell’anima” è necessaria una decodificazione chiara, sintetica e tratteggiata passo per passo: virgolettata la trama del sogno, normalmente deposta l’analisi.

TRAMA DEL SOGNO E PSICODINAMICA

“Mi trovo nella parte vecchia della mia città, una piccola isola pregna di miti antichi e di memorie lontane.”

Sabino usa il meccanismo psichico di difesa della “regressione” e s’imbatte nella sua adolescenza, un periodo della vita ricco di vissuti, di fantasie e di fantasmi. Non è, di certo, un proletario psichico, dal momento che ha di sé una buona autostima fatta logisticamente di miti e di memorie: un “pregno” tratto narcisistico.

“Mi dirigo lungo una salita di pietre grezze verso una vecchia bottega del pesce che sembra rimasta in vita dai primi anni del Novecento. Ci vado per sapere se posso lavorare per il padrone, un uomo anziano ed energico che mi accoglie senza troppe formalità. Non mi è chiaro se si ricorda di me, che ho fatto un turno di prova e aspetto una risposta per l’impiego.”

Il “pesce” è un simbolo fallico e condensa la “libido genitale”. Il “padrone” della bottega del pesce rappresenta la figura paterna. Sabino riconosce l’autorità paterna e rievoca i tratti caratteristici del suo vissuto: “un uomo anziano ed energico”. Sabino non si è sentito adeguatamente amato dal padre, ma ne ha riconosciuto la presenza e il potere: “non mi è chiaro se si ricorda di me”.

“Il suo saluto, scandito in vibrante dialetto siciliano, andrebbe bene, del resto, tanto per un cliente quanto per un impiegato e lui è troppo impegnato a sfilettare una grande sogliola e a parlare con la gente per chiedergli spiegazioni.”

Sabino vive il padre in maniera anaffettiva, ma lo caratterizza in maniera precisa. La “rivalità fraterna” si manifesta nell’essere uno dei tanti. La perizia “a sfilettare una grande sogliola” traduce le capacità amatorie attribuite al padre insieme all’abilità dialettica e relazionale.

“Decido, allora, di fare da me, mettermi il grembiule e come sapendo esattamente cosa fare inforco una bicicletta e inizio a pedalare. “Devo andare a prendere del pesce” penso, non ho il minimo dubbio che questo sia il mio dovere.”

Sabino ha notevoli capacità di adattamento e, di autonomia e di perspicacia. “Inforcare la bicicletta” introduce la tematica dominante del sogno: l’erotismo e la sessualità. “Iniziare a pedalare” equivale a un far da sé, sempre in riguardo alla sfera sessuale. Sabino è autodidatta e percepisce il suo essere maschio come la naturale conseguenza della sua formazione, il suo “dovere”. Perché non lo concepisce come il suo piacere? Perché introduce un attributo del suo “Super-Io”. Sabino è autodidatta e in principio ha percepito la sua identità sessuale nel padre, di poi l’ha assimilata e naturalmente introiettata e ha portato così a compimento anche la formazione dell’istanza psichica “Super-Io”.

“Pedalo e pedalo, quando mi sembra di esser finito in tutt’altra parte della città. Dalla mia bici, però, pende già un paniere con un pesce magnifico.”

Sabino ha fatto le sue esperienze sessuali e ha vissuto i suoi travagli nel cammino dell’identificazione al maschile e nell’esercizio della vitalità sessuale. Di una cosa è sicuro dopo tanto girovagare tra timidezza e arroganza, tra tentativi ed errori. E’ orgogliosamente maschio ed è soddisfatto del suo organo sessuale. Sabino recupera e manifesta nella totalità le pulsioni e le immagini della “posizione fallico-narcisistica”.

“Vedo anche una donna dietro un banco con tra le mani un gigantesco e maestoso pesce blu, con la solennità con cui si potrebbe reggere la portantina di un sultano.”

Ecco l’oggetto del desiderio di Sabino: la donna sensuale e disinibita. Ritorna la “libido fallico-narcisistica” nell’immagine dell’esotico, gigantesco e “maestoso fallo”, il giusto accessorio del suo esercizio sessuale con una donna aperta al culto greco del dio Priapo. Non poteva avere genitori migliori questo dio barbuto non eccelso nella bellezza ma deforme nel membro: Dioniso e Afrodite. Il primo condensa la sensualità erotica e il piacere sessuale attraverso la variazione dello stato di coscienza, la seconda rappresenta il potere fallico femminile della trasgressione erotica e sessuale, il potere seduttivo della femminilità. La “portantina” e il “sultano” sono simboli dell’autorità autorevole e quasi sacra a cui l’universo femminile con devozione e rispetto si dispone. Questo è il desiderio maschile di avere una donna alle proprie dipendenze come una mamma buona che accudisce, insegna, riconosce e onora: il mito del maschio e del figlio maschio.      

“E’, dunque, il momento di tornare, mi dico, ma si è fatto buio e comincio a pensare di non ricordare affatto d’aver ricevuto l’ordine di compiere quella spedizione in bicicletta. Continuo a pedalare quando arrivo sul balcone di una casa. Qui una bella ragazza dai modi piuttosto grezzi gioca con un cane. Mi dice che per scendere con la bicicletta devo salire su una pedana che sarà calata fino a terra, sempre che suo nonno sia d’accordo.

La trasgressione si profila insieme a un leggero senso di colpa per non avere evaso gli ordini e le volontà del padre. Il “buio” condensa il crepuscolo della ragione e la paura della punizione. La caduta della lucidità mentale è legata alla mancata autorizzazione del padre a vivere la sessualità. Ma, per fortuna, Sabino continua a far sesso in barba al padre e alle autorità culturali similari dannosamente costituite. Si profila la figura di una donna, un tipo di donna gradita al nostro eroe omerico che sta attraversando con la sua barca il mare che sta “in mezzo alle terre” del padre e della madre, il Mediterraneo psichico. Questa donna è bella e grezza e ama giocare con i cani. La simbologia dice che questa donna privilegiata ha poche difese razionali e, altrettanto poche, remore morali, una donna “tutta natura” e “poca cultura”, una femmina senza sovrastrutture e resistenze. Il “cane” è un tramite logico, un nesso significativo che serve per introdurre la didattica erotica e sessuale di questa donna nei confronti di Sabino. Ma cosa insegna questa donna al nostro protagonista?  Per vivere al meglio e al massimo la propria sessualità, bisogna abbandonarsi alla sacra “materia” di cui siamo impastati e costituiti, di cui dobbiamo essere orgogliosamente sacerdoti e custodi. Il processo simbolico della “materializzazione” della sessualità si vede chiaramente nel movimento dall’alto verso il basso. L’incarnazione da parte di Sabino della sua sessualità si oppone al processo di difesa della “sublimazione della libido” in nobile funzione altruistica e sociale. Sabino non è di questa aristocratica razza. Ultimo particolare non indifferente è quello di non essere in ostilità con il padre e di riconoscere la sacralità di questa figura. Con questa modalità psichica e relazionale si cresce e si gode della propria autonomia psicofisica. Questi insegnamenti Sabino attribuisce alla donna bella e grezza, quella che lo rende edotto a non “sublimare la libido”, ma a goderla tutta e al massimo della sua natura. Il tutto consegue al riconoscimento del padre.

“Salgo sulla pedana e vedo che da sotto un signore mi osserva. “Va bene”, dice, la pedana scivola dolcemente verso il basso e io riprendo la strada.”

Come volevasi dimostrare! L’autorizzazione del padre è arrivata e l’esercizio della sessualità è a disposizione di Sabino. La “materializzazione” è dolce e naturale, la “libido” è tutta da vivere in piena libertà, senza inibizioni e senza dogmi.

“D’improvviso però mi trovo in un corridoio sul cui lato sinistro si aprono molti camerini, simili a quelli di un negozio. La via è affollata da donne che provano vestiti e parlano animatamente.”

Sabino ha scelto le donne come oggetto dei suoi investimenti di “libido genitale”. Ecco che si profilano le varie tipologie di donna. Sabino è sofisticato e non si accontenta di una femmina qualunque e generica, di una donna senza qualità. Tante donne “vestite” con tratti psicofisici diversi, con modi di essere e di manifestarsi individuali, con posture seduttive e atteggiamenti atti alle diverse relazioni. Il “parlare animato” condensa l’isteria della parola, il dono della comunicazione emotiva, erotica e sentimentale.

“Cerco di farmi strada quando una bellissima ragazza dai lunghi capelli lisci e dorati, dalla pelle bianchissima mi prende la mano e inizia a guidarmi, come se mi conoscesse, dicendo che mi riporterà al negozio del pesce. D’un tratto mi dice di aspettarla ed entra in uno dei camerini.

Ecco la donna ideale di Sabino, un ideale molto concreto, il modello estetico di un narcisista: bellissima, lunghi capelli lisci e dorati, pelle bianchissima. Ricorda una laica e popolare madonna rinascimentale nel pennello di Raffaello, una donna che guida, che sa di sé e soprattutto una “magistra” sessuale, una figura che insegna a esaltare la virilità. Il desiderio di Sabino bambino era proprio quello che fosse la madre a insegnargli concretamente i diritti e l’esercizio del corpo negli aspetti più intimi ed erotici. Si profila, infatti, la figura materna a completamento della “posizione edipica”. La ragazza scompare nell’intimità dei camerini per atteggiarsi femminilmente al meglio possibile dopo che Sabino ha rivisitato i suoi vissuti in riguardo alla figura materna.

“Mentre aspetto, vedo una mia ex professoressa universitaria che mi saluta. Non ha tempo né modo di fermarsi ma mi chiede di me e di mia sorella. È molto gentile, i suoi lineamenti sono più dolci del solito e ha lunghi capelli rossi e ricci. Rispondo che stiamo bene e le stringo la mano per salutarla. La folla calca, ma la nostra stretta si prolunga per un attimo in più del normale e prima di lasciare la presa le accarezzo il palmo con le dita. Penso che c’era un che di seduttivo in quel mio tocco. Resto un istante a fantasticare…”

Ci vuole ancora un “come volevasi dimostrare”. Sabino opera una difensiva “traslazione” della madre nella “ex professoressa universitaria”. Non a caso chiede di sua sorella. E’ sua madre. Il vissuto di Sabino è suadente e contrassegnato dalla liquidazione del fantasma collegato. Della madre resta la parte reale e l’immagine concreta. Il congedo lascia la leggera “regressione” al tempo in cui Sabino aveva naturalmente desiderato il corpo della madre. La carezza del “palmo” della mano “con le dita” è un segnale di complicità erotica e sessuale: un desiderio e una ricerca d’intesa. Sabino ripensa alle sue fantasie sessuali in riguardo alla madre durante la sua infanzia. La “posizione edipica” è stata riattraversata nella sua completezza: dopo il padre è arrivata la madre e adesso Sabino può vivere la sua sessualità libero dalle zavorre e dalle pastoie edipiche. I “lunghi capelli rossi e ricci” attestano di un tratto caratteristico opposto all’ideale femminile in precedenza dipinto. Di certo non si tratta di una madonna rinascimentale, ma di una donna popolana di scuola “espressionistica”.

“…quando vedo che la mia bella accompagnatrice è seduta dentro il camerino, completamente nuda e mi sorride. “Quanto sei bella” le dico e lei mi sorride. In un istante lei è di nuovo vestita e ci rimettiamo a camminare, tenendoci per mano e baciandoci.”

Ed ecco che la donna sconosciuta e scomparsa si presenta secondo i desideri seduttivi di Sabino: nuda e sorridente, ma non volgare. La meraviglia e la magia si condensano nel “completamente nuda”. Logicamente sin dai tempi di Aristotele “o è nuda o non è nuda”. Il sorriso si associa all’estetica, l’arte è del bello: rimembranza filosofica di un Kant romantico. Il “sorriso” è simbolo della disposizione erotica e sessuale: traslazione delle labbra. Ma la seduzione continua come nel migliore dei fotoromanzi degli anni ’60 o delle “telenovelas” degli anni ’80. La “genitalità” può attendere. Intanto addottriniamoci sulle arti erotiche del Kamasutra. Sabino è in cammino verso il trionfo finale dei sensi. Sabino costruisce e rammenda il suo sogno in maniera ineccepibilmente progressiva. Il “camminare” è simbolo dell’esercizio della vita, la mano nella mano in “tenendoci per mano” è simbolo di solidarietà e condivisione, ma soprattutto del desiderio di coito. Il “baciarsi” è simbolo dell’oralità erotica e affettiva, dell’empatia e della simpatia.

“Arriviamo alla bottega, ma nessuno è dentro a lavorare: è sera e il padrone con la famiglia è a cena sulla veranda. La ragazza bionda mi dice che è suo zio e che dobbiamo unirci alla tavolata. La cosa non mi imbarazza e del resto, tutti sembrano troppo presi dalla situazione per badare a noi. Uno di quei momenti in cui il mondo è distratto e si è del tutto liberi. Ci sediamo, continuando a scambiarci tenerezze.”

Il calore affettivo e familiare, la condivisione del tetto e del cibo, il crepuscolo della coscienza e il contatto con la natura e con il prossimo, la disposizione al sociale sono i temi dominanti in questo spezzone del sogno di Sabino. Notevole è l’appellativo del padre come il “padrone”, il riconoscimento dell’autorità a testimonianza che i figli hanno bisogno di autorità e di autorevolezza e a volte di morbido “dispotismo illuminato”. Sabino è introdotto ai valori della famiglia e alla condivisione degli affetti dalla sua “maieutica” donna. Più si stacca dalle dipendenze della famiglia, meglio valuta e più apprezza l’economia psichica della famiglia. Trattasi di valori molto importanti per la formazione psichica di ogni persona: un insieme in cui ognuno liberamente gode del suo e del suo ruolo. “Il mondo è distratto” per cui si può evadere. La libertà è a portata di mano insieme con la trasgressione. Continua, imperterrito come una naturale coazione, l’appagamento dei bisogni erotici e affettivi di Sabino.

“Io rifletto sul fatto che ho già una ragazza, ma sono felice e mi dico che sto bene dove sono. Ho anche un altro dubbio e questo lo condivido con la mia amica: devo sapere se suo zio mi ha assunto oppure no. Lei mi guarda e dice “ti ha assunto, ti ha assunto”, come a dire che farà di tutto perché ciò accada ed è certa di riuscire.

La trasgressione si associa a un blando senso di colpa. La realtà psicofisica in atto è gratificante e non è il caso di sciupare la deliziosa e contingente avventura della coscienza.  L’evangelo di Sabino è “sono felice” e “sto bene dove sono”. Trattasi del principio massimo del Pragmatismo e dell’Utilitarismo inglese, il parto mascolino dell’intelligenza operativa. Una donna grezza ha aiutato un uomo sofisticato, che si attardava compiaciuto della sua bicicletta su una pedana in alto a sublimare i suoi sensi, a riconoscere il padre e a sentirsi figlio dopo la liquidazione della figura materna. L’evoluzione della sessualità porta all’evoluzione degli affetti. Sabino si è emancipato dal padre e autonomamente sceglie. Una donna lo ha convertito a superare odi e ambizioni, a trovare il suo corpo e a postarsi nell’universo psicofisico   maschile. Il comandamento recita: hai riconosciuto il padre, il debito edipico è assolto, adesso sei libero. E allora trionfa! La donna è liberatrice grazie alla sua “libido genitale” e al far sentire Sabino virile e adulto. La donna grezza ha adempiuto un compito che non possono adempiere il padre e la madre. Il corpo ha esatto i suoi diritti libidici e la missione apparentemente impossibile è adempiuta. La natura narcisistica di Sabino si è appalesata nella sua dialettica e nella sua sensualità.

“Poi allunga una mano e io mi rendo conto di avere solo una maglietta indosso, ma non provo nessun imbarazzo. Posso vedere il mio sesso rilassato e molto turgido. Lei lo prende in mano, lo scosta su un lato e sorride come se mi avesse aggiustato la cravatta o rimesso a posto un ciuffo ribelle. Dice che si occuperà lei di tutto e sorride, prima dolcemente, poi con malizia. Faccio in tempo ad esser felice.

L’Odissea sessuale di Sabino continua e procede verso il meglio del meglio. Tutti i salmi finiscono in “gloria” e anche quello di Sabino finisce con l’orgasmo, la “gloria” psicofisica. La nudità del corpo comporta simbolicamente la coscienza e l’accettazione. Anche Adamo ed Eva dopo il peccato si erano accorti di essere nudi e si erano vergognati. Sabino ha consapevolezza del corpo, ma non si vergogna perché ha superato il senso di colpa riconoscendo il padre e la madre. Narcisismo e autocompiacimento, amorosa accettazione del corpo ed esaltazione della vitalità “dionisiaca” sono gli ingredienti della buona zuppa di pesce preparata in sogno da Sabino grazie all’abilità mercantile del padre. Degni di rilievo sono il concetto e il desiderio prettamente maschile di avere la donna accudente, la donna che libera e che si mette al servizio del “narcisismo” del capo, la donna “maieutica” che fa partorire e realizzare a Sabino la sua identità maschile dopo l’identificazione nel padre. La “cravatta” esalta il membro e il “ciuffo” evidenzia il movimento del calibro genitale e l’accudimento rispettoso da parte della donna. Il desiderio di Sabino di avere una madre sessualmente premurosa e didattica si è realizzato con la “traslazione” nella donna. La “libido” deve maturare da “fallica e narcisistica” a “genitale”. La donna ha fatto scoprire a Sabino la sua vita sessuale e lo ha rassicurato sulle mille inadempienze e sulle mille paure maschili, per cui adesso può aspirare a essere amata. Il tutto nei vissuti in atto di Sabino che adesso dovrà procedere per la sua strada di autonomia dal padre per godere i preziosi frutti dell’età adulta. Si attende l’avvento della “posizione genitale” negli investimenti della “libido”, il senso di abbandono e il sentimento di donazione.

“Poi mi sveglio.”

Grazie sogno!

Sabino ha riepilogato e rivissuto l’avventura della sua coscienza in riguardo alla sua “posizione fallico-narcisistica” nello spazio eccitante di alcune ore di sonno.

Grazie ancora sogno da parte di Sabino!

NOTA

 

I simboli e le psicodinamiche sono state ampiamente disoccultate nel corso della decodificazione del sogno.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

La “organizzazione psichica reattiva” evidenzia un valido e consistente tratto “narcisistico”.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche richiamate ed espresse sono la metafora in “pesce”, “bicicletta”, “pedalare”, “cravatta”, la metonimia in “lato sinistro”, l’iperbole e l’enfasi in “gigantesco e maestoso pesce blu”.

 

LA PROGNOSI

 

La prognosi impone a Sabino di considerare adeguatamente il suo processo di emancipazione dal padre e dalla madre per rafforzare l’incipiente “libido genitale” in evoluzione dall’affermata e conclamata “libido fallico-narcisistica”.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta in un persistere della “posizione

fallico- narcisistica” e in un ritardo dell’avvento della “posizione genitale” con l’annessa e connessa “libido” donativa: il sentimento dell’amore. Bisogna considerare che il prolungamento e il persistere delle pulsioni autoerotiche equivalgono a un innaturale blocco dell’evoluzione psichica e all’avvento di pericolosi disturbi psicosomatici e relazionali.

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Sabino è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

QUALITA’ ONIRICA

 

La qualità del sogno di Sabino è autoreferenziale con una vena discorsiva personale e una vena narrativa paradossale.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

IL SOGNO SECONDO ECCLES

 

“L’Io e il Suo Cervello”, volume secondo, pagine 449,450,451,

Armando Armando Editore in Roma nel 1981.

Commento di Salvatore Vallone

 

 

Eccles

 

“Durante il sonno, ogni due tre ore, si effettua una certa attività cerebrale organizzata che si presenta nell’elettroencefalogramma con onde rapide a basso voltaggio.

Questo è il cosiddetto sonno paradosso.

Compaiono rapidi movimenti oculari e a questo punto la Mente autocosciente ritrova la capacità di leggere selettivamente l’attività dei moduli, come un sogno, accompagnate da strane e bizzarre esperienze coscienti ma comunque riconoscibile come suo. Durante il ciclo del sonno si può congetturare che la Mente autocosciente stia leggendo selettivamente le attività neuronali del Cervello, anche gli avvenimenti più disordinati, ma che nonostante questo le appartengono. Essi possono riferirsi a sue esperienze passate, a reminiscenze, a ripetizioni di esperienze dell’infanzia. A volte sono cosi bizzarre che non sono assimilabili con le esperienze della vita e non successe  nella vita e non ricordate, ma che può essere investito di qualche significato più profondo che ignoriamo come Freud ipotizzò.

Questo è il modo in cui la Mente autocosciente lavora in rapporto al Cervello.”

 

Commento

 

L’elettroencefalogramma attesta della fase R.E.M., del sonno definito “paradosso” anche perché dovrebbe portare sollievo e non agitazione motoria. In questo stato la “Mente autocosciente” ritrova un suo equilibrio precario, ma migliore rispetto allo stato precedente di “entropia neuronale”. Si profila il sogno come capacità della “Mente autocosciente” di leggere i suoi moduli e di trovare in essi il sogno, un prodotto strano, ibrido, irreale, bizzarro, illogico, fatto di reminiscenze, di rievocazioni, di esperienze dell’infanzia, di assurdità e di significati che ignoriamo. Questo complesso inquietante di caratteristiche del sogno si lega al “processo primario” e all’elaborazione da esso operata. Il Sogno è il prodotto della “Mente autocosciente” o “Io” che ritrova la sua connotazione e la sua funzione usando i “processi primari”, il modulo, e compone il sogno. Quest’ultimo è un “modulo” di funzionamento del Cervello durante il sonno R.E.M. Meglio: dalle onde rapide e a basso voltaggio e dai movimenti vorticosi dei bulbi oculari la “Mente autocosciente” o Io legge l’attività dei moduli e produce il sogno.

Per quanto riguarda l’ignoranza del significato profondo dei sogni, non risponde a verità l’affermazione che Freud fosse scettico sulla possibilità di interpretare e comprendere i sogni. Non a caso nel 1900 diede alle stampe il testo “Interpretazione dei sogni”. I sogni erano prodotti dell’Inconscio come i sintomi e avevano un significato profondo che si poteva tradurre in un significato logico.

In ogni caso degna di rilievo è la convinzione sperimentale di Eccles che il Sogno è sempre in relazione con la Mente autocosciente o Io e il Cervello.

 

LA TUA MANO TRA LE MIE

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Mi sono svegliata agitata e piangendo.
L’unica immagine era quella di tenere stretta la mano di un uomo sconosciuto tra le mie mani.”

Questo sogno è firmato da Martina Sharapova.

DECODOFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

Il sogno è lapidario, intenso, poetico, mistico.
I tratti psichici si mescolano con gli attributi estetici per condensarsi con la provocazione “cenestetica”. Il cospirare dei sensi e delle emozioni: agitazione e pianto.
Ci si chiede necessariamente: tutto questo corredo di pregi in una semplice e “unica immagine”, quella di “tenere stretta la mano di un uomo sconosciuto tra le mie mani”?
Certamente sì!
Questo sogno ha una forte valenza estetica, è un quadro d’arte senza tempo, è un condensato psichico di naturale creatività, attesta che l’arte siamo noi e che i nostri capolavori li elaboriamo mentre dormiamo.
Il sogno di Martina conferma che le modalità di pensiero usate dal “processo primario” sono quelle che storicamente si sono anche affermate nelle teorie sull’Arte a partire dalla filosofia del sommo Aristotele, la “Poetica” per l’appunto con la teoria della “catarsi”, purificazione dell’angoscia e sublimazione dell’aggressività.

“Mi sono svegliata agitata e piangendo.”

Domanda legittima: un sogno, oltretutto così breve, può scatenare una reazione nervosa ed emotiva così intensa?
Certamente sì!
E non soltanto a Martina Sharapova, ma anche a Tizio, a Caia, a Sempronia e anche e ancora a Bortolo, a tutti, in universale e al di là delle razze, a tutti quelli che sono nati, nascono e nasceranno da madre e da padre o che hanno avuto, hanno e avranno madre e padre.
A livello neurofisiologico la tensione nervosa prodotta dal sogno è stata tecnicamente “abreata”, volgarmente scaricata, nello stato di agitazione e nel pianto: la ”abreazione” è un meccanismo psicofisico di difesa in base al quale il sistema neurologico turbato ritorna in equilibrio scaricando le tensioni prodotte dal “significato latente” producendo un sintomo o un sogno.
Vogliamo anche parlare di “conversione isterica”?
Si tratta di un meccanismo psichico di difesa dalle tensioni in eccesso molto usato e che consiste sempre nella loro somatizzazione, ”conversione” in sintomo e in turbamento delle funzioni organiche.
A livello psichico il meccanismo della “rimozione” non ha funzionato e si è avuto il “ritorno del rimosso” nel sogno con la caduta della vigilanza durante il sonno.
Il quadro estetico di Martina è “cenestetico” ed è in linea con l’emozione artistica dell’autore che crea da sveglio e dal profondo, del fruitore che ammira l’opera e rievoca il suo vissuto in proposito, di chi compone esprimendo il suo “Sé” e di chi guarda e commuove il suo “Sé” tramite la provocazione del “Sé” altrui: umana e non “celeste è questa comunione d’amorosi sensi”.
Il sogno di Martina scatena la bellezza che è dentro di noi, come voleva Kant?
O esprime l’Assoluto, Idea e Natura, dal punto di vista dell’Io, come voleva Shelling?
O è un dosaggio armonico di forma e contenuto, come voleva don Benedetto Croce?
Quanti filosofi e quali filosofie per analizzare un povero e semplice sogno!
Ci stanno tutti e tutte.
Questo richiamo serve per capire che il “processo primario” è stato elaborato “in primis” nelle filosofie dei filosofi e “in secundis” che il sogno è un prodotto artistico perché elaborato dal “processo primario”. L’artista opera di giorno e da sveglio ubbidendo allo stesso registro che tutti indistintamente usiamo quando dormiamo e sogniamo.
I filosofi del Romanticismo affermavano che “l’uomo è un mendicante quando pensa e un dio quando sogna.”
Ritorniamo al sogno di Martina.
Il tema è universale?
Assolutamente!
Trattasi del rapporto “padre e figlia”, quello che tecnicamente si definisce “posizione edipica”.
La trama del sogno è lineare e logicamente comprensibile, non ha alcuna incongruenza e non è paradossale, ma nella sua semplicità e chiarezza è ricca di simbolismo con le sue “condensazioni” e i suoi “spostamenti”: un sogno semplice semplice ma molto complesso.
Il tutto è condito dal processo psichico di difesa della “sublimazione”, per cui il sogno di Martina si esalta nell’opera d’arte.
La “sublimazione” del contenuto psichico insito nella “mano tra le mani” si attesta nella dimensione mistica, oltre che estetica: l’erotismo si esalta nella bellezza e nel sacro.
Inoltre: il sogno di Martina insegna che anche le opere d’arte, essendo prodotti del “processo primario”, si possono decodificare come i sogni rafforzandosi di umanità e di comprensione.
Dopo tanto preambolo passo alla decodificazione psicodinamica del prodotto onirico di Martina Sharapova, una donna che ha il cognome della mia tennista preferita.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

“Tenere stretta la mano di un uomo sconosciuto tra le mie mani.” Questa frase logicamente significa un contatto fisico e una relazione sociale. “Un uomo sconosciuto” condensa la figura paterna.
“La mano tra le mie mani” è la “traslazione” simbolica dell’intimità sessuale, l’avvolgimento amoroso degli organi sessuali.
Il brevissimo sogno attesta ed elabora il desiderio edipico che Martina ha vissuto nella sua infanzia nei riguardi del padre. Il sogno verte sulla “posizione edipica”.
L’agitazione e il pianto si spiegano in questo modo: non era una semplice stretta di mano, ma un vissuto intenso di desiderio e di possesso.
Perché l’uomo era sconosciuto?
Perché altrimenti il “contenuto latente” sarebbe coinciso con il “contenuto manifesto” facendo scattare l’incubo e il risveglio immediato. Già non conoscendolo Martina si è agitata fuor di maniera, figuriamoci se si fosse presentato l’immagine dell’augusto e desiderato genitore e figuriamoci se si fosse presentato nell’intimità simbolica di un gesto amoroso.
Quello di Martina è un sogno ricorrente proprio nei termini in cui è stato elaborato: “la tua mano tra le mie”.
La “mano” è un simbolo preciso, relazione di pelle e contatto polivalente; l’intensità emotiva stabilisce il tipo di contatto, formale o sostanzioso.
Le “mani” che contengono e traslano il calore di un rapporto sessuale: le mani si accomodano a modo di vagina secondo la figura retorica della “metafora”.
Il fantasma del padre edipico è presente e altrettanto diffuso nell’”uomo sconosciuto”.
Come si è detto in precedenza la “psicodinamica” riguarda la “posizione edipica” e nello specifico il desiderio intimo nei riguardi del padre. La madre non compare in alcun modo.
I “meccanismi e i processi psichici” di difesa sono la “condensazione” in “mano” e “mani”, lo “spostamento” in “uomo sconosciuto”, il “ritorno del rimosso e la conversione isterica” in “agitata”, “l’abreazione e la formazione di sintomo” in “piangendo”. Il processo psichico di difesa presente è la “sublimazione della libido” in “tenere stretta la mano di un uomo sconosciuto tra le mie mani.”
La “figura retorica” presente è la “metafora” o rapporto di somiglianza in “la mano… tra le mie mani.”
La “diagnosi” vuole la rievocazione della “posizione edipica” di Martina nella assoluta normalità anche nello struggimento finale.
La “prognosi” esige che tutto si mantenga così come si manifesta nel sogno.
Martina può conservare il buon vissuto verso il padre come forma di attrazione nei confronti del maschio in esaltazione della sua femminilità.
Il “rischio psicopatologico” si attesta nell’accentuarsi di una psiconevrosi isterica, nella conversione delle tensioni in disturbi psicosomatici.
Il tratto evidenziato della “formazione psichica reattiva” è isterico alla luce delle forti emozioni del risveglio e del contesto affettivo del contatto epiteliale.
Il “grado di purezza onirica” è molto alto per l’apparente logica e per il ricco contenuto emotivo.
In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Martina Sharapova è “5” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

Nel sogno di Martina le modalità di pensiero dell’Io autocosciente in riguardo al “processo primario” si attestano nella “condensazione” e nello “spostamento”.
Definiamo in termini precisi.
La “condensazione” è una modalità del funzionamento dei processi onirici in base alla quale un’unica rappresentazione costituisce l’intersecazione di catene associative formate da altre rappresentazioni; su questa unica rappresentazione vengono investite e conglobate le energie psichiche relative a ciascuna rappresentazione.
Un’unica rappresentazione, quindi, condensa tutte le altre rappresentazioni per via associativa.
La “condensazione” ha per conseguenza la sovradeterminazione del sogno o di alcuni suoi elementi, i quali possono assumere interpretazioni diverse e parimenti valide a livelli differenti.
Per “spostamento” s’intende l’atto magnetico di attrazione, scivolamento e dirottamento di un investimento energetico da una precisa rappresentazione originaria lungo una via associativa che collega rappresentazioni diverse e porta alla formazione di un’altra rappresentazione.
La carica psichica e la verità oggettiva di una rappresentazione, a suo tempo rimosse, vengono spostate in sogno su un’altra rappresentazione o su una serie di rappresentazioni che si possono associare in maniera congrua e funzionale alla prima.
Lo “spostamento” comporta anche il trasferimento e il raffreddamento della carica psichica di una rappresentazione in altre rappresentazioni di per se tesse emotivamente meno forti e intense, ma sempre collegate alla prima da una catena associativa.
Questo trasferimento e questo raffreddamento di energie ha una funzione difensiva, in quanto l’Io permette nel sogno, proprio attraverso l’azione della “censura”, soltanto l’accesso e la rielaborazione di rappresentazioni emotivamente meno intense e adeguatamente camuffate per quanto riguarda il contenuto e il significato.
Il sogno si serve dei meccanismi della “condensazione” e dello “spostamento” per tutelare il “contenuto latente” dal rischio di coincidere con il “contenuto manifesto” ossia da un’evidente e precisa manifestazione del materiale psichico rimosso.
Questi meccanismi segnano il passaggio da una rappresentazione astratta a una rappresentazione concreta, ad esempio dall’idea della morte all’immagine di un cimitero o di un distacco affettivo; tale operazione ha sempre una funzione difensiva dall’angoscia.
Un esempio psicopatologico di “condensazione” e di “spostamento” nella veglia è il sintomo fobico e ossessivo, il quale contiene ma nasconde la vera paura e consente all’angoscia sottesa di scaricarsi in parte attraverso il canale traslato del sintomo stesso senza la coscienza della vera causa del conflitto psichico.

I DENTI DA TOGLIERE

 

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Sogno di svegliarmi perché sento la mano di lui che prende la mia.

Mi dice che non è andato a Imola ma a Pozzuolo del Friuli, dal dentista a farsi togliere un dente.

Dice che è stata molto dura e vedo dallo sguardo che è sofferente e ha un segno sulla fronte.

Gli chiedo perché non me l’ha detto che l’avrei accompagnato.

Lui mi risponde che la settimana successiva deve tornare per toglierne un altro e per sistemarsi la bocca.”

Questo è il sogno di Magda.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 

CONSIDERAZIONI

 

Il sogno di Magda contiene un tema specifico in riguardo al suo uomo: la perdita di potere e la caduta dell’aggressività.

Il sogno riferisce una psicodinamica sentimentale di coppia con la sottesa sfera sessuale. La linearità logica consequenziale del sogno ha aiutato Magda a continuare a dormire, ma la simbologia è presente e attesta la “modalità di attaccamento” della coppia. Magda sintetizza il suo stato psichico nella relazione con il suo uomo e il corredo dei fantasmi evocati dalla situazione in cui, suo malgrado, si trova.

Questo sogno conferma che il sognatore è autore e attore principale dei suoi vissuti al di là dei personaggi presenti. Nel sogno immettiamo sempre il nostro materiale psichico e nient’altro. Il sogno è di Magda e riguarda se stessa e i suoi vissuti nei confronti del suo uomo al di là della “proiezione” che opera nei confronti di quest’ultimo: “dal dentista a farsi togliere un dente.

Dice che è stata molto dura.”

Procedo con ordine e chiarezza.

 

SIMBOLI ARCHETIPI FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

 

“Sogno di svegliarmi perché sento la mano di lui che prende la mia.”

 

Questo è il bisogno psicofisico di Magda: un uomo affettuoso ed empatico, un “lui” che comunica con il corpo e nello specifico con il tatto, “sento”, un uomo che si fa sentire sulla pelle, una relazione sentimentale giusta e degna di una donna innamorata o, quanto meno, legata da una storia e da una serie di pulsioni.

“Svegliarsi” in sogno equivale a prendere coscienza del materiale psichico rimosso, a esercitare le funzioni cognitive dell’”Io”, a essere consapevole del forte desiderio e dell’avara realtà in atto. Magda ha bisogno di affetto e di riconoscimento da parte del suo “lui”. La “mano” condensa la relazione con l’altro e rappresenta il desiderio di fusione e di complicità empatica. “La mano di lui che prende la mia” è la “traslazione” della più concreta fusione sessuale.

 

“Mi dice che non è andato a Imola ma a Pozzuolo del Friuli, dal dentista a farsi togliere un dente.”

 

Magda vive il suo uomo come un imbroglione o un confuso, in ogni caso  inaffidabile e precario a livello sessuale: “a farsi togliere un dente.” La donna ha percepito che il suo uomo sessualmente non la cerca e si è messa in discussione attribuendo a se stessa il calo della di lui “libido”: non gli piaccio più, non lo eccito, sono brutta e vecchia. Il “dentista” è simbolo della “castrazione” operata dal padre e in Magda si manifesta come “fantasma depressivo di perdita di potere”. Il “dentista” è la “parte negativa del fantasma del padre”. Il “dente” è chiaro simbolo del potere sessuale e relazionale all’interno della coppia. Magda non si sente desiderata e seduttiva quanto basta per essere desiderata dal suo uomo.

Spiego meglio: all’interno della coppia si è evidenziata una crisi affettiva con il suo sacrosanto risvolto sessuale. Magda si sente responsabile di questa caduta di “libido” del suo uomo e soffre per la perdita di potere seduttivo e sessuale all’interno della coppia.

 

“Dice che è stata molto dura e vedo dallo sguardo che è sofferente e ha un segno sulla fronte.”

 

Magda proietta su di “lui” la dura, “molto dura”, situazione in atto, insieme alla sofferenza legata alla difficoltà del momento. La contingenza non è delle più fortunate e l’insulto del tempo si coglie nel “segno sulla fronte”: una ruga che funge da promemoria dell’invecchiamento? Oppure il “segno sulla fronte” è una distinzione, un battesimo, un’individuazione, un’appartenenza, una connotazione psichica, la memoria di un trauma? Il “segno sulla fronte” si esibisce in società e si mostra agli altri come nei migliori romanzi di Kafka.

A quale categoria appartiene Magda?

Magda appartiene alla classe delle donne che erroneamente si mettono in discussione per le distorsioni e le “defaillances” degli uomini e in loro tutela si assumono le responsabilità del caso.

 

“Gli chiedo perché non me l’ha detto che l’avrei accompagnato.”

 

Magda cerca di recuperare il suo ruolo di donna e offre la sua disposizione ad alleviare la sofferenza. L’uomo di Magda non comunica neanche il dolore e lei sa questa mancata comunicazione è deleteria per la vita della coppia.   Magda si sente esclusa dalla vita affettiva del suo uomo. Il simbolo “l’avrei accompagnato” si traduce partecipazione e condivisione, attributi della naturale e corretta psicodinamica di coppia.

 

“Lui mi risponde che la settimana successiva deve tornare per toglierne un altro e per sistemarsi la bocca.”

 

La “castrazione” continua e si protrae nel tempo. Magda incentra il sogno sul dente e sulla bocca, sul dentista e sulla sofferenza, sul problema sessuale e sulla perdita di potere legata alla senescenza. Meno male che c’è il dentista “per sistemarsi la bocca”. Il “dentista” imperversa nel sogno, è l’ago della bilancia psichica di Magda. Il “dentista” è quel padre che non si è accorto della figlia bambina e non ha apprezzato quell’attrazione psicofisica a lui riservata.

 

PSICODINAMICA

 

Il sogno di Magda evidenzia la psicodinamica di una donna alle prese con la sessualità dell’uomo che invecchia e con la conseguente messa in discussione della sua bellezza e della sua avvenenza. Il sogno tratta della perdita del potere erotico e seduttivo di Magda e rievoca il “fantasma della castrazione” al femminile legato al mancato riconoscimento da parte della figura paterna e alla necessaria accettazione della femminilità in riguardo all’identità psichica.

 

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

 

Nel sogno di Magda si evidenzia l’istanza “Io” nella formulazione “narrante” del sogno e nella “razionalizzazione” della situazione in atto. L’istanza “Es” è presente nel “fantasma di castrazione”: “dal dentista a farsi togliere un dente.”

L’istanza “Super-Io” si presenta nella figura del “dentista”. La “posizione psichica” è quella “edipica”: il dentista è la “traslazione” del padre.

 

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

 

Il meccanismo della “proiezione” determina l’impianto del sogno: Magda attribuisce al suo uomo la psicodinamica della perdita depressiva del potere  seduttivo, erotico e sessuale. Il meccanismo della “traslazione” si evidenzia in “mano di lui che prende la mia”. La “condensazione” è presente in “sistemarsi la bocca”. Lo “spostamento” si attesta in “dente” e “dentista”.

 

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

 

Il sogno di Magda presenta un tratto psichico “genitale” inserito nella cornice “edipica”: affettività e dipendenza. La “organizzazione psichica reattiva” è “genitale”: donazione sentimentale e affettiva.

 

FIGURE RETORICHE

 

Le figure retoriche coinvolte e riscontrabili sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “mano” e “bocca”, la “metonimia” o nesso logico in “dente” e “dentista”, la “antonomasia” o selezione in “segno sulla fronte”.

 

DIAGNOSI

 

Il sogno di Magda evidenzia il conflitto psichico femminile legato alla perdita di potere seduttivo, erotico e sessuale.

 

PROGNOSI

 

La prognosi impone a Magda di far di necessità virtù convertendo la perdita di potere nell’acquisto di nuovi tratti caratteristici e di nuove formule. La “razionalizzazione” e la compensazione del “fantasma di castrazione” sono da ricercare in maniera assoluta.

 

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

 

Il rischio psicopatologico si attesta nel persistere e rafforzarsi della visione pessimistica di se stessa. “Amor fati” è opportuno per impedire una psiconevrosi depressiva.

 

 

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

 

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Magda è “4” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

 

RESTO DIURNO

 

La causa scatenante del sogno di Magda si attesta nella delusione di  aspettative affettive e fusionali.

 

QUALITA’ ONIRICA

 

La qualità del sogno di Magda è la freddezza rievocativa e la chirurgica precisione nei passaggi simbolici.

 

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

 

IL SOGNO SECONDO ECCLES

da

“L’Io e il Suo Cervello”, volume secondo, pagine 449,450,451,

Armando Armando Editore in Roma nel 1981.

Commento di Salvatore Vallone

 

Eccles

 

“Con il sonno muta il livello dell’attività cerebrale e l’attività dei neuroni.

L’elettroencefalogramma dimostra che quest’ultima durante il sonno è diversa rispetto alla veglia e che essi hanno perduto gli schemi di attività tipici della veglia. Alcuni vanno lentamente, altri velocemente. Si diffonde un certo stato di caos con scariche improvvise. Il sonno non interrompe l’attività dei neuroni che somiglia a un’attività disordinata.

La Mente autocosciente si trova a non aver nulla da leggere. Davanti a sé trova moduli chiusi. Deprivata di qualsiasi dato e questo è lo stato d’incoscienza nel sonno. Da una mancata lettura non viene fuori nulla.”

 

Commento

 

Il dato oggettivo dell’elettroencefalogramma attesta che il sonno comporta non soltanto una diversità nell’attività cerebrale e neuronica rispetto alla veglia, ma soprattutto un certo stato di caos e di disordine isterico da parte dei neuroni, una quasi follia dovuta alla mancanza degli schemi della veglia, delle modalità di azione e soprattutto di lettura dei dati da parte dei neuroni. Nulla da leggere e i moduli sono chiusi nell’incoscienza del sonno. I neuroni attivi nel disordine non producono alcunché.

Degna di nota è la definizione di “Mente autocosciente “ che si può tradurre psicologicamente nella consapevolezza dell’Io, nell’Io che “sa di sé” partendo dalla base organica e dalla funzione cerebrale.

Lo stato d’incoscienza nel sonno dipende dal caos dei neuroni, dalla mancanza di ordine e dalla chiusura dei moduli, dall’impossibilità della Mente autocosciente o “Io” di poter leggere e tradurre l’attività dei neuroni nella trama di un sogno.

 

 

NOTA BIOGRAFICA

 

John Carew Eccles, neurofisiologo e filosofo australiano, è nato nel 1903 ed è morto nel 1997. I suoi studi sulla “fisiologia dei neuroni” e la sua scoperta del “meccanismo biochimico dell’impulso nervoso” gli hanno procurato il premio Nobel per la Medicina nel 1963, riconoscimento condiviso con Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley.

 

 

PILLOLE DI SOGNI

 

 Mi sono arrivati sogni semplici con richieste di chiarimento.

Le metto insieme e rispondo al meglio agli arditi marinai.

Anche se non li decodificherò secondo lo schema completo per mancanza di elementi, sono convinto che la richiesta sarà pienamente soddisfatta.

Nelle “Riflessioni metodologiche” troverete risposte a domande teoriche specifiche.

 

LE RISATE LIBERATORIE DI MARILENA

“Marilena sogna il suo ex che ironizza su tutto e sdrammatizza, com’era solito fare al tempo della loro storia. Cominciano a ridere di vero gusto e in maniera veramente liberatoria.”

 

Il presente non è allettante nel versante sessuale? E allora Marilena torna indietro al tempo dell’appagamento gratificante della sua “libido genitale”. La memoria recupera il meglio del meglio tra gli ex partner e sceglie un uomo libero da resistenze e pregiudizi, un maschio che quando fa le cose si coinvolge, una persona destrutturata e per niente seriosa:” il suo ex che ironizza su tutto. “L’ironia” di Socrate consisteva proprio nella liberazione dalle false verità su se stessi; di poi, poteva nascere il vero “Io”. “Sdrammatizzare” nella veglia può essere un segno di superficialità o una fuga dal problema, ma in sogno si traduce nella “catarsi” del senso di colpa, nel saper disinvestire e controinvestire le migliori energie psicofisiche in progetti gratificanti: un uomo libero, libertario e liberatore, un uomo che ti fa tanto “ridere” e di gusto.

“Ridere” attesta simbolicamente di una sessualità eccitante e appagante: l’orgasmo in due. La breve nota onirica di Marilena insegna che la vita sessuale esige il disimpegno dalle resistenze e dalle paure, la disposizione a lasciarsi andare al moto organico e funzionale del corpo e nello specifico lasciare che il sistema neurovegetativo faccia degnamente il suo lavoro.

Ecco come si spiega “Cominciano a ridere di vero gusto e in maniera veramente liberatoria.”

“Ridere” rievoca il film “Ombre bianche” e la cultura esquimese che vuole nei valori dell’ospitalità concedere la propria donna all’ospite.

Marilena prende atto in sogno della sua situazione psicofisica, la frustrazione sessuale.

Il sogno evidenzia l’uso della “condensazione” e della “metafora” in “ridere”. “L’ironia” è frutto del meccanismo dello “spostamento” e della “metonimia”.

La nostalgia è una brutta bestia da domare, così come il presente è degno di considerazione e di manovre adeguate per essere migliorato.

 

 

LA DEFLORAZIONE MANCATA

“Mi guardo allo specchio e vedo che ho pochi denti separati e tremolanti.

Meno male che la bocca non sanguina.”

 

Questa nota onirica porta la firma di Marietto.

 

Parto dalla fine. La “bocca” è simbolo dell’organo sessuale femminile, oltre che l’organo della “libido orale” e la sede della funzione affettiva. La “bocca” è formata dalle labbra e possiede i suoi umori. Una “bocca che sanguina” equivale pari pari alla deflorazione secondo natura per una donna. Una “bocca che non sanguina” si traduce nella mancata deflorazione della donna secondo la paura di Marietto. Quest’ultimo deve rafforzare l’identità sessuale, “mi guardo allo specchio”, dal momento che i denti, simboli dell’aggressività, sono pochi, sparuti e tremolanti. Marietto vive un conflitto in riguardo alla sua aggressività sessuale, è inibito e ha paura di non riuscire nella naturale impresa.

Del resto, nella vita sessuale maschile la giusta aggressività è necessaria per l’erezione, a sua volta più che mai necessaria per la naturale deflorazione. Se l’erezione è “tremolante” e l’aggressività è insufficiente, non si può far “sanguinare la bocca” e la pulsione sessuale resta un pio desiderio.

L’aggressività sessuale maschile non deve essere fraintesa con la violenza. Trattasi di sicurezza impositiva e di orgoglio virile, una piccola dose di “libido fallico-narcisistica” sposata con la “libido genitale”, l’attrazione erotica e il riconoscimento amoroso della donna.

In bocca al lupo, Marietto!

Hai tanto da vivere con i giusti ritocchi psicofisici di rassicurazione e di rafforzamento.

I meccanismi usati per comporre il breve sogno sono la “condensazione” e la “metafora” nella “bocca”, relazione di somiglianza. Lo “specchio” rappresenta la “proiezione” di sé, lo “specchio” restituisce una consapevolezza migliore. Il “dente” condensa un simbolo fallico di forza e di potere e ha un nesso logico con l’aggressività per cui s’inquadra in una “metonimia”. Il “tremolante” rappresenta una perdita di potere e una crisi della sicurezza.

 

IL NESSO GIUSTO

“Ho sognato che non passavo con il mio corpo da una porta per accedere alla stanza attigua, mentre il mio amico, che è tanto più grasso di me, ci passava tranquillamente e senza alcuna fatica.”

 

Peter ha qualche problema intellettivo, magari una scarsa fiducia nelle sue capacità mentali o una boria intellettiva che non sa dove far poggiare. Peter non sa fare i giusti collegamenti tra i concetti, ha qualche “deficit” intuitivo e non possiede una buona logica consequenziale. Forse Peter non sa fare grandi discorsi e non è un gran parolaio. Forse a Peter la scuola ha negato gli strumenti giusti per interpretare se stesso e la realtà che lo circonda. E così sin da bambino ha maturato un complesso d’inferiorità intellettiva che poi magari ha compensato con una buona pratica e un valido pragmatismo. Magari Peter è un capitano d’industria, un vecchio padrone che si porta dietro come un vizio assurdo la licenza di terza media e il dialetto al posto della lingua italiana. Il mancato passaggio da una stanza all’altra condensa l’incapacità di connettere e di mettere nessi logici nei discorsi, oltre che l’invidia nei confronti di chiunque sa mettere insieme parole e concetti.

“Da una porta per accedere alla stanza attigua” è una “metafora” frutto di “traslazione”.

E’ molto importante per Peter che non compensi questa sua inferiorità mentale con l’arroganza affettiva e il potere sul prossimo.

 

LA PARTE NEGATIVA DEL FANTASMA DELLA MADRE

“Mia figlia Immacolatella mi ha detto che ha fatto un brutto sogno, ha sognato la strega.”

 

La mamma di Immacolatella è napoletana e si chiama Marianella. Il vezzeggiativo nei nomi è un meraviglioso uso linguistico dei napoletani, oltre che un candore affettivo, una protezione e una cura dei bambini che si manifestano già dal nome.

Immacolatella sogna la “parte negativa del fantasma della madre”. La “parte positiva” è la fatina o la regina o qualsiasi altra figura nobile e altolocata. I bambini cominciano a usare il meccanismo psichico di difesa dall’angoscia dello “splitting” o scissione sin dai primi mesi di vita. Ha inizio l’organizzazione del pensiero e dell’Io, una modalità primaria fortemente emotiva che l’infante, “ senza parole”, vive esorcizzando l’angoscia legata alla possibilità che la mamma non ci sia più ad accudirlo, a nutrirlo, ad amarlo, a proteggerlo e a chiamarla Immacolatella, un nome meraviglioso.

La “strega” condensa la parte anaffettiva della madre dal momento che nessuno garantisce al bambino che la mamma ci sarà sempre e che sarà premurosa come sempre. Il meccanismo dello “splitting” lo manteniamo e lo usiamo per tutta la vita, ma bisogna esserne consapevoli per non regredire a fasi di sviluppo incompatibili con la realtà in atto.

Immacolatella può ancora emozionarsi con i naturali fantasmi. Da grande li vivrà come una ricchezza della sua fantasia e della sua persona.

 

I MIEI FIGLI SOGNANO

“Dado sogna di trovarsi dentro una piscina grande come una stanza e dove c’è poca acqua. Si tuffa e chiaramente non riesce a nuotare.”

“Ninny sogna di avere la sensazione di cadere nel vuoto.”

 

Dado e Ninny sono i figli di Fiorella.

 

Partiamo dall’ultimo, da Ninny. “Cadere nel vuoto” condensa un normalissimo “fantasma depressivo di perdita” che si formula nel modo seguente: “ah, se la mamma non ci fosse!”

Ecco come si spiega il sogno del piccolo Ninny.

Avere tanta madre, una donna bella, buona e saggia, comporta per il bambino anche la possibilità, il timore e l’angoscia della perdita di cotanto regalo di madre natura. La connotazione affettiva è direttamente proporzionale all’intensità dell’angoscia e alla dipendenza psichica. Per questo motivo bisogna sempre favorire l’autonomia dei figli, per consentire loro di razionalizzare le angosce quanto prima possibile. Bisogna svezzarli non soltanto dai pannolini Pampers o dagli omogeneizzati Plasmon, ma soprattutto liberarli progressivamente dalla dipendenza dai genitori, madre “in primis” dal momento che il padre di suo gode dell’immunità ingiustificabile e ingiustificata di colui che procaccia il cibo e che a casa c’è poco.

E Dado?

Cosa possiamo dire a Dado in riguardo al suo sogno?

La “piscina grande” rappresenta la figura materna, “l’acqua” è un classico simbolo dell’universo femminile, il “tuffarsi” attesta di un bisogno di affidamento e di una ricerca fiduciosa della madre, il “non riuscire a nuotare” equivale simbolicamente a godere di poca madre a causa del problema della rivalità fraterna. C’è poca madre per il primo figlio che si è sentito defenestrato dal suo ruolo di unico fruitore del bene materno, mentre  il secondo trova già l’ingombro e non può non contemplarlo, deve accettarlo e non si pone per lui il problema dell’intruso, ma la necessità di adattarsi alla situazione e di acchiappare più che può in qualsiasi modo: intelligenza pragmatica e utilitarismo, non astrazione e filosofismi per il secondo, sensibilità affettiva e pudore sentimentale per il primo.

Tanta madre deve distribuirsi equamente secondo i bisogni della prole e deve essere brava a capire le sensibilità dei figli e darsi “toto corde” e “tota mente”.

Auguri Fiorella!

E’ tutto normale e sotto controllo.

 

CONSIDERAZIONI

 

Queste pillole di sogni non sono per niente amare e mi son piaciute perché ho dismesso il ruolo tecnico del ricercatore senza cadere nella banalità.

Alla prossima!

 

 

CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE

 

Esistono due caratteri uguali?

Spesso mi si rivolge questa domanda.

La risposta è negativa.

I gemelli monozigoti, eterozigoti, fratelli e sorelle di qualsiasi collocazione non hanno caratteri simili. Non è possibile trovare caratteri identici.

Preciso che i termini “carattere” e tanto meno “personalità” sono approssimativi, per cui è appropriato parlare di “organizzazione psichica reattiva”.

E allora, esistono “formazioni psichiche reattive” identiche?

La risposta è ancora una volta negativa.

E nei gemelli siamesi?

Ancora negativa.

I gemelli siamesi hanno due cervelli e due menti. Di conseguenza, i vissuti psichici si differenziano in base alla modalità mentale di approccio dell’uno o dell’altro.

Esistono tratti identici nelle “formazioni psichiche reattive” degli uomini?

La risposta è negativa, ma è necessario precisare che esistono tratti similari ma non simili.

Ma, se tutti nasciamo da padre e da madre e condividiamo in universale o in gruppo la stessa educazione, gli stessi valori, gli stessi schemi culturali, come è possibile che non esistano due “organizzazioni” o due tratti simili?

Adduco l’esempio del codice a barre: basta una lineetta diversa per differenziarsi, basta una sfumatura di vissuto e si differenzia “l’organizzazione”.

Almeno in questo settore vige l’originalità e l’unicità. La Psiche si differenzia dal Soma. Mentre possono esistere due corpi uguali, quasi clonati, ma non è detto che sia così, di sicuro non esistono due “formazioni reattive” simili anche se cresciuti nello stesso ambiente e con le stesse persone.

Altra domanda: perché si definisce “organizzazione psichica reattiva” e che cosa vuol dire “reattiva”?

Parto dall’ultima domanda. “Reattiva” attesta della modalità psichica di reagire con i vari “meccanismi e processi di difesa” all’angoscia che è la malattia di base dell’uomo, l’angoscia depressiva di morte, la “malattia mortale” come la chiamava Soren Kierkegaard, il filosofo antihegeliano e antesignano dell’Esistenzialismo con il suo pessimismo individuale a base religiosa.

“Organizzazione” è il risultato momentaneo di un insieme di tratti psichici legati all’evoluzione e attesta del lavoro mentale e del lavorio psico-culturale investiti nel corso progressivo della formazione.

La base di tutto è un organo non adeguatamente conosciuto, il Cervello.

Ma di questo si parlerà nella decodificazione dei prossimi sogni.

 

IO E MIO PADRE

 

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Ero a casa dei nonni con mio padre.

Sentiamo confusione: il telefono squilla e il campanello di casa suona.

Vado a sentire e nessuno risponde, vado a vedere e non c’è nessuno al cancello.

Torno in salotto dove si sta cenando e sentiamo altro rumore.

Vado a vedere e, quando apro la porta, vedo una figura maschile nell’ombra che scappa.

L’angoscia del ladro mi sveglia.

Questo è il primo sogno di Marcinkus.

“Io e mio padre apriamo la porta della cantina e troviamo tanti ladri che dormono.

Chiudiamo piano piano la porta e scappiamo in canoa sul fiume.”

Questo è il secondo sogno di Marcinkus.

 

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

I due sogni di Marcinkus sono stati elaborati a distanza di pochi giorni. Il giovane adolescente mi chiede, dal momento che riguardano lo stesso tema, se sviluppano la stessa psicodinamica. La risposta è positiva, ma ha bisogno di alcune precisazioni. I due sogni riguardano la “posizione edipica”, i vissuti e i fantasmi relativi alla relazione con i genitori e, nel caso specifico, approfondiscono l’identificazione del figlio nella figura paterna a risoluzione del precedente conflitto causato dalla relazione privilegiata e interessata con la figura materna. I due sogni di Macinkus, quindi, mostrano chiaramente la fausta evoluzione della psicodinamica edipica. I tempi di risoluzione sono giusti, l’adolescenza, e altrettanto giusto è l’inizio delle conquiste in terra straniera da parte di Marcinkus, le giovani e procaci adolescenti della sua età dopo la conflittuale e mancata conquista materna. Il sogno conferma ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, la sua funzione d’integrazione psichica dei fantasmi legati all’evoluzione e di riparazione del trauma attraverso l’elaborazione risolutoria dei vissuti in riguardo al padre e alla madre tramite i meccanismi o le modalità di pensiero del “processo primario”.

SIMBOLI ARCHETIPI FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

“Ero a casa dei nonni con mio padre.”

Il sogno esordisce con il riconoscimento del valore psico-culturale dell’unità familiare esibendo ben tre generazioni: i nonni, il padre e Marcinkus. La sfera affettiva è ben presente e ben presentata. Marcinkus può contare su una compagine affettiva allargata e di notevole valore.

 “Sentiamo confusione: il telefono squilla e il campanello di casa suona.”

 La funzione onirica si muove e complica le carte in tavola come in un thriller. Il senso evocato e coinvolto è l’udito e la simultaneità del telefono e del campanello crea agitazione in attesa che si chiarisca la situazione e l’emergenza. Simbolicamente “l’udito” attesta della sapienza nel valutare e dell’abilità nel riflettere. Evoca il collegamento tra la realtà esterna e il mondo interiore. “Sentire” è un assorbire e un reagire: uno stato d’all’erta. Il “sentire” attesta simbolicamente dell’evocazione e della risonanza emotiva di vissuti psichici, di fantasmi elaborati a suo tempo e ben sistemati nel “Profondo” psichico. L’essere in tre generazioni presenti allo strano evento è un rafforzamento psichico che crea sicurezza nel giovane Marcinkus.

“Vado a sentire e nessuno risponde, vado a vedere e non c’è nessuno al cancello.” 

Si profila una leggera angoscia in quest’atmosfera soffusa di mistero.

Chi chiama? Chi suona?

La risposta è “nessuno”.

Si tratta di un’allucinazione uditiva? O dal “Profondo” psichico sta emergendo qualche fantasma?

Buona la seconda!

Il “nessuno” è un qualcuno che si fa attendere nella sua manifestazione per dare al sonno la possibilità di continuare nel suo benefico effetto di ricostituzione psicofisica. Il “nessuno” simbolico attesta di una caduta depressiva degli investimenti della “libido” e di una crisi dell’identità psichica, ma in questo caso è un veicolo emotivo che in progressione trasporta il fantasma di un “qualcuno” che per il momento si è presentato come “nessuno”.

“Torno in salotto dove si sta cenando e sentiamo altro rumore.”

Marcinkus ha bisogno di rafforzarsi e di avere dalla sua parte l’ausilio affettivo di due generazioni. La “cena” condensa la comunione e lo scambio degli affetti nel luogo “salotto” classicamente deputato alle relazioni sociali e alle buone immagini di sé da offrire agli altri. Ma il fantasma urge e può presentarsi nella sua veste simbolica più convenzionale e diffusa.

 “Vado a vedere e, quando apro la porta, vedo una figura maschile nell’ombra che scappa.”

Marcinkus ha coraggio da vendere. Dopo aver sentito e atteso, adesso vuol “vedere”, un altro senso in ballo, la “vista”. Vuole prendere coscienza del “fantasma” in movimento dentro di lui. Si tratta di una figura maschile, il padre, che si traveste simbolicamente da “ladro” e che produce angoscia.

“L’angoscia del ladro mi sveglia.” 

Il “ladro” condensa la figura dell’uomo che ruba, che porta via, che si appropria indebitamente dei beni altrui. Il “ladro” ha una duplice valenza, è il padre che castra ed è l’”angoscia di castrazione”.

Cosa vuol dire a livello psicodinamico “castrazione”?

Nella “posizione edipica” s’intende per “castrazione” la deprivazione di una funzione come espiazione della colpa di aver tanto desiderato la madre entrando in conflitto con il padre. Con la “castrazione” si accetta l’autorità del capo e si riconosce il padre nei limiti del “Super-Io” e l’ordine morale ed etico costituito nella società.

Marcinkus si è portato a spasso per i sentieri tortuosi del sogno il padre sotto forma di amico e di figura in cui identificarsi a risoluzione della “posizione edipica” e sotto forma di nemico nella figura del ladro, di colui che mi punisce deprivandomi delle mie facoltà virili, del mio potere maschile di seduzione e di appagamento sessuale. Marcinkus si è portato a spasso per il sogno il padre e il fantasma del padre nella versione scissa: “parte positiva o padre buono” e “parte negativa o padre cattivo”.

In questo primo sogno, essendoci angoscia, c’è ancora in atto il conflitto con il padre, vissuto come nemico, perché Marcinkus non si è identificato in lui.

Passiamo al secondo sogno, quello elaborato qualche giorno dopo.

“Io e mio padre apriamo la porta della cantina e troviamo tanti ladri che dormono.”

Si presenta ancora il sodalizio con il padre, ma la psicodinamica edipica è in fase risolutiva. “La porta della cantina” rappresenta l’ingresso della “dimensione profonda” dove il meccanismo di difesa della “rimozione” ha relegato tutte le immagini negative del padre, i “tanti ladri”, quelli che asportano le doti e i gioielli. Ma questi mariuoli sono inerti e passivi, dormono e non influiscono nell’equilibrio psichico di Marcinkus perché sono stati razionalizzati e non disturbano l’armonia in atto.

Ma perché ci sono tanti ladri, tante immagini del “padre negativo”, quasi una per ogni stagione, quelle che abbiamo cominciato a elaborare dai quattro mesi di vita in su fino ai quattordici anni in atto?

Cosa fare?

Di questi ladri non se ne può fare a meno perché rientrano di diritto nella nostra “organizzazione psichica reattiva”.

Guai a non averli messi dentro!

Ma bisogna tenerli calmi, bisogna farli dormire. Fanno parte del gioco psichico, ci sostengono, ci aiutano a non azzardare, a non rischiare troppo sapendo che si è sensibili alla perdita e non si è onnipotenti o impotenti. La formula psichica giusta recita in questo modo: ho accettato e ho riconosciuto il padre, mi sono identificato in lui. Avrei potuto ucciderlo e mi sarei sentito in colpa come un assassino, avrei potuto onorarlo e sarei rimasto bambino e succubo della sua autorità. Adesso il suo riconoscimento si coniuga con la mia riconoscenza nei suoi confronti. Questo è il vero senso dell’amore del figlio nei confronti del padre.

“Chiudiamo piano piano la porta e scappiamo in canoa sul fiume.”

Il materiale psichico rimosso è sotto controllo, per cui si può andare a donne,  si può investire nel vario e variopinto universo femminile con tutta la vitalità seduttiva possibile: “scappiamo in canoa sul fiume.” La canoa è un simbolo femminile e l’acqua è simbolo della “libido”, dell’energia vitale.

PSICODINAMICA

I sogni di Marcinkus sono in collegamento ed evolvono la psicodinamica legata alla “posizione edipica”. Marcinkus rielabora la risoluzione corretta e classica dei fantasmi collegati alla relazione con le figure genitoriali. Il secondo sogno mostra l’identificazione al maschile nel padre.

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

Il sogno di Marcinkus è elaborato dall’”Io” onirico e dall’”Es”: i ladri, la cantina. Si profila l’istanza del “Super-Io” nella figura del padre, ma senza invadenza. La posizione dominante è quella edipica.

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

Sono presenti e pienamente in funzione i meccanismi psichici del “processo primario” della “condensazione”, dello “spostamento” e della “drammatizzazione”: sentire, vedere, nessuno, ladro, cantina, dormire, canoa, fiume, aprire e chiudere la porta. E’ presente il meccanismo principe di difesa della “rimozione” e una lieve “sublimazione” nel “ladro che dorme”. E’ in atto il meccanismo di difesa della “identificazione” in “io e mio padre”.

ORGANIZZAZIONE PSICHICA REATTIVA

Marcinkus manifesta nel sogno un tratto psichico “genitale” in una “organizzazione psichica reattiva” prevalentemente “orale”: sensibilità agli affetti e all’affettività.

FIGURE RETORICHE

Le figure retoriche evocate e applicate sono la “metafora”, ladro e cantina, e la “metonimia”, canoa e porta.

DIAGNOSI

I sogni di Marcinkus attestano della risoluzione della “posizione edipica” sul versante paterno con progressiva identificazione.

PROGNOSI

Marcinkus deve portare avanti questo processo di emancipazione dal padre e rafforzare la sua identità maschile investendo la conquistata “libido” genitale.

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

Il rischio psicopatologico si attesta in una “regressione” dinamica alla conflittualità con il padre e in una mancata autonomia psichica, nonché al ritorno delle angosce edipiche di “castrazione”.

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Marcinkus è “3” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo,

“processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

RESTO DIURNO

Il “resto diurno” del “resto notturno”, la causa scatenante” del sogno di Marcinkus si attesta in una frequentazione del padre e nel rivivere il buon rapporto che ha con lui.

RIFLESSIONI METODOLOGICHE

La “posizione edipica” si risolve o non si risolve? La “posizione edipica” non si risolve mai del tutto come le umane cose, per cui può succedere che a ottant’anni si riproponga in sogno una tematica edipica a conferma che nel “Profondo psichico” restano le tracce risolte e irrisolte della nostra relazione con i genitori e con gli annessi e i connessi del caso. La vita o meglio  l’esercizio del vivere riserva la riesumazione delle conflittualità e delle dipendenze dai genitori in base agli stimoli e ai fantasmi che intercorrono e si ridestano, per cui la consapevolezza della “posizione edipica” non è mai abbastanza e la presa di coscienza non è mai esaustiva perché nella psicologia dinamica vige la legge del “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma o si evolve”. Importante è che la riedizione dei conflitti edipici abbiano breve durata e lascino il posto al ripristino dell’equilibrio psicofisico e alle funzioni dell’”Io” vigilante e razionale. La vita ci riserva sempre provocazioni e stimoli per rimetterci in discussione senza poter dire che tutto sia ultimato e risolto. Finché c’è vitalità, c’è speranza di rivivere.

UN SOGNO ALLA HITCHCOCK

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“Kunegunda entra in lavanderia e sente il profumo dell’olio d’oliva. Si avvicina alla lavatrice e vede per terra una grande macchia d’olio che non aveva inondato la stanza soltanto perché per terra c’era un grande straccio perfettamente quadrato che si era, per l’appunto, imbevuto d’olio.
Kunegunda si chiede cosa ci fa in lavanderia l’olio e poi capisce che la bottiglia era sicuramente sopra la lavatrice e che il forte movimento della centrifuga l’aveva fatta cadere.
Collega subito il pensiero a una frase ripetuta da sua madre: “rovesciare l’olio porta sfortuna”.
Cambia scena e Kunegunda sta facendo le valige per qualcuno, forse per suo marito. Entra in una stanza e ritrova la macchia d’olio d’oliva per terra.”

La trama è quella di un film giallo, un film del maestro del giallo, Hitchcock: all’inizio “una grande macchia d’olio d’oliva”, alla fine si “ritrova la macchia d’olio d’oliva per terra.” Il mistero non è stato risolto. Il “film – sogno” si conclude così com’è iniziato senza disvelare il nome dell’assassino e tanto meno il mistero della “macchia d’olio d’oliva per terra” e, orribile a dirsi, “in lavanderia”. La funzione onirica è formidabile, anzi “formidable en francais” perché linguisticamente fa più effetto. Il sogno è testo e contesto, intreccia trame e racconti, rievoca e ripropone, usa la logica e il simbolismo. Il sogno è complesso come il sognatore che spesso non si ritrova in quel che produce soltanto perché ha dimenticato il linguaggio dei simboli che aveva elaborato e imparato da bambino, “infante”, quando “non sapeva parlare” ma esprimeva benissimo e poeticamente il suo mondo interiore.
Ma cosa significa il sogno di Kunegunda?
Si tratta soltanto di un incidente domestico legato a un gagliardo elettrodomestico?
O si tratta di una psicodinamica implicita in una struttura psichica e messa in atto come simbologia comanda? Buona è la seconda!
E allora andiamo a disvelare il mistero dell’olio d’oliva e a esplorare meglio questa risorsa meravigliosa che è, oltre l’olio d’oliva, l’umano sognare.
Il sogno di Kunegunda inizialmente si snoda con simboli precisi e dominanti: l’olio d’oliva, la lavatrice, la lavanderia, la grande macchia d’olio, il grande straccio unto e quadrato. In primo luogo considero questi simboli e le psicodinamiche annesse per poter ricostruire la psico-storia del “resto notturno” giallastro di Kunegunda.
L’”olio” unge e macchia, di conseguenza attesta simbolicamente della colpa e del senso di colpa, della colpa effettiva e della colpa presunta. Dell’olio, nonostante sia d’oliva, non prevale la valenza alimentare, ma quella dell’unzione. Quest’ultima ha un’ambivalenza nel distinguere positivamente l’eletto e nell’esaltarlo, pensiamo all’unto del Signore e all’unzione dei sacramenti, e nel distinguere negativamente il malvagio per colpa commessa e per reato da espiare. Nel caso di Kunegunda vale la seconda perché si tratta di una condanna.
La “lavatrice” è un contenitore che condensa il versante erotico e sessuale della femminilità, un grembo meccanico con annessi e connessi psicofisici, un grembo anaffettivo e colpevolizzato dal momento che lava, ripulisce con “catarsi”.
La “lavanderia” assolve l’espiazione della colpa trattandosi di luoghi dove si svolgono rituali catartici anche se logistici e meccanici. Chi si è macchiato di colpa o di peccato si deve purificare e deve espiarne il fio, sia che si tratti di reato e sia che si tratti di sacrilegio.
La “grande macchia d’olio, come si accennava in precedenza, evidenzia simbolicamente una grande colpa o un grande senso di colpa.
Il “grande straccio perfettamente quadrato” e “imbevuto d’olio” è la “proiezione” simbolica di una persona vittima e colpevolizzata, abituata eroicamente a sostenere ruoli ingrati e situazioni difficili. Lo “straccio” è la “proiezione” di un soggetto di minor diritto, di una persona affetta da complesso d’inferiorità e da senso d’inadeguatezza che assorbe tutte le colpe del caso, “imbevuto d’olio”, una specie di Cenerentola maltrattata e vessata. Il “quadrato” è simbolo di resistenza al malessere e di disposizione a subire, una forma di masochismo familiare e domestico.
Kunegunda ha posto il suo “fantasma sessuale”, la colpevolizzazione della sua vita sessuale insieme a una situazione psico-esistenziale di grande difficoltà, perché si ritiene poco importante, una gregaria e non certo un leader. Ma Kunegunda ha una virtù, tende a razionalizzare e a capire quello che succede in lei e fuori di lei. Possibilmente ha potuto “sapere di sé” con un trattamento psicoterapeutico. In particolare Kunegunda ha la consapevolezza di essere sensibile alla colpa e sa che fa sempre di tutto per assolversi, soffre ma alla fine si riabilita ai suoi occhi. Tutta colpa della centrifuga! Kunegunda spiega a se stessa quello che la fa soffrire e quello che le succede.
“ Kunegunda si chiede… e poi capisce…”: non è da poco questa duttilità mentale e questa curiosità di “sapere di sé”.
Ma Kunegunda ha anche un discorso sospeso con la madre, la responsabile di quella conflittuale identificazione e di quella mancata educazione sessuale che l’ha portata alle problematiche con la “lavatrice” e con “l’olio”.
”Collega subito il pensiero a una frase ripetuta da sua madre: rovesciare l’olio porta sfortuna”.
La saggezza popolare ascrive all’olio la sfortuna in quanto lo interpreta come peccato e colpa e quindi comporta un’espiazione dolorosa. “Portare sfortuna” significa sofferenza e danno in riparazione della colpa commessa o del peccato ascritto. Ricordo che le colpe e i peccati potevano essere assolti soltanto dalle divinità nella cultura greca e cristiana: vedi la funzione catartica del “deus ex machina” nella tragedia greca, dei riti e dei sacramenti nella religione cristiana.
Quindi, niente di nuovo sotto il sole!
Chi vive nella colpa e nel peccato non è gradito a Dio e alla sua Legge e deve essere punito. Si sono create superstizioni sul semplice senso di colpa e si sono costruite teologie sull’inevitabile fallacia umana, oltre che sull’angoscia di morte. La parola “superstizione” deriva dal latino “super stat” e si traduce “sta sopra” ossia l’uomo lo ha messo in cielo perché non lo capiva e lo doveva assolutizzare per non discuterne più o mai più. L’uomo lo ha messo sopra o lassù per ispirare condotte e per condizionare eventi. La superstizione comporta soltanto in parte il processo di difesa dall’angoscia della “sublimazione”, perché annette la codificazione consapevole da parte di pochi di un potere suggestivo tramandabile di generazione in generazione: “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”. Così disse il poeta e così persiste l’ignoranza.
Kunegunda ricorda la frase della madre, una figura ieratica e significativa per la sua formazione e per la sua cultura.
A questo punto ecco il colpo di scena che ha indotto a rievocare Hitchcock.
“Cambia scena e Kunegunda sta facendo le valige per qualcuno, forse per suo marito. Entra in una stanza e ritrova la macchia d’olio d’oliva per terra.”
Abbiamo una trasposizione pari pari di scena. Dalla lavanderia della casa di Kunegunda la macchia d’olio si è trasferita nella stanza dove Kunegunda sta facendo le valige per un uomo indefinito, un qualcuno, forse il marito. “Far le valige” equivale a un accomodamento femminile dal momento che la valigia rappresenta il grembo come in precedenza la lavatrice, un grembo che si dispone al coito e immancabilmente trova nella sua storia psichica, “la stanza”, la macchia d’olio che ricompare ad attestare che la sua sessualità è colpevolizzata. Kunegunda ha ricevuto dalla madre un’educazione sessuale errata o non l’ha proprio ricevuta, per cui vive male la sua sessualità e di conseguenza il rapporto sessuale con il maschio o con il marito. La superstizione, laica o religiosa, è di danno alla formazione psichica e l’educazione familiare contribuisce a perpetuare l’errore, oltre che a danneggiare funzioni vitali come la sessualità.
La prognosi impone a Kunegunda di essere sempre tollerante con le sue debolezze e di portare avanti la razionalizzazione delle cause e delle figure a cui è collegata questa sensibilità alla colpa. L’autoironia non guasta mai.
Il rischio psicopatologico si attesta nella degenerazione del senso di colpa in una pesante sindrome fobico-ossessiva e in crisi di panico.
Riflessioni metodologiche: in effetti il sogno di Kunegunda ha svolto il suo tema sessuale dall’inizio alla fine e di misterioso c’è poco, se non il fatto della trasposizione dell’olio d’oliva dalla lavanderia alla stanza. Il richiamo al maestro del film giallo, Hitchcock , si basava sul ritorno dell’inizio nella fine a completamento della verità del sogno e ci fa faceva capire il vero conflitto e la vera psicodinamica. Ma gli autori dei film gialli conoscono molto bene la Psicoanalisi e spesso si basano sull’effetto psicologico della paura e del terrore facendo perno sulla componente “sadomasochistica” degli appassionati spettatori. Le persone che hanno esaltato questo “nucleo anale” gradiscono i film del terrore e dell’orrore perché in tal modo lo tengono sotto controllo, secondo la teoria estetica del grande Aristotele. Infatti, la sua teoria della “catarsi”, nella visione dei temi osceni e criminali della tragedia greca, prevedeva che chi vede e si emoziona immancabilmente si libera della sua componente psichica mortifera vivendola in teatro nelle trame messe in piedi dagli attori. Al contrario, l’altrettanto grande Platone, in base alla sua teoria della trascendenza della verità, l’iperuranio o il modo delle Idee, condannava questi spettacoli pubblici perché aizzavano l’istinto ferino degli spettatori.
Ditevi adesso: chi aveva ragione?
E allora, dove sta la verità?