TRAMA
DEL SOGNO
“Sono
arrivata a casa mia, una sorta di seconda casa.
Apro
una porta interna e rimango choccata perché alla mia destra la porta
è aperta e c’è la luce accesa.
Trovo
un mio amico con la sua nuova compagna che ridevamo e facevano
l’amore.
Lui
si accorge che io sono entrata e allora io sono uscita.
Mi
chiedo se anche lei si è accorta di me e se mi conosce.
Poco
dopo fuori di questa casa e davanti a me vedo il mio uomo con lei.
Lui
è inciampato ed è caduto goffamente.
Io
sono dietro di lui di qualche passo.
Provo
un grande sconforto e mi chiedo come ha potuto venire a casa mia
portando lei.
Ai
miei occhi appare sfacciato soprattutto dopo quello che c’è stato
tra di noi.”
Questo
sogno appartiene a Megan.
INTERPRETAZIONE
DEL SOGNO
“Sono
arrivata a casa mia, una sorta di seconda casa.”
Megan
è una donna cresciuta ed evoluta che ha ancora qualche pendenza
“edipica”, non ha ben calibrato e razionalizzato il suo
“fantasma” e il suo vissuto nei confronti del padre e, di
conseguenza si porta a spasso nel sogno la madre sotto forma di una
donna intrigante e subdola che attenta al suo uomo e ai suoi amici in
situazioni decisamente seduttive e intime. Ma, come dicevo, Megan è
una donna cresciuta ed emancipata al punto di avere due case, una
sicuramente è casa sua, “mia”, l’altra è la “seconda casa”,
anzi “una sorta di seconda casa”, una decisa e coraggiosa
asportazione della sua dimensione edipica dalla “organizzazione
psichica reattiva”, dalla sua struttura psichica evolutiva. Megan
può e sa trattare la relazione vissuta sin dall’infanzia con il
padre e con la madre isolandola senza alcun rischio e pericolo di
destabilizzarsi e opera in tal senso, rivive in sogno e descrive la
sua “posizione edipica” anche perché è stimolata nella vita di
tutti i giorni da qualche incidente o da qualcosa che non gira bene
nella sua sfera affettiva e sessuale. Quindi, riepilogando, il “resto
diurno” o la causa scatenante del sogno di Megan si attesta in uno
stato affettivo e sessuale in cerca di migliore sistemazione, visto
che parliamo di “case”.
“Apro
una porta interna e rimango choccata perché alla mia destra la porta
è aperta e c’è la luce accesa.”
L’atmosfera
è classica e di “suspence”, come nelle sceneggiature dei
migliori
film del filone mitologico di Edipo, come nelle più sofisticate
rappresentazioni della cosiddetta “scena primaria”, il figlio o
la figlia che coglie i genitori in flagrante e nell’inequivocabile
atteggiamento intimo del coito. Dentro la sua “casa” psichica
personale, quella emancipata dai genitori, Megan s’imbatte nella
sua autonomia, sulla “destra
in una “porta aperta” e in una “luce accesa”. Traduco
i simboli e la psicodinamica. Megan
è una donna libera,
ma in una casuale e naturale
introspezione, “apro una
porta interna”, rimane colpita dalla
consapevolezza che nel suo
futuro prossimo c’è ancora in ballo la situazione relazionale con
il padre e la madre, la sua “posizione edipica”. Megan pensava di
aver liquidato le pendenze con il padre e la madre, ma si trova a
prendere atto di quanto ben chiara sia la sua presa di coscienza e di
quanto in ballo dentro di lei sia ancora questa mitica
triangolazione. Questo è il senso teatrale del termine “choccata”,
stupefatta e interdetta, sorpresa e alienata. Ripeto che Megan sta
facendo questo sogno perché nella sua vita quotidiana qualcosa non
gira bene in quanto ad affetti, erotismo e sesso.
“Trovo
un mio amico con la sua nuova compagna che ridevamo e facevano
l’amore.”
Questa
è la “scena primaria” nella classica versione psicoanalitica
freudiana. La bambina s’imbatte realmente, o immagina altrettanto
realmente, nel coito dei genitori, un’unione sessuale paventata e
ricca di effetti speciali per l’intervento tremendo del sentimento
della gelosia
e del
possesso, nonché del
tradimento e dell’infingardaggine.
Megan trasla il padre e la madre in atteggiamento oltremodo intimo
“nell’amico” e nella “sua nuova compagna”. Il
meccanismo onirico e primario dello “spostamento” consente a
Megan di continuare a dormire e a sognare senza cadere nell’incubo
e nel risveglio, portando così avanti la sua psicodinamica in atto,
la travagliata ma abbastanza risolta relazione profonda con il padre
e la madre. Ecco che li rappresenta nella loro intesa erotica e nella
loro dinamica sessuale. “Ridevano” è più inquietante per Megan
bambina del “facevano l’amore” semplicemente perché l’atto
materiale si tollera e si digerisce, ma l’atto psichico si
trasporta nel tempo e nelle sfere psichiche dell’empatia e della
simpatia, della complicità e della solidarietà, Essere
o sentirsi esclusa da questa modalità di vissuto relazionale è
struggente e produce in
Megan cento anni di
solitudine.
“Lui
si accorge che io sono entrata e allora io sono uscita.”
Megan
approfitta del sonno per sognare la sua reazione psicologica
alla complicità a
trecentosessanta gradi tra il padre e la madre, vissuti
incamerati e organizzati nel corso della sua formazione evolutiva e
denominati “posizione edipica”. Megan
ha ben razionalizzato questo conflitto dell’infanzia e
dell’adolescenza al punto che può entrare e uscire dalla sua
stanza edipica, perché è di questa che sta parlando, è questa che
sta riesumando e rievocando. Nota anche che tra lei e suo padre c’era
e c’è una buona empatia e simpatia, complicità insomma, per cui
si può permettere questa dispettosa scaramuccia con l’augusto
genitore, ma in effetti la psicodinamica è tutta sua e solamente
personale. Megan “sa di sé” e può visitare, entrando e uscendo,
la sua relazione pregressa e attuale con la figura paterna.
“Mi
chiedo se anche lei si è accorta di me e se mi conosce.”
Questo
è un capoverso ricco dei sentimenti della rivalità e della
competizione nei riguardi
della madre, la “lei” in
senso di distacco e di superiorità. Megan
attribuisce alla madre una certa qual consapevolezza del suo
trasporto globale verso il padre e si dice “penso che anche mia
madre sapeva che amavo mio padre o suo marito”. In
ogni caso la donna rivale, che possiede il maschio in questione, è
degna di un vissuto superficiale e andante. La
competizione con la madre è improntata a metà tra orgoglio e
risentimento, della serie “io non sono indifferente e non passo
inosservata, mia madre si sarà accorta di quello che vivevo e
provavo”. In effetti e concludo, si tratta di un dialogo di Megan
con se stessa in riedizione della sua “posizione edipica” al
completo, visto che
non trascura di elaborare i suoi sentimenti e le sue sensazioni verso
la madre e il padre senza assolutizzare la prima o il secondo.
“Poco
dopo fuori di questa casa e davanti a me vedo il mio uomo con lei.”
Ma
guarda caso, non l’avrei mai pensato e tanto meno detto. Megan si
relaziona con la gente e si porta dietro la modalità affettiva,
erotica e sessuale che aveva elaborato e sperimentato quando era
innamorata del padre e in competizione con la madre. Del resto,
questo siamo e quello che abbiamo immaginato, vissuto e imparato lo
trasportiamo pari pari nella realtà sociale di tutti i giorni.
“Lei”, la madre, la segue e la perseguita, è un’ape regina che
si prende tutti i maschi e adesso si intriga anche con l’uomo di
Megan che questa volta non è apparentemente il padre, ma è sempre
la figura paterna nella sostanza psicologica e profonda. Megan si è
innamorata e ha scelto il suo uomo secondo il codice “edipico”,
come si diceva, e sempre secondo queste coordinate si relaziona con
il suo maschio. Resta sempre la diffidenza verso l’universo
maschile, reo di non essere affidabile e di essere traditore.
“Lui
è inciampato ed è caduto goffamente.”
La
rivincita di Megan a tanto alto tradimento è la derisione del “lui”
amante e padre, secondo la dinamica più comica del teatro antico e
moderno, l’inciampo e la caduta. Oltretutto la caduta è stata
goffa, come la reazione di chi viene preso con le mani nella
marmellata o con la lingua spiaccicata sulla “nutella”.
“Ben
ti sta, brutto traditore, così impari!
Ma
sai cosa ti dico?
Noi
donne vi ridicolizziamo come e quando vogliamo.”
Megan
spende una lancia interessata a favore dell’universo femminile,
dando proprio potere alla donna che sceglie e prende il maschio
imbecille che cede e si lascia avvincere senza consapevolezza, così,
tanto per andare a scaricare in qualche anfratto il patrimonio dei
coglioni.
“Io
sono dietro di lui di qualche passo.”
Megan
in tanta psicodinamica è stata al suo posto e ha saputo controllare
le evenienze fisiche e psicologiche della psicodinamica “edipica”.
Lei ha ben capito tutto e ha ben controllato il tutto. A Megan non la
si fa sotto
i baffi, almeno su questi binari che portano alla formazione della
coppia e alla vita in due, nonché
alla necessaria limitazione
della libertà d’azione, ma non di pensiero e d’immaginazione.
Megan è sorniona nel collocarsi in sogno appena “dietro di qualche
passo” agli uomini
significativi della
sua vita, il padre e il
compagno in atto.
“Provo
un grande sconforto e mi chiedo come ha potuto venire a casa mia
portando lei.”
E’
inequivocabile, Megan chiede a se stessa come ha potuto introiettare
la psicodinamica edipica nel corso degli anni della sua formazione
psichica e come si è potuta portata dentro la figura paterna con gli
annessi e i connessi manifesti del tradimento e dell’intesa con la
madre, dopo quello che c’era stato e per lungo tempo tra loro due.
L’equivoco è sano e funge da motore di crescita per Megan bambina
e adolescente. Lo “sconforto” è proprio un “non essere insieme
a lui” e un “non ti porto dentro”, un senso di solitudine che
si deve evolvere al meglio
nell’emancipazione dalle
dipendenze e nell’autonomia. E questo è avvenuto nella
realtà e si sta
riepilogando in sogno. Il perché di questo sogno deve trovarsi in
una situazione relazionale e sessuale in atto o in una
problematizzazione delle modalità di relazione con i maschi e con le
donne da parte di Megan.
“Ai
miei occhi appare sfacciato soprattutto dopo quello che c’è stato
tra di noi.”
Ancora
una volta appare Pitagora con il suo “c.v.d.”, come volevasi
dimostrare”. Megan si è sentita sfacciata con il suo comportamento
nei riguardi dei suoi genitori e soprattutto non ha digerito di
essere stata tradita e abbandonata, nonostante il suo atteggiamento
provocatorio di cui conserva un residuo di vergogna. Proietta sul suo
uomo in atto, il padre pregresso, quello che lei vive, il senso di
essere stata eccessiva con la faccia deformata, “sfacciata” per
l’appunto e per la precisione. Quello che c’è stato tra di noi
non è proporzionale in alcun caso al deludente esito finale, per cui
Megan mette un punto e avanti con il liscio e con la processione
senza soffermarsi in inutili conflitti psichici e blocchi
esistenziali.
Megan
ha ben calibrato e risolto la sua “posizione edipica” e in sogno
rafforza la sua autonomia psicofisica proprio riepilogando quello che
ha vissuto intensamente e con il giusto equilibrio consentito a una
bambina, a una adolescente e a una donna.
Questo
è significato profondo e il monito reale del sogno di Megan.
Resta
da chiedersi quale immagine ha Megan di se stessa, dal momento che è
particolarmente remissiva e oltremodo civile con quella “donnaccia”
che con non chalance gli ruba prima il padre e poi l’uomo. La
risposta è la seguente: Megan ha dovuto a suo tempo mollare l’osso
alla madre e ne è uscita da questa disputa rafforzata sulla liceità
delle sue pretese verso un altro uomo, ma non credo che si lasci
fregare l’uomo con quella remissività esibita nel sogno. E’ un
residuo psichico del passato, della “posizione edipica” dove e
quando è stata costretta a lasciare identificandosi nella madre e
alla ricerca di un maschio che somigli al padre in qualche tratto.
Megan ha sognato in toto la sua triangolazione dialettica
“padre-madre-figlia” anche se si è spostata in avanti con il
tempo per attestare quanto sia stata beneficamente segnata nella sua
formazione psichica da questa primaria esperienza a sfondo erotico e
sessuale.
Del
sogno di Megan è stato abbondantemente detto, per cui il discorrere
si può fermare qui.