LA STRANIZZA

Non essere schiavo dell’abitudine,

cambia sempre strada,

usa marche diverse e scandalose,

rischia colori nuovi nei tuoi abiti frufrù,

non stare muto come un boccalone,

impara,

regala le tue parole e le tue conoscenze,

concediti le passioni,

affidati,

lascia il nero sul bianco,

metti i puntini sulle i,

non essere palloso,

privilegia le emozioni nel cumulo e nel monte dei pegni.

Brillano gli occhi,

sbadigliano,

un sorriso balena,

il cuore sbatte su un errore del sentimento.

Evitiamo la morte a piccole dosi,

la posologia è a rischio,

l’ardente pazienza attende lo zio Michelino dalla triste Libia.

Naviga marinaio

e lasciati le sirene sempre sulla poppa.

Nonostante tu sia la mia rondine,

sei volata nel cielo sbagliato

dove i sogni capovolti inseguono il lavoro,

le travail melheureux,

putain de boulot.

Lentamente il tavolo si distrae

e rien ne va plus.

Maintenent non puoi neanche inseguire un merlo innamorato,

un tram in calore,

una caliera lucente al sidol,

una pignatta lucidata con la pomice di nonna Lucy.

I consigli sono sempre sensati e soppesati.

Ti vorrei, come le note del pentagramma,

sopra il tavolino sgangherato della taberna di Pompei.

Ogni sera mi penserai

anche se non sai alcunché dei sogni,

quelli che io non vendo e svendo,

le fantasie schizzate che porto con me,

nel borsellino dentro la tasca dei nuovi jeans

comprati nella torre d’avorio di questa scacchiera lucida.

Se non sai,

cosa vuoi sapere?

Cosa scriverai al migrante dal colore olivastro

che insegnava a Salgareda,

nel Veneto antico dei servi della gleba,

del conte di Collalto,

del marchese Brandolino d’Adda?

Mi dirai addio o forse no,

mi dirai semplicemente dei tuoi sogni:

finalmente non so di letame

dentro questa stalla della bassa Marca,

finalmente so di italiano e di inglese

e anca una scianta di latino, per gradire.

Per sempre tua, Caterina.

Salvatore Vallone

Karancino di Belvedere, 01, 04, 2023

IL BACIO DI SATURNO E DELLA LUNA

Baciami o Luna,

baciami o dolce Luna delle rimembranze e dei desideri

e dimmi in ciel che fai,

dimmi che fai giorno e notte sospesa nel vuoto

su un etereo appendiabiti firmato d & g?

Baciami come il mitico Arsenio Lupin

con intrallazzo e delinquenza,

con fascino e scioglilingua,

baciami con i pizzilli e le pizzocchere,

come se fossi un re della ristorazione di alto prezzo,

come se fossi un re di cuori di alto loco,

come se fossi un putinot di odoroso pollaio.

Io,

Saturno,

ho ragione da vendere e anelli da regalare,

da sempre girovago tra le miste Perseidi,

le rocce maligne della famiglia di Perseo

che si piantano nel tuo piatto di calamari osceni e fritti

quando meno te l’aspetti,

mentre giri gli occhi in libera uscita,

strabici che è meglio,

per guardare le gambe affusolate e succulente

della nuova cameriera valdostana,

la solita Charlene tutta bionda e tutta crucca,

quando orbito di gusto nelle notti d’agosto

dentro lo sciame di alghe profumate al kerosene

e intinte di plastica merlettata all’arsenico

insieme a quella graziosa gabbianella

e a quel gatto Coraggioso ferito nell’onore

perché tradito con un’altra gabbianella,

una questione femminile,

una vicenda materna,

una pulsione maternale,

robe da sante femministe:

io coverò le tue uova in tua assenza,

tu coverai le mie uova in mia assenza,

noi vinceremo la morte con l’istinto di vita,

noi useremo il gabbiano.

Sopravviveremo per altre cinquanta primavere

e noi due femmine per sempre amandoci,

feconde faremo le uova e le coveremo,

accudiremo i nostri pulcini senza papà

nell’irto costone delle montagne scozzesi

che precipitano su un mare

che sta morendo per il termosifone sempre acceso

nella tua camera da letto a marca doimo

e nel tuo azzurro bagno firmato richard ginori.

Cosa importa,

o adorata Luna,

se io sono razional glacial,

se in ogni stella non vedo nient’altro che il mal.

Tu,

solo tu sei quell’amore satellite

che mi sconvolse la vita sul cuscino

sin da quando ero un bel bambino.

Cosa importa

se adesso senza losanghe e ramingo per il cosmo io vo

e mi sbatto le palle polverose dell’oraziano

quem mihi, quem tibi finem di dederint.

Io razionale e tu battona,

io zoccoletto e tu magistra,

dammi solo tre parole per dirti

omnia munda mundis”.

Così lontani, così vicini.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere 14, 08, 2022

IO SO

So che hai un amore per le mani,

le tue mani,

non solo le tue mani,

so che hai un amore per la testa,

la tua testa,

non solo la tua testa,

so che hai un amore per il collo,

il tuo collo,

non solo il tuo collo,

so che hai un amore per Modigliani,

Mody,

non solo Modigliani,

so che hai un amore per gli occhioni,

i tuoi occhioni,

non solo i tuoi occhioni,

so che hai la giovinezza per il corpo,

il tuo corpo,

non solo il tuo corpo,

so che hai per me la morte che verrà

e avrà i tuoi occhi.

 

Salvatore Vallone

 

Carancino di Belvedere 11, 01, 2022

 

LA NUOVA GERUSALEMME

Rubo i tuoi occhi

per guardare il tuo sogno.

Ritorno nei miei luoghi di diaspora

e mi appari.

Gerusalemme è distrutta

e io sono in fuga da sempre

per mantenere intatta l’acuta nostalgia di casa

il desiderio è un amplificatore che suona musiche ancestrali –

Tu dove sei?

Non riesco a immaginarti morto.

La mia mente è un ripostiglio fitto di conversazioni e gesti,

il tuo volto ripetuto in tutte le espressioni,

un album di foto che sfoglio

come il salterio tra l’ora delle lodi e la compieta

ma all’ora nona ti ho sentito gridare –

Ripercorro le nostre strade polverose

nelle ore lente del pomeriggio estivo,

ciuffi di erba sporca costeggiano i fossati,

rendendo disperato il paesaggio.

I miei passi risuonano solitari

e un’eco sorda rimbalza nella valle.

Tra le fronde argentate degli ulivi ti ravviso,

agiti la mano in segno di saluto,

la tua accoglienza è per me

e la mia felicità non sembra passeggera.

Abbiamo molto da dirci,

un confronto tra anime accese dalla furia della passione.

Tu ed io,

dall’infanzia all’incanutimento un’illusione composta in metrica.

Se fossi qui con me,

non avrei paura dei miei versi.


Sabina

 

Trento, 10, 08, 2021

COSI’ PARLO’ IL POETA PUPAZZETTO

Esce il tuo sorriso dalla bianca ombra del sole
e appari fresca di vita nella giovinezza che si perde.
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Spezza il tuo viso,
spezza il tuo cuore,
spezza il sorriso,
spezza l’amore.”

Perché ondeggi?
Non è forse la notte negli occhi?
Non è forse la luce nelle labbra?
Diniega,
respinge,
non è niente,
io sono felice,
io sono io,
non vedi?
Quale tristezza,
quale dolore?
Non posso fare a meno di essere felice,
non potrei non esserlo,
come potrei dulcissima virgo,
dulcissima femina di sangue spagnolo,
di accento profondo,
di voce calda e roca,
sensuale e medianica.
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Denuda il tuo viso,
denuda il tuo cuore,
denuda il sorriso,
denuda l’amore.”

Tu non hai sorelle,
sei figlia unica
e unica nel tuo breve universo,
sei Gea e sei Moira,
la radice dell’albero della vita,
il congedo della morte,
sei l’alfa e l’omega,
la prima e l’ultima lettera di ogni vocabolario,
sei il lievito della comunità di Cristo,
il primo degli ultimi,
sei pane e pagnotta,
pastosa e gustosa per chi ti mangia,
inquieta e fremente per chi ti gode,
odorosa alla francese,
puzzolente di calamari fritti alla messicana.
Riposa senza posa, o dolce sposa.
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Raccogli il tuo viso,
raccogli il tuo cuore,
raccogli il sorriso,
raccogli l’amore.”

Hai vergogna?
Psicodramma o farsa?
Una verità che tu sai,
una menzogna che tu neghi.
E’ difficile pesarti.
E’ arduo ponderarti.
E’ impossibile governarti.
L’ago gira, gira, gira,
la bussola si rompe,
roteano le pupille,
turbinano i testicoli.
La trance,
il delirio,
la vita e la morte.
Quale continuo congedo?
Quale continuo addio?
Quale valle mostri al tuo Josafat?
Quale fiume attraversi
per il tuo soldatino in grigioverde denominato Scarpel?
Il Piave o il Monticano?
Sul Montello hanno ucciso un partigiano di vent’anni.
Ma da che parte stava il partigiano a vent’anni?
Stava dalla parte sbagliata.
Punto e basta!
Nel Monticano si è annegata la Dolores,
la Maria Dolores da Motta di Livenza.
Era esaurita
e aveva perso la bussola.
Era spaesata la poverina.
Punto e basta!
E allora, a questo punto, dimmi,
dimmi tu che sai
e che hai navigato.
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Copri il tuo viso,
copri il tuo cuore,
copri il sorriso,
copri l’amore.”

Il corpo,
il corpo vuole,
il corpo vuole riposare,
vuole dormire,
vuole vivere,
vuole godere,
vuole morire.
Il corpo vuole morire.
Quanta pace!
Quanta serenità!
Quanta morte!
Vibra e ronza il cellulare.
Pronto?
Chi parla?
Sono le voci dell’amore antico,
le voci del pianto antico.
“L’albero a cui tendevi la pargoletta mano,
il verde melograno dai bei vermigli fior…
sei nella terra fredda,
sei nella terra nera,
né il sol più ti rallegra,
né ti risveglia amor.”
E’ morto il piccolo Dante,
il figlio di Giosuè!
E allora?
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Vesti il tuo viso,
vesti il tuo cuore,
vesti il sorriso,
vesti l’amore.”

Velo velino,
velo velato,
chi è la più bella del creato?
Marisa la tossica!
Proprio lei?
Non l’aspettavo a quest’ora.
La sua intelligenza zampilla,
spruzza,
sprizza,
esce dagli occhi e non dalle labbra.
Lei respira,
respira parole,
lei dice,
lei parla,
lei parla parole,
respira e parla parole,
parole e vita,
silenzio e morte.
Eternità chi sei?
Compagna della morte ti ho costruito invano.
L’esistenza è un mare di dolore,
un mare di piacere,
un mare di ambiguo malanno.
L’esistenza è una nenia araba,
un sorriso che ghigna,
un rumore sottile che metallico risuona,
un tonfo che echeggia alle radici dell’albero della vita.
Riposa senza posa
o dolce compagna di giorni migliori.
Riposa senza posa.
Cosa dice il poeta Pupazzetto?

“Raccogli il tuo viso,
raccogli il tuo cuore,
raccogli il sorriso,
raccogli l’amore.”

Vaffanculo poeta Pupazzetto!

Salvatore Vallone

Pieve di Soligo 10, 10, 2010

RIPASSIONE NAPOLETANA

Più lontana tu sei,

più vicina ti sento.

Chissà in questo momento chi pensi e cosa fai.

A chi regali oggi le tue preziose parole e gli sguardi all’hashish?

Tu mi hai messo nelle vene

un veleno che è dolce

e non mi pesa questa croce

che trascino per te.

Ti voglio,

ti penso,

ti chiamo,

ti immagino,

ti sento,

ti sogno,

ti desidero.

E’ un anno,

è proprio da un anno

che questi occhi non possono

più pace trovare.

Così canta il mio menestrello napoletano

e canta per te,

solo per te,

per la mia Diletta.

La mia Diletta è una donna eccezionale.

Di suo è proprio Lei,

ma ha di tutto e in abbondanza

e parla con la voce ovattata dal piacere che cresce.

Quando scrive, sa dell’Oriana,

è cazzuta,

è misterica,

è ambigua,

è greca del Peloponneso,

ma sa anche della Elsa,

è una cruda realista,

è forte di stomaco e sa il fatto suo,

è ebrea di Roma.

La mia Diletta è una donna con il cappello,

ma tanto di cappello,

e si nota anche a distanza

anche quando tra la gente acquista i cavoli verdi

e le rape rosse nel mercato rionale,

vicino all’Università,

tra i banchetti dalle tende a strisce bianche e rosse.

La mia Diletta è segnata nel Cantico:

“O mia colomba,

che stai nelle fenditure della roccia,

nei nascondigli dei dirupi,

mostrami il tuo viso,

fammi sentire la tua voce,

perché la tua voce è soave,

il tuo viso è leggiadro”.

La mia Diletta ha gambe di gazzella

e braccia ampie per abbracciare,

testa di donna e pensiero gentile,

petto accogliente e sentimento accorato,

grembo di madre e sensi spiccati.

La mia Diletta traballa e trabocca,

è giovane e tutta da indovinare,

si muove e si atteggia come scimmietta,

si slancia e si contrae

come la barca al rematore.

La mia Diletta parla,

parla con le sue parole

e conosce il suo Verbo,

“In principio era Lei…”.

La mia Diletta non è la Diletta di DAZN,

quella che sa di football e di legge,

quella che sa dispensarsi con modestia e innocenza

tra le pagine dello schermo televisivo,

tra un InterMilan a san Siro,

tra un NapoliRoma al san Diegoarmando.

La mia Diletta è la mia Diletta,

quella della Bibbia e del profeta.

Di poi e di altro dirti non so e non voglio

e tu più non dimandare.

Salvatore Vallone

Carancino di Belvedere 21, 02, 2021

LA PROCESSIONE DI SANTA LUCIA

TRAMA DEL SOGNO

Ho sognato di essere stata invitata dai miei cugini ad andare alla festa di Santa Lucia. Ho accettato l’invito e sono andata con loro. C’era tanta confusione, ma silenziosa e pacata come sempre.

Mi sono allontanata da loro e ho seguito la processione. Ho visto Santa Lucia, bella come sempre.

Era tutto controllato da tanti militari, sembrava un assetto di guerra, controllavano i tombini e le persone.

Ad un certo punto ad alcuni dei partecipanti, compresa me, ci hanno fatto uscire dalla processione e hanno voluto un attestato.

Io pensavo di averlo e invece no, ho detto che l’avrei portato dopo. Mi sono fermata in fondo a Via Piave e dietro di me c’era una camionetta di militari che controllavano la zona.

Ho continuato a camminare e ho visto che da un balcone, era lo studio di mio marito a Corso Umberto, c’era mio fratello Salvatore e gli ho chiesto di preparare anche per me questo attestato prima che la Santa passasse da quella strada.

Poi mi sono svegliata e non ricordo altro.”

Biby

INTERPRETAZIONE

Ho sognato di essere stata invitata dai miei cugini ad andare alla festa di Santa Lucia. Ho accettato l’invito e sono andata con loro. C’era tanta confusione, ma silenziosa e pacata come sempre.”

Biby è una donna amabile e socievole, religiosa e particolarmente devota alle tradizioni e alle cerimonie sacre. La festa di santa Lucia è l’occasione per mostrare anche la sua tendenza alla “sublimazione della libido”, un processo psichico di difesa che si attesta nel mettere al servizio del prossimo le proprie energie deprivandole della loro qualità sessuale. La disponibilità di Biby è infinita, così come l’apertura verso la gente conosciuta o anonima, quella “confusione silenziosa e pacata come sempre”. Biby descrive se stessa immettendosi tra gli altri e in particolare le aggrada l’attributo della pacatezza e il valore della modestia, alieno dalle esibizioni e dalle esternazioni narcisistiche. Biby è una donna di popolo che “sa di sé” e che trova negli altri la sua definizione e il suo completamento.

Mi sono allontanata da loro e ho seguito la processione. Ho visto Santa Lucia, bella come sempre.”

Si ripete il “come sempre”. La vita di Biby non subisce grandi scosse e non scorre in ambiti tortuosi e in modalità irruente. Biby ha una vita tranquilla che viaggia nella calma rassicurante della tradizione e secondo i ritmi cadenzati di una gradevole monotonia. Biby afferma la sua individualità e autonomia, pur restando in un ambito sociale anonimo e segue la ritualità religiosa e del quotidiano vivere. Biby impregna la sua vita del senso del sacro e non cambia i modi di essere e di esistere in questo contesto cultuale. Si immedesima nella figura della santa e condivide qualcosa di lei, la bellezza, che non è un fattore estetico e formale, ma è una dote sostanziale, un sentirsi dentro, una sensazione e un sentimento, una condivisione nel bene e nel male. Anche Biby, come santa Lucia, ha dentro il dolore e la gioia, il tragico martirio e la coscienza eletta. Questa è la decodificazione di “ho visto santa Lucia, bella come sempre”, una forma di identificazione a metà tra il sacro e il laico, una nobilitazione della vita corrente e della monotonia esistenziale. Biby è una donna pensosa e che pensa. Fin qui i bisogni profondi; vediamo il sogno dove si dirige.

Era tutto controllato da tanti militari, sembrava un assetto di guerra, controllavano i tombini e le persone.”

I bisogni profondi, di cui si diceva prima, sono controllati dall’istanza censoria e morale del “Super-Io”, “tanti militari” e in “assetto di guerra”. Le pulsioni e i bisogni sublimati di Biby hanno la tendenza a non sublimarsi del tutto e allora tentano di scappare da tutte le parti. Del resto, Biby appartiene alla Specie “homo sapiens”, per cui le sue deroghe sono comprensibili e pienamente giustificate. Si giustifica la necessità psichica da parte del “Super-Io” di controllare e censurare gli istinti sessuali e le relazioni elettive e significative: “i tombini e le persone”. Proprio per la loro connotazione e qualità, questi due elementi rappresentano simbolicamente i bisogni materiali, le istanze erotiche e sessuali, nonché il bisogno dell’altro. La “sublimazione della libido” non sempre funziona nel modo giusto ed ecco che interviene il “Super-Io” a richiamare al dovere e al senso di responsabilità sacrificando il corpo e i suoi bisogni. In questa repressione Biby a volte esagera, per cui si giustifica “l’assetto di guerra” in una “processione” sacra e con una santa Lucia in cui degnamente si è identificata per la condivisione di un dramma. Il prosieguo dell’interpretazione del sogno lo dirà con chiarezza.

Ad un certo punto ad alcuni dei partecipanti, compresa me, ci hanno fatto uscire dalla processione e hanno voluto un attestato.”

Biby ha già tirato fuori dalla tasca il suo “Super-Io”, “i militari in assetto di guerra”, adesso sente il bisogno di tirare fuori dalla tasca il suo “Io”, la coscienza di sé, l’auto-consapevolezza, “un attestato”. Quest’ultimo si riduce alla dignità di poter partecipare alla processione e di condividere con santa Lucia qualche tratto umano e psichico. Biby non è sola e in questa operazione di polizia si fa accompagnare, per lenire la tensione e continuare il sogno, da “alcuni dei partecipanti della processione” della serie popolare del “mal comune, mezzo gaudio”. Biby si sta chiedendo se la sua assimilazione e identificazione a santa Lucia ha una sua verità e correttezza o se invece è un abuso blasfemo di stampo mito-maniacale. Per questo motivo chiede al suo “Io”, “hanno voluto l’attestato”, di attestare la congruenza o il delirio di questa operazione psichica di condivisione e di identificazione. Biby chiede al suo “Io” di autenticare quello che il suo “Super-Io” ha censurato, ha messo in discussione. E’ una lotta e un braccio di ferro tra le due istanze psichiche “Io” e “Super-Io” sul tema seguente: “Biby è degna di santa Lucia o è una millantatrice di credito e va punita per eccesso di supponenza?”

E come la mettiamo con i suoi bisogni sessuali, i “tombini” e le relazioni sociali, le “persone”?

Chi vivrà vedrà e saprà di tanta combutta tra sé e sé da parte della nostra protagonista del sogno.

Io pensavo di averlo e invece no, ho detto che l’avrei portato dopo. Mi sono fermata in fondo a Via Piave e dietro di me c’era una camionetta di militari che controllavano la zona.”

Biby è più creativa di quanto pensa, ha più vissuti di quanto se ne accrediti, ha un “Io” che non sta dietro a tutte le sue produzioni psichiche, ne pensa una più del diavolo, elabora più di quanto riesce a immagazzinare, insomma Biby è ricca e prospera mentalmente e sa tirarsi fuori dagli impacci e dagli impicci. Adesso le tocca di mettere a posto la sua identità psichica e aggiornarla con i tratti della santità e del carisma per essere in linea con i tempi. La processione di santa Lucia le ha tirato fuori un vissuto partecipativo particolarmente devoto e sta controllando se l’equiparazione non è sacrilega. A tale necessità si fa tallonare dal suo “Super-Io” particolarmente attrezzato alla censura e, se è il caso, anche alla repressione. Biby è sull’orlo di una crisi di nervi e sta controllando la legittimità delle sue prerogative di accreditamento alla figura umana della santa protettrice della città di Siracusa, il cui corpo è ancora venerabile in Venezia presso la chiesa omonima nel sestriere di Cannaregio. Del resto, i santi sono elaborati dalla pietà umana proprio perché danno la possibilità ai fedeli di ritrovarsi nei tratti caratteristici e di migliorarsi. I caramba, i militari”, stanno controllando “la zona” e il Super-Io” è all’erta su questa operazione di possibile contrabbando dei dati tra Biby e la santa protettrice della vista e degli occhi, Lucia dal latino “lux”.

Ho continuato a camminare e ho visto che da un balcone, era lo studio di mio marito a Corso Umberto, c’era mio fratello Salvatore e gli ho chiesto di preparare anche per me questo attestato prima che la Santa passasse da quella strada.”

Biby procede nel cammino della sua vita e ha la consapevolezza che può avere questo benedetto attestato di buona condotta e lo chiede al fratello per non chiederlo al marito, il diretto interessato di questa drammatica ma pacata psicodinamica. In sostanza Biby ha perso il marito, ma non è rimasta sola perché è circondata dai parenti e dalla gente che le vuol bene. Lei stessa è una donna ricca di emozioni e di sensazioni vitali, socievole, gradevole e affabile, per cui speso si chiede quanto degna è la sua sopravvivenza al marito e quanto degna è del marito, questa figura che entra in punta di piedi alla fine nella scena onirica a chiarire tutto il quadro. L’identificazione con santa Lucia è possibile qualora il Super-Io opera le giuste censure rispetto all’Io e più che mai all’Es che presenta bisogni e pulsioni, slanci amorosi e slanci di investimento di “libido”. Del resto, chi sopravvive al coniuge tanto amato deve pur vivere con le proprie sofferenze e con la colpa del sopravvissuto, ma anche con l’appagamento dei bisogni del corpo e della mente, gli affetti e il piacere. Questa è la lotta tra le esigenze psicofisiche in una donna che continua a vivere portando onore alla memoria del marito defunto. Passerà la processione di santa Lucia da corso Umberto e troverà Biby sul marciapiede a onorare con devozione la santa che di sofferenze ne ha subite nella sua vita e che ancora rappresenta simbolicamente la fedeltà al suo Dio, come Biby al suo uomo.

Poi mi sono svegliata e non ricordo altro.”

In effetti il sogno si era concluso con questo accomodamento diplomatico tramite il fratello Salvatore per un giudizio benevolo e rispettoso della sorella, nonostante sia stata chiamata a una sofferenza anticipata nella sua vita di coppia e nella sua famiglia.

Non c’era altro da ricordare, perché quello che ha sognato Biby, scatenato dai festeggiamenti della santa protettrice della sua città, è completo ed esauriente. Bisognava soltanto decodificarlo per capirlo.

Nulla da aggiungere anche da parte mia, se non l’auspicio per Biby di giorni sereni e vissuti alla grande con un bell’Io e con un Super-Io da tenere sotto controllo e da ridimensionare quando esagera.

La sopravvivenza non è una colpa e tanto meno un peccato mortale.

L’ANIMA CHE VOLA DI ELISA

E’ una canzone importante e premiata per il valore letterario del testo, fascinosa nella musicalità e suadente nel messaggio. Elisa l’ha dedicata al suo uomo e al padre dei suoi figli: una canzone d’amore composta dopo la seconda maternità. “L’anima vola” segna il primo lavoro discografico in lingua italiana della cantante friulana.

Ma cosa contiene di “Psichico profondo” questo testo di scuola ermetica?

La metodologia psicoanalitica trova pane per i suoi denti.

L’anima vola”

Il simbolo “anima” è antichissimo, risale ai primordi dell’umanità. L’antropologia culturale lo attribuisce alla magia, alla religione, alla mitologia, alla filosofia, alla psicologia, alla psicoanalisi, per cui al simbolo si associa anche il concetto. L’anima è il più diffuso ed efficace esorcismo all’angoscia di morte con il suo attributo dell’immortalità. Jung volle che “l’anima” fosse la componente inconscia femminile del maschio, così come “l’animus” era l’equivalente maschile nella femmina. Ci piace pensare che “l’anima” di Elisa sia il suo tratto psichico femminile, la “parte femminile” della sua psiche che si integra con la “parte maschile” per comporre la sua “androginia psichica”. Quest’ultima si attesta nel coniugare attributi psichici maschili e femminili simbolicamente e culturalmente ascritti all’universo maschile e femminile, al di là del loro essere biologico maschile o femminile. Questo per quanto riguarda l’anima. In riferimento alla sua immaterialità è possibile che che l’anima “vola”. Il “volo” richiama il meccanismo di difesa dall’angoscia della “sublimazione della libido” e si attesta simbolicamente nell’evoluzione della materia verso la spiritualità con il conseguente benessere psicofisico. L’emancipazione dalle dipendenze materiali riguarda “l’anima” e il “volare”. La liberazione dalla pesantezza del corpo e dalla dimensione materiale porta alla sfera eterea del mistero e del mistico. Nel prosieguo dell’analisi del testo si definirà “femminilità” l’anima e nello specifico la “femmina biologica” e la “femmina psichica”.

le basta solo un po’ d’aria nuova”

L’”aria” è simbolo della vita e della vitalità. Rievoca il soffio di Dio nel “Genesi” per animare il pupazzo “AdamEva” composto dal fango e chiamato uomo nel senso di maschile e femminile. L’”aria” è il principio cosmogonico, “arké”, secondo Anassimandro e secondo le teorie filosofiche dei Sumeri e dei popoli dell’area mesopotamica. Se l’”aria” rappresenta simbolicamente la vita, l’aria “nuova” condensa il dare la vita, la verità biologica della procreazione e dell’amore della Specie. La femminilità è vita e dà la vita.

se mi guardi negli occhi”

Gli “occhi” contengono la luce della ragione e della realtà, la verità di sé e la coscienza di sé, la relazione vigile con se stessi e con gli altri. Negli “occhi” si attesta una vena di consapevole “simpatia” nella partecipazione emotiva e nella condivisione emotiva. Il “guardare” condensa un’ispezione interiore dell’altro e può degenerare in un’istanza paranoica. Il “se mi guardi negli occhi” si traduce in “se indaghi nella mia vigilanza razionale”, “se mi vuoi conoscere nella realtà”, “se aspiri a una conoscenza formale e visibile”. E’ richiamata la funzione razionale dell’”Io” con l’esercizio del “principio di realtà”.

cercami il cuore”

Il “cuore” è simbolo della “vita neurovegetativa”, delle emozioni, dei sentimenti, degli affetti, delle pulsioni, dell’empatia e della simpatia. “Cercami” è un invito seduttivo alla fusione sentimentale, una “traslazione sublimata” di un amplesso erotico e sessuale, la ricerca d’intimità e d’interiorità mista alla ricerca dei corpi.

non perderti nei suoi riflessi”

Perderti” equivale all’abbandono psicofisico, all’affidamento acritico e fiducioso. Niente di depressivo, tutt’altro! Condensa la grande capacità di lasciarsi andare e la disposizione all’orgasmo insieme a una benefica caduta nell’indifferenziato senza squilibrio. I “riflessi” del cuore sono tutte le dimensioni sopra citate che vanno da Eros a Pathos, dal corpo che vive al sentimento che si vive.

non mi comprare niente”

La femminilità è aliena dalla materialità, si esalta nel senso mistico e si appaga delle atmosfere rarefatte. La femminilità si volge alla spiritualità. Il “comprare” equivale a un’acquisizione possessiva, a un potere di investire la “libido” per avere. La femminilità non chiede niente, è aliena dalla materia e dal potere.

sorriderò se ti accorgi di me fra la gente”

La femminilità esige attenzione e premura, la consapevolezza dell’importanza della complicità, del sorriso, dell’apertura, del piacere, della gioia che traspare nel riconoscimento e nella bellezza. Il “sorriderò” accattivante e ruffiano segna la seduzione e l’intesa. La “gente” sono gli altri, i senza nome, i senza individualità che fanno contorno e cornice a una relazione speciale, quella della femminilità con il suo interlocutore. Il “ti accorgi” attesta dell’afflusso del “rimosso” e della conseguente presa di coscienza.

sì che è importante”

Le cose che contano, quelle che hanno valore per la femminilità, sono la complicità seduttiva e il sorriso consenziente. “Importante” equivale all’amor proprio e all’autocoscienza, allo spirito affermativo e alla valorizzazione di sé, all’autostima dell’Io e del suo vissuto.

che io sia per te in ogni posto”

Onnipotenza e ubiquità dell’amore materno! Per il bambino la mamma è una dea. La femminilità esaltata nella maternità induce l’augurio che il pensiero possa annullare lo spazio. Il ruolo psichico assimilato è imprittato di sacro e lo schema culturale parla della femminilità come di un soggetto di maggior diritto.

in ogni caso quella di sempre.”

La sostanza della femminilità è “sempre” la stessa, quella” che non varia al variare delle apparenze. Dopo il superamento dei limiti della dimensione spaziale, l’essere femminile presenta l’immutabilità del tempo e sceglie per sé il tempo che non scorre perché è fermo, perché è un presente continuo, un “breve eterno”. L’essere della femminilità resta identico secondo le tracce di una onnipotenza psichica e secondo i bisogni affettivi.

Un bacio è come il vento”

La fusione orale, un bacio”, l’affettività trasporta, inebria, emoziona, è una pulsione incontrollabile, “come il vento”, è il simbolo della passione e la metafora della volitività, della vitalità, della “libido”, delle energie da investire, dell’umore. Tutto questo è contenuto in un ingenuo e tenero “bacio”.

quando arriva piano però muove tutto quanto”

La dolcezza si sposa con la passione che muove la femminilità e commuove la maternità. “Eros” e “pathos” si coniugano ed esaltano in trasporto sensuale e sentimento. La donna perde la testa in progressione con il cuore.

è un anima forte che sa stare sola”

L’essere femminile è autonomo e si appaga di sé. La forza significa che sa di sé e non ha bisogno di altro fuori di sé. La madre è autosufficiente e consapevole. Il sapere della propria solitudine è affermazione di potere, difesa dal coinvolgimento e rasenta l’onnipotenza narcisistica

quando ti cerca è soltanto perché lì ti vuole ancora”

La seduzione femminile è finalizzata al desiderio che cerca il maschio per appagare se stessa e il Genio della Specie. Istinto è pulsione a cercare, è aver bisogno di sé e dell’altro affermando un potere. Volere è desiderio passionale e coscienza di godimento.

e se ti cerca è soltanto perché l’anima osa”

“Memento audere semper” recita un motto latino invitando a vivere intensamente la vita e la vitalità. La femminilità ci prova sempre e si basa sui fatti e non sulle astrazioni. La femminilità osa nel senso di fare e con coraggio e nel senso di realizzarsi come una pulsione e di dare concretezza all’idea, ai pensieri, ai desideri, ai bisogni. L’osare simbolico è un investire con ardimento. La donna è ardita e va all’assalto della vita senza il coltello tra i denti.

è lei che si perde e poi si ritrova”

Passare dall’emozione alla ragione, dall’orgasmo alla vigilanza, dal crepuscolo della coscienza alla limpidezza della mente, è questo il passaggio della femminilità dall’Inconscio al Conscio, dal buio alla luce per ricomporsi e ricompattarsi dopo essersi smontata psico-analiticamente. Viva il principio femminile!

E come balla quando si accorge che sei tu a guardarla”

La femminilità si esalta con la consapevolezza di essere per te e di essere piaciuta a te. Tu la esalti con interesse affettivo e sessuale. “Guardare” equivale ad apprezzare la bellezza e la ragione, a metà tra il movimento sensuale di appagamento e il sentimento d’amore verso la femminilità.

non mi portare niente”

Non voglio materia, la femminilità e la maternità esigono movenze psicologiche, danze affettive, presenze amorose, perché la donna e la madre si appagano di sé e nulla chiedono.

mi basta fermare insieme a te un istante”

“Fermati, sei bello” dice all’attimo Schiller. Vivere fuori dal tempo insieme a te comporta una creatività che fa a meno della Storia, un’eternità che va contro la miseria del Tempo. La Bellezza della femminilità e della maternità si coglie nell’attimo e non nello scorrere dei secondi, dei minuti, delle ore.

e se mi riesce”

Se sono capace di fermare la mia femminilità, se è nei miei mezzi fermare il tempo e vivere l’attimo insieme a te con tutta la bellezza della dimensione eterna della maternità, io sarò pienamente appagata di questo traguardo.

poi ti saprò riconoscere anche nelle tempeste”.

L’imprinting è avvenuto, adesso puoi andare, se vuoi, perché io ormai so di te, ho il tuo sapore e saprò di te quando il mio corpo navigherà nel trambusto dei sensi, nei tempi meteorologici che cambiano in tempeste.

l’anima vola, mica si perde”

La femminilità e la maternità non condividono i processi d perdita, tutt’altro! Il bilancio è sempre attivo e prospero. La partita doppia vede sempre il rialzo nella voce “attivo”. La donna e la madre non conoscono la depressione e la caduta delle energie da investire, semplicemente perché sono fatte di “libido genitale”, quella che si dona e appaga nella cornice magica del sentimento d’amore.

l’anima vola, non si nasconde”

La femminilità e la maternità non si rimuovono, non si dimenticano, non si lasciano archiviare facilmente come una pratica burocratica o un vizio assurdo. La femminilità e la maternità vivono nel presente e nel breve eterno. Esigono la costante memoria e l’imperitura manifestazione dettate dalla consapevolezza di essere i veicoli della vita e della vitalità: filogenesi.

l’anima vola, cosa le serve”

La femminilità e la maternità bastano a se stesse, non hanno bisogno di alcunché, vivono di se stesse e si appagano della loro autonomia. Hanno solo bisogno di amare perché sono anima, essenza vitale che aleggia e nutre.

l’anima vola, mica si spegne.”

La femminilità e la maternità sono eterne, almeno quanto l’eternità della vita che ha coscienza di sé, che sa di sé e aspira a perpetuarsi grazie all’anima che vola e non si imbatte nella fine e tanto meno nella morte. C’è sempre un’anima che sorge come il sole giocondo e libero in sul primo albeggiare.

Questo è quanto e scusate se è una canzone di musica leggera.

Salvatore Vallone

Pieve di Soligo (TV), giovedì 14 del mese di maggio dell’anno 2020

LA MATERNITA’ IMPERVIA

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Buongiorno dottor Vallone,

vorrei illustrargli il mio sogno perché mi ha colpito molto e non riesco a trovare una spiegazione.

Ho sognato, per ben due volte in questo periodo, di essere malata e di sembrare una zombie.

Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.

La sensazione che ho avuto è stata di paura e subito dopo ho visto che li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.

Sempre nello stesso sogno mi sono ritrovata in una parte di casa mia che funge da ripostiglio e doppio bagno e nel cui interno è presente una cassettiera ormai vecchia e rotta e di proprietà di mia nonna.

In questo contesto ho sognato il mio ex che riparava questo mobile con tutto il vestiario e altri oggetti per terra e di averci litigato.

Vorrei sapere cosa significano questi sogni veramente strani.

Cordiali saluti da Federica.”

INTERPRETAZIONE DEL SOGNO – CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

Quanto importante è per una donna diventare madre ?

Quale trauma psichico comporta la sterilità ?

Quale e quanta sofferenza si annida negli interventi chirurgici che mutilano la “genitalità” femminile ?

Mi fermo a queste ricorrenti questioni per non drammatizzare ulteriormente le psicodinamiche collegate.

Prima domanda: realizzare la maternità si traduce in esercitare la “libido genitale” e vivere “la posizione psichica genitale” insieme a un uomo investito di attrazione sessuale e di sentimento d’amore, il famoso o famigerato “altro”. Per una donna diventare madre comporta il portare avanti l’evoluzione del suo “psicosoma” con la concretezza vivente e l’oggetto visibile della sua natura femminile.

Seconda domanda: la sterilità comporta l’esercizio del meccanismo psichico di difesa dall’angoscia della “razionalizzazione della perdita”. Quando la donna ha la consapevolezza dell’impossibilità di avere figli, si dispone all’accettazione della realtà e a trovare soluzioni idonee alla sua formazione psichica e culturale. Questa donna non è figlia di un dio minore se non sarà madre naturale o se sarà madre adottiva o se si gusterà la vita istruendo i “meccanismi di difesa” utili alla sua situazione psico-esistenziale.

Terza domanda: al trauma organico si associa un delicato e pericoloso trauma psichico. La donna si convince della realtà in atto in breve tempo, ma ha bisogno di ben calibrare dentro di lei cosa le sta succedendo semplicemente perché reagirà alla perdita traumatica reale in base alla sua “organizzazione psichica reattiva”, in base alla sua formazione e in base a come ha messo a posto le varie “posizioni” evolutive. Questo discorso è degno di chiarimento e mi riservo di riprenderlo nella sezione “domande & risposte”.

Ho preferito il titolo “la maternità impervia” per indicare che la gravidanza e il parto sono momenti belli e conflittuali nel cammino della vita di una donna, al di là delle complicazioni reali e traumatiche in cui può incorrere. Una donna cosiddetta “normale” parte con il bagaglio dei “fantasmi” in riguardo alla deflorazione, alla sessualità, alla fecondazione, alla gravidanza, al travaglio e al parto. Possono bastare per non annoiarsi e per avere una vita spericolata.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

Vorrei sapere cosa significano questi sogni veramente strani.”

I sogni non sono mai strani o estranei. I sogni sono nostri e siamo noi, meglio, una parte psichica di noi, quella emergente nel momento storico ed esistenziale che stiamo vivendo. Non solo ci riguardano alla grande, ma ci coinvolgono anche perché li elaboriamo con quella funzione poetica-creativa che si ascrive ai “processi primari”, la nostra Fantasia per intenderci.

Ed ecco che Federica definisce “strana” quella “parte psichica di sé” o quella “se stessa” che si è manifestata nel teatro onirico e ha recitato il sogno, quasi come se non le appartenesse, quasi come se non volesse accettarla e volesse liberarsene. Invece, il sogno è terapeutico, è la nostra naturale auto-terapia e per realizzarla basterebbe ricordare il “Linguaggio dei simboli”, il nostro primo Linguaggio e la nostra prima Logica. Leggi, tanto per gradire, il “Linguaggio dimenticato” di Fromm.

Inoltre, il sogno ha il potere di compattare la nostra struttura psichica evolutiva, propriamente “organizzazione psichica reattiva”, integrando vissuti estromessi e parti non riconosciute o addirittura rifiutate.

Federica vuole proprio sapere cosa significano questi sogni strani per capire cosa si sta muovendo in lei e cosa spontaneamente e naturalmente ha riesumato dormendo. La curiosità di sapere è la difesa per ridimensionare l’effettivo bisogno di “sapere di sé”. Se poi questa difesa si aggrava, si definisce “resistenza” e si traduce nell’indisposizione a prendere coscienza del materiale psichico rimosso perché emotivamente ingestibile dall’economia nervosa del sistema psichico. Per qualsiasi finalità Federica chiede di sapere, io ubbidisco come Garibaldi e la ringrazio di avermi fatto partecipe di qualcosa d’importante che intimamente la riguarda.

Ho sognato, per ben due volte in questo periodo, di essere malata e di sembrare una zombie.”

Va da sé che Federica non sta bene e non attraversa un bel “periodo” della sua vita. Il simbolo della “malattia” dice che si tratta di una disarmonia tra “parti psichiche” che non sono state ben razionalizzate e integrate nella sua “organizzazione psichica reattiva” o struttura evolutiva. Questa mancata operazione rende ragione delle turbolenze di un conflitto non risolto o di un trauma non adeguatamente assimilato.

Ma quale conflitto?

Quale trauma?

Un “fantasma di morte” è condensato nello “zombie”, un morto vivente, un “fantasma depressivo di perdita” e di carenza di vitalità, una psicoastenia o una “psiconevrosi attuale”, come Freud definiva i disturbi che non hanno una causa remota e rimossa. In ogni caso Federica sente la morte dentro. Non resta che procedere con cautela e cercare la coerenza consequenziale.

Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.”

Nell’immediato decodifichiamo il simbolo dei “vermi”: spermatozoi. Si tratta del seme maschile con la massima evidenza e certezza. Federica ha il conto sospeso con l’universo maschile e il liquido seminale: un trauma o un’elaborazione psichica sul tema della fecondazione.

Ma perché lo sperma si trovava negli occhi?

Gli “occhi” sono il simbolo della vigilanza logica e della lucidità razionale, del “principio di realtà” e dell’istanza psichica “Io”. Federica ha ben chiaro in mente un progetto di gravidanza. Il colore “verde” attesta della vitalità e della realtà in atto: “che si muovevano”. Il sogno di Federica riesuma il desiderio e il tentativo di restare incinta.

La sensazione che ho avuto è stata di paura e subito dopo ho visto che li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.”

Federica rifiuta la gravidanza, si libera degli spermatozoi per la paura di restare incinta: “sputavo”. La “bocca” condensa il simbolo dell’organo sessuale femminile e nello specifico le grandi labbra. Il colore “bianco” attesta simbolicamente di una neutralità e di una insignificanza: il seme ormai è inerte e inanimato. “Ho visto” si traduce in ero consapevole. Federica ha piena coscienza di non essere gravida e rappresenta la perdita progressiva dalla vagina degli spermatozoi dopo l’eiaculazione. La testa vuole, ma il corpo rifiuta. Federica è molto contrastata sulla sua maternità.

Sempre nello stesso sogno mi sono ritrovata in una parte di casa mia che funge da ripostiglio e doppio bagno e nel cui interno è presente una cassettiera ormai vecchia e rotta e di proprietà di mia nonna.”

Un altro spezzone di sogno dice che Federica sta rievocando del materiale psichico intimo e rimosso e che riguarda il suo essere femminile. Quest’ultimo è vissuto male perché è vecchio e rotto come la “cassettiera” della nonna. Ritorna la scarsa considerazione, quasi il disprezzo, che Federica ha per il suo corpo di donna. La “casa” rappresenta simbolicamente la struttura psichica in evoluzione. Il “ripostiglio” condensa, sempre simbolicamente, il meccanismo di difesa della “rimozione”, il luogo dove per difesa dall’angoscia releghiamo i vissuti ingestibili dalla coscienza. Il “bagno” attesta che il materiale psichico in questione riguarda l’intimo e il privato, il delicato e il personale, l’erotismo e la sessualità. La “cassettiera” è il simbolo dell’universo psicofisico femminile in quanto condensa la recettività sessuale della donna e la comprensione del grembo materno. “Vecchia e rotta” vanno da sé che contengono la disistima e il disprezzo della sessualità e della femminilità: sterilità e disfunzione. La “proprietà della nonna” è il richiamo di Federica alla persona in cui si è identificata nel momento in cui ha superato la conflittualità con i genitori, ”posizione edipica”, e ha acquisito l’identità femminile. Ripeto: nello stesso sogno Federica dimostra di non voler la gravidanza e di avere un cattivo rapporto con il suo corpo e con la sua sessualità nello specifico. E’ possibile che questo trambusto drammatico sia legato a qualche trauma fisico e chirurgico, ma il sogno non lo dice fino a questo momento.

In questo contesto ho sognato il mio ex che riparava questo mobile con tutto il vestiario e altri oggetti per terra e di averci litigato.”

Ancora un altro sipario: l’ex partner sessuale, che poteva essere risolutore per una gravidanza qualora l’apparato sessuale e genitale fosse stato sano e non da riparare, è motivo di conflitto e di incompatibilità. Ritorna la possibilità di una ricerca di gravidanza dopo aver subito un intervento traumatico. Federica ha una “cassettiera” rotta che non si può riparare. L’aspetto truce di questo quadro che Federica propone in sogno è rappresentato da “tutto il vestiario e gli altri oggetti per terra”. Dà il senso della perdita dei modi di essere donna e di parti fisiche dell’apparato genitale. Un vero dramma per una donna è proprio la sterilità indotta da una malattia o da una insanabile disfunzione. Forse il suo “ex” a suo tempo non aveva voluto un figlio da Federica e l’aveva indotta a interrompere la gravidanza. In ogni caso si tratta di un vero e proprio trauma del Corpo in primo luogo e, di poi, naturalmente della Mente.

Questo è quanto dovuto al sogno di Federica.

PSICODINAMICA

Il sogno di Federica svolge in maniera lineare la psicodinamica della frustrazione dell’istinto materno a causa di un importante trauma psicofisico. La simbologia mette insieme uno psicodramma che si appaga della compostezza emotiva a causa di una necessaria “razionalizzazione” dei vissuti e degli eventi. Questi ultimi possono riguardare l’ambito chirurgico, mentre i vissuti si adeguano a una realtà di sterilità. Federica può aver subito l’asportazione dell’utero o delle ovaie e ha dovuto razionalizzare la perdita del corredo genitale.

PUNTI CHIAVE

I sogni di Federica girano attorno ai seguenti cardini: “Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano…li sputavo dalla bocca ed erano bianchi”: il primo sogno. “Una cassettiera ormai vecchia e rotta” spiega inequivocabilmente il secondo sogno.

ULTERIORI RILIEVI METODOLOGICI

I simboli presenti nel sogno di Federica sono la “malattia” o disarmonia tra parti psichiche, lo “zombie” o fantasma di perdita della vitalità, i “vermi” o gli spermatozoi, gli “occhi” o Io vigilante e principio di realtà, “verde” o vitalità in atto e realtà gratificante, “si muovevano” o intenzionalità psichica, “sputavo” o rifiuto, “bocca” o grandi labbra e parte esterna dell’organo sessuale femminile, “bianco” o caduta della vitalità in questo caso, “vecchio” o caduta della vitalità, “rotta” o disfunzione psicofisica, “cassettiera” o grembo e genitalità femminile, “casa” o organizzazione psichica reattiva in atto, “ripostiglio” o il Subconscio e difesa della rimozione, “bagno” o intimo e privato, “nonna” o crisi identificativa, “vestiario” o generici modi di apparire, “oggetti” o parti psicofisiche alienate, “ex” o attualizzazione del rimosso, “terra” o principio femminile.

Il sogno di Federica è ricco di simboli che ben interagiscono nel confermare una crisi della maternità e della funzione genitale.

L’archetipo evocato è la “Madre” e il Principio femminile con tutto il corredo mitico e mitologico di cui è stato nei millenni dotato nel bene, maternità, e nel male, seduzione.

Il “fantasma depressivo di perdita” è presente nell’esordio del sogno in “di essere malata e di sembrare uno zombie”, nonché in “li sputavo dalla bocca”. Ricordo che si tratta di una variante del “fantasma di morte” e per la precisione della “posizione genitale”: frustrazione dell’istinto materno per crisi della vitalità e della capacità.

Il sogno di Federica mostra in azione l’istanza vigilante e razionale “Io” in “ho visto”, mentre l’istanza pulsionale “Es” è dominante e si vede chiaramente in “Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.” e in “li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.” e in “una parte di casa mia che funge da ripostiglio e doppio bagno” e in “una cassettiera ormai vecchia e rotta e di proprietà di mia nonna”. L’istanza morale e censoria del “Super-Io” non figura. Il prodotto psichico di Federica si può definire “sogno dell’Es”.

Il sogno di Federica svolge le tematiche della “posizione psichica genitale” in “erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.” e in “li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.” e in “una cassettiera ormai vecchia e rotta e di proprietà di mia nonna.” Tracce della “posizione psichica orale” si intravedono in “di essere malata e di sembrare una zombie.” proprio per il senso di solitudine e di mancanza di affetti.

Sono usati i seguenti “meccanismi psichici di difesa”: la “condensazione” in “zombie” e in “vermi” e in “occhi” e in “bocca” e in altro, lo “spostamento” in “vecchia” e in “ripostiglio” e in “bagno” e in “una cassettiera ormai vecchia e rotta”, la “rimozione” in “ripostiglio”, la “figurabilità” o rappresentazione per immagine in “zombie” e in “vermi verdi che si muovevano” e in “li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.” e in “una cassettiera ormai vecchia e rotta”. La “drammatizzazione” si coglie in “Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.”

La “regressione” è presente nei termini dovuti alla funzione onirica o all’atto del sognare, mentre della “sublimazione della libido” non si trova traccia. La “compensazione” non trova posto nel sogno di Federica.

La “organizzazione psichica reattiva” evidenziata è “genitale”. Federica vive un drammatico conflitto sulla possibilità di diventare madre.

Le “figure retoriche” formate da Federica nel sogno sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “”zombie” e in “vermi” e in “occhi” e in “labbra” e in “cassettiera”, la “metonimia” o relazione logica in “sputavo” e in “vecchia” e in “nonna” e in “ripostiglio”, la “enfasi” o forza espressiva in “Dentro i miei occhi erano presenti dei vermi verdi che si muovevano.”. La trama del sogno è compilata da Federica in maniera prosaica e fortemente realistica.

Si riscontra la “allegoria della psicoastenia” in “di essere malata e di sembrare una zombie.”, la “allegoria dello sperma” in “vermi verdi che si muovevano.”, la “allegoria dell’aborto” in “li sputavo dalla bocca ed erano bianchi.”.

La “diagnosi” dice di una frustrazione della “libido genitale” legata a una sterilità congenita o acquisita: trauma chirurgico.

La “prognosi” impone a Federica di “razionalizzare” la sua reale condizione di donna che non può avere figli e di valutare in maniera seria la possibilità di adozione. In ogni caso il processo della “sublimazione della libido genitale” è molto utile e proficuo nel far sentire Federica generosa come una madre.

Il “rischio psicopatologico” si attesta nella mancata “razionalizzazione” dello stato psicofisico in atto e nella ricerca spasmodica di realizzare a tutti i costi l’istinto materno. La conseguenza porta a rasentare lo “stato limite”, proprio perché si chiama in causa la pulsione di onnipotenza che è una cattivissima compagna di viaggio nella vita. Voglio significare che Federica rischia di elaborare una forma di delirio compensativo qualora rifiuta la realtà.

Il “grado di purezza onirico” è stimato nell’ordine del “buono” perché concilia l’aspetto surreale con la narrazione e l’accomodamento della comunicazione.

La “causa scatenante” del sogno si attesta nella riflessione pomeridiana sulla maternità e sullo stato psicofisico. Magari la visione di un bambino che gioca nel parco può aver suscitato il sogno con tutta la sua intensità emotiva.

La “qualità onirica” è decisamente “surreale” per l’originalità della composizione e del “lavoro” onirico.

Il sogno di Federica può essere stato effettuato durante la seconda fase del sonno REM e in superamento verso il nonREM. L’intensità emotiva giustifica tale collocazione.

Il “fattore allucinatorio” si colloca nell’esaltazione del senso della “vista” in “ho visto che li sputavo dalla bocca ed erano bianchi”.

Il “grado di attendibilità” dell’interpretazione del sogno di Federica è “buona” a causa della chiarezza dei simboli e della loro interazione. Il “grado di fallacia” è “minimo”.

DOMANDE & RISPOSTE

L’interpretazione del sogno di Federica è stata sottosta all’attenzione e alla sensibilità di una donna che ha voluto restare anonima.

Domanda

La leggo da tempo e per comodità mi son fatta uno schema semplice sulle “posizioni psichiche” che sono importanti per capire il sogno. Vorrei che lei mi dicesse se è giusto l’inquadramento che ho fatto. “Posizione orale” – dipendo dunque sono, “posizione anale” – posso dunque sono, “posizione fallico-narcisistica” – mi piaccio dunque sono, “posizione edipica” – combatto dunque sono, “posizione genitale” – riconosco dunque sono. Mi sono rifatta al “cogito ergo sum” di Cartesio perché, come lei sa, io insegno filosofia. Mi dica se va bene. Per capire le sue interpretazioni dei sogni bisogna aver chiari in testa alcuni punti chiave che ricorrono immancabilmente in ogni articolo.

Risposta

Perbacco se va bene, va benissimo al punto che ti chiedo se posso usare questo schema nei prossimi lavori. Hai sintetizzato benissimo le caratteristiche psichiche dell’evoluzione psicofisica: la dipendenza e la vita affettiva, la ricerca del potere e dell’autonomia, l’autocompiacimento e l’individualismo, la conflittualità con i genitori e l’identificazione al maschile o al femminile, il riconoscimento dei genitori e la disposizione verso l’altro. L’essere psichico si attesta nel divenire psichico, nell’elaborazione evolutiva di questi tratti specifici e nella loro compresenza e simultaneità. Eraclito e Parmenide si incontrano nell’osteria di Freud. Dopo i dodici anni i vissuti di base sono stati organizzati e nel prosieguo della vita si allargheranno e si approfondiranno secondo questi paradigmi che tu hai ben sintetizzato. In questo modo si forma la personalità e il carattere, meglio la “organizzazione psichica reattiva” o struttura psichica evolutiva. I “fantasmi” sono la base dinamica di questa opera di costruzione e di integrazione operata dall’Io cosciente e razionale di ogni persona e al di là di qualsiasi razza e cultura. La Psiche e il Corpo sono il fondamento naturale dell’uguaglianza tra gli uomini, ma attenta a dirlo ai cafoni e agli ignoranti.

Domanda

Dalla lettura del sogno sorgono tante domande. Federica può aver subito un intervento chirurgico che l’ha resa sterile o era sterile di suo o era sterile per motivi psicologici. Cosa mi dice?

Risposta

Proprio vero. In questa ricerca della verità oggettiva ci si appella a cosa dice il sogno con la sua capacità di traslare la realtà e la verità nel registro dei simboli. Il sogno dice sempre una parte della verità oggettiva, perché dà per scontato tutto il resto. Mi spiego: Federica sa che non potrà avere figli e allora sviluppa in sogno il suo dolore per l’impossibilità di diventare madre. Oppure, Federica ha la paura inconsulta del travaglio e del parto, per cui rifiuta lo sperma e la fecondazione. Che sia una sterilità organica o una menomazione chirurgica, il sogno non lo dice nei termini plausibili di un’affermazione. Il sogno di Federica sviluppa un capitolo del suo romanzo di donna e di potenziale madre. La Psiche contiene tutto il quadro, ma privilegia in sogno la parte emergente in base allo stimolo avuto. Esempio: nel pomeriggio si è recata in ospedale per visitare qualcuno e si è ricordata per un attimo del suo trauma chirurgico oppure ha visto un bambino in carrozzina e ha ripescato la sua voglia di essere madre. Per quanto riguarda la “sterilità psicogena” non sono convinto che la Psiche possa annullare la biologia della fecondazione. Può contrastarla, ma non può impedirla. Madre Natura e Padre Ghiandola non si lasciano abbindolare da qualsiasi drastica azione psichica di annullamento o di inibizione. Si è detto sul tema che la donna secerneva in vagina, a causa della tensione nervosa legata alla paura della gravidanza, sostanze acide spermicide o ritardanti l’incontro del seme con l’uovo. Quando c’è la giovinezza e la bontà degli ormoni, la Natura procede in pompa magna sul carro del vincitore. La Filogenesi vince sull’estinzione della Specie. L’Evoluzione si basa anche sulla fertilità delle varie Specie, per cui si evolvono facilmente le Specie prolifiche e si estinguono le Specie non prolifiche e che abbisognano di molto tempo per la gestazione. In sostanza, topi e conigli non mancheranno mai sulla faccia della Terra.

Domanda

Tutto quello che lei dice è interessante, ma, tornando al sogno di Federica, è possibile che il suo “ex” fosse sterile e che lei lo ha mollato perché non poteva fecondarla, visto che lo sperma era prima verde e poi bianco. Il sogno ci dice di considerare anche questo.

Risposta

Escludo che l’uomo fosse sterile. Il problema psicofisico è di Federica. E’ lei che si accorge di non portare avanti la gravidanza e di non accogliere il seme nella maniera dovuta. E’ lei che opera la metamorfosi dello spermatozoo da vitale-verde a morto-bianco. Se fosse stato sterile il maschio, non ci sarebbe stato motivo di tanto dramma semplicemente perché lei era fertile e avrebbe potuto sempre fare un figlio con un altro uomo o con la fecondazione del suo uovo con lo spermatozoo di un altro uomo: “fecondazione assistita eterologa”. Stiamo sconfinando dal sogno di Federica ai tempi moderni e ai vantaggi offerti dalla Scienza medica alle problematiche femminili sulle possibilità di avere un figlio. E’ un argomento molto sentito dalle donne europee, alla luce del fatto che si fanno pochi figli e dopo i quarantanni e alla luce dell’incremento della sterilità maschile. Quest’ultima è dovuta a vari fattori e tra questi prevale la tossicità dell’alimentazione. I pesticidi usati in agricoltura aggrediscono i testicoli danneggiando e riducendo la produzione di sperma: oligospermia e necrospermia. Nel tempo andato durante la visita medica per il servizio militare era possibile diagnosticare il varicocele e ridurre le cause di sterilità. Oggi il maschio non è messo tanto bene a causa dell’aria che respira e di quello che mangia.

Domanda

Quindi era un problema di Federica. E allora, il passaggio dagli occhi alla bocca nel sogno vuol dire che lei guarda i vermi verdi, prende coscienza che lo sperma è buono, e poi si accorge che le esce bianco dalla bocca, ossia che le esce morto dalla vagina.

Risposta

Perfetto. Oltre che filosofa sei anche una buona interprete dei simboli.

Domanda

Ho ripetuto quello che ha detto lei, ma comunque la ringrazio per il complimento. Cosa si può dire alle donne che hanno subito interventi chirurgici drastici che le hanno rese sterili?

Risposta

E’ una questione talmente delicata che si può affrontare partendo dall’organizzazione delle strutture sanitarie. Bisogna introdurre nel reparto di Ginecologia e di Ostetricia la figura dello psicoterapeuta. Questa innovazione è essenziale, oltre che civile, ma in Italia siamo lontani anni luce da questa sensibilità e quindi non consideriamo la necessità di tale e tanta presenza che darebbe qualità all’esperienza della maternità e sarebbe di rispetto per le donne. Non soltanto, ma si eviterebbero con la presenza fissa e continua dello psicoterapeuta nel reparto, i rischi di subire traumi durante il travaglio e diminuirebbero le pericolose depressioni “post partum” e tutto quello che viene diagnosticato con sindrome “puerperale”, come se il procreare fosse uno stato prossimo alla malattia psichiatrica. Per quanto riguarda gli interventi chirurgici ginecologici, bisogna pensare che la perdita della funzione genitale fa perno sul “fantasma di morte” nelle versioni “negative” di “perdita” depressiva o di “frammentazione” o di “mutilazione” o di “castrazione” e si manifesta attraverso le crisi d’angoscia e la conversione della tensione nell’elaborazione di fobie e di paranoie. La donna regredisce alle “posizioni psichiche” sensibili in cui è possibile fissarsi per elaborare l’angoscia di perdita secondo le pulsioni dominanti in quella fase evolutiva. E qui mi potrei fermare perché si apre un lungo discorso clinico.

Domanda

No, continui. Fa bene a noi donne sentire queste cose e si spera che faccia bene anche agli uomini che amano le donne, almeno quelli che sono rimasti in circolazione.

Risposta

Giusto, capisco il tuo pessimismo, ma lo trovo esagerato. Esemplifico e sintetizzo. Il “fantasma di morte” si distingue in base alla “posizione psichica” che la donna rivive e che ha a suo tempo elaborato. Vediamo le varianti cliniche e le psicodinamiche.

Il trauma chirurgico in lesione dell’apparato genitale quando si innesta e attecchisce nella “posizione orale” risuona con le note dell’abbandono e della dipendenza affettiva. L’angoscia è di “solitudine” e la donna ha tanto bisogno di essere amata, consolata, rassicurata e di dipendere affettivamente: psiconevrosi depressiva transitoria e risolvibile in breve tempo attraverso una buona “razionalizzazione” della perdita.

Se il trauma chirurgico si fissa nella “posizione anale”, l’angoscia è di “frammentazione” e scatena l’aggressività contro gli altri e contro se stessa, pulsioni sadomasochistiche pericolose per la donna e per la convivenza. Questa è la situazione psichica più delicata e pericolosa per l’equilibrio psicofisico semplicemente perché la donna nella ricerca della sua autonomia proietta la sua angoscia nelle persone del suo ambiente nel tentativo di liberarsene. La “sindrome paranoica” è richiamata e interessa il sistema relazionale. Nelle relazioni con le persone si manifesta persecuzione e nelle relazioni con le cose si stabilisce fobia. Questo stato psichico deve essere risolto perché contempla la possibilità della violenza, per cui si rende necessaria la psicoterapia.

Se il trauma chirurgico si fissa nella “posizione fallico-narcisistica”, l’angoscia è di “mutilazione” e la reazione oscilla tra l’esaltazione e l’isolamento. La donna vive una forte offesa al proprio corpo e in via traslata all’amor proprio e al suo valore, per cui tende a rimuovere l’angoscia o a sublimarla. Se la “rimozione” non funziona, la donna vive e realizza una pulsione all’isolamento e all’introversione. Se la “sublimazione” non esaurisce e non compensa le cariche nervose, la donna esperisce altri “meccanismi psichici di difesa” utili a ricompattare l’Io nei termini di un’auto-gratificazione intensa.

Se il trauma chirurgico si fissa nella “posizione edipica”, l’angoscia è di “castrazione” e la donna vive la perdita e l’offesa come una punizione istruendo sensi di colpa che tendono all’espiazione attraverso la “conversione isterica” e la “formazione di sintomi”: “psiconevrosi isterica”.

Se il trauma chirurgico si fissa nella “posizione genitale”, l’angoscia è di perdita depressiva con una caduta nell’indeterminato psichico. La donna tende a riprendersi con la “razionalizzazione” del trauma e a reagire con il riconoscimento dell’esperienza vissuta. Si prende amorosa cura di sé e del suo destino: “amor fati”. Matura il sentimento d’amore e di cura di sé e dell’altro. Condivide le sue angosce in coppia e in famiglia. La psiconevrosi depressiva si risolve in breve tempo.

Questa sintesi si conclude e dimostra quanto sia necessaria e proficua la Psicoterapia nei reparti, non soltanto di Ginecologia e Ostetricia, di qualsiasi ospedale. Umanamente ci saranno meno persone da curare con sintomi strani che la Medicina organica non capisce e non contempla. In certi settori e specialmente in quello psicologico siamo all’età del bronzo.

Domanda

L’adozione è una soluzione importante?

Risposta

L’adozione è una degna compensazione dell’istinto materno e permette la traslazione dell’investimento “genitale” in un essere umano. In maniera ottimale il bambino adottato nel primo anno di vita è meno problematico rispetto al ragazzino di dieci anni che è già ben strutturato a livello psicologico. E’ anche umano che le coppie abbiano una preferenza e un desiderio quando si accingono all’adozione. Spesso chiedono agli psicologi notizie al riguardo. Alcune donne prediligono un neonato e altre non avanzano distinzioni. E’ importante che la coppia sappia che la formazione psichica avviene nei primi anni di vita, in maniera che possa stabilire il grado di impegno educativo e la qualità formativa che l’adozione comporta. E’ senz’altro più problematico il bambino che viaggia dai cinque ai dodici anni, rispetto al bambino di un anno che si forma in quel contesto familiare e con quei genitori e senza avere la consapevolezza della vecchia e della nuova situazione. Il primo avrà la pulsione di cercare i genitori naturali e di ritornare con loro. Il secondo non si pone minimamente il problema.

Domanda

Ma bisogna dire al bambino che è stato adottato?

Risposta

I genitori sono per il bambino piccolo le figure che lo nutrono e lo proteggono con le mille cure chiamate amore. Quando cresce non è necessario dire la verità sulla sua origine, anzi è dannoso per l’economia psicologica. Qualora intercorressero circostanze impreviste o si rendesse necessario per fattori somatici, si deve comunicare la verità. Questa è una questione spinosa che va affrontata caso per caso. In generale vale la regola dell’omissione della notizia, omissione non bugia. Al trambusto critico evolutivo è preferibile non associare un tema così delicato ed esistenziale.

Domanda

Consiglia l’adozione?

Risposta

E’ una decisione altamente nobile ed è una scelta di estrema naturalezza. Si può adottare anche in presenza di figli propri e di cani e gatti. Il sentimento d’amore è psicologicamente la migliore cura agli affanni dell’esistenza.

Domanda

Grazie.

Risposta

Prego e alla prossima.

Vi lascio una storia decisamente “pop” e degna di essere visitata a occhi aperti e con la giusta ironia.

IL TESTAMENTO DI DONNA FRANCA

DA BIGOLINO

Mi trovo in alto mare con un marito ingrato e un compleanno crudele,

con una palestra polverosa e una farmacia acidula,

con una supposta arrotondata e una leccornia consolatrice.

Oggi mi sono fatta di Valium e di Nutella

e ho scritto il mio testamento di malata di aids,

una malata senza speranza e speranzosa nello stesso tempo.

“Malamente lascio tutti voi,

ma vi lascio bene e in famiglia

e questo è per me motivo di consolazione in tanta disgrazia.

I figli li terrai tu, come abbiamo deciso a suo tempo”.

Tu!

Tu sei stato il mio uomo,

ingrato,

ma sei stato il mio uomo

e sai che ti rivedo sempre volentieri

e sai benissimo che ti coltivo con amore dentro di me

come la mia ipocondria

e, siccome non ho altro da pensare,

penso a te come il mio unico e vero male.

Per il resto niente di nuovo sotto le nuvole del mio cielo.

Tutto avverrà necessariamente

com’è stato scritto nel libro mastro della mia vita.

Io lascerò il mio tempo allo spazio e il mio spazio al tempo,

sarò pura energia dotata di pensiero pensante in atto

e vivrò finalmente conosciuta a me stessa tra dimensioni ignote e luminose.

Io passerò nel momento a me destinato

e sarò puro spirito tra puri angeli senza ali.

Ma quante colpe devo espiare ancora in questa vita prima di evolvermi?

Quanto deve soffrire questo mio pesante involucro?

Ormai sento soltanto la sua oppressione,

sento dentro di me serafiche campane

che inutilmente battono a martello

perché io non riesco ancora a morire.

Tutto mi consola e mi atterrisce allo stesso tempo.

Ho anche paura della pubblicità in tv

e mi angoscia ricordare il tuo aspro martello

che batte insolente nel dolce collo del mio rustico anfratto.

Il mio amore per te, del resto, è stato anche questo,

sciorinare liquidi da mucose allettanti

indossando una camicia da notte presa in prestito da mia madre.

Ma questo era il mio corpo vivo.

Il mio corpo defunto sarà feticcio ed esorcismo del male a futura memoria.

Amarcord.

Io mi ricordo di tutto e mi ricorderò di te.

Tu ricordi e mi ricordi ancora?

Se per caso mi hai dimenticato in un anonimo hotel

tra le pieghe di un lenzuolo clandestino,

ricordati di me che son la Franca,

nata a Bigolino in provincia di Treviso

e morta chissà dove e chissà quando.

Sai,

io sono ancora libera,

una donna libera dentro nonostante la serie dei pensieri funesti,

fantasmi da tragedia greca che mi perseguitano

come un vizio dolce e assurdo allo stesso tempo.

Perché non ti fermi ancora un po’ con me?

Perché non ristai?

O forse hai paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Tardivo e vano, ormai, è il nostro chiacchierare da lontano,

una minestra di cicerchia per poveri vecchi,

una strana senescenza e una precoce vecchiaia,

una truffa all’INPS.

Eppure,

se tu fossi qui e se tu volessi,

un bacio sotto il portone te lo darei volentieri

anche se so che non sarebbe da fine del mondo e neanche la fine del mondo.

Un bacio si può anche dare e ricevere.

Sai perché non ti direi di no?

Semplicemente perché dal movimento biologico avrei la possibilità

di constatare quanti ormoni ancora restano in circolazione nel mio povero corpo,

un ineffabile e macabro test di vita e di morte.

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Vorrei per me leggerezza e promiscuità

in questo insostenibile e imminente distacco,

in questo giocare a scacchi dentro un’interminabile partita

con i cavalli in tilt perenne e senza palle,

con i pedoni stacanovisti e tutori della verginità della regina,

ossequiosi del fallo del re,

con le torri immobili che guardano la partita dall’alto dei loro merli.

Ma vaffanculo!

Scusa lo sfogo e assolvi la mia rabbia.

Te lo chiedo per favore.

La verità è che tu non mi hai mai pensato

e quindi non puoi e non potrai ricordarmi.

La verità è che tu non mi hai mai desiderato

e quindi non puoi e non potrai gradirmi.

Come fai a ricordare e a gradire ciò che non hai pensato e desiderato?

A me non resta che ringraziarti

ed esserti riconoscente per tutto quello che non abbiamo fatto

e non abbiamo vissuto insieme.

Sei contento?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Perdonami, ti prego, abbi pietà di me!

Prenditi la mia disponibilità

e non far perno sui miei sensi di colpa,

perché questo tu lo sai ben fare

e soprattutto lo hai saputo ben fare.

Non scassinarmi l’anima!

Indiscutibilmente sei stato un maestro

nello scuotermi dalle fragili radici

e nel farmi ballare le morbide tette sotto il maglio.

Un maestro!

E che maestro!

Eppure dicevi di amarmi.

E quante volte lo dicevi.

Lo dicevi

e lo ridicevi in tutte le lingue che conoscevi.

Il sentimento d’amore, mio caro, non è un semplice “Franca ti amo”,

un altro “Franca ti amo”

e un altro ancora più semplice “Franca ti amo”.

Il sentimento d’amore non è uno scambio di enigmatici sguardi

o una meravigliosa sintonia sessuale.

Il sentimento d’amore non è un bancomat da condividere

o un mutuo inestinguibile presso la banca delle Prealpi.

Il sentimento d’amore è un esercizio del corpo e della mente,

un training quotidiano che culmina nella scelta mattutina,

tu di me e io di te.

Il sentimento d’amore è una cosa seria

e altro non so dire perché altro non è.

Sappilo, emerito pirata!

Tu, invece, chi sei stato?

Tu, invece, chi sei ancora oggi?

Un praticante di occasioni mancate e spesso azzeccate.

Sei triste adesso?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Non farci caso,

non sono gelosa,

sono soltanto imbarazzata,

tanto imbarazzata per le mie assurdità.

Sto per lasciare il mio corpo

e penso al tempo delle mie mele

quando uscivamo insieme andando in culo al mondo

a cavallo della tua Lambretta

e con un pacchetto di Marlboro nella tasca dei jeans.

E io me la tiravo

dicendoti che il mio cuore era uno zingaro

che cercava tutto quello che non era normale,

tutto quello che era fuori moda,

tutto quello che era fuori uso,

tutto quello che era fuori corso.

Amavo il diverso

e proprio per questo avevo scelto te.

E io cantavo, cantavo,

cantavo a squarciagola per farmi sentire da te,

cantavo “che colpa ne ho,

se il cuore è uno zingaro e va,

catene non ha,

il cuore è uno zingaro e va,

finché troverà la cosa più bella che c’è,

raccoglierà le stelle su di sé e si fermerà, chissà.”

Un girovago,

un viandante,

un Ulisse era il mio cuore.

E così mi sono fermata da te.

Ci sei?

Ci stai?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo,

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Essere zingari era un male comune

che necessariamente diventava un mezzo gaudio.

Eravamo figli dei fiori,

vestiti di orride camicie e di jeans a zampa d’elefante.

Cantavamo che “il denaro e il potere sono trappole mortali

che per tanto, tanto tempo han funzionato”.

Eravamo anarchici nel midollo,

noi due senza chiesa, senza stato e senza banche.

E allora?

Gaudeamus igitur amore mio!

Amiamoci allora!

Perché dovremmo lasciarci?

Perché dovremmo separarci?

“Finché morte non vi separi”.

Ricordi, amore mio?

Così avrebbe detto un vecchio prete in una vecchia chiesa.

Bastava vestirci in modo appropriato,

io da meringa e tu da pinguino

e presentarci davanti al tribunale di un dio ebreo.

“Finché morte non vi separi”.

Ti sei dimenticato e non mi rispondi, brutto zozzone!

Anche se non mi rispondi,

so che sei nascosto dietro l’armadio

e che mi stai spiando

mentre faccio scoppiettare i pop-corn sul coperchio della padella,

so che ti stai eccitando

mentre giro il ragù con sotto la traversa un bel niente.

Tu dimentichi con facilità, vecchio volpone!

Ma io lo faccio apposta

e voglio farti sentire una merda.

Ricordi noi due nel mese di ottobre 2002 in giro per Monaco di Baviera

quando impazzava la festa della birra?

Si beveva molto malto, vero?

La sbornia finiva immancabilmente e meno male in lunghe interminabili pisciate.

Quanti cessi mobili in giro per Monaco!

E tu che avevi paura di svuotare non solo la vescica ma anche il cervello.

Immagina la tua sottile intuizione e la tua sopraffina intelligenza

finite dentro un cesso chimico della Gunther strasse!

E così in quelle sere ci siamo trovati insieme alle due del mattino,

io e te,

tu ed io,

tu che eri il mio doppio masturbante,

il compagno di goliardiche nottate,

il mio inestimabile re di denari,

il mio potente cavallo di cuori,

il mio servizievole fante di picche,

lo stronzo di sempre, insomma.

Ti basta tutto questo?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Ma tu non avevi solo me, brutto figlio di puttana!

Tu avevi Tizia, Caia e Sempronia,

che non sono i nomi di oneste donne romane,

ma semplicemente i nomi generici di troie che ben conosco

e che non voglio chiamare per nome e cognome.

Tu sei stato un perverso traditore,

tu mi hai umiliato con la tua apparente bontà,

con la tua falsità,

con la tua ipocrisia,

con la tua freddezza,

con il tuo mezzo sorriso di merda,

con la tua storia di prete spretato.

Eppure, tu eri tutto per me.

Mi facevi pensare,

mi facevi credere,

mi facevi dire.

Mi insegnavi,

mi proponevi,

mi consolavi,

mi assistevi,

mi profumavi,

mi pulivi il pesce.

Tu eri tutto per me,

la banca,

il supermercato,

la Iuventus,

la mischia.

Tu eri tutto per me

e io dipendevo completamente da te.

Quand’ero infuocata dalla gelosia,

quando tiravo fuori la mia donna delusa,

tu mi dicevi che avevi soltanto e semplicemente qualche amicizia femminile,

donne in odore di santità e non in colpa di puttana.

Io mi lasciavo convincere per convenienza,

ma non ti ho mai visto come assistente sociale o come il coglione di turno.

Mi hai ucciso da viva

e io ti maledirò finché sarò in questa vita.

Dopo, da morta e dall’alto dei cieli,

vedrò finalmente tutte le tue malefatte,

le guarderò anche alla moviola come una partita di calcio

e alla fine ti perdonerò ancora una volta

e ti sarò provvidente,

veglierò su di te,

sarò il tuo angelo custode,

ti illuminerò,

ti custodirò con la mia pietà celeste.

Non sei contento?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Parlavamo con la bocca lingue diverse,

tu la tua,

io la mia.

Avevamo nel corpo linguaggi diversi,

tu il tuo,

io il mio.

Questa era la nostra verità.

Ma ci capivamo meravigliosamente

quando bisognava vivere un giorno da leone

e scartare i cento anni da pecora.

E allora cosa si fa?

Perforiamo i nemici con una divisa da SS tra una svastica e l’altra

o ci coinvolgiamo in un giovane suicidio nel pieno di un concerto rock?

Quale follia mi proponi adesso?

La prova generale del mio funerale?

Vuoi allenare i tuoi occhi a sgorgare lacrime in abbondanza

come lo sciacquone del tuo water?

Potrei suggerirti anche la giusta postura del vedovo.

Ti raccomando la cassa di semplice pino

e il fuoco per consumare l’ultimo insulto inferto dalla vita al mio corpo.

Macabra, vero?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Oggi è una bella giornata,

luminosa come il colore giallo.

Il sole è penetrante nel cielo

e la luna è andata dormire da qualche parte.

Mi aspetto grandi cose da quest’oggi.

Mi aspetto una giornata cazzuta.

Toc, toc!

Chi bussa alla mia porta?

E’ il tuo alter ego.

Benvenuto nella mia casa, mio caro doppio.

Hai qualcosa da dire tu che parli sempre,

tu che parli strano,

tu che parli schizofrenico?

Tu parli sempre.

Dio quanto parli!

Non ti fermi mai.

Ma chi ti capisce?

La tua quinta essenza è la logorrea.

Ma tu parli soltanto e non dici niente.

Tu hai la libido soltanto in bocca,

secerni parole

e parole

e parole

e ancora parole con senso

e parole con non senso.

Tu mi ubriachi di parole.

E allora?

Facciamo un brindisi ancora per star male

e un altro brindisi per star peggio.

Io sono così fragile che piango per niente,

sono traumatizzata da un nulla che ciclicamente ritorna e mi distrugge,

un nulla che si annuncia dicendo che lui c’è,

c’è come il dio degli Ebrei,

c’è come il dio dei Cristiani,

c’è come il dio dell’Islam.

Su beviamoci sopra,

anneghiamo nell’alcool le nostre incongruenze

o le nostre stronzate di merda.

Da bevuti si chiacchiera meglio.

Meglio morire ubriachi piuttosto che disperati.

Così diceva mio nonno,

un alcolista non certo anonimo e non certo infelice disadattato.

Lui era tosto,

lui era un sopravvissuto,

lui si curava con il vino,

con la grappa e con la corrente elettrica.

Era un ragazzo del ’99 e aveva combattuto sul Piave.

Che sfiga di generazione!

Una classe di morti di fame e di ignoranti,

oltretutto condannati a morire in una guerra che non avevano chiesto,

che non li riguardava,

che non sapevano cos’era,

una guerra voluta da altri per loro,

i potenti e gli assenti di sempre.

Mio nonno curava la sua angoscia con la bottiglia

e con i 120 volt che aveva in stalla nella presa della corrente.

Infilava le dita e si faceva l’elettrochoc.

Altro che scienziati tedeschi o americani!

Lui era stato un pioniere,

aveva capito se stesso e aveva trovato la sua cura.

Spero di trovarlo quanto prima.

Ma noi adesso facciamo festa e beviamo come ai bei tempi.

Su beviamo fino allo stordimento,

non fermiamoci mai,

noi siamo le vecchie spugne del mar dei Carabi e dei Sargassi,

spugne intrise di autodistruzione,

di pulsioni di morte tutte da esorcizzare.

Esorcizziamo, dunque, mio caro

e così esorcizzando non sentiremo l’angoscia della morte

e così non moriremo mai.

Sei fatto abbastanza?

Sei ubriaco al punto giusto?

Stai bene?

O forse hai ancora paura di vedere una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Mi trovi ancora carina o mi vedi laida?

Io mi sento consunta ormai dall’immunodeficienza.

Ho pensato sempre di conoscermi abbastanza,

ma adesso che arriva la fine,

sento di essere sconosciuta a me stessa.

Io mi sono divertita anche a essere un puro qualcosa e a far qualcosa.

Sai?

Io posso morire serena

e avrò tanto da ricordare

e tanto da raccontare a tutti quelli che incontrerò dopo il mio trapasso

o meglio dopo il mio passaggio

o meglio ancora dopo il mio nulla che è sempre un qualcosa.

Contento?

O forse hai ancora paura di veder una donna che muore

o come muore una donna?

Ogni poro della sua pelle si otturerà

e diventerà un grano di sesamo.

Il suo corpo si trasformerà in un croccante lebbroso

da leccare e mordere nella notte dell’epifania

davanti alla buberata della vecchia strega.

Elaborata da Salvatore Vallone in Pieve di Soligo e nel mese di Maggio dell’anno 1994

L’UCCELLO MORTO DEL MALAUGURIO

TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

“Avevo seminato qualcosa dentro una piccola serra e andavo a controllare se fosse spuntato qualcosa.
In questo quadrato di serra intravedo dei mosconi o qualcosa di affine. Mi chiedo come faccio a farli uscire senza farmi male soprattutto agli occhi.
Apro da un lato il telo trasparente e i mosconi in un attimo scompaiono.
Guardo se fosse spuntato qualcosa, ma era coperto da un telo sempre trasparente.
In un angolo c’era un uccello morto, grande quanto un colombo e non decomposto ancora.
Il mio lavoro di semina non era stato rovinato anche perché avevo fissato il telo con dei bastoncini e legacci.
Prendendo da un lembo il telo di copertura, butto via dalla mia serra l’uccello stecchito.
Non vedo dove va a finire l’uccello e intorno non vedo né terra e né germogli.
Ho pensato che tolto l’uccello morto del malaugurio, vanno via anche i fastidiosi mosconi.
Mi sono svegliata chiedendomi chi potesse essere l’uccello del malaugurio.”

Annamaria

DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

CONSIDERAZIONI

Assolvo immediatamente la curiosità di Annamaria: chi è l’uccello del malaugurio?
La risposta è la seguente: la “parte negativa” del “fantasma del maschio”, l’organo sessuale maschile in versione e visione mortifera, quello che evoca il “fantasma di morte” durante la gravidanza e soprattutto durante il travaglio e il parto, quello che feconda per dare la morte dando la vita.
Di questo apparente “assurdo manifesto” si parlerà e si discuterà.
Andiamo alla scelta del titolo.
Non avrebbe fatto una grinza definire il sogno “la maternità contrastata”, ma ho preferito usare le icastiche parole di Annamaria: “l’uccello morto del malaugurio”.
Quanto desiderio, quanto bisogno, quanta pulsione di maternità sono impliciti in questa sintesi che richiama un funerale più che un lieto evento!
Quanta aggressività e quanta castrazione sono proiettate nel povero e malcapitato uccello!
Il “tutto onirico” coabita naturalmente nella psiche di una donna e non lascia assolutamente sbalorditi gli addetti ai lavori semplicemente perché nel preparare e dare la vita si scatena e si esalta nella psiche femminile un “fantasma di morte”, quello che la bambina aveva elaborato nella versione dell’abbandono da parte dei genitori.
Eros si sposa con Thanatos, come predicava il buon Freud dopo il grande trauma della “guerra Grande” e come disquisiva nel secondo sistema psichico dove accanto al “principio del piacere” del primo sistema aveva associato il “principio di distruzione”, la Morte o Thanatos. Questi principi metapsichici, Eros e Thanatos per l’appunto, si incarnano in ogni uomo e si rivoltano non soltanto contro gli altri, ma soprattutto contro se stessi. In ogni persona alberga un istinto di vita e un istinto di morte. Questa storica e concreta intuizione portava Freud non soltanto ad allargare la Psicoanalisi, ma soprattutto a spiegare una gran parte della Psichiatria nelle cause e nelle dinamiche. Le malattie nervose gravi avevano finalmente una eziologia e una spiegazione psicologica e non soltanto organica: su questo tema forte vedi Lombroso e compagnia cantante fino ai nostri tempi, eccezion fatta per il nobile Basaglia e per la sua emerita scuola.
Ma ritorniamo alla Psiche femminile e al ridestarsi e all’insorgere del “fantasma di morte” durante la gravidanza e il travaglio del parto, convergiamo sull’angoscia di morte che cresce in maniera direttamente proporzionale al progressivo sviluppo del feto, non trascuriamo la reazione “post-partum” e le varie crisi nevose che conseguono, dalle più leggere alle più pesanti, dalla psiconevrosi alla psicosi del dopo il parto. Troviamo un costruttivo accordo nel ritenere che la gravidanza e il parto sono oltremodo avvolte da delicatezza e corposità, da poesia e prosa, da commedia e tragedia, da sacro e da profano, da mistero e da scienza, da spirito e materia. E chi più ne ha, più ne metta a riprova di quanto importante per l’economia culturale umana sia questo momento della vita femminile e questa sua prerogativa. Nella donna s’incentrano le origini e le ragioni di ciò che c’è, “Ontogenesi”, nonché l’amore per la Specie in una con la sua conservazione, “Filogenesi”.
E allora, alla luce di tanta importanza e assolutezza, di cosa stiamo discutendo ancora?
Viva la donna e viva la mamma!
E il maschio?
Cosa sarà di questo povero e disilluso strumento procreativo, visto che la femmina domina i territori ontogenetici e filogenetici?
Bisogna andare indietro per andar lontano, bisogna consultare la mitologia. Esiodo nella sua “Teogonia” parla del Caos come origine del Tutto, uomo compreso. I principi maschile e femminile sono elementi essenziali dell’ordinato Caos.
Ma cosa avviene quando si introduce il movimento?
La dinamica del Tutto Indefinito, quasi un “Apeiron” o senza confine di Anassimandro, esige che si scinda il “principio maschile” nella forma e nella persona di Ouranos, come se fosse stato partorito dalla Madre Caos, che prenderà il nome di Rea una volta deprivata della sua componente maschile. Inizia la Storia e la Cultura. Subentra la guerra per il primato, un conflitto cruento tra i maschi Kronos e Zeus e i loro benemeriti successori. E così fino ai nostri giorni.
Ma cosa è successo nel corso della Storia e della Cultura?
E’ stata “rimosso” il Principio Femminile, è stata dimenticata Rea ed è stata appartata nei confini mistici dell’Origine a tutto favore del Principio Maschile, è stata depositata nella Legge del Sangue con tutta la sua maestosa e terrificante potenza. Da Rea rimossa al latente matriarcato il passo è lungo nell’evolversi della Storia e della Cultura. L’eternità breve è di Rea, il tempo evolutivo è di Ouranos. Questo è il meraviglioso contenuto del Caos esiodeo. La verità mitologica si attesta nella tesi che Tutto nasce da un Principio femminile: in origine era la Femmina e di poi fu il Maschio. E il Maschio venne nella Storia e nella Cultura dimentico della sua misteriosa origine e bisognoso di nascere e di rinascere, desideroso di occupare lo Spazio e di perpetuarsi nel Tempo.
Ma cosa c’entra questo brodo mitologico con Annamaria e il suo sogno?
Annamaria desidera un figlio e poi uccide l’uccello che l’ha fecondata definendolo irriverentemente “del malaugurio”: primato femminile latente o Rea, posizione subalterna del maschio o Ouranos, Eros nella fecondazione e Thanatos nella gravidanza e nel parto. Tutto questo umano brodo troveremo anche nella decodificazione di un semplice sogno di una qualsiasi donna. Annamaria è una tra le tante, semplicemente perché la psicodinamica è universale e si ascrive all’archetipo “Madre” e alle sue prerogative.
Mi fermo qua perché è ormai tempo di dare le parole giuste ai movimenti onirici di Annamaria.
Dimenticavo di suggerire a chi vuole approfondire i temi mitologici sull’origine di leggere nel blog il lavoro di analisi del testo di Freud “Totem e tabù”.

SIMBOLI – ARCHETIPI – FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

“Avevo seminato qualcosa dentro una piccola serra e andavo a controllare se fosse spuntato qualcosa.

Annamaria è padrona della sua situazione esistenziale e del suo teatro psichico. Annamaria è padrona in casa sua, decide lei su quel doppio “qualcosa” che aveva “seminato” e di cui attendeva la nascita. Annamaria controlla se è rimasta incinta dopo la fecondazione. Di rilievo è l’aggressività verso il maschio, colui che ha quel “qualcosa” di ben preciso e architettato che è determinate per la sua eventuale gravidanza. Annamaria non è sessualmente androgina e tanto meno ermafrodita, non si è fecondata da sola, per cui il discredito verso il maschio si ascrive ai suoi vissuti e ai suoi fantasmi nei riguardi dell’universo maschile. Annamaria è una donna molto autonoma e per niente servile, decisa e affermativa, sa quello che vuole e sa ben difendersi dalle insidie seduttive maschili. Il primo quadretto del sogno attesta una buona “coscienza di sé” e una giusta autonomia psicofisica.
Vediamo i simboli: “avevo seminato” equivale ho deciso di essere fecondata, “qualcosa” è un indefinito generico, “dentro una piccola serra” traduce l’intimità genitale femminile o la vagina e l’utero, “andavo a controllare” è attività razionale e vigilante dell’Io, “se fosse spuntato qualcosa” o se il seme maschile è attecchito o mi ha fecondato o se sono incinta.
Vediamo le “posizioni psichiche”: la “posizione fallico-narcisistica” emerge sulla “posizione genitale”, il senso del potere e l’autonomia della donna prevalgono sul bisogno di avere un figlio della madre.

“In questo quadrato di serra intravedo dei mosconi o qualcosa di affine.”

Il quadro precedente si completa e, come tutti i salmi che finiscono in “gloria”, anche il sogno ha qualcosa di necessariamente logico e consequenziale, oltre che di sacro per la fattura e l’habitat. Annamaria ha una concezione negativa del maschio e un vissuto traumatico del seme. Traduco il breve brano: nel mio grembo sono consapevole che ci sono gli schifosi spermatozoi. Annamaria si difende dalla paura di un’eventuale gravidanza esternando il suo disprezzo e aggredendo razionalmente gli strumenti della sua fecondazione: “mosconi o qualcosa di affine”. E’ inequivocabile che è evidenziato un fantasma, anzi una parte del “fantasma della gravidanza”, quella “negativa”, quella che minaccia la sopravvivenza, quella contenuta in un “fantasma di morte” da travaglio e parto, come il libro del “Genesi” in parte prescriveva insieme al dolore. E in tutto questo “baillamme” l’inquisito numero uno è il povero spermatozoo.
Vediamo i simboli: “quadrato” è simbolo della razionalità dell’Io, “serra” rappresenta il grembo e l’utero dove si annida il feto, “intravedo” è simbolo di intuizione logica dell’Io, “mosconi” condensa la parte negativa del “fantasma dello sperma” ossia quello che minaccia e attenta la sopravvivenza della donna, “qualcosa” contiene simbolicamente il solito discredito e il solito anonimato, “di affine” ai mosconi conferma la versione negativa del vissuto del liquido seminale all’interno della vagina e in attesa di essere accolto e ricevuto per il biologico e naturale trattamento. Degno di nota che la parola “affine” è lontana mille miglia dalla parola “autentico” a testimonianza del sarcasmo sprezzante in circolazione nell’animo femminile su questo delicato tema.

“Mi chiedo come faccio a farli uscire senza farmi male soprattutto agli occhi.”

Giustamente Annamaria si pone il problema di liberarsi del seme senza contravvenire alle leggi della realtà e della logica. Sembra l’allegoria di una gravidanza indesiderata, ma a tutti gli effetti la protagonista del misfatto fecondativo è stata proprio lei, Annamaria. E’ diffusissimo il pensiero di liberarsi del seme dopo la fecondazione o di come fare per non essere coatta da una gravidanza. Anche questa scena si recita sotto la oculata e acuta regia del “fantasma di morte”. Senza offendere il desiderio di diventare madre e la ragione che ha avallato il progetto, Annamaria cerca il modo di non subire la costrizione naturale di una gravidanza senza ricorrere a un aborto o ad altre forme di manipolazione chimica e senza assecondare la pulsione sadomasochistica secondo terminologia psicoanalitica.
Vediamo i simboli: “chiedo” equivale a mi dirigo, “uscire” condensa la soluzione e la risoluzione di un conflitto, “farmi male” attesta di una pulsione sadomasochistica, “occhi” rappresentano la funzione razionale dell’Io e il “principio di realtà” collegato.
Procediamo perché la questione si intriga veramente.

“Apro da un lato il telo trasparente e i mosconi in un attimo scompaiono.”

Il sogno dice che Annamaria ha fatto qualcosa di drastico per liberarsi del maligno seme, i “mosconi”, e l’apertura del telo trasparente della piccola serra si associa ad altre tele viste e intraviste in qualche ospedale. La questione dell’attimo necessario per la liberazione attesta di una rapidità efficace quanto drastica. Ricapitolo: Annamaria ha interrotto la gravidanza che aveva in progetto per l’insorgere di un malefico “fantasma di morte” dopo essersi sottoposta all’azione fecondatrice di un seme vissuto in maniera altrettanto mortifera.
Vediamo i simboli: “apro da un lato” o risolvo da un punto di vista, “telo trasparente” condensa una difesa da paura perché Annamaria ha consapevolezza di cosa teme, “scompaiono” o risoluzione rapida con perdita del conflitto e del problema, “attimo” è simbolicamente l’unità di misura dell’eternità o dell’eterno presente di cui la psiche è corredata.

“Guardo se fosse spuntato qualcosa, ma era coperto da un telo sempre trasparente.”

Annamaria non è proprio convinta sul da farsi e ha una vera aspettativa di gravidanza, ma adduce sempre questo “telo trasparente” che da un lato la difende e dall’altro lato la opprime con la piena consapevolezza di un contrasto relazionale e di un conflitto profondo. Mi spiego meglio: Annamaria vuole una gravidanza, ma non la vuole con l’uomo che si ritrova. Annamaria ha regolarmente le angosce di morte legate al parto.
Vediamo i simboli: “guardo” significa ho consapevolezza. “spuntato” rappresenta l’origine, “qualcosa” è il solito generico disprezzo, “coperto” equivale a difesa psichica.

“In un angolo c’era un uccello morto, grande quanto un colombo e non decomposto ancora.”

Ecco svelato definitivamente l’arcano. Annamaria ha una forte pulsione aggressiva nei confronti del maschio e soprattutto dell’organo sessuale maschile: “uccello morto” e “non decomposto ancora”. Ogni aggressione ha la sua motivazione in una frustrazione o quanto meno a quest’ultima si collega.
Quale frustrazione ha subito Annamaria dai maschi per essere così aggressiva da desiderarne l’impotenza e la sterilità?
Annamaria relega ai margini, “in un angolo”, la funzione procreativa maschile prima di estinguerla con la sua aggressività.
Quale angoscia cela Annamaria nel suo profondo psichico e tra le pieghe dei suoi “fantasmi” in riguardo alla gravidanza e al parto?
Di questo si è già detto a suo tempo; il “fantasma di morte” anticipa come qualità e quantità il “fantasma della parte negativa dello sperma”.
Ma a queste condizioni come si fa a rimanere incinta e a diventare mamma?
Vediamo i simboli: “angolo” o della marginalità in difesa dell’importanza dell’oggetto e della questione, “uccello” rappresenta l’organo sessuale maschile, “morto” equivale a sterile e impotente, “colombo” idem di uccello con precisazione della specie, “decomposto” o aggressività reattiva al fantasma di morte e difesa psichica.

“Il mio lavoro di semina non era stato rovinato anche perché avevo fissato il telo con dei bastoncini e legacci.”

La domanda legittima, a questo punto, recita in questo modo: Annamaria desideri o non desideri questa gravidanza?
Dice che la sua opera per restare incinta era stata sostenuta da una buona convinzione e da giuste difese psicologiche. Annamaria afferma la sua sicurezza mentale e razionale nella realizzazione della sua fecondazione, meglio della sua autofecondazione dal momento che la figura maschile è in netta minoranza in quest’opera d’ingravidamento. Annamaria ha deciso di avere un figlio al di là dell’uomo con cui concepirlo. Quest’ultimo, l’uomo, è il classico strumento procreativo assoggettato alla Dea Madre o al Genio della Specie o della serie “Quando una donna decide di diventare mamma. Annamaria è decisamente una donna fallica in questa suo progetto di realizzazione e di compimento della sua persona e della sua identità femminile.
Vediamo i simboli: “lavoro” o ergoterapia, “semina” o fecondazione, “rovinato” o perdita depressiva, “fissato” o decisione dell’Io, “telo” o difesa psichica, “bastoncini” o principi contingenti, “legacci” o “nessi logici giustificativi.
Ritorna la “posizione fallico-narcisistica” rafforzata dalla spietata autonomia di una donna che non si lega emotivamente e affettivamente al compagno di viaggio. La “libido genitale” è chiamata in questione solamente per ricevere una netta mortificazione a vantaggio di una innaturale esaltazione della propria indipendenza.

“Prendendo da un lembo il telo di copertura, butto via dalla mia serra l’uccello stecchito.”

Il seme è attecchito nel grembo e il maschio si può buttar via, non serve più o almeno per il momento. Annamaria ha realizzato la sua gravidanza e adesso è completa nella sua evoluzione psicofisica candidandosi alla maternità. Nonostante il travaglio e il parto siano motivi di dolore e di pericolo, la donna esalta la sua femminilità portando a compimento una creatura nel suo grembo. In questo modo si celebra il massimo della “posizione psichica genitale”, ma in questo caso trionfa la “libido fallico-narcisistica” con la omonima posizione che precede la “genitale” suddetta. Annamaria non ha mezze misure e mezze stagioni, ha usato semplicemente l’uccello per la sua gravidanza e poi l’ha aggredito “stecchendolo”, rendendolo inanimato, castrandolo, vanificandolo, non investendo la sua libido genitale” ed esaltando la sua autonomia più che mai adesso che la gravidanza è attuata.
Vediamo i simboli: “lembo” si traduce pezza logica giustificativa, “telo di copertura” si tratta di una difesa psichica possibilmente la fredda razionalizzazione, “butto via” ossia castrazione e perdita, “dalla mia serra” ossia dal mio grembo e dalla mia intimità e dalla mia sessualità, “l’uccello stecchito” o castrazione sessuale.

“Non vedo dove va a finire l’uccello e intorno non vedo né terra e né germogli.”

A questo punto Annamaria è in piena crisi. Si è liberata sadicamente del maschio, ma non è rimasta incinta. La consapevolezza dell’Io disconosce il maschio, la femminilità e la maternità. Annamaria ha difficoltà a razionalizzare l’uomo di cui si è sbarazzata dopo l’amplesso della fecondazione, ma l’esito non è stato fausto. La “terra” è simbolo femminile e nello specifico rappresenta l’archetipo Madre. I “germogli” sono la vita dell’uovo fecondato, il feto. Il grembo di Annamaria non è gravido, pesa del suo peso e non ha un peso in più. Si conferma la crisi di Annamaria. Voleva tanto, ma non ha ottenuto niente. Si è sbarazzato del maschio ed è rimasta sola con il suo narcisismo, il suo desiderio di realizzarsi come donna ma senza investire “libido genitale”, senza legarsi a un uomo.

“Ho pensato che tolto l’uccello morto del malaugurio, vanno via anche i fastidiosi mosconi.”

Annamaria conclude il sogno evidenziando la sua paura della maternità. Voleva sbarazzarsi dei “fastidiosi mosconi”, degli spermatozoi, non voleva restare incinta. La superstizione si manifesta nel “malaugurio”, una difesa psichica tendente a ridurre l’angoscia della gravidanza e del parto attraverso l’aggressività verso il maschio e nello specifico verso il suo seme. Tolto il maschio, gabbata la gravidanza. Usa il meccanismo psichico di difesa dello “annullamento” e opera una magia da avanspettacolo. Usa il meccanismo della “proiezione” verso il maschio della sua angoscia di donna che può, non che vuole, diventare madre. Alla castrazione del maschio subentra il “malaugurio”, la parte negativa del “fantasma del maschio”, quella che può ingravidare e uccidere. Annamaria ha invertito i ruoli per difesa dall’angoscia di morte per parto. Affiorano le fantasie della bambina che aveva saputo in maniera traumatica della fecondazione, della gravidanza e del parto. Ritornano anche le ingiunzioni materne a non andare con gli uomini, a mantenersi illibate e a non svendere l’imene a tutti i richiedenti seduttori. La sessualità genitale si deforma sotto le sferzate di queste comunicazioni distorte e aberranti. La cultura religiosa non è da meno e la società non aiuta, di certo, i bisogni di un’adolescente alla ricerca del giusto e onesto “sapere di sé” e del suo ruolo nel mondo.

“Mi sono svegliata chiedendomi chi potesse essere l’uccello del malaugurio.”

La richiesta e il desiderio di Annamaria sono stati ampiamente assolti, per cui la decodificazione del sogno può ritenersi conclusa.

PSICODINAMICA

Il sogno di Annamaria svolge la psicodinamica della “parte negativa” del “fantasma del maschio”, quella che deflora e feconda. In associazione riesuma il “fantasma di morte” da travaglio e da parto. Le difese psichiche arretrano alla “posizione fallico-narcisistica” per giustificare una falsa autonomia di donna fatale che usa e getta l’oggetto, il maschio, della sua apparente realizzazione personale, la maternità. La superstizione è la ciliegina sulla torta sempre in difesa dell’angoscia tramite il meccanismo dell’annullamento e il rito di eliminazione dell’uccellaccio che contiene energie mortifere ed emana flussi distruttivi.

ULTERIORI RILIEVI METODOLOGICI

La traduzione dei tanti “simboli” è stata operata in diretta con la progressiva decodificazione.

L’archetipo “Madre” è richiamato nella “terra” e nei “germogli”.

I “fantasmi” evocati da Annamaria sono il “fantasma del maschio” nella “parte negativa” in “mosconi” e “uccello morto” e il “fantasma di morte” in “tolto l’uccello morto del malaugurio, vanno via anche i fastidiosi mosconi.”

Le istanze psichiche richiamate dal sogno di Annamaria sono l’Io vigilante e razionale in “andavo a controllare” e in “intravedo” e in “mi chiedo” e in “guardo”, l’Es pulsionale e rappresentazione dell’istinto in “seminato” e in “serra” e in “mosconi” e in “telo” e in “uccello morto”, l’istanza censoria e morale Super-Io non compare.

Il sogno di Annamaria richiama la “posizione fallico-narcisistica” in “Avevo seminato qualcosa dentro una piccola serra e andavo a controllare se fosse spuntato qualcosa.” e in “via i mosconi”, la “posizione genitale” in “Guardo se fosse spuntato qualcosa…”. La “posizione anale” e la collegata “libido sadomasochistica” si occultano in “In un angolo c’era un uccello morto, grande quanto un colombo e non decomposto ancora.” e in “butto via dalla mia serra l’uccello stecchito.”

Il sogno di Annamaria usa i seguenti meccanismi psichici di difesa dall’angoscia: la “condensazione” in “seminato qualcosa” e in “serra” e in “uccello” e in altro, lo “spostamento” in “mosconi o qualcosa di affine” e in “rovinato” e in altro, “l’annullamento” e la “proiezione” in “Ho pensato che tolto l’uccello morto del malaugurio, vanno via anche i fastidiosi mosconi.”.

Il processo della “sublimazione della libido” non è usato da Annamaria nel suo sogno, mentre quello della “regressione” rientra nei termini dell’attività onirica con le allucinazioni, le azioni al posto dei pensieri e l’introversione delle energie.

Il sogno di Annamaria evidenzia un netto tratto “narcisistico” e “anale” all’interno di una “organizzazione psichica reattiva narcisistica” che agisce in un contesto onirico “genitale” nel cercare una gravidanza osteggiando il seme e il suo portatore.

Le “figure retoriche” formate da Annamaria nel suo lavoro onirico sono la “metafora” o relazione di somiglianza in “seminato” e in “dentro la serra” e in “occhi” e in altro, la “metonimia” o nesso logico in “controllare” e in “spuntato qualcosa” e in “scompaiono” e in altro, la “sineddoche” o parte per il tutto e viceversa in “mosconi”, la “enfasi” o forza espressiva in “butto via dalla mia serra l’uccello stecchito”. Il sogno di Annamaria è ricco di simboli a testimonianza di una vena poetica “noir”.

La “diagnosi” dice di un’angoscia di morte legata alla gravidanza e al parto, di un ricorso all’isolamento narcisistico e di un rifugio difensivo nell’elaborazione pessimistica della figura maschile.

La “prognosi” impone ad Annamaria di rivedere le sue difese psichiche e i suoi pregiudizi mentali in riguardo alla funzione psicofisica del maschio, oggetto d’investimento dei suoi sentimenti di amore e odio, e di affidarsi nella relazione con l’altro con la sicurezza del coinvolgimento critico superando i confini angusti dell’isolamento e dell’autarchia. Al di là della gravidanza, la relazione di coppia va sempre curata come la realizzazione dell’essenza sociale dell’uomo: leggi gli scritti politici di Aristotele.

Il “rischio psicopatologico” si attesta nella psiconevrosi depressiva a causa dell’accentuarsi dell’isolamento narcisistico e dell’atteggiamento di prevaricazione profuso nelle relazioni sociali.

Il “grado di purezza” del sogno di Annamaria è decisamente “buono” perché la discorsività narrativa si coniuga bene con l’interazione dei simboli. Su quest’ultimo punto Annamaria dimostra, come detto in precedenza, abilità insospettate e possibilmente inconsapevoli.

La “causa scatenante” del sogno di Annamaria rientra nei vissuti del giorno precedente in riguardo alla figura maschile e, nello specifico, alla funzione violenta della fecondazione e alla dolorosità del parto.

La “qualità” del sogno di Annamaria è la conflittualità tra il desiderio di maternità e l’aggressione mortifera verso il maschio.

Il sogno si è svolto nella seconda fase del sonno REM tra agitazione e compostezza, la prima legata alla carica d’angoscia, la seconda legata alla progressiva razionalizzazione dei temi trattati.

Il “fattore allucinatorio” trova particolarmente coinvolto il senso della “vista” in “intravedo” e in “scompaiono” e in “non vedo”, il senso del “tatto” in “prendendo”.

Il “grado di attendibilità” della decodificazione del sogno di Annamaria è “buono” alla luce della chiarezza dei simboli e della loro interazione. La “fallacia” è, di conseguenza, minima.

DOMANDE & RISPOSTE

La decodificazione del sogno di Annamaria è stata valutata attentamente da un lettore anonimo che di mestiere fa l’idraulico e da una lettrice, rigorosamente e altrettanto anonima, che di mestiere fa la maestra. Sono emerse le seguenti domande.

Lettore
Mi sembra tanto strano che in un sogno ci siano tante cose e addirittura risalenti al tempo antico, come lei scrive all’inizio.
Risposta
Il sogno di ogni persona è un fatto personale e un fatto collettivo, privato e pubblico proprio perché noi siamo così. Siamo individui e apparteniamo al gruppo umano, siamo intimi e sociali, siamo singoli e collettivi, siamo animali sociali e politici, siamo portatori di geni e di valori culturali, siamo storia e cultura, siamo gli eredi biologici e culturali evoluti di nobili antenati. E’ l’Uomo che scrive la Teogonia, l’Iliade, l’Odissea, la Filosofia, l’Arte, la Scienza e altro e tanto di Altro. Nel sogno c’è tutto questo bordello anche in base ai vissuti delle persone e al di là del tasso di erudizione e dei titoli di studio.
Lettrice
Lei sta dicendo che in noi c’è anche un bagaglio che non conosciamo?
Risposta
Meglio: un bagaglio di cui non siamo consapevoli perché la nostra Mente non può trattenere tutte le esperienze di vita che ci hanno visto attivi o passivi, protagonisti o vittime. Nel corso della nostra vita assorbiamo tantissimo materiale di vario tipo che ci arricchisce e che ci forma. Tutto questo si presenta in sogno ed è proprio nel sogno che riusciamo a capire quanto abbiamo assorbito e immagazzinato in maniera disordinata o quanto siamo stati condizionati dalla nostra natura psichica e sociale. Attenzione, riusciamo a capire anche come ci siamo organizzati dentro nel corso della nostra evoluzione esistenziale. La maggior parte dei sogni sono le nostre fotografie storiche nel bene e nel male. Voglio dire che non sogniamo soltanto e solamente le nostre sfighe, ma sogniamo le nostre cose belle e buone o, meglio ancora, sogniamo come siamo e come funzioniamo a livello psichico: punto e basta!
Lettore
Francamente non capisco.
Risposta
Tu non vuoi capire e ti nascondi nel tuo sapere di guarnizioni e di rubinetti, ma in effetti nella tua vita cosciente e onirica esprimi quello che hai e porti dentro. Forse non hai le parole per dire tutto questo patrimonio da sveglio, ma ti assicuro che anche tu hai questo sapere personale e collettivo e che di notte dormendo tiri fuori nel sogno. Attenzione ancora! Non dimentichiamo che quello che ricordiamo dei nostri sogni è una minima parte e per giunta elaborata da svegli, quindi artefatta e ulteriormente camuffata. Pur tuttavia, anche le fantasie e le fantasticherie o sogni a occhi aperti sono passibili di decodificazione.
Lettrice
Dal sogno di Annamaria si afferma la coppia genitoriale maschio e femmina, ma esistono altre forme di coppia.
Risposta
La coppia che procrea esige il maschio e la femmina, il seme e l’uovo: Natura. Le altre forme di coppia rientrano nella Cultura.
Lettrice
Ma lei non ha letto il “Convito” di Platone?
Risposta
L’ho letto e tante volte. Ti riferisci al discorso di Aristofane dove parla dei tre sessi, il maschile, il femminile e il maschile-femminile. Platone era molto avanti rispetto a noi e non soltanto in questo settore. E’ vero che Platone parla dell’origine e della superbia umana come colpa da espiare ed è per questo motivo che Zeus opera la mutilazione e costringe ogni uomo a ricercare nella vita la sua parte mancante, l’altra metà. E’ tutto vero, ma la distinzione tra Natura e Cultura esige che la coppia che procrea sia il maschio e la femmina. L’omosessualità maschile e femminile è basata sui vissuti psichici e sugli schemi culturali d’identificazione. Attenzione ancora, perché la distinzione tra Natura e Cultura è una tesi di comodità interpretativa e non è così netta.
Lettrice
Non volevo offenderla, ma bisogna superare certi stereotipi e certe ideologie che rafforzano i pregiudizi sul concetto di coppia e accrescono l’omofobia.
Risposta
Il sogno di Annamaria afferma il primato femminile e la subalternità del maschile, una tesi che ha radici lontane e che contiene tanti collegamenti con i temi culturali attuali. Pur tuttavia, non ci sono tante scappatoie nel ritenere che per fare un figlio ci vuole un maschio e una femmina con le proprietà biologiche connesse. Poi, a livello culturale c’è bisogno di massima tolleranza e di massimo buonsenso, ma questa è tutta un’altra storia.
Lettrice
D’accordo. Ma lei dice che Annamaria prevarica il maschio e vuole realizzarsi come donna avendo un figlio e non gliene frega niente di essere moglie.
Risposta
Edoardo De Filippo nel suo capolavoro “Filumena Marturano” sostiene che i “figli so figli” e che appartengono fondamentalmente alla madre al di là della paternità. Dico meglio, sostiene che l’esperienza della paternità è molto diversa dall’esperienza della maternità. Annamaria rientra in questa categoria di donne che hanno consapevolezza della loro funzione di dare la vita, al di là del maschio con cui si accompagnano in questa realizzazione personale.
Lettrice
E’ vero. Tante donne sentono il bisogno di diventare mamme e abbandonano le pretese sul principe azzurro. Tante donne decidono quando e quanti figli avere. E’ anche vero e glielo posso confermare che durante la gravidanza si ha questa sensazione di rifiuto del bambino e di non poter fare nulla per liberarsene. A me, specialmente di mattina, veniva questo bisogno di liberazione, mentre la sera mi chiedevo come farà a uscire questo bambino dalla mia pancia. Il desiderio di ritornare libera e autonoma era forte. Poi progressivamente maturi con il corpo e con la mente e le cose vanno a buon fine, ma confermo le angosce di morte della donna incinta in prospettiva del travaglio e del parto. Mi spiega la psicodinamica della fecondazione, visto che per evitare le angosce basterebbe un semplice preservativo o una pillola?
Risposta
La paura di restare incinta accresce le tensioni e l’eccitazione influisce sull’orgasmo. E’ più facile per la donna raggiungere l’orgasmo con la strizza del rischio di gravidanza, piuttosto che con la sicurezza della gomma o della chimica. Il maschio, invece, ha paura di fecondare e spesso il conflitto tra il piacere e il rischio si risolve in un’eiaculazione precoce. Quindi, la fecondazione non evoca fantasmi d’inibizione nella donna, anzi favorisce l’eccitazione di contravvenire alla natura e di poterla fare franca ancora una volta.
Lettrice
Mi spiega meglio la psicologia della deflorazione femminile.
Risposta
La perdita della verginità è preda della Cultura e della superstizione degli ignoranti, è avvolta da mille esotiche ed esoteriche credenze che vanno sempre a vantaggio del maschio, proprio perché sono elaborate dal potere maschile. La lacerazione dell’imene non è un fatto necessariamente anatomico e fisiologico, è soprattutto un fatto psicologico e culturale. Dipende dall’educazione che hai avuto, dai vissuti che hai elaborato, dai traumi che hai subito, dalla struttura psichica che hai evoluto, dal modo in cui hai organizzato i fantasmi e da altri fattori e veicoli specifici. Non comporta necessariamente un trauma psichico l’esperienza che comporta un trauma fisico. Bisogna educare l’adolescente a vivere la propria verginità come un’esperienza globale del proprio corpo e a inserirlo nell’amor proprio e nel rispetto della propria persona: la deflorazione è un’esperienza personale da vivere nelle migliori condizioni psicofisiche ed esistenziali. “Ogni cosa al suo tempo”, dicevano i vecchi saggi del tempo andato.
Lettore
Io non ho niente da dire e mi dispiace, ma capisco quello che state dicendo.
Lettrice
Più che altro sono cose da femmine quelle di cui stiamo parlando.
Risposta
Non esistono cose da maschi e cose da femmine, esistono cose che si possono fare da soli o insieme, al di là delle differenze sessuali. Anche l’esperienza della maternità si può condividere a diversi livelli. La donna la vive sulla carne e sulla mente, mentre il maschio la può vivere empaticamente se ha la giusta sensibilità e non si difende dalle emozioni più genuine.
Lettore
Ho una domanda. Che cos’è la superstizione di cui lei parla ogni tanto.
Risposta
L’uccello del malaugurio?
Lettore
Sì proprio quello!
Risposta
La parola “superstizione” deriva dal latino “super-stat” che si traduce “sto sopra” e attesta del “processo psichico di difesa dall’angoscia” della “sublimazione”, nonché dei “meccanismi di difesa” seguenti: “annullamento”, “isolamento”, “intellettualizzazione”, “spostamento”. Adesso devo spiegarteli e fare qualche esempio. Ci provo. In alto l’uomo pone la soluzione di tutto quello che gli procura angoscia. Il dio di qualsiasi religione è posto in cielo e risolve l’angoscia di morte perché dà la vita eterna dietro un comportamento etico. Sublimare significa rendere nobili e utili le nostre energie deprivandole dell’egoismo e del peccato. “L’annullamento” consiste nel convertire l’angoscia in un rito collettivo, il senso di colpa in un rituale soggettivo, nell’elaborare un modo di procedere per risolvere la tensione. Esempio il rito del funerale esorcizza l’angoscia di morte dei vivi, così come altri riti più o meno diffusi. “L’isolamento” si attesta nel risolvere l’angoscia scindendo l’emozione dalla ragione, il sentimento dalla conoscenza, ricorrendo alla freddezza affettiva. Esempio: in un funerale non piango, anche se so che è morta una persona cara, perché ho isolato l’emozione della perdita dal fatto che quella persona non c’è più. “L’intellettualizzazione” comporta la razionalizzazione di un carico emotivo ingestibile e la formazione di teorie, di esorcismi e di riti. Qualsiasi superstizione si serve di questo meccanismo di difesa dall’angoscia. Esempio: i rituali collettivi e individuali. Lo “spostamento” consiste nel formare un feticcio, nell’investire in un sostituto per ridurre l’angoscia. Esempio: un oggetto individuale come un amuleto o un oggetto collettivo come la croce. Mi fermo qui.
Lettore
Non ci crederà, ma ho capito abbastanza. La signora Annamaria aveva spostato sull’uccello il malaugurio e aveva immaginato che fosse portatore di disgrazie, mentre in effetti era solo un animale su cui lei aveva costruito le sue angosce e gliele aveva ficcate dentro.
Lettrice
E bravo l’idraulico! Si possono capire anche le cose più difficili se ci si mette di buona volontà. Cosa pensa della fecondazione artificiale omologa ed eterologa? Annamaria poteva andare in Spagna e fare un figlio senza conoscere il padre.
Risposta
Penso bene e condivido. Oggi la Scienza medica consente di risolvere la frustrazione della maternità a tutte le donne che desiderano avere un figlio. Se non conosce il padre naturale, il bambino avrà sempre un padre che sarà quello che elaborerà nel primo anno di vita. Il futuro prossimo appartiene all’Ingegneria genetica e alle possibilità di una quasi onnipotenza di vita.
Si può chiudere qui questa rocambolesca digressione.
Lettore
Quale canzone ha scelto per il sogno di Annamaria? Io suggerirei il cabaret milanese di Coki e Renato e la canzone di anonimo e popolare “L’uselin de la comare”, tanto per concludere ridendo e in bellezza.
Risposta
Epperò, il nostro idraulico! D’accordissimo! Così all’uccello morto e del malaugurio sostituiamo un uccello vivo e nel pieno delle sue funzioni seduttive e libidiche. Grazie e alla prossima!