VOGLIO DIRVI “GRAZIE”

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Perché il mio blog è approdato all’interpretazione di cento  sogni. 

Voglio dire “grazie” a Wendy, a Sam, a Mabrukka, a Maurizio 

e ancora a Lalay, ad Assuntina, a Francesca, a Sabino, a Lucia, a…    

e anche a tutti quelli che hanno frequentato il mio blog e ancora non 

hanno spedito i loro sogni. 

A VOI TUTTI Salvatore Vallone dice GRAZIE di vero cuore per avermi dato la possibilità di approfondire la ricerca sul sogno.

Come avete notato l’interpretazione degli ultimi sogni si è evoluta rispetto ai primi, è diventata più complessa e organizzata grazie al vostro prezioso contributo.

E allora andiamo ancora avanti insieme e sempre in maniera costruttiva.  

Nell’abbracciarvi idealmente uno per uno, vi comunico l’ultima sintesi teorica sul sogno.   

 VERSO UNA SINTESI PSICODINAMICA  SUL SOGNO

Nel costante cammino ermeneutico intrapreso dall’uomo il “sogno” non è più nella sua purezza riducibile alla lineare teoria freudiana dell’appagamento di un desiderio rimosso.

Lo stesso destino vale per la “Fantasia” e per i suoi tanti e ricchi prodotti.

La Psico-Semiologia esige che il “lavoro onirico”, notturno e diurno, sia  indagato da altre discipline scientifiche e che tale ricerca sia estesa a tutte le produzioni creative dell’uomo.

Dalle mie esperienze teoriche e pratiche consegue, nella provvisorietà e nella fallacia delle umane elaborazioni, la seguente griglia interpretativa.

– Il sogno è l’attività psichica del sonno e si svolge nelle fasi R.E.M. quando la funzione della memoria è favorita dallo stato di eccitazione del corpo. Questa teoria si è affermata negli anni 80. Oggi è degna di considerazione anche la teoria della “Continual Activation” sostenuta dalle ricerche delle neuroscienze: l’attività onirica è presente nelle fasi R.E.M. e NON R.E.M. del sonno. Le scienze neurofisiologiche che studiano il cervello sono impegnate nella ricerca in questo settore.

– Il sogno è il prodotto della realtà psichica in atto e l’espressione parziale della “organizzazione psichica evolutiva” che la contiene, la vecchia struttura o l’obsoleto carattere o la tradizionale personalità.

– Il sogno svolge psicodinamiche legate alle fasi evolutive della “libido”, (orale, anale, fallico-narcisistica e genitale), alla “posizione edipica” e al sentimento della “rivalità fraterna”, in generale le psicodinamiche funzionali alla formazione dell’organizzazione psichica.

– Il sogno ha valenza di diagnosi psicologica.

– Il sogno ha valenza di prognosi psicologica.

– Il sogno ha inscritto il rischio psicopatologico.

– Il sogno si può definire “resto notturno” in quanto non è ricordato nella sua integrità e purezza, ma viene rielaborato al risveglio con pezze

logico-consequenziali. Il sogno può essere stimolato dal “resto diurno” di cui parlava Freud.

– Il sogno è rappresentazione di “simboli” e implica la specifica modalità mentale e il preciso concorso dei meccanismi del “processo primario”: la condensazione, lo spostamento, la simbolizzazione, la drammatizzazione, la rappresentazione per l’opposto, la figurabilità.

– Il “processo primario” e il sogno condividono i seguenti fattori: la relazione del soggetto con se stesso, l’autorielaborazione allucinatoria dei vissuti psichici, l’alterazione dello schema temporale, la distorsione della categoria spaziale, la coesistenza degli opposti, il gusto del paradosso, il declino etico e morale, il mancato riconoscimento della realtà, l’eccesso della fantasia, il principio del piacere, l’appagamento del desiderio, la soddisfazione del bisogno, la compensazione della frustrazione, la riparazione del trauma.

A livello neurofisiologico si richiamano le attività dell’emisfero cerebrale destro.

– Il “processo secondario”, richiamato all’atto del risveglio nella combinazione dei ricordi del sogno, si attesta nell’elaborazione razionale dei dati, nell’inquadramento logico degli elementi, nella lucidità mentale dell’autocoscienza, nel pensiero vigile, nella capacità d’attenzione, nel giudizio critico, nel controllo dell’Io e nel principio di realtà.

A livello neurofisiologico si richiamano le attività dell’emisfero cerebrale sinistro.

– Il sogno è “proiezione” di “archetipi” e di “fantasmi” “introiettati” a base filogenetica collettiva-culturale e individuale.

A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro.

A livello psichico profondo sono implicati i meccanismi arcaici di difesa della “proiezione”, della “introiezione” e della “identificazione”.

A livello psico-economico è innescata e messa in atto la carica energetica della “libido”.

A livello psico-cognitivo sono istruiti i meccanismi del “processo primario”.

– Il sogno è espressione delle istanze psichiche dell’Es, dell’Io e del Super-Io, intenzionate dialetticamente al “principio del piacere”, al “principio della realtà” e al “principio della coazione a ripetere” ispirato da Eros e Thanatos.

A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro e dell’emisfero cerebrale sinistro.

A livello psichico profondo sono richiamati i sistemi psichici secondo una valenza topica, dinamica ed economica con l’attivazione della “libido” finalizzata all’equilibrio psichico di natura risolutiva.

A livello psico-cognitivo sono usati i meccanismi del “processo primario” e del “processo secondario”.

– Il sogno implica la tipologia di “organizzazione psichica”, il cosiddetto carattere o personalità. Nello specifico il sogno evidenzia le seguenti organizzazioni: orale, anale, fallica, genitale, psicopatica, narcisistica, schizoide, paranoide, depressiva, maniacale, masochistica, ossessiva, compulsiva, isterica, dissociativa.

– Il sogno svolge una psicodinamica di natura descrittiva e prevalentemente conflittuale.

I contenuti del sogno sono “segni” semanticamente interattivi, degni di attenta considerazione e passibili di utile decodificazione sempre in funzione dei benefici effetti dell’autocoscienza: i sogni sono semiologicamente “segni significanti” dotati di “senso” e di “significato”.

A livello neurofisiologico sono richiamate in maniera determinante le attività dell’emisfero sinistro.

A livello psichico profondo sono evocati i sistemi psichici con valenza dinamica e dialettica in reazione a coordinate pulsionali di natura libidica.

A livello psico-cognitivo intercorrono i meccanismi del “processo secondario”.

– Il sogno implica i meccanismi e i processi psichici di difesa. I primi sono quelli primari o primitivi come il ritiro primitivo, il diniego, il controllo onnipotente, l’idealizzazione e la svalutazione primitive, la proiezione, l’introiezione, l’identificazione proiettiva, la scissione dell’Io, la scissione dell’imago; conseguono quelli secondari come la rimozione, la regressione, l’isolamento, l’intellettualizzazione, la razionalizzazione, la moralizzazione, la compartimentalizzazione, l’annullamento, il volgersi contro il sé, lo spostamento, la formazione reattiva, il capovolgimento, l’identificazione, l’acting out, la sessualizzazione, la sublimazione.

– Il significante e il significato onirici comportano l’equilibrio psichico, per cui la funzione difensiva è implicitamente evocata e attivata.

A livello neurofisiologico sono richiamate le attività dell’emisfero destro e dell’emisfero sinistro.

A livello psichico profondo è instruito il sistema delle difese nel suo aspetto arcaico ed evoluto, ma sempre nella funzione filogenetica dell’equilibrio.

A livello psico-cognitivo si evidenzia l’attività combinata e specifica del “processo primario” e del “processo secondario”.

– Il sogno struttura figure retoriche.

Tra il “contenuto manifesto” e il “contenuto latente”, il termine e il significato, è poeticamente inscritto un nesso reperibile nella gamma delle figure retoriche.

A livello neurofisiologico è richiamata l’attività dell’emisfero cerebrale destro.

A livello psichico profondo si rileva topicamente la presenza di materiale psichico preconscio o profondo funzionale all’elaborazione dei processi creativi.

A livello psico-cognitivo è istruita l’attività del “processo primario” e del “processo secondario”.

Le figure retoriche prevalentemente implicate sono la metafora, la metonimia, la sineddoche, l’antonomasia, l’iperbole e l’enfasi.

-Il sogno è collegato al “resto diurno”, a una causa scatenante, anche minima e non fatta oggetto di consapevolezza, avvenuta nella veglia più prossima. Il sogno è stimolato da esperienze e da vissuti del giorno precedente a cui si associa il materiale psichico in atto per essere rielaborato secondo il codice onirico.

-Il sogno possiede una sua purezza secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”. Nel primo caso è presente e funzionale l’Io narrante e nel secondo caso è presente e funzionale l’Io onirico. Nel mezzo si alternano il narrante e l’onirico.

                                      Salvatore Vallone Pieve di Soligo – Dicembre  2016

 

BIBLIOGRAFIA

Morris-Lineamenti di una teoria dei segni-Editrice Paravia-1954

Eco-Trattato di semiotica generale-Edizioni Bompiani-Milano-1975

Freud-Interpretazione dei sogni-Opera omnia-Boringhieri-Torino-1978

Freud-Tre saggi sulla sessualità infantile-Opera omnia-Boringhieri-TO-1978

Freud-Al di là del principio del piacere-Opera omnia-Boringhieri-Torino-1978

Freud-Metapsicologia-Opera omnia-Boringhieri-Torino-1978

Jung e altri-L’uomo e i suoi simboli-Edizioni Longanesi-1980

Cassirer-Filosofia delle forme simboliche-La Nuova Italia-Firenze-1966

Klein-Il nostro mondo adulto e altri saggi-Martinelli Editore-Firenze-1972

Lacan-Scritti-due volumi a cura di Contri-Editrice Einaudi-Torino-1974

Fornari-Simbolo e codice-Edizioni Feltrinelli-Milano-1976

Nancy Mc Williams-La diagnosi psicoanalitica-Editrice Astrolabio-Roma-1999

Popper-Eccles- L’Io e il suo cervello-Armando Armando- Roma-1981

 

NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE 

Salvatore Vallone è nato a Siracusa nel 1947.

Già ordinario di Scienze umane e Storia nei Licei, in atto è psicologo psicoterapeuta iscritto all’Ordine degli psicologi del Veneto.Gestisce il blog “dimensionesogno.com” e il blog “interpretazione del sogno” presso “psiconline.it”. Sempre con “psiconline.it” collabora con articoli su tematiche psicologiche, culturali e sociali.

Ha pubblicato “Lezioni di psicoanalisi” con Herbita editrice, “Quando il ciliegio fioriva” con edizioni Sapere, “La stanza rosa” e “Benetton dieci e lode” con edizioni Psicosoma, “Ma cosa sognano i bambini ?” e “Io e mia madre” con edizioni Psiconline. Su Tema, rivista di psicoanalisi clinica e forense, ha pubblicato “Il fantasma” e “Totem e tabù”, due approfondimenti specifici.

 

 

 

IO E UN ALTRO UOMO…( TADAN ! ! ! ) MIO PADRE

 

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 TRAMA DEL SOGNO – CONTENUTO MANIFESTO

 “Atmosfera di fine estate, località di mare; colore dominante il grigio, luce chiara e fioca, diffusa.E’ un posto in cui sono di passaggio, da viaggiatrice e lì ci sono tanti altri ragazzi nella mia condizione, tutti sotto i trent’anni.

Esprimo il desiderio di fare un bagno e alcuni di loro mi conducono verso un posto che, a parer loro, avrei apprezzato tanto. La spiaggia se l’era mangiata il mare che era in tempesta: impraticabile! Non ci si poteva entrare e allora mi portano verso una caletta lì accanto e dove il mare sembrava più calmo.

Lì si definiscono i personaggi: una coppia etero per me sconosciuta, una mia amica con un altro ragazzo accanto (un amico mio che però non riesco a definire), io e un altro uomo …mio padre, (tadàn!), che nel corso del sogno a volte prende le sembianze di un uomo che nella vita da sveglia è possibile che mi piaccia. Lui è più grande di me di età.

Io e quest’uomo facciamo il bagno e ricordo nettamente la sua schiena.

Gli altri rimangono su una pedana di legno. Poi la corrente comincia a portarmi via, ma rimango calma e così gli altri attorno a me. Poi comincio a sforzarmi per raggiungere lo scoglio e tutti mi incitano, sanno che ce l’avrei fatta e anch’io ne ero certa. Poi, per il grande sforzo di tornare alla riva mi sveglio.”

Questo è il sogno di Gaia.

 DECODIFICAZIONE E CONTENUTO LATENTE

 CONSIDERAZIONI

La “posizione edipica” si attesta nella triangolazione psicodinamica relazionale “padre, madre, figlio o figlia”, nella conflittualità iniziale e nell’identificazione successiva con il genitore dello stesso sesso, nell’attrazione libidica verso il genitore di sesso opposto. Queste tesi secondo un’accezione semplice e tradizionale. In effetti si tratta di un’evoluzione psichica prolungata e determinante per l’”organizzazione reattiva”, ex “carattere”, per la vita sessuale e affettiva, per l’autonomia psichica. La “posizione edipica” è una psicodinamica che inizia in maniera evidente dal terzo anno di vita. Se poi subentra anche il “sentimento della rivalità fraterna” per la presenza di un fratello o di una sorella, la ricchezza della virtuosa complicazione è assicurata. Bisogna precisare che, oggi come oggi, la teoria sull’identificazione psichica nel genitore dello steso sesso si è evoluta anche nell’identificazione nel genitore del sesso opposto in giustificazione dell’omosessualità e della scelta esistenziale consona. In sintesi la “posizione edipica” è determinante per l’identità psichica e per la libera espressione esistenziale della propria “organizzazione psichica reattiva”. Ancora proseguendo in questa introduzione, bisogna aggiungere che il sogno di Gaia pone la seguente domanda: è possibile che in una donna compiuta di trent’anni si presenti uno strascico consistente della “posizione edipica”? La risposta è affermativa. La “posizione edipica” non si supera mai del tutto, ma si conserva e si può realizzare in maniera traslata come ci suggerisce il sogno di Gaia.

SIMBOLI ARCHETIPI FANTASMI – INTERAZIONE ANALITICA

Il sogno di Gaia è composto fondamentalmente dall’”Io” narrante e accomodante, per cui contiene la domestichezza di un prodotto psichico logicamente quasi perfetto, eccezion fatta per la presenza di qualche simbolo. Meno male!

 “Atmosfera di fine estate, località di mare; colore dominante il grigio, luce chiara e fioca, diffusa. E’ un posto in cui sono di passaggio, da viaggiatrice e lì ci sono tanti altri ragazzi nella mia condizione, tutti sotto i trent’anni.”

Gaia esordisce con la sua vena estetica di grande valore e mostra in pochi tratti un bel paesaggio costellato di colori soffusi e intimi, di gioventù e di edonismo: “tanti altri ragazzi nella mia condizione”. Gaia è “di passaggio”, in chiara consapevolezza della sua evoluzione psichica, e da “viaggiatrice” seconda un’ottima visione dell’esistenza e del vivere. Gaia rievoca, ricorda, esprime in questa contingenza spazio-temporale quello che ha dentro. Il “colore dominante il grigio” e “la luce chiara e fioca, diffusa”, la pacatezza emotiva che fa da cornice al sogno. Del resto, Gaia ricorda e sviluppa in sogno una “dimensione psichica” che conosce molto bene e su cui ha operato le giuste riflessioni: il vissuto erotico e affettivo nei riguardi del padre, un benefico “fantasma” elaborato nella prima infanzia e ancora in atto “mutatis mutandum”, cambiando le cose che devono essere cambiate. Non è un sogno agitato, è un sogno degno di una donna sotto i trent’anni e alla ricerca di un uomo con cui intrattenersi o accompagnarsi nel cammino della vita. Non è un sogno che traligna nell’incubo e nel risveglio immediato alla luce della coincidenza del “contenuto manifesto” con il “contenuto latente”, “io e un altro uomo …mio padre, (tadàn!). La “censura onirica” non funziona perché il vissuto edipico è sotto controllo nella vita cosciente della veglia. Del resto, quello di Gaia è un sogno elaborato da quasi sveglia, una “fantasticheria” rilassante che nell’oscillare dell’intensità del sonno mostra anche i simboli giusti per la decodificazione del mondo psichico profondo.

“Esprimo il desiderio di fare un bagno e alcuni di loro mi conducono verso un posto che, a parer loro, avrei apprezzato tanto. La spiaggia se l’era mangiata il mare che era in tempesta: impraticabile! Non ci si poteva entrare e allora mi portano verso una caletta lì accanto e dove il mare sembrava più calmo.”

 Gaia procede in maniera narrativa secondo la metodologia estetica del miglior “neorealismo”. In questo caso bisogna stare attenti a non confondere i simboli con i concetti del racconto. Esempio: “fare un bagno” simbolicamente significa “catarsi” e purificazione dal senso di colpa, in questo caso è un semplice e logico fare un bagno in mare. Praticamente questo capoverso è un chiaro racconto che prepara l’avvento dei simboli e della psicodinamica edipica con i suoi annessi e connessi. Degna d’interesse è la modalità della funzione onirica di “drammatizzare” l’avvento del nucleo onirico: “la spiaggia se l’era mangiata il mare che era in tempesta: impraticabile!” Il termine inusuale “caletta” significa incavo o intaglio su metallo o legno. Nel nostro caso è usato metaforicamente come spiaggetta o piccola insenatura.

“Lì si definiscono i personaggi: una coppia…, una mia amica con un altro ragazzo…io e un altro uomo …mio padre, (tadàn!), che nel corso del sogno a volte prende le sembianze di un uomo che nella vita da sveglia è possibile che mi piaccia. Lui è più grande di me di età.”

Gaia scrive la breve ma succosa sceneggiatura del suo sogno, prepara i personaggi e annuncia lo psicodramma edipico. Si è già abbondantemente detto che il sogno di Gaia rievoca l’attrazione edipica nei confronti del padre. Quest’ultimo adesso è traslato nella figura di un altro uomo che “nella vita da sveglia è possibile che le piaccia” ma che “è più grande di lei per età”. Degna di nota è l’eleganza nell’ammettere il trasporto verso quest’uomo maturo o il blando senso di colpa. Gaia ha consapevolezza della sua “posizione edipica” per cui nel sogno non interviene la “censura”, come si diceva in precedenza. Gaia si tutela e trasla il padre nell’uomo che gli piace, un uomo più adulto di lei e che rievoca pari pari la figura paterna. Questa rievocazione spiega e definisce anche il cosiddetto “colpo di fulmine”, l’innamoramento folle o quasi folle che sorprende e colpisce tutti quelli che hanno avuto una madre o un padre degni del loro amore e di farsi pensare. L’uomo o la donna che ci fulminerà l’abbiamo ampiamente vissuta e immaginata da bambini attraverso le figure dei nostri genitori: “immaginazione creativa”.

 “Io e quest’uomo facciamo il bagno e ricordo nettamente la sua schiena.”

Non può mancare il risvolto erotico in un sogno che rispetta la sua natura edipica: “la sua schiena” condensa un feticcio intriso di virilità ed eccitazione per il complesso di maschilità. “Facciamo il bagno” contiene una simbolica intimità e seduzione, un preambolo erotico in una cornice estetica. Il “ricordo” è un rafforzamento nostalgico del senso e del sentimento.

“Gli altri rimangono su una pedana di legno. Poi la corrente comincia a portarmi via, ma rimango calma e così gli altri attorno a me. Poi comincio a sforzarmi per raggiungere lo scoglio e tutti mi incitano, sanno che ce l’avrei fatta e anch’io ne ero certa. Poi, per il grande sforzo di tornare alla riva mi sveglio.”

Ecco il lavorio mentale e il trasporto erotico! “La corrente comincia a portarmi via, ma io rimango calma..” conferma che i fantasmi legati alla  “posizione edipica” sono sotto controllo. Trattasi di una trasgressione neanche tanto pericolosa, una cosa che Gaia può permettersi. Viene fuori un tratto narcisistico marcato: “gli altri attorno a me”,tutti mi incitano, sanno che ce l’avrei fatta e anch’io ne ero certa”. Gaia non perde la testa, Gaia sa ed è sicura di sé, ha coscienza e autocontrollo. Lo sforzo è grande, ma l’amor proprio e l’autostima hanno il sopravvento sulla corrente maligna. Il sogno è finito secondo le linee di una sana riflessione e di un’altrettanta sana disposizione al gusto della vita.

PSICODINAMICA

Il sogno di Gaia evidenzia in maniera discorsiva la “posizione edipica” e nello specifico l’attrazione psicofisica nei confronti del padre. Gaia esibisce una buona autoconsapevolezza e conferma che la “posizione edipica” si controlla ma non si supera mai perché è incastonata come un diamante nella “formazione reattiva”, il cosiddetto carattere e perché a livello psichico vale la legge di Lavoisier, la legge della conservazione della massa secondo la quale in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Correva il secolo diciottesimo.

ISTANZE E POSIZIONI PSICHICHE

Nel sogno di Gaia domina la “posizione edipica” in associazione a un trionfo della funzione razionale dell’”Io”. Una pulsione dell’”Es” è presente nel fare il bagno e nella schiena. L’autocontrollo è opera dell’”Io”, dell’istanza censoria del “Super-Io” neanche l’ombra.

MECCANISMI E PROCESSI PSICHICI DI DIFESA

La “razionalizzazione” è dominante nel versante di “presa di coscienza” della variegata relazione con il padre e di autocontrollo. Non si presentano all’appello la “sublimazione” e la “regressione”. La funzione onirica si svolge secondo i meccanismi della “condensazione”, dello “spostamento”, della “drammatizzazione”.

ORGANIZZAZIONE REATTIVA

Il sogno di Gaia esalta un tratto “fallico-narcisistico” nel potere seduttivo ed erotico. Un tratto di “libido genitale”, disposizione sessuale matura, è presente nell’autogestione e nell’autocontrollo.

FIGURE RETORICHE

“Tadan !”: chiara enfasi! La “schiena” include la “sineddoche” e la “metonimia”. La “caletta” è un’evidente metafora.

DIAGNOSI

Il sogno di Gaia esibisce l’attrazione psicofisica nei riguardi del padre e la consapevolezza della “posizione edipica”.

PROGNOSI

La prognosi impone a Gaia di procedere in questa sua modalità di conciliare emozione e ragione, pulsione e coscienza. Importante non eccedere sulla scia di una pulsione fallico-narcisistica: “m’incitano”, “anch’io ne ero certa”.

RISCHIO PSICOPATOLOGICO

Il rischio psicopatologico si attesta nell’esaltazione del “narcisismo”, in un eccesso di sicurezza e nell’onnipotenza seduttiva con la conseguente caduta del sistema delle relazioni.

GRADO DI PUREZZA ONIRICA

  In base a quanto affermato nella decodificazione e in base al contenuto dei “fantasmi”, il grado di “purezza onirica” del sogno di Gaia è “1” secondo la scala che vuole “1” il massimo dell’ibridismo, “processo secondario>processo primario”, e “5” il massimo della purezza, “processo primario>processo secondario”.

RESTO DIURNO

 La causa scatenante del sogno di Gaia si può attestare in un ricordo, in un incontro, in una libera associazione, in una visita.

CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE

L’uomo della nostra vita o la donna della nostra vita esistono? Certamente sì!

Quello o quella che cercavamo da tempo e finalmente ritroviamo in un bar di periferia o alla fermata della metropolitana esistono? Ancora sì! Nessuna romanticheria! In effetti si tratta della nostra facoltà immaginativa, della nostra “fantasia” che da svegli allucina le figure del padre e della madre ed elabora la donna o l’uomo del nostro futuro affettivo. Ma non necessariamente queste figure devono coincidere con il padre o con la madre nella loro realtà, perché possono essere all’opposto. Trattasi sempre di condizionamento psichico da rifiuto e da conflitto irrisolto. Perché proprio quell’uomo o quella donna? La domanda è ricorrente. Perché dovevo innamorarmi proprio di un tipo come te? Anche questa è una domanda ricorrente nel bene e nel male, oltre che nelle amate canzoni di musica leggera. La risposta è la stessa: prima di conoscerti, ti avevo immaginato tramite le figure e i fantasmi dei miei genitori. Cautela e buona fortuna a tutti quelli che la cercano!

IL SOGNO…

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Arditi internauti e generosi frequentatori del mio blog,

è giunto il momento di avere una migliore conoscenza del fenomeno psicofisico del sogno, quanto meno una buona consapevolezza di quanto sia scientificamente complesso. Nella sezione “sogni interpretati” di “dimensionesogno.com” io vi sciorino il sogno in maniera comprensibile senza trascurare la componente tecnica, ma in effetti la “dimensione sogno” è particolarmente complessa e conserva il fascino di una ricerca sempre in atto. Anche i vostri sogni servono per il mio studio teorico,così come la decodificazione esplicativa serve per trovare il linguaggio sempre più adeguato a descrivere l’universo onirico.

Vi ringrazio della collaborazione e invito i lettori di buona volontà a cimentarsi con le varie componenti del sogno attualmente in studio.

Sempre cordialità da Salvatore Vallone          

VERSO UNA NUOVA SINTESI INTEGRATIVA A  PROSPETTIVA PSICOLOGICA DEL SOGNO

Nel costante cammino ermeneutico intrapreso dall’uomo il “sogno” non è più nella sua purezza riducibile alla lineare teoria freudiana dell’appagamento di un desiderio rimosso.

Lo stesso destino vale per la “fantasia” e i suoi prodotti.

Il “lavoro onirico”, notturno e diurno, necessita di essere indagato da altre discipline scientifiche ed esteso a tutte le produzioni creative dell’uomo.

Dalle mie ricerche teoriche e pratiche consegue nella provvisorietà delle umane elaborazioni la seguente griglia interpretativa.

– Il sogno è l’attività psichica del sonno e si svolge nelle fasi R.E.M. .

– Il sogno è il prodotto della realtà psichica in atto e l’espressione parziale della struttura psichica evolutiva implicita.

– Il sogno svolge psicodinamiche legate alle fasi evolutive della “libido”, (orale, anale, fallico-narcisistica e genitale) e alla relazione edipica, in generale le psicodinamiche funzionali alla “formazione del carattere”.

– Il sogno si può definire “resto notturno” in quanto non è ricordato nella sua integrità e purezza, ma viene rielaborato al risveglio con pezzelogico-consequenziali.

– Il sogno è rappresentazione di “simboli” e implica la specifica modalità mentale e il preciso concorso dei meccanismi del “processo primario”.

A livello neurofisiologico si richiamano le attività dell’emisfero cerebrale destro.

– Il sogno è “proiezione” di “archetipi” e di “fantasmi” “introiettati” a base filogenetica collettiva e individuale.

A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro.

A livello psichico profondo sono implicati i meccanismi arcaici di difesa della “proiezione”, della “introiezione” e della “identificazione”.

A livello psico-economico è innescata e agita la carica energetica della “libido”.

A livello psico-cognitivo sono instruiti i meccanismi del “processo primario”.

– Il sogno è espressione delle istanze psichiche dell’Es, dell’Io e del Super-Io, intenzionate dialetticamente al “principio del piacere”, al “principio della realtà” e al “principio della coazione a ripetere” ispirato da Eros e Thanatos.

A livello neurofisiologico sono coinvolte le attività dell’emisfero cerebrale destro e dell’emisfero cerebrale sinistro.

A livello psichico profondo sono richiamati i sistemi psichici secondo una valenza  topica, dinamica ed economica con l’attivazione della “libido” finalizzata all’equilibrio psichico di natura risolutiva.

A livello psico-cognitivo sono usati i meccanismi del “processo primario” e del “processo secondario”.

– Il sogno svolge una psicodinamica di natura descrittiva e prevalentemente conflittuale.

I contenuti del sogno sono “segni” semanticamente interattivi, degni di attenta considerazione e passibili di utile decodificazione sempre in funzione dei benefici effetti dell’autocoscienza: i sogni sono semiologicamente “segni significanti” dotati di “senso” e di “significato”.

A livello neurofisiologico sono richiamate in maniera determinante le attività dell’emisfero sinistro.

A livello psichico profondo sono evocati i sistemi psichici con valenza dinamica e dialettica in reazione a coordinate pulsionali di natura libidica.

A livello psico-cognitivo intercorrono i meccanismi del “processo secondario”.

Il sogno implica i meccanismi e i processi psichici di difesa.

Il significante e il significato onirici comportano l’equilibrio psichico, per cui la funzione difensiva è implicitamente evocata e attivata.

A livello neurofisiologico sono richiamate le attività dell’emisfero destro e dell’emisfero sinistro.

A livello psichico profondo è instruito il sistema delle difese nel suo aspetto arcaico ed evoluto, ma sempre nella funzione filogenetica dell’equilibrio.

A livello psico-cognitivo si evidenzia l’attività combinata e specifica del “processo primario” e del “processo secondario”.

– Il sogno struttura figure retoriche.

Tra il “contenuto manifesto” e il “contenuto latente”, il termine e il significato, è poeticamente inscritto un nesso reperibile nella gamma delle figure retoriche.

A livello neurofisiologico è richiamata l’attività dell’emisfero cerebrale destro.

A livello psichico profondo si rileva topicamente la presenza di materiale psichico preconscio o inconscio funzionale all’elaborazione dei processi creativi.

A livello psico-cognitivo è instruita l’attività del “processo primario” e del “processo secondario”.

Le figure retoriche prevalentemente implicate sono la”metafora”, la “metonimia”, la “sineddoche”, la “antonomasia”, la “iperbole” e la “enfasi”.

Fin qui lo studio, ma la ricerca continua.

LA  LETTERA  DI  MARY E LA RAZIONALIZZAZIONE DEL LUTTO

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“Dear Salvatore,

spero che stia bene.

Una mia amica mi ha fatto conoscere il suo blog, veramente interessante.

Mi piacerebbe se Lei potesse interpretare il mio sogno.

Premetto che sogno sempre mio padre, l’unica in famiglia che lo sogna, lui purtroppo é morto 16 ani fa.

Sembra sempre che ogni volta che lo sogno succeda qualcosa di brutto. Mi piacerebbe capire qualora ci fosse una spiegazione il perché sogno con tanta frequenza mio padre.

Per due volte ,due settimane fa ho sognato che ero a casa mia in Italia ( perché io abito in Uk ) e con  tutta la famiglia eravamo in giardino compreso mio padre di cui sapevo che c’era, ma non lo vedevo, ed erano tutti felici che finalmente conoscevano il mio ragazzo ( che purtroppo ormai ci siamo lasciati da due mesi ) cmq nel sogno erano tutti felici ormai di conoscerlo e che fosse venuto a casa. Tutti poi entravamo dentro casa, e a quel punto mi sono svegliata.

Due giorni fa ho sognato di nuovo mio padre, eravamo nella sala sempre a casa mia in Italia, con tutta la mia famiglia, compresa mia nonna, ( la madre di mio padre ). Mio padre era seduto a tavola, lo vedevo che sveniva e cercavo di aiutarlo, nel sogno sveniva due volte di cui ho sempre cercato di aiutarlo, e poi tutto ad un tratto al TG davano la notizia che erano arrivati gli UFO .

Poi mi sono svegliata.”

Spero di avere un suo commento

La ringrazio

Mary”

Nella premessa della sua gradita lettera Mary afferma che “sogna sempre suo padre”, che “purtroppo è morto” da sedici anni e che è “l’unica della famiglia” a sognarlo. Il sogno di una figura così importante e incisiva nell’ economia psichica è legato ai bisogni individuali e ai modi psichici d’immagazzinare e smaltire un trauma di questo calibro: la razionalizzazione del lutto e della perdita. In questo doloroso evento si manifesta più che mai la proprietà del sogno di difesa dell’equilibrio psichico e di progressiva “catarsi” dell’angoscia, al di là della precisa volontà di chi sogna: purificazione e integrazione nella struttura psichica del trauma. Il sogno è “profilassi” psichica, il sogno tutela l’equilibrio psicofisico non solo durante il sonno ma anche nella veglia, il sogno ripulisce la psiche senza una nostra precisa richiesta e senza una nostra diretta volontà. Il sogno è “filogenetico”, ama la Specie. E’ inquietante pensare che dentro di noi una funzione psicofisica lavora al di là della nostra precisa volontà, ma la stessa cosa succede per il battito cardiaco, per la respirazione, per la circolazione del sangue, per la digestione, per la pressione arteriosa e per le altre funzioni gestite mirabilmente dal sistema nervoso neurovegetativo, giustamente detto involontario ossia indipendente dalla mia volontà.

Dopo questa importante digressione torniamo alla lettera di Mary. La morte del padre comporta la necessità psichica di assorbire la tragica notizia e di traghettarla nei livelli psichici profondi. L’informazione viene subito rifiutata dalla psiche che a tal uopo istruisce i “meccanismi di difesa dall’angoscia” e in particolare quelli che la struttura psichica di Mary è educata a usare. Soltanto a livello razionale Mary al tempo del tragico evento sapeva della morte del padre, ma dentro c’era soltanto un vago sapere e un incerto sentire, perché l’angoscia della morte e della perdita sarebbe stata ingestibile in quel momento storico dalla coscienza del suo “Io”. Questa difesa naturale e involontaria vuol significare che nella psiche profonda vigono le emozioni forti e non le semplici ansie, i fantasmi e non i concetti logici, i contenuti neurovegetativi forti e non i dolori convenzionali. La psiche non accetta in un primo tempo il lutto e l’angoscia collegata, si difende con l’automatismo di vagliarlo lentamente fino all’accettazione. La psiche è il corpo e il corpo è la psiche: lutto e angoscia coesistono e convivono. Il sistema psichico progressivamente procede alla “razionalizzazione del lutto” anche attraverso il sogno, che di per se stesso è camuffato nel suo “contenuto latente”. E allora, pian piano, prendiamo atto che il nostro adorato padre è partito per chissà dove, ma sicuramente da qualche parte e quanto meno è rimasto nei nostri pensieri e nelle nostre angosce. La razionalizzazione di un lutto importante e significativo abbisogna minimo di due anni per essere portata a buon fine. Ricordiamo che a volte il tempo si dilunga nella vita intera, perché il trauma non viene smaltito e si vive nell’angoscia perenne con una pesante caduta della qualità della vita. In questo caso si usa il meccanismo nefasto della “negazione” del lutto e si presenta un disagio pesante da curare. Non si può negare la realtà, ma si deve progressivamente accettare. Ma perché è così lungo il decorso della razionalizzazione del lutto? I nostri cari e preziosi defunti ci lasciano sempre dei sensi di colpa da espiare per tutto quello che non abbiamo detto a loro e per tutto quello che non abbiamo fatto con loro, per tutto quello che non abbiamo vissuto con loro e per tutto quello che volevamo vivere con loro. La morte del padre ci lascia soli con i nostri ricordi, le nostre nostalgie e i nostri conflitti.

Riconvergiamo su Mary, “l’unica in famiglia che lo sogna”. Riaffiora il sentimento della rivalità fraterna, un vissuto tanto importante per l’economia psichica su cui non si è ancora abbastanza ricercato. Cara Mary, i tuoi fratelli o i tuoi familiari possono tranquillamente sognare il papà o il marito o il fratello con un semplice simbolo: al posto del padre ci mettono un re o un cavallo o un altro condensato, dipende da quale qualità è prevalsa nel loro vissuto in riguardo a questa figura sacra. Inoltre bisogna rilevare che il padre di Mary è morto da sedici anni e ancora è vivo nei ricordi e nei sogni della figlia. Si desume che l’imprinting è stato molto forte nel bene e nel male; del resto questa figura è investita di forti sensazioni e forti sentimenti, l’amore e l’odio, l’attrazione e la repulsione, il rifugio e il pericolo. Anche se insignificante nella realtà, il padre viene investito di grandi cariche di “libido”, figuriamoci quando è presente e invadente nell’agire in pieno il suo ruolo. Per quanto si è argomentato Mary conserva il padre nel suo cuore e nella sua mente e il suo sogno provvede a lenire il suo dolore e a sistemare il suo lutto.

“Sembra sempre che ogni volta che lo sogno succeda qualcosa di brutto.”

Questa è soltanto una difesa superstiziosa. Soltanto la casualità gestisce questa coincidenza, non la causalità, la categoria logica di causa ed effetto che risale alla codificazione del grande Aristotele ventiquattro secoli or sono. Certo che la morte del padre è stata una disgrazia e allora ci può essere una traslazione al presente del tragico evento. Ma perché Mary non pensa che sognare il padre porta tanta fortuna? Anche in questo caso il sogno non riconosce queste categorie interpretative. Il sogno è un prodotto psicofisico complesso e rappresenta soltanto e solamente lo stato psichico in atto. Sul perché Mary sogna il padre con tanta frequenza ho risposto in abbondanza, per cui si può analizzare il sogno nella speranza di trovare conferme a quanto affermato o nuove verità.

“Per due volte, due settimane fa ho sognato che ero a casa mia in Italia( perché io abito in Uk ) e con  tutta la famiglia eravamo in giardino compreso mio padre di cui sapevo che c’era, ma non lo vedevo, ed erano tutti felici che finalmente conoscevano il mio ragazzo ( che purtroppo ormai ci siamo lasciati da due mesi ) cmq nel sogno erano tutti felici ormai di conoscerlo e che fosse venuto a casa. Tutti poi entravamo dentro casa, e a quel punto mi sono svegliata.”

Analizziamo i simboli e le psicodinamiche. Mary ricostituisce tutta la famiglia dentro di lei, “a casa mia” e “in giardino”, a riprova del suo bisogno affettivo e protettivo e dei suoi buoni sentimenti e valori: una leggera e benefica “regressione” al tempo in cui c’eravamo tutti e stavamo bene insieme. Il fatto di non vedere il padre è una difesa dall’angoscia per continuare a dormire. Ecco il perché del sogno di Mary: “tutti felici che finalmente conoscevano il mio ragazzo”, “(che purtroppo ci siamo lasciati da due mesi)”. Questo è il nuovo lutto di Mary! All’uopo il sogno fornisce l’unità affettiva della famiglia. Quindi questo sogno non verte sul lutto del padre, ma approfitta di quest’ultimo per rievocare la rottura affettiva con il suo ragazzo. Il dolore di Mary è composto e abbastanza razionalizzato: “tutti poi entravamo dentro casa”. Il sogno ha compensato una frustrazione affettiva in atto.

Passiamo alla decodificazione del secondo sogno di Mary.

“Due giorni fa ho sognato di nuovo mio padre, eravamo nella sala sempre a casa mia in Italia, con tutta la mia famiglia, compresa mia nonna, ( la madre di mio padre ). Mio padre era seduto a tavola, lo vedevo che sveniva e cercavo di aiutarlo, nel sogno sveniva due volte di cui ho sempre cercato di aiutarlo, e poi tutto ad un tratto al TG davano la notizia che erano arrivati gli UFO.”

L’unità familiare si allarga alla nonna: la nostalgia degli affetti di Mary è tanta, ma veramente tanta. La scena onirica è sempre la sua interiorità:”sempre a casa mia”, nella sala. Compare il padre “seduto a tavola”; quest’ultima rappresenta l’affettività familiare, la cultura del gruppo familiare, lo scambio delle idee e la dialettica psichica. Sulla tavola si posa il cibo, per cui la tavola è il palcoscenico del cibo, l’altare della famiglia. Il cibo condensa l’amore della madre o di chi ne fa le veci secondo la formula antica e ultramillenaria “chi mi ama mi nutre e chi mi nutre mi ama”. Di poi, il simbolo si allarga a tutti i membri della famiglia. Ecco perché è importantissimo mangiare tutti insieme per l’evoluzione e l’economia psichica. La famiglia a tavola trasmette il senso di appartenenza e lo spirito di gruppo. La solitudine nel mangiare fomenta anaffettività e disturbi della relazione. Non dimentichiamo che i riti mistici cristiani si basano sulla condivisione e sull’assunzione del cibo mistico del corpo di Cristo. Il padre di Mary è presente, ma sviene per ben due volte. Lo “svenimento” è un meccanismo organico primario di difesa dall’angoscia. Lo “svenimento”, quindi, rappresenta la caduta della vigilanza della coscienza per continuare a vivere, ma per Mary è un forma simbolica attenuata di accettare la morte del padre, una compensazione dell’angoscia della perdita, così come l’aiutarlo ’è un’assoluzione del senso di colpa: “ho sempre cercato di aiutarlo”. Ecco che si profila l’assurdo logico consequenziale, assurdo per la Logica, ma non per la logica del “processo primario”: “poi tutto ad un tratto al TG davano la notizia che erano arrivati gli UFO”. Cosa rappresentano questi ultimi? Ragioniamo: gli ufo vengono dall’alto, dal cielo e si concretizzano manifestandosi a noi nelle loro fattezze. Il simbolo dinamico “dall’alto verso il basso” condensa il processo psichico e fisico della “materializzazione”, il diventare realtà concreta. “E il Verbo si fece carne e abitò tra noi” scrive Giovanni nel suo evangelo. Inoltre in questa dinamica rientra la radice etimologica della parola “desiderio”: “de sideribus”, dalle stelle. I desideri cadono dalle stelle e diventano realtà. Mary desidera che il padre sia vivo, ma si deve adattare alla realtà dei fatti e il sogno compensa i fantasmi e reintegra la psiche a livello strutturale, dinamico ed economico: Mary si sente meglio e senza averne coscienza sta progressivamente razionalizzando il lutto del padre. Attraverso il sogno, che è un fenomeno psicofisico involontario, agisce la profilassi psichica, la tutela psicologica. Il fatto che il sogno non si può controllare nella sua origine e guidare nella sua dinamica è inquietante ed è un motivo per cui sul sogno durante i secoli e i millenni si è tanto fantasticato con superstizioni e con magie, si è sognato sul sogno. Necessita un poderoso  risveglio.

Questo è abbondantemente quanto dovuto alla gentilezza di Mary.

La prognosi impone di accettare la fenomenologia progressiva del lutto, di accomodare i normali sensi di colpa senza ossessionarsi sulla loro impossibile riparazione, di lasciare che il sogno prosegua nella naturale razionalizzazione del lutto. Sognare e pensare il padre è un atto di grande nobiltà. Si chiede a Mary di non demordere nella ricerca dell’amore giusto per lei e degno di lei.

Il rischio psicopatologico si attesta nella degenerazione psichica del “fantasma di perdita” e nella mancata razionalizzazione del lutto con il ritorno di una sindrome d’angoscia e una caduta della qualità della vita.

Riflessioni metodologiche: la lettera di Mary mi ha dato la possibilità di spalmare gli approfondimenti su determinati fenomeni psichici nel corso dell’interpretazione dei suoi sogni, per cui rimando le riflessioni metodologiche al prossimo sogno.

 

IL  RISCATTO  AFFETTIVO  DI  GIULIANA

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“Giuliana sogna di dover partire in aereo con il figlio, la mamma e il suo compagno.

L’aereo ha problemi tecnici e lo sostituiscono. Di poi salgono e l’aereo parte.

Giuliana è seduta e ha sulla sinistra il suo uomo, la mamma è alla sua destra e alla destra della madre c’è il figlio, vicino al finestrino. Sono in prima fila e  vedono il panorama davanti.

A un certo punto il figlio e il compagno si accorgono che qualcosa non va.  Infatti l’aereo fa di nuovo rotta verso l’aeroporto. Tenta di atterrare, ma capiscono subito che non ce l’avrebbe fatta. L’aereo sbatte contro una struttura.

Si aspetta il colpo, ma non arriva. L’aereo riprende quota e si vedono delle fiamme nella parte anteriore. Poi l’aereo comincia a precipitare e Giuliana  prende le mani di tutti e tre e comincia a pregare con loro.

Non è disperata e sa che morirà, ma ha a fianco le persone più care. Il figlio è troppo lontano da lei, il figlio è vicino a sua madre e non a lei. Giuliana piange. Il figlio è più piccolo rispetto alla realtà e Giuliana vorrebbe abbracciarlo, ma non riesce e prova angoscia solo per questo motivo.

Poi non ricorda nulla, ma sa che non si è svegliata. Quando si sveglia non ha angoscia.”

 Giuliana ha condensato nel sogno la sua realtà affettiva, la madre, il figlio e il suo uomo. Tutti e quattro si trovano dentro un aereo che rappresenta simbolicamente la figura materna, il grembo protettivo, gli affetti primari e consolidati, la radice biologica e psichica, la figura più importante della vita, il fantasma più complesso e inquietante, un archetipo. Giuliana è madre e concepisce i suoi affetti all’interno della cornice materna, l’aereo, sua madre. Giuliana non è autonoma dalla figura materna, non ha liquidato la relazione edipica, si è evoluta senza risolvere la dipendenza affettiva dalla madre.

La decodificazione del sogno sottolinea in prima istanza il “dover partire”, la necessità di agire in un contesto conflittuale e con un disagio psichico di un certo spessore. Giuliana ha consapevolezza delle sue ambivalenze affettive in riguardo alla figura materna e dei suoi provvisori accomodamenti del conflitto. Infatti “l’aereo ha dei problemi e lo sostituiscono”: si presenta subito la qualità  del rapporto madre-figlia. La relazione è difficile e incorre in incongruenze, per cui occorre spostare la madre verso altre figure che possono compensare i bisogni affettivi di Giuliana, magari una nonna o un compagno o un figlio o un qualsiasi oggetto psichico similare che assolve il ruolo e la funzione della madre: “lo sostituiscono”.

“Di poi salgono e l’aereo parte”. Operazione compiuta! Nell’aereo ci sono tutti i suoi affetti, ma l’aereo sostituito contiene sempre la mamma, è sempre un aereo e soprattutto Giuliana sta dentro questo aereo: persiste la dipendenza affettiva e non s’intravede l’emancipazione e l’autonomia psichica.

Vediamo, a questo punto, quale terapia suggerisce il sogno sulla collocazione affettiva di Giuliana. Sulla sinistra c’è il suo uomo, a destra la madre e il figlio. L’uomo ha una collocazione regressiva che rimanda e riporta al passato. Si tratta della figura paterna, traslata nella figura del’uomo attuale di Giuliana. Questa traslazione attesta la buona relazione affettiva con il padre e la ricerca nel proprio uomo di connotati psichici paterni. Dal contesto si evince anche che quest’uomo non è il padre del figlio di Giuliana. Procediamo con la collocazione: la madre e il figlio si trovano a destra, nella realtà in atto e futuribile. Il figlio, in particolare, si trova vicino al finestrino con la possibilità simbolica di guardare il suo avvenire fuori dall’aereo materno. La madre è collocata sempre sulla destra ad attestare l’importanza psichica, oltre che affettiva, della sua figura per Giuliana, un bisogno contrastato e un conflitto inevitabile alla luce del fatto che Giuliana è cresciuta ed è a sua volta mamma. Giuliana è dentro l’aereo con la madre reale e con una  madre traslata, in ogni caso è sempre dentro l’aereo e non fuori ed è sempre alla ricerca di madre. Questo è il nucleo della questione, anche se Giuliana è “in prima fila e si vede il panorama davanti”: questa è la sua realtà psichica in atto.

“Il figlio e il compagno si accorgono che qualcosa non va.” L’aereo è inaffidabile e il rapporto madre-figlia è nuovamente in crisi e lo evidenziano il figlio e il compagno, gli uomini di Giuliana. La figura maschile del compagno oscilla nel sogno tra una connotazione paterna, a sinistra, e una connotazione protettiva, classica dell’uomo innamorato. Qualsiasi traslazione della madre in figure sostitutive non sortisce effetto positivo e non compensa i bisogni affettivi di Giuliana, per cui “tenta di atterrare, ma capiscono subito che non ce l’avrebbe fatta”. Il legame edipico con la madre è molto forte e strutturato nel tempo, per cui Giuliana non riesce ad atterrare per uscire fuori dall’aereo, non riesce a liberarsi di una madre massicciamente benefica e notevolmente ambigua. Anzi, “l’aereo sbatte contro una struttura”: Giuliana ha tentato di emanciparsi affettivamente dalla madre, ma si è imbattuta in forti resistenze al cambiamento e in notevoli difese dall’angoscia di abbandono, per cui è rimasta ancorata all’universo materno nel bene e nel male. I tentativi di emancipazione non hanno sortito l’effetto ricercato, ma non hanno destabilizzato la psiche di Giuliana in maniera traumatica: una madre ingombrante ha anche una sua utilità e offre tanti vantaggi secondari che sono sempre vantaggi. “Si aspetta il colpo, ma non arriva.”

Pur tuttavia, i conflitti con la mamma ci sono: “l’aereo riprende quota e si vedono delle fiamme nella parte anteriore”. Le fiamme, nello specifico, condensano l’impeto e la rabbia di Giuliana quando vive male la figura materna. “Poi l’aereo comincia a precipitare”: questa è una soluzione traumatica della parte affettiva del complesso di Edipo, la distruzione della madre. In questo modo si procede verso un concreto processo depressivo di perdita il precipitare. Ripeto per la precisione: il precipitare condensa simbolicamente la violenza traumatica di un “fantasma depressivo di morte”, non la morte biologica, ma la morte psichica, la classica perdita affettiva della madre e la conseguente angoscia di solitudine.  E adesso chi mi amerà?

“Giuliana prende le mani di tutti e tre e comincia a pregare con loro.” L’affettività è dominante e nell’aereo materno che precipita, per lasciare sola più che autonoma Giuliana, tutti si uniscono in un rito esorcistico dell’angoscia, la preghiera. E’ giusto notare come sono presenti tre generazioni nella sacralità della famiglia di Giuliana: la madre, lei e il compagno, il figlio. Il sogno ribadisce che il precipitare è una risoluzione traumatica della dipendenza psichica dalla madre. La maniera giusta di liberarsi dell’aereo non è ridurlo in pezzi, ma scendere comodamente dalla scaletta con tanto di tappetino color amaranto. La prima soluzione lascia in eredità l’angoscia di perdita, quella perdita che traligna nella solitudine depressiva.

“Giuliana non è disperata e sa che morirà, ma ha a fianco le persone più care.” Questa è la soluzione di Giuliana, quella possibile e compatibile con la sua economia psichica in atto. In effetti Giuliana si libera dell’aereo perché precipitando quest’ultimo si disintegrerà, ma ha vicino a sé la madre reale, quella di tutti i giorni, quella che occorre e soccorre sempre.

Adesso il problema si sposta sul figlio che “è troppo lontano da lei”: il sogno evidenzia che Giuliana ha sensi di colpa nei confronti del figlio. Ma questo è assolutamente normale. Guai a quelle mamme che non concepiscono sensi di colpa nei riguardi delle proprie creature! Guai alle madri che si ritengono onnipotenti e perfette! Grazie a questa consapevolezza Giuliana potrà migliorare se stessa in riguardo al figlio. Quest’ultimo è vicino alla nonna e piange. La nonna è ed è stata una presenza affettiva importante per il figlio. “Giuliana vorrebbe abbracciarlo”. Attenta Giuliana a non riprodurre il tuo conflitto con tuo figlio! Attenta a non diventare l’aereo di tuo figlio! Del resto, Giuliana ha vissuto questo tipo di madre e ne ha elaborato il fantasma, al di là di come effettivamente è stata sua madre. E’ sempre opportuno ricordare che “noi siamo i nostri sogni” e i personaggi che li popolano sono proiezioni di parti psichiche che ci appartengono. Il pianto di Giuliana contiene anche il sentimento della “pietas” materna, il senso della sacralità del suo essere madre, del suo aver vissuto l’esperienza di dare la vita. Giuliana si districa a livello psichico tra quel che ha vissuto e il provvidenziale riconoscimento del nuovo. Giuliana non è riuscita ad abbracciare suo figlio in sogno, come nella realtà non è riuscita ad abbracciare sua madre nella veglia. Tra madre e figlia non c’è stato rapporto corporeo che si è tradotto in calore affettivo e Giuliana lo manifesta in sogno, proiettandolo sul rapporto tra lei e il figlio dentro la cornice massiccia di un aereo. “Giuliana vorrebbe abbracciarlo, ma non ci riesce e prova angoscia solo per questo motivo”.

“Sa che non si è svegliata”: perché, visto che il sogno era così angosciante? Tecnicamente la risposta è che il livello di tensione non ha prodotto il risveglio perché il “contenuto manifesto” non coincideva con il “contenuto latente” e perché il conflitto di Giuliana è in via di risoluzione, dal momento che è presente nel sogno un grado di consapevolezza del conflitto, al di là della soluzione da rivedere. La tensione poteva essere gestita perché funzionava bene la “censura onirica”. “Quando si sveglia non ha angoscia”.

La prognosi impone a Giuliana di portare avanti senza drastiche soluzioni il riconoscimento della figura materna come simbolo della sua origine e di capovolgere il vissuto affettivo da bisogno di amore a esercizio di amore verso la madre. Intendo dire che Giuliana deve prendersi cura della madre, adottarla con il culto dell’accudire filiale e senza crearsi nuove dipendenze.

Il rischio psicopatologico si attesta nel’angoscia depressiva collegata al mancato riconoscimento globale della figura materna e al persistere di una relazione edipica con caduta della qualità della vita e pregiudizio verso le relazioni affettive di tutti i tipi, uomo e figlio “in primis”. Giuliana non deve collocarsi in maniera dipendente nelle relazioni affettive, ma in maniera attiva e autonoma.

Riflessioni metodologiche: dalle interpretazioni dei sogni si evince, qualora ce ne fosse bisogno, l’importanza determinante della figura materna nell’evoluzione psicofisica dei figli. Soprattutto il rapporto corporeo madre-figlio è prospero per la formazione dei fantasmi e del carattere, ma non solo. E’ determinate per sentire il corpo, per la consapevolezza cenestetica, la coscienza dei sensi e delle sensazioni. Le future relazioni libidiche saranno sempre basate su questa pregressa  e progressiva relazione con il proprio corpo instruita dalle carezze della madre e del padre.   Ma quante remore personali, culturali e moralistiche si presentano a ostacolare il rapporto corpo a corpo! Soprattutto i padri tendono a evadere questo bisogno dei figli, sia se sono maschi e soprattutto se sono femmine. Il padre non deve correre il rischio di proiettare i suoi fantasmi in riguardo alla sessualità nella relazione con i figli e la madre non deve correre il rischio di ripetere sul figlio la sua esperienza personale di freddezza ricevuta a suo tempo da i suoi genitori. Sul corpo senziente si basa la vita affettiva. Quest’ultima non è un’astrazione, ma un massiccio esercizio quotidiano che gratifica i genitori adulti e i figli infanti. Particolare attenzione va posta al complesso di Edipo, perché potrebbe essere rafforzato dai baci, dagli abbracci e dalle carezze soprattutto durante l’adolescenza. Il modo e la dose del contatto corporeo si evolvono con l’età. Una psiconevrosi edipica è assolutamente naturale e necessaria e fa bene alla formazione psichica; una frustrazione della “cenestesi” e dell’affettività nei primissimi anni di vita è particolarmente insidiosa e pericolosa. Il rischio psicopatologico grave è fortemente presente nei primi tre anni di vita, durante la “fase orale e anale” dell’evoluzione della libido. La cosiddetta “follia” s’incamera nella primissima infanzia, così come il morbo di Alzheimer si manifesta nell’età senile. Abbondare nelle carezze e procurare tante piacevoli sensazioni sono validi antidoti alle “psicosi” future, vaccini psicologici assolutamente naturali che la Cassa Mutua non passa.

ELOGIO  DELLA  FEMMINILITA’

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“Elsa sogna di correre con una macchina di grossa cilindrata, bianca e di tipo familiare, una macchina ammortizzata e con cerchi in lega e gomme larghe.

Non è in regola però.

Alla sua sinistra una pattuglia di carabinieri la ferma.

Elsa pensa che la fregheranno, ma subito cambia pensiero e si dice “sono donna e me la cavo invece”.

In quel posto c’è ferma una macchina quasi identica alla sua. C’è un ragazzo dentro e un carabiniere lo tartassa.

Elsa parla con i carabinieri e questi la lasciano andare senza chiedere nulla di lei e senza fare nulla alla sua macchina.  

Al ragazzo, invece, gli hanno sequestrato la macchina.

Elsa si sente superiore nel suo essere donna.”

Elsa sogna la sua femminilità filtrandola con le sue censure e con le sue inibizioni per concludere con l’affermazione di se stessa nella sua completezza di donna. Oppure: Elsa valuta criticamente la sua femminilità e conclude con l’autocoscienza sulle sue arti seduttive legate alla bellezza e alla bontà erotica degli attributi del suo corpo.

Procediamo con la simbologia: la “macchina di grossa cilindrata” rappresenta il suo corpo espressamente nella valenza sessuale.  Elsa ha un corpo ammortizzato “con cerchi in lega e gomme larghe”: chiari attributi sessuali ed  erotici da esibire esteticamente per la seduzione. Il “correre” condensa il vivere la sua vita con il suo corpo. Il sogno di Elsa dice: “io sono il mio corpo e lo esibisco in maniera seduttiva perché sono veramente bella e ben fatta. Elsa ha un culto della bellezza nell’esibirsi e tanto amor proprio nel curarsi. Si può apprezzare la consapevolezza estetica di offrire un belvedere al suo prossimo e l’orgoglio della sua femminilità.

“Non è in regola però.” Ahi, ahi, ahi! Qualcosa non funziona. Per arrivare a questo traguardo psicofisico Elsa ha dovuto superare un conflitto con se stessa dal momento che è consapevolmente fuori dalla norma. La macchina di Elsa è truccata e artefatta, non è autentica e naturale. Elsa ha dovuto superare certi limiti da lei vissuti come tali e da se stessa imposti a se stessa. E’ convinta di essere, a volte, volutamente eccessiva. La regola personale è superata, ma Elsa si ritiene anche compatibile con la regola sociale?

“Alla sua sinistra una pattuglia di carabinieri la ferma.” La traduzione simbolica è la seguente: dal suo passato e dalla sua parte oscura emerge la censura dell’istanza psichica del Super-Io. Quest’ultima si attesta nel senso  del dovere e del limite. Elsa si è chiesta il senso logico e il limite morale dell’offerta del suo corpo e della sua seduzione. Elsa ha avuto a che fare con la sua timidezza e il suo pudore, ha dovuto superare barriere personali e sociali per arrivare a essere consapevole della sua libertà di agire con le sue bellezze. La disinibizione in atto ha fatto i conti con le inibizioni accumulate e collegate all’evoluzione della sua formazione psichica e della sua “libido”.

Una giusta titubanza si presenta: “Elsa pensa che la fregheranno” i suoi carabinieri dentro. Elsa pensa di non riuscire a superare le sue inibizioni, ma subito si ricrede e inizia la sfida con se stessa e con il suo pubblico. “Sono donna e me la cavo invece”: la consapevolezza del suo “Io” è decisa quanto perentoria in riguardo alla sua dimensione estetica ed erotica.

Ecco la differenza tra maschio e femmina, ecco la competizione tra maschio e femmina, ecco la rivincita di Elsa sul maschio, sull’oggetto del suo desiderio ambiguo fatto di seduzione e di vendetta, di approvazione e di contestazione.

“Una macchina quasi identica alla sua” con “un ragazzo dentro e un carabiniere che lo tartassa”. Elsa è convinta che un uomo non è libero al pari di una donna in questo settore estetico e sessuale e che il Super-Io maschile è più crudele e rigido di quello femminile. E’ come dire che gli uomini sono più bacchettoni e meno elastici delle donne.

“Elsa parla con i carabinieri e questi la lasciano andare senza chiedere nulla di lei e senza fare nulla alla sua macchina”. Elsa ha superato e risolto il suo conflitto con il Super-Io, all’incontrario di quel ragazzo tormentato dai suoi assurdi tabù in riguardo al corpo e alla sessualità: “gli hanno sequestrato la macchina”.

La conclusione è “viva le donne” decisamente superiori all’universo maschile per la migliore composizione psicofisica che la buona madre natura ha voluto elargire nel pensare e nel fabbricare Eva. Due precisazioni, in conclusione, sono opportune: Elsa intende la femminilità al servizio della maternità per la conformazione della sua “macchina” e la predilezione ad avere un corpo originale e non massificato dal canone ufficiale della bellezza degli accessori.

La prognosi impone di mantenere il Super-Io nelle giuste dimensioni senza inutili sacrifici della propria immagine erotica e della sessualità.

Il rischio psicopatologico si attesta nell’eccesso e nel difetto ossia nell’esibizionismo e nell’inibizione.

 Considerazioni metodologiche: una questione si pone sulla misura etica dell’esibizionismo erotico e sessuale e sulla seduzione nella società contemporanea così ricca di stimoli e di provocazioni. La cultura evolve i suoi schemi interpretativi ed esecutivi in riguardo alla realtà e la gamma dei valori in riguardo alla società, per cui fortunatamente le remore bieche e i pregiudizi assurdi del passato sono stati in parte superati in riguardo alla sessualità e all’universo femminile. La misura etica è il buon gusto e il buon senso. Ognuno ha il diritto di esprimersi secondo le sue coordinate psichiche ed estetiche nei modi consoni ed elettivi. La seduzione è una norma naturale che non contrasta con la norma culturale. Qualsiasi deroga rientra nella volgarità e nella prevaricazione e va adeguatamente considerata. Una società culturalmente e umanamente avanzata è basata sulla tolleranza. All’uopo invito alla lettura del “Saggio sulla tolleranza” di John Locke.

 

NOI  DUE … TRA  “EROS”  E  “PATHOS”

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“Brunilde sogna di trovarsi con il suo ragazzo in un bar dove spesso vanno a bere qualcosa. Lui è molto stanco, la sua giornata di lavoro è stata particolarmente dura.

Non ha neppure troppo appetito.

Brunilde vuole fare qualcosa di carino per lui, allora gli dice che lo avrebbe portato in un posto bello e non lontano da casa. Cammina con lui in braccio, ma non è assolutamente pesante. Lo porta in un belvedere vicino alla sua vecchia casa.

E’ una bella serata, ma c’è nebbia. Vicino al belvedere, scorgono un uomo che fuma in una macchina posteggiata. Pensano entrambi che sia sospetto. Dopo un po’ appaiono tre persone e uno di loro è molto infuriato con gli altri due.

Pensano allora di allontanarsi, ma quello li vede e dice che “non ci devono essere testimoni”. Prende allora in mano una pistola e la punta contro di loro. Di corsa scappano e riescono a mettersi in salvo.”

Il sogno verte su una psicodinamica amorosa tra senso e sentimento, tra “eros” e “pathos”. Brunilde esibisce la sua struttura psichica e i suoi fantasmi sul tema in questione, intreccia il sogno con i suoi vissuti in maniera leggera  con un andamento lento ma efficace. Il sogno condensa la sfera affettiva in maniera consistente, ammicca sull’erotismo, esterna le paure sessuali e ipotizza la presenza di sensi di colpa. Nonostante l’evoluzione culturale la vita amorosa mantiene nel sogno una sua delicatezza e una sua cautela. La liberalizzazione dei costumi e la libertà d’azione non necessariamente sono foriere di eccessi e di trasgressioni. La vita sessuale resta sempre un tabù culturale e incorre facilmente nel senso di colpa e nel conflitto a causa della condanna sessuofobica del sistema educativo a strascico della morale religiosa. La vita sessuale, anche se non tabuizzata, mantiene un suo specifico culto e un suo specifico rito nel suo essere fondamentalmente la conoscenza progressiva del proprio corpo e l’evoluzione degli investimenti della “libido”. Se a tutto questo trambusto culturale ed educativo aggiungiamo i risultati del conflitto edipico, il gioco è fatto ed è diventato veramente complicato. Il sogno di Brunilde contiene tutti i pregi e tutti i difetti della situazione culturale in cui le moderne generazioni si trovano a combattere tra un’apparente spudoratezza e un’incredibile delicatezza.

Il sogno inizia discorsivamente e gradualmente con le scene di un bel film del neorealismo italiano. I due innamorati s’incontrano nei luoghi della socializzazione: il bere qualcosa richiama la “libido orale”, una giusta introduzione in onore del dio Eros. Brunilde proietta sul suo ragazzo le sue titubanze amorose e le sue ansie erotiche: “lui è molto stanco”. Il quadro si precisa meglio:”non ha neppure troppo appetito”, una questione di desiderio, una paura che l’attrazione e la pulsione non siano abbastanza e che tutto scemi in una volgare “ansia da prestazione”, un vissuto critico sul suo corpo e un’invadenza della sua mente. Il termine “troppo” è sintomatico e giustificativo: Brunilde desidera, ma ha paura di non raggiungere i livelli di sufficienza e tanto meno di eccellenza e tanto meno ancora di eccesso.  Brunilde non sa che una resistenza iniziale all’approccio amoroso è assolutamente normale e che avviene in onore alla sacralità del corpo e al culto dell’atto sessuale contro tutte le volgari forzature sul tema; per le sue paure la distrazione dal coinvolgimento erotico è troppa, per cui si difende attribuendo al suo uomo la stanchezza e lo scemamento del desiderio, meglio del “troppo appetito”.

Per recuperare “Brunilde vuole fare qualcosa di carino per lui”, mostra che la disposizione amorosa c’è. E’ importante che tale disposizione psichica non si riduca a dipendenza sessuale e a servizio erotico. “Lo avrebbe portato in un posto bello e non lontano da casa”: Brunilde conduce il sogno e conduce il gioco d’amore in base all’intensità delle sue emozioni e in base al camuffamento del “contenuto latente” nel “contenuto manifesto”. Brunilde conduce il corteggiamento e si offre direttiva e accudente in base alla sua “casa”, nello specifico la sua formazione sessuale. Si evidenzia nel sogno la collocazione materna di Brunilde verso il maschio: “Cammina con lui in braccio, ma non è assolutamente pesante.” Trattasi del suo uomo o del suo bambino? I bisogni psichici di Brunilde vertono inequivocabilmente su un atteggiamento materno che le dà ruolo e sicurezza, un ruolo improprio e una sicurezza effimera. Brunilde si supera e si sublima in dolce mammina di un figlio leggero. I termini naturali della coppia sono stati evasi e si evidenzia un rapporto “madre-figlio”: una coppia asimmetrica che può durare una vita e festeggiare le nozze d’oro e di diamante a condizione che “fare il figlio” sia la vocazione elettiva del partner e “fare la mamma” sia la vocazione elettiva di Brunilde.

Ma Brunilde non ama fare la mamma del suo uomo, è soltanto in fase di approccio alla sua vita sessuale, si sta conoscendo in quel contesto non indifferente, dove possibilmente non ha avuto validi maestri e dove possibilmente è stata lasciata all’improvvisazione in piena ottemperanza alla  sessuofobia culturale e religiosa. Alle difficoltà implicite nel viversi e conoscersi nei livelli neurovegetativi della sessualità, alle inibizioni psichiche di varia natura e qualità si sono aggiunti i tabù e i veti religiosi, nonché la latitanza educativa. Povera Brunilde!

Ma la nostra eroina non si perde d’animo e “lo porta in un belvedere vicino alla sua vecchia casa.” La vecchia casa lascia ben sperare nell’avvento della nuova casa ossia nel superamento del vecchio modo di concepire e vivere il suo corpo e la sua sessualità. La vecchia Brunilde è più contemplativa e platonica, più che pratica e concreta. Ama l’ideale per difendersi dal coinvolgimento erotico, dal suo corpo che desidera e dalla sua mente che vuole disimpegnarsi dalla fatica della vigilanza e della dimensione logica.

Cominciano i problemi e il “belvedere” traligna in un “bruttovedere”. “E’ una bella serata, ma c’è nebbia.” La “nebbia” condensa, oltre le goccioline d’acqua, l’obnubilamento della coscienza e la riduzione della funzione razionale, richiama l’abbandono alle emozioni, il richiamo dello stato crepuscolare della coscienza, un lasciarsi andare al dramma del conflitto psichico di Brunilde in riguardo al suo corpo e alla sua sessualità.

“Un uomo che fuma in una macchina posteggiata”.  Subentra la paura: la macchina rappresenta il sistema neurovegetativo che gestisce la sessualità,  l’atto di appartarsi in macchina è un classico rito degli innamorati e richiama intimità e l’occultamento. Il fumare evoca ancora l’oralità libidica già riscontrata all’inizio del sogno nel “bere qualcosa”. “Sospetto”, pensano  entrambi: Brunilde proietta le sue paure e le sue insicurezze nel suo ragazzo e nell’uomo che fuma in macchina.

Ma i mali non vengono mai da soli ed ecco che “appaiono tre persone e uno di loro è infuriato con gli altri due”. Il conflitto psichico si manifesta e le cose si complicano strumentalmente a significare una difesa dall’intimità da parte di Brunilde, un impedimento alla riservatezza intima, un evitamento del conflitto sessuale. Il numero “tre” è un simbolo complesso e composito dal momento che condensa lo spazio chiuso nel triangolo, la famiglia, la trinità, la perfezione, l’onnipotenza. Inoltre per libera associazione e per convenzione richiama il complesso di Edipo, le istanze psichiche della seconda topica di Freud, l’intruso, il terzo incomodo, la gelosia e sentimenti struggenti. Ma il sogno di Brunilde non consente ardue interpretazioni, sia pur interessanti, e si riduce a non concludere il salmo in gloria ossia a evitare l’intimità sessuale. Brunilde inventa ostacoli istruendo la difesa psichica dell’“evitamento”. Quale ostacolo in particolare? Il conflitto tra il corpo che desidera, l’Io che acconsente e il Super-Io che censura e colpevolizza.

La soluzione si profila nel “pensano allora di allontanarsi, ma quello li vede”. Il Super-io di Brunilde si è manifestato nella versione più drastica: “non ci devono essere testimoni” come nei migliori film di mafia o come nella peggiore realtà. Bisogna affrontare il conflitto psichico senza mediazioni di alcun genere.

Ma qual’é il segreto dei testimoni, di coloro che sanno perché hanno visto?

“Prende allora in mano una pistola e la punta contro di loro.” La “pistola” con cui il tizio, uno dei tre, o il Super-Io vuole uccidere Brunilde e il suo ragazzo alla fine del sogno disocculta la paura di Brunilde del pene essendo la pistola un simbolo fallico per eccellenza. Brunilde ha paura della funzione penetrativa del pene, un fantasma della parte negativa dell’organo sessuale maschile, la deflorazione e la violenza del coito, un fantasma che risale alle fantasie dell’infanzia dopo la fase fallico-narcisistica e in piena situazione edipica. La soluzione consentita dall’angoscia e dal grado di risoluzione del conflitto è l’evitamento e lo scappar via. “Di corsa scappano e riescono a mettersi in salvo.” L’hanno fatta franca e in barba al Super-Io: meno male!

La prognosi impone la rassicurazione verso l’universo maschile, il superamento del fantasma della violenza e l’approccio verso il maschio non più materno ma alla pari. Il Super-io è presente, ma non procura espiazioni angoscianti del senso di colpa. Questo significa che si è ridimensionato al punto giusto.

Il rischio psicopatologico si attesta nelle problematiche sessuali e nelle paure legate al coito: la dispareunia. La somatizzazione del dolore è di ostacolo all’orgasmo.

Riflessione metodologica : l’importanza dell’educazione sessuale si ribadisce nel sogno di Brunilde. I primi educatori devono essere i genitori e, di poi, le strutture educative competenti; i termini devono essere sempre scientifici e oggettivi anche quando sono i genitori a essere chiamati in causa con le domande imbarazzanti dei figli. Bisogna capire che i bambini non sono curiosi, ma giustamente hanno solo bisogno di sapere per superare ansie e paure collegate alla loro evoluzione corporea biologica. Il linguaggio deve essere consono all’età e si deve rispondere in maniera veritiera alle richieste più strane. Ottimale attendere che l’esigenza di sapere del bambino si manifesti nella domanda e nel suo reiterato “ma perché mamma”, “ma perché papà”. Ma soprattutto è necessario che i genitori educhino i figli a sentire e ad amare il corpo attraverso il rapporto corporeo, l’abbraccio, il bacio,la carezza, superando inopportuni e insensati pudori, soprattutto i padri con le figlie, legati alla mancata educazione corporea dei genitori. Non bisogna persistere nell’educazione mancata o nell’educazione sbagliata. Bisogna ricordarsi che prima di altre entità metafisiche, noi siamo corpi viventi e campi d’amore da coltivare. La “libido epiteliale” è fondamentale nella formazione psichica e, come il cervello, la pelle ci segue dalla nascita alla morte. Mai raccontare storie e storielle ai bambini, soprattutto in riguardo al concepimento e alla nascita. Bisogna non correre mai il rischio che i bambini diffidino dei propri genitori o peggio che si sentano derisi nelle loro giuste richieste. Mi piace ricordare una significativa barzelletta. Alla mamma e al papà che rispondevano con il cavolo e la cicogna alla domanda classica di come nascono i bambini, il figlio, sorpreso più che deluso, decise di tutelarli pensando che era meglio farli morire nella loro ignoranza. I migliori educatori sessuali dei figli sono i genitori e non bisogna lasciare che i propri figli vengano traumatizzati per tutta la vita da estranei e da strani personaggi con gravi compromissioni della loro vita sessuale futura. La misoginia e la tragedia continua del cosiddetto “femminicidio” si possono ridurre nel tempo grazie alla modificazione del comportamento educativo sui temi riguardanti il corpo e la sessualità. La morale religiosa inficia la vita sessuale e la chiesa ne è la prima vittima con la diffusa pedofilia al suo interno. Quando il meccanismo della “sublimazione” non funziona, automaticamente la “libido” traligna e diventa dannosa per sé stessi e per gli altri. Bisogna evitare la colpevolizzazione delle manifestazioni della sessualità in ogni circostanza e in ogni situazione. La sessuofobia deve evolversi in sessuofilia.

 

ANCORA  A  PROPOSITO  DI  MIA  MADRE …

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“Cinzia sta salendo le scale esterne di casa, ma sente che cigolano. C’è una fessura tra lo scalino e il muro.

Poi, quando entra in casa sua, la mamma le dice che ha sbattuto contro un’anta dell’armadio e che da quel momento la casa ha iniziato a cedere.

Cinzia ci resta male e prova angoscia.”

 

Il “meccanismo di difesa dall’angoscia della sublimazione” ricorre tantissimo nei sogni sicuramente perché viene tanto usato nella veglia all’interno della cultura in cui viviamo e di cui siamo portatori, la “cultura occidentale” per l’appunto, quella che ha le sue radici nella Grecia di venticinque secoli or sono. La “sublimazione” può anche essere considerata una modalità d’interpretare la realtà e di vivere la propria realtà. In ogni caso questo meccanismo di difesa serve moltissimo, quando non è indispensabile, per vivere all’interno di una società e di uno stato. Freud aveva individuato anzitempo questo processo e l’aveva definito una deflessione di cariche istintuali dagli originari fini sessuali verso altri propositi più nobili e socialmente utili. La cultura occidentale investe paesi ad alta organizzazione politica e sociale, industriale  e tecnologica con i suoi schemi a prevalenza razionali. Lo spazio per lo schema emotivo è riservato all’arte e alla religione. La “sublimazione” si attesta bene nel versante sociale del partecipare e del condividere, nello stemperare istinti ed emozioni, ma comporta un sacrificio trasformativo della “libido” per ogni individuo.

Il sogno di Cinzia ci dice che “sta salendo le scale esterne di casa”: ecco la doppia “sublimazione” del salire e delle scale. In ogni caso si tratta di tendenza e non di costrizione a sublimare. Le scale sono esterne e simboleggiano l’apertura verso l’ambito sociale, le relazioni e le amicizie, gli amori e gli odi. La “casa” è la struttura psichica che socialmente appare nella sua personalità, nei suoi modi di essere e di offrirsi agli altri. Cinzia “sente che cigolano”: le relazioni si sono fatte difficili e inaffidabili. Oltretutto sono scollate dal muro della casa: Cinzia si sta difendendo dalle relazioni e tende a non collegarle alla sua interiorità. Il sistema relazionale cigola, è artefatto e non autentico e Cinzia teme le intromissioni e tende a tenersi fuori, a non coinvolgersi, a distaccarsi: una difesa della sua interiorità e del suo mondo intimo dalle inopportune intromissioni e dalle malefiche invadenze. Capita anche questo nel normale esercizio della vita.

“C’è una fessura tra lo scalino e il muro”. Il sistema relazionale di Cinzia è proprio in crisi. Diventa lecita la richiesta del perché e il sogno immancabilmente risponde secondo il suo linguaggio simbolico.

La causa è dentro di lei e si chiama “mamma”. “Entra in casa sua”: la casa è simbolo della struttura psichica, come si diceva in precedenza. Il sogno di Cinzia fa sbattere la madre contro un’anta dell’armadio e questo gesto maldestro mette in crisi la struttura psichica:”ha sbattuto contro l’anta dell’armadio e da quel momento la casa ha cominciato a cedere”. Decodifichiamo: l’armadio in quanto contenitore rappresenta la madre, ma ha una valenza in più, contiene i modi di essere e di apparire di Cinzia, in quanto gli abiti condensano l’offerta che lei quotidianamente fa nel suo sociale. Trattasi di abiti femminili che la figlia ha mutuato dalla madre, ma che alla figlia non stanno bene o meglio non stanno ancora bene. L’identificazione della figlia nella madre in risoluzione del complesso di Edipo è in corso e ancora non trova Cinzia del tutto consenziente ad allearsi in versione femminile con il nemico di ieri, la mamma per l’appunto.

Tanta madre ancora interiorizzata e non liberata, per cui la struttura psichica vacilla e Cinzia non si sente padrona in casa sua. La mamma viene vissuta come un’intrusa, una presenza ingombrante dentro di lei. Cinzia vive i suoi abiti femminili, i suoi atteggiamenti e i suoi modi di apparire come delle falsificazioni o delle forzature che la mettono in crisi di autenticità. Ma quale autenticità è possibile ai figli? Cosa si può inventare per affermare la propria originalità in ambito psichico e soprattutto in riferimento alle figure magiche dei genitori? Il riconoscimento del padre e della madre comporta l’autonomia psichica e la vertigine della libertà. Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma  e si evolve anche in ambito psicologico. L’identificazione consapevole e liberatoria si baserà sulla riedizione dei tratti psichici, dei valori, degli atteggiamenti e dei pensieri migliori e sull’abbandono degli schemi giudicati decisamente negativi e dannosi. Una libertà condizionata dal fatto che non ci si può formulare “ex novo” o “ex nihilo”, dal nuovo o dal nulla, ma ci si può evolvere da quel materiale psichico che si dai primi anni di vita, quando eravamo senza parola e innocenti, ci hanno infilato nel cuoricino e nel cervello di bambini. Accoglieremo il meglio che ci ha fatto bene e star bene, mentre abbandoneremo gli schemi psicologicamente deleteri e culturalmente  superati: anche la storia vuole la sua parte.

“Cinzia ci resta male e prova angoscia.” Angoscia è il dolore indefinito, il dolore senza oggetto, il dolore di non so che cosa, ma l’angoscia di Cinzia è collegata all’identificazione nella figura materna ancora in via di definizione. Cinzia è chiamata a migliorare i tratti già buoni della mamma e a reinventare una personale identità riformulando i suoi vissuti.

La prognosi impone a Cinzia di emanciparsi dalla madre e di risolvere la relazione edipica portando avanti un’identificazione ancora incompleta. “Riconosci il padre e la madre” grida dal deserto il comandamento psicoanalitico. Ascoltiamolo!

Il rischio psicopatologico si attesta in una psiconevrosi edipica e nello specifico una sindrome depressiva dovuta dal persistere della dipendenza dalla figura materna e dalla paura di perderla: conflitto nevrotico e sindrome d’angoscia.

Riflessione metodologica: quanta importanza psicoaffettiva, meglio globalmente umana, ha la figura della mamma. Lo si constata anche dalle decodificazioni dei sogni dove immancabilmente la mamma si presenta sotto svariate forme, a volte fata a volte strega, a volte positiva  a volte negativa, eppur sempre mamma. Dedico alla mamma di Cinzia e a tutte le mamme in atto o in attesa, alle mamme “in corpore” i versi scolastici e popolari di Edmondo de Amicis, una poesia che si può definire un sogno a occhi aperti, un desiderio dedicato a questa figura immarcescibile che ci segue fuori o dentro da quando nasciamo a quando partiamo.

 

A MIA MADRE

Non sempre il tempo la beltà cancella

o la sfioran le lacrime e gli affanni:

mia madre ha sessant’anni

e più la guardo e più mi sembra bella.

Non ha un accento, un guardo, un riso

che non mi tocchi dolcemente il core;

ah, se fossi pittore,

farei tutta la vita il suo ritratto!

Vorrei ritrarla quando inchina il viso

perch’io le baci la sua treccia bianca

o quando, inferma e stanca,

nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Pur, se fosse un mio prego in cielo accolto,

non chiederei del gran pittor d’Urbino

il pennello divino

per coronar di gloria il suo bel volto:

vorrei poter cambiar vita con vita,

darle tutto il vigor degli anni miei,

veder me vecchio

e lei, del sacrificio mio ringiovanita.

UNA  MADRE CAPSULA E UN PADRE CLOWN

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“La capsula folle.

Sono nell’androne di un palazzo abbastanza ombroso, devo prendere l’ascensore per salire al quinto piano. La gabbia in cui è contenuto l’ascensore è simile a quella del palazzo in cui abitava L.B., una gigante griglia metallica tutta arrugginita.

Entro nel cubicolo ed appare sulla soglia del portone un altro inquilino. Si avvicina. E’ un padre con un bambino. E’ sulla cinquantina. Li aspetto. Anche loro vanno al quinto piano. Partiamo.

L’ascensore è strettissimo, le porte si chiudono e sembra di stare in una capsula spaziale, che al posto di salire verso il quinto piano, utilizzando il normale percorso dentro la gabbia metallica, ne esce fuori e balzella buffamente per il cortile, facendo un percorso alternativo, come se fosse diventato un grosso essere animato che compie il percorso a piedi.

Al che, un po’ preoccupata e un po’ divertita, assisto alla scena: la vedo sia da fuori, seguendo la goffa andatura della capsula,che da dentro, con il corpo completamente aderito alla parete curva della capsula.

A questo punto il tizio, il padre del bambino, inizia a molestarmi. Prova a baciarmi, mi infila le mani nelle mutande, mentre il bambino resta immobile e ignaro. Io mi chiedo come possa fare una cosa del genere di fronte a suo figlio e perché insista se vede che io non sono consenziente. Per di più in cortile davanti a tutti.

Riesco a fuggire dalla capsula, senza andare al quinto piano. Inizio a gridare a tutti che quell’uomo ha cercato di molestarmi; ma credo di scoprire poco dopo che quell’uomo è un clown e che la comunità di clown che viveva lì lo avrebbe difeso e non mi avrebbe creduta. Invece mi credono, scendono dai loro piani e mi ascoltano, mi dicono che ho ragione.

Tra questi, arriva anche G. in pigiama, mi ascolta e mi dà un bacio per calmarmi. Gli sono molto grata per questo.”

Questo è il sogno di Marta; così come l’ha scritto, io l’ho trascritto per una prima riflessione: la retorica, la discorsività, il racconto. Il sogno di Marta ha tutti i requisiti di una sceneggiatura futurista o qualche attributo del teatro dell’assurdo. Marta ha dato il titolo alla sua produzione onirica , “la capsula folle”, e si è compiaciuta nello scriverla con la migliore affidabilità possibile. Ma questo è il vero sogno o ha subito dei rammendi logici durante la trascrizione? Il “processo secondario”, il pensiero logico, si è inserito sul “processo primario”, i meccanismi adibiti all’elaborazione del sogno? La risposta è nettamente positiva: il sogno è stato rielaborato e rammendato con toppe logiche e consequenziali. Si vede in special modo sul sogno di Marta,la quale ha trascritto il “contenuto manifesto” aggiungendo i nessi logici per compilare in maniera credibile la trama della “capsula folle”. Eppure il sogno ha mantenuto il senso dell’assurdo, del paradosso e dell’imprevedibile. Il  sogno nella sua integrità e nella sua integralità al momento ci è escluso.

Procediamo con l’analisi del sogno di Marta e in questo caso estrapolerò i punti salienti, quelli che hanno una consistente essenza simbolica, i “fantasmi” di un certo spessore, per poi inserirli nella giusta psicodinamica.

“Sono nell’androne di un palazzo abbastanza ombroso, devo prendere l’ascensore per salire al quinto piano. La gabbia in cui è contenuto l’ascensore … una gigante griglia metallica tutta arrugginita.”

Il sogno esordisce con simboli della socialità quotidiana e con un umore grigio, un’atmosfera crepuscolare dov’è inserito un simbolo materno, “l’ascensore”, un grande grembo, di poi la “gabbia” che contiene l’ascensore. Sono tutti simboli di madre, condensazioni che riguardano l’universo femminile. Si aggiunge un rafforzamento peggiorativo ”gigante griglia metallica tutta arrugginita”: una madre affettivamente fredda, arida e tanto ingombrante. Marta esordisce offrendo il “fantasma” della madre, il suo vissuto profondo sulla figura materna nel suo versante negativo. Il simbolo del “salire al quinto piano” si traduce nel “processo psichico di difesa dall’angoscia della sublimazione”. Marta ha tutte le buone intenzioni di difendersi dalla possente e fredda figura materna proprio sublimandola, destituendola delle parti negative e rendendole positive. Per libera associazione anche L.B. ha una madre pesante ed enigmatica.

“Entro nel cubicolo e appare sulla soglia del portone un altro inquilino … E’ un padre con un bambino … Anche loro vanno al quinto piano. Partiamo. L’ascensore è strettissimo: le porte si chiudono e sembra di stare in una capsula spaziale,…”

Si presenta la figura paterna, un alleato di Marta che usa la “sublimazione” per sopravvivere e che condivide la stessa oppressione dell’ascensore, della griglia, della gabbia, del cubicolo, della moglie in termini chiari, della madre di Marta in termini ancora più chiari.

“… sembra di stare in una capsula spaziale che al posto di salire … ne esce fuori e balzella buffamente per il cortile, facendo un percorso alternativo … un grosso essere animato che compie il percorso a piedi.”

Il senso di oppressione si coglie tutto e specialmente nella “capsula”, un simbolo di grembo materno in gravidanza con tutto il potere della madre, un potere di vita e di morte. Non funziona più la “sublimazione” della figura materna o meglio della “parte negativa della madre” e allora la psiche nel sogno provvede a ridicolizzare il nemico: “balzella buffamente”,”un grosso essere animato”. La metafora della mamma con annessa satira è servita. Marta si sta difendendo in tutti i modi dalla “parte negativa della figura materna” secondo la teoria di Melanie Klein e secondo un processo di “splitting”, di scissione. Adesso si scinde anche Marta in una che assiste da dentro la capsula e soffre, in una che è fuori dalla capsula e ride. Da mettere in rilievo la capacità di Marta di tradurre in immagine i contenuti che formano la trama del sogno: la “figurabilità” si scatena nell’elaborare la capsula o il cubicolo per rappresentare il senso di costrizione attribuito alla madre.

“… un po’preoccupata e un po’ divertita … seguendo la goffa andatura con il corpo completamente aderito alla parete della capsula.”

Le strategie di Marta  sono due: con la prima riesce a staccarsi dalla figura materna e a razionalizzarla con ironia affermando la sua autonomia, con la seconda si costringe a subirla e a dipendere irrimediabilmente. Pur tuttavia è opportuno precisare che stiamo parlando non della mamma reale di Marta, ma del “fantasma” della mamma di Marta, di come Marta ha introiettato ed elaborato la figura materna nella sua parte negativa.

“A questo punto il tizio, il padre del bambino, inizia a molestarmi.”

Si presenta di botto il complesso di Edipo nella sua valenza erotica e si rompe l’alleanza del padre con la figlia o meglio della figlia con il padre. Il bacio, le mani, il bambino immobile e ignaro, l’incredulità, l’immoralità e altro di turpe e di incestuoso … questi  sono gli elementi atti a rappresentare la seduzione paterna e la “scena primaria”, il coito dei genitori immaginato dalla figlia o a cui ha assistito suo malgrado. Ma il punto più ilare del dramma edipico di Marta è questo:”Per di più in cortile davanti a tutti”. In termini pacati e in sequenze calibrate si consuma la pulsione erotica della  bambina Marta verso il padre, le sue fantasie edipiche, i suoi desideri erotici. Tutto è normale e nulla di nuovo si manifesta sotto il sole, per cui non mi dilungo.

“Riesco a sfuggire dalla capsula, senza andare al quinto piano. Inizio a gridare a tutti che quell’uomo ha cercato di molestarmi … ma quell’uomo è un clown … la comunità dei clown non mi avrebbe creduta e invece mi credono … scendono dai loro piani … e mi danno ragione.”

La liberazione dalle angherie materne è evitata per il momento anche senza il processo di difesa della “sublimazione”: “senza andare al quinto piano”. Marta, allora, aggredisce il padre incestuoso, ma il padre nei suoi vissuti non è soltanto oggetto di desiderio, ma è soprattutto un uomo triste e solo, il re dei pagliacci, quell’uomo che la gente crede che sia di buonumore, ma che nel suo cuore ha un dolore, il dolore dell’anaffettività, di chi non si è sentito mai amato. Il “clown” condensa la mancanza d’affetto e si compensa in maniera traslata facendo divertire gli altri per farsi accettare e per avere un ruolo, ma resta nel suo fondo più profondo un uomo solo. E’ presente nel ”clown” un complesso d’inferiorità che viene riscattato mettendosi al servizio del piacere degli altri. … Sogna Marta:“ma quell’uomo è un clown”, è un uomo che ha sofferto, un uomo frustrato negli affetti e nella dignità. Marta pensa di essere creduta o non creduta. Anche quelli come lui mi danno ragione. Marta oscilla come in precedenza tra l’essere approvata e l’essere disapprovata, tra il fuori la capsula e il dentro la capsula.

“Tra questi arriva anche G. in pigiama, mi ascolta e mi dà anche un bacio per calmarmi. Gli sono molto grata per questo.”

E’ Marta che fa il sogno ed è corretto scientificamente addebitare a lei la maternità del significato di tutto quello che produce, il sogno è tutto materiale di sua proprietà. Marta condanna il padre per le sue pulsioni erotiche, ma in effetti è Marta che condanna e assolve se stessa per le sue pulsioni edipiche verso il padre e per le sue frustrazioni affettive verso la madre. Ecco che nel finale arriva l’uomo giusto, un pagliaccio molto intimo, “in pigiama”, che non è il padre ma che è come il padre. Questo clown giusto e morigerato riesce a calmarla con un bacio e lei gli è grata come a un genitore.

Marta ha risolto il suo complesso di Edipo dopo avere rischiato di essere fagocitata dalla madre, ingombrante come una capsula, inimitabile e astiosa. Si rivolge al padre, di poco carattere perché non si è ribellato alla moglie, ma oggetto del suo ambiguo interesse. Comunque un uomo come il padre l’ha trovato e ha risolto il versante paterno, ma ha paura di identificarsi nella madre ed è alla ricerca della sua identità femminile, almeno di un completamento.

La prognosi impone a Marta di accrescere la consapevolezza sulla sua identità femminile e portare avanti il processo di autonomia psichica dalle figure genitoriali.

Il rischio psicopatologico si attesta nelle difficoltà a gestire il ruolo femminile e a oscillare tra i cambiamenti d’umore e qualche somatizzazione nevrotica dell’ansia.

Riflessione metodologica: ognuno è responsabile dei suoi sogni, anche se non può impedirli, gestirli e condizionarli. Il sogno è una “coazione a ripetere” e ha tratti nevrotici e psicotici. Il sogno è la manifestazione profonda di un mondo interiore e di una dimensione poco conosciuta, ma per questo motivo non bisogna ricorrere alla superstizione per spiegare quello che attualmente è inspiegabile. Si resta in attesa che la scienza incrementi la conoscenza. Passiamo oltre. La “scena primaria” si concretizza nell’immaginazione del coito dei genitori da parte dei figli; questo episodio può essere immaginato o vissuto e condiziona in maniera traumatica l’evoluzione della “libido” nella formazione del carattere. Nel sogno di Marta la descrizione è evidente anche se indiretta: “bimbo che resta immobile e ignaro” “come possa fare una cosa del genere di fronte a suo figlio”. Passiamo oltre. Una definizione della figurabilità: meccanismo deputato a tradurre in rappresentazione o immagine i contenuti che formano la trama dei sogni, effettuando una selezione tra le diverse rappresentazioni che traducono il vissuto psichico, il fantasma, il bisogno, il desiderio, il trauma. La “figurabilità” sceglie la migliore immagine concreta per un concetto astratto.

“IN NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO” IL RICONOSCIMENTO DEL PADRE

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Gobolino sogna a colori, ma riesce a guardare soltanto il centro della scena, perché lateralmente vede sfocato.

Sta camminando con due persone accanto, una per ogni lato, e stanno chiacchierando dentro una scuola. Sono nell’androne e vicino ci sono due scale.

Da un lato della scala compaiono due bambini, di un anno e mezzo o due, che parlottano tra di loro fino al momento in cui Gobolino incrocia lo sguardo di uno di questi due bimbi e si rende conto che quel bambino è suo figlio e il bambino stesso si rende conto di essere il figlio di Gobolino e si riconoscono come padre e figlio.

Il bambino allora comincia a correre verso Gobolino in maniera un po’ goffa a causa dell’età e Gobolino si abbassa aprendo le braccia per accoglierlo e abbracciarlo. Appena si abbracciano Gobolino si sente inondato da un senso di felicità estrema e comincia a piangere di gioia.

Mentre lo abbraccia comincia a sentire la necessità di attivarsi per sostenere questo suo figlio, poi lo allontana e guardandolo vede che è identico a come lui era da bambino.”

Gobolino esordisce collocando la scena onirica al centro e con un ridimensionamento delle parti laterali per attestare un distacco emotivo dal non essenziale e una concentrazione esclusiva sul tema, intenso e denso, del rapporto padre- figlio all’interno della psicodinamica edipica. Gobolino arriva al “riconoscimento del padre” con annessa la conquista dell’autonomia psichica. Il sogno è a colori e le emozioni sono adeguatamente stemperate, senza irruenza e con tanta dolcezza da libro “Cuore” di Edmondo de Amicis. Il colore serve anche per compensare l’indeterminazione delle scene laterali, “perché lateralmente vede offuscato”.

Il “centro della scena” condensa il presente psichico e l’attualità esistenziale di Gobolino con la psicodinamica in atto. Globolino va direttamente al dunque ed espone il suo conflitto psichico con soluzione finale a sorpresa da film giallo: “il riconoscimento del padre”. Gobolino è concentrato sul presente psichico in atto, il conflitto dominante, il fantasma in emersione dal profondo.

Percorre il cammino della vita con “due persone a fianco”, il padre e la madre. Gobolino si trova al centro, come in precedenza aveva individuato il centro della scena: “riesce a guardare soltanto il centro della scena”,”due persone accanto, una per ogni lato”. La centralità è ricorrente come il numero due.

L’androne della scuola rievoca la vita quotidiana e la relazione con i suoi genitori e con la gente. Ci sono “due scale”: è presente il “processo di sublimazione della libido”. Il sogno permette anche una dolce regressione all’infanzia e alla scuola: “stanno chiacchierando”. In questo contesto domina il numero due, il simbolo della coppia: i laterali della scena, le persone e le scale, quasi ad attestare che il sogno sviluppa il rapporto padre-figlio.

Ancora il numero due: due bambini di anni due al lato della scala, simbolo di “sublimazione”. Tutto tranquillo e senza angoscia, tutto il quadro onirico è ben compensato. Gobolino si trova con i suoi genitori a scuola, una scena vissuta o immaginata o desiderata chissà quante volte. Il sogno procede in lieta regressione, come si diceva in precedenza, verso la prima infanzia di Gobolino e si sviluppa come un dialogo bonario tra sé e se stesso. C’è poco spazio per gli altri e questo dipende dalla forza dell’amor proprio e dall’avvenuta risoluzione del conflitto con il padre. Questo sogno è il film romantico del rapporto “padre-figlio”, sequenza dopo sequenza con pathos e sorpresa finale, come nella migliore tradizione del neorealismo italiano.

A questo punto scatta l’empatia, il sentimento dentro e il sentire interiore: “incrocia lo sguardo … si rende conto … si riconoscono come padre e figlio”. Senza parole è avvenuto il miracolo. Gobolino proietta il suo bisogno di conciliarsi con il padre e la sua possibile paternità: “si riconoscono come padre e figlio”. Gobolino sta chiaramente proiettando il suo bisogno di empatia con il padre e attribuisce anche al figlio questo riconoscimento. Il bimbo trova il padre il padre trova il figlio, un rapporto unico ed esclusivo di cui Gobolino ha bisogno anche per identificarsi in lui. Empatia può esserci stata o può essere stata desiderata. Trattasi del comandamento psicoanalitico: “riconosci il padre e la madre per essere autonomo” e dell’abbandono degli altri due: “onora il padre e la madre per restare schiavo” e uccidi il padre e la madre per restare solo”. Trattasi di una parte del complesso di Edipo, la fase finale: l’identificazione nel padre, dopo aver subito il “complesso di castrazione” per aver tanto osato e per essere pronto ad andare verso il mondo delle altre donne da desiderare senza conflitti e senza colpe inutili, esulando da casa. Questo è il tributo universale imposto a chi nasce da padre e madre, i due sacri archetipi delle nostre origini.

Goffa è la corsa del bambino verso il padre ritrovato e riconosciuto, versione al maschile del racconto ”Dagli Appennini alle Ande” sempre del mitico Edmondo de Amicis, un grande scrittore di cose umane. Appare il simbolo del bisogno di protezione e di sicurezza:il bambino “comincia a correre verso Gobolino”, una scena molto bella, quasi magnifica nel suo essere obsoleta, l’incontro con il padre. Prima si sono guardati e di poi riconosciuti. Globolino si abbassa aprendo le braccia e lo abbraccia per accoglierlo: quel rapporto fisico con i figli che di solito con i padri non c’è. E’ il trionfo della felicità! Gobolino è inondato di gioia al punto di piangere: due emozioni apparentemente contrastanti. Quanto ha desiderato questo momento e il sogno appaga il desiderio di Gobolino e ripara la competizione funesta tra padre e figlio in risoluzione del complesso di Edipo. La catarsi è stata completa con il pianto liberatorio. Il sogno può essere gestito emotivamente, perché non crea angoscia e può andare avanti verso il disoccultamento dell’ultima verità. Gobolino ha introiettato il padre e si è identificato in lui e piange per la gioia, sconosciuta prima, di avere raggiunto una nuova dimensione psichica con la sensazione di compattezza e di autonomia. Gobolino ha risolto le pendenze con le figure sacre dei genitori, figure con cui non bisogna competere per tanto tempo, pena la sconfitta a vita e la persistente dipendenza psichica dalle loro figure e dai nostri fantasmi. Soltanto il tempo necessario per formare il carattere e di poi, via con il folle volo della propria esistenza. Anche i genitori devono capire questa legge psichica elementare e non ubbidire ai loro bisogni di avere i figli alla loro mercé, devono favorire il distacco senza traumi, un distacco quasi consenziente, quasi psicopedagogico.

Ecco che arriva la scena finale, come nei migliori trattati di psicoanalisi sul tema. Adesso che Gobolino ha ritrovato il figlio, deve accudirlo e necessariamente adesso che è autonomo deve accudirsi, adesso che è padre deve darsi da fare, necessità psichica, e deve fare il padre del suo bambino, il padre di se stesso: “comincia a sentire la necessità di attivarsi per sostenere questo suo figlio”. Degno di nota il lapsus ”questo suo figlio”; Gobolino si è benevolmente tradito e ha confermato che il figlio è “suo” nel senso che è di se stesso, non questo mio figlio o questo figlio. A questo punto Gobolino deve rendersi conto che il figlio è lui e che deve volersi bene e amarsi come Narciso alla fonte, ma non certo per innamorarsi follemente di se stesso. Gobolino riconosce se stesso nel figlio: “guardandolo vede che è identico a come lui era da bambino”: identificazione e consapevolezza. Missione compiuta! Il sogno ha parlato di lui, si è visto in quel bimbo e si è riconosciuto a conclusione di un complesso edipico che lo ha portato a conflittualità con il padre e con se stesso.

Il sogno di Gobolino si snoda come “appagamento del desiderio” a lieto fine e con sorpresa finale: una psicodinamica di figlio-padre compensata ed equilibrata senza uso di grandi simboli, descrittiva e non ermetica o tanto meno contorta, lineare ed equilibrata, a conferma che non c’è angoscia ma gioia in appagamento del desiderio di autonomia, conseguente alla risoluzione del complesso di Edipo e all’avvenuta identificazione nel padre. La figura materna resta evanescente in questo sogno a livello di profondità, ma è presente a fianco del figlio nell’androne della scuola, alla sinistra di Gobolino. L’età giusta per vivere il complesso di Edipo è proprio il periodo della scuola elementare, anche se i bambini del sogno al massimo avevano due anni; questo, invece, è il momento in cui si cominciano a “conoscere” i genitori dopo averli “sentiti”. Certo che questo bambino, il figlio di Gobolino, prima di riconoscere il padre ha sofferto la solitudine, ma era in compagnia di un altro bimbo, anche lui in cerca del padre e della sua autonomia.

La prognosi impone a Gobolino di rafforzare la risoluzione del conflitto edipico e di passare alla vera paternità dopo aver partorito il suo bambino dentro. Gobolino ha acquisito la consapevolezza di poter essere un padre solerte e premuroso a tutti gli effetti.

Il rischio psicopatologico si attesta in un’eventuale regressione difensiva con la caduta della qualità della vita e la frustrazione della “libido genitale”, la sessualità matura e “donativa” che ti porta a scegliere una donna e a formare una famiglia. Il rischio, come si diceva, è una psiconevrosi fobico-ossessiva, isterica, d’angoscia, come suggerito da Sigmund Freud.

Considerazioni metodologiche: da quando ho aperto il blog, ho analizzato soltanto sogni di donne di varia età. Gobolino è il primo maschio che mi ha chiesto d’interpretare il suo sogno. Mi sono dilungato di buon grado per chiarire, magari in maniera ripetitiva, i fantasmi di fondo e la psicodinamica implicita nel sogno di Gobolino, ma ho voluto anche evidenziare come la psiche sa sognare in maniera romantica e retorica, a conferma ulteriore di come ognuno di noi nel sogno, suo malgrado o suo bengrado, sa essere un artista creativo, un comico burlone, un personaggio satirico, un sensibile poeta, un solerte scrittore. Spesso in sogno si sperimentano e si vivono delle virtù e delle capacità che nella veglia non si manifestano e che non pensiamo minimamente di avere. Intuizioni matematiche o scientifiche, intuizioni liriche e artistiche, soluzioni di problemi e altro di varia natura possono presentarsi in sogno per poi essere elaborati nella veglia, a conferma che il sogno è una chiave del nostro mondo psichico profondo e ha risorse insperate che non conosciamo abbastanza. Tornando al dato che Gobolino è il primo maschio che ha chiesto l’interpretazione del sogno, risulta nelle statistiche che gli studi di psicoterapia sono frequentati al settanta per cento da donne e soltanto al trenta per cento da uomini. Le donne sono sempre state più sensibili alle questioni psicologiche e al migliore benessere possibile, mentre i maschi si sono rivelati più superficiali e con un termine analitico “resistenti” all’autocoscienza, a meno che non incorrono in problematiche della sessualità.