TRAMA
DEL SOGNO
“Non
ricordo dove sono, incontro il mio ex , è bruttissimo, capelli
lunghi un po’ rossicci, barba lunga e bianca con un elastico nel
mezzo che forma come un codino, gli occhi stanchi ed un po’ lucidi.
Ci
mettiamo a parlare e dopo un po’ lui mi propone di venire a casa
mia, capisco che questa offerta è una proposta di far sesso, ma mi
dico “tanto che ho da perdere? Ci vado e poi ognuno per la sua
strada”
Mentre
andiamo verso casa, io davanti e lui di dietro, mi viene il dubbio
che se facciamo sesso poi non riesco più a sganciarmi da lui, perché
magari si farà insistente. Mi chiedo se sia stata una buona idea
accettare la proposta e ci rimugino fino a casa.
Arrivati
a casa non mi ricordo da che parte salire al mio piano. Ed invece di
andare dietro alla casa, vado sul davanti. Mentre passo davanti alla
porta di mia madre, sento che si apre ed io in quel momento non
voglio che mi veda con il mio ex. Vedo sgattaiolare fuori qualcosa di
nero, ma non capisco cosa e poi la porta si richiude.
Io
continuo a camminare verso una scala e ci salgo, mentre faccio gli
scalini continuo a pensare se sto facendo la cosa giusta.
Arrivata
sopra non riesco a salire sul terrazzo se non arrampicandomi su una
struttura in legno traballante e mi siedo in cima, ha un fondo in
compensato che sembra stia cedendo e continua ad oscillare, procedo
da seduta spingendomi con fatica.
Penso:
guarda che lavoro fatto male che ho fatto senza di lui e da quando
lui non c’è, mi dirà che non so fare niente.
Ma
non importa, continuo ad avanzare con la paura di cadere, finché non
salto sul terrazzo. Mi giro per avvisarlo di stare attento, ma lui è
già sceso ed è al mio fianco.
A
quel punto dobbiamo entrare in casa, ma io sono ancora assalita dal
dubbio di fare la cosa giusta, anche perché lui è brutto, io ho
paura … ma non mi viene di dirgli di no.
Una
volta entrati, lui mi chiede se può andare in bagno. Io gli dico di
si, e lui mi risponde “sai, io devo andare anche a far la cacca.”
Intanto
io vado a preparare la camera. Ma mentre sono là penso a come fare
per mandarlo via, allora prendo il cellulare per mandare un messaggio
all’amico con cui mi vedo ora per avvisarlo di dove e con chi sono
(una forma di sicurezza se dovessi aver bisogno).
Però
quando apro il cellulare c’è un gioco che gira e non mi permette
di accedere ai messaggi ed io provo e riprovo ma non riesco ad uscire
da quella modalità gioco e non potendo fare il messaggio mi prende
la paura.
Sento
che la porta del bagno si apre e nascondo il telefonino sopra
all’armadio in modo che il mio ex non vada a controllare se ho
mandato messaggi a qualcuno.
A
quel punto aspetto che arrivi in camera … e là finisce il sogno.”
Questo
lungo sogno appartiene a Merigiò.
INTERPRETAZIONE
DEL SOGNO
“Non
ricordo dove sono, incontro il mio ex , è bruttissimo, capelli
lunghi un po’ rossicci, barba lunga e bianca con un elastico nel
mezzo che forma come un codino, gli occhi stanchi ed un po’
lucidi.”
Merigiò
esordisce con la descrizione del suo “ex”, un uomo “ex” e
fuori di lei, fisicamente, ma sicuramente “in” e dentro di lei,
psichicamente, per quello che ha rappresentato e per tutto quello che
ha vissuto con lui. I connotati fisici attestano di una precisa
diffusione nello spazio psichico di questa figura di uomo, una
presenza caratteristica che Merigiò si è portata dietro nel corso
della sua vita non senza tentennamenti e rimpianti. Magari non
riusciva a trovare di meglio o magari non aveva la giusta
consapevolezza del suo valore e per questa carenza si è accontentata
di un uomo che, all’emergere della sicurezza in se stessa, ha
giustamente e figurativamente abbandonato per strada con tutti i suoi
connotati fisici e psichici. Infatti, la descrizione dell’ex è
proprio originale, ricca di elementi specifici e simbolici. Traduco:
l’ex di Merigiò non è una bella persona, ha idee tutte sue di
stampo persecutorio, è un attaccabrighe che pone tra sé e gli altri
soltanto barriere, ha una visione della realtà coatta e una
filosofia di vita ristretta a poche idee anche se chiare. Ma si sa
che “ogni scarafone è bello a mamma soia” e, se questo soggetto
critico è piaciuto a Merigiò, si prende atto che l’originalità
estetica e caratteriale l’ha colpita a suo tempo. Di poi, quando si
è riconciliata con se stessa, Merigiò ha preteso per sé una
relazione migliore e più rassicurante, rispetto a una storia d’amore
con un diavolo ambulante.
“Ci
mettiamo a parlare e dopo un po’ lui mi propone di venire a casa
mia, capisco che questa offerta è una proposta di far sesso, ma mi
dico “tanto che ho da perdere? Ci vado e poi ognuno per la sua
strada”
Merigiò
sognando si sta dicendo che l’attrazione vissuta nei riguardi del
mostro descritto in precedenza si giustifica con la sessualità, con
il “far sesso”, con l’istinto e la pulsione che non hanno
bisogno della ragione e dei ragionamenti, con la forza dell’Es che
non ha bisogno del divieto del Super-Io per essere messa in atto.
Merigiò aveva una buona intesa sessuale con il suo ex e su questo
trasporto dei sensi basava l’essenza del rapporto. E fin qui va
bene, semplicemente perché una buona relazione di coppia deve avere
come base un buon esercizio della “libido”; altrimenti che coppia
è, di che coppia stiamo parlando? Di una coppia sublimata o di una
coppia eterea che sta in cielo e non in terra. Merigiò in sogno
riesuma il suo ex per l’attrazione sessuale e per la vita erotica
che ha vissuto con un uomo che somiglia tanto al buon selvaggio allo
stato di natura di rousseauiana memoria. La possibile contingente
unione si sposa con la successiva separazione, l’incontro è
possibile se basato sugli opposti del prendersi e del lasciarsi,
sulla finalità esclusivamente godereccia e casereccia come il pane
buono degli uomini primitivi. Una scopata alla grande “e poi ognuno
per la sua strada” è un programma soddisfacente e un progetto di
grande valore e di massima libertà anche se resta da chiedere il
perché Merigiò sta sognando questa soluzione primitiva di sesso per
la sua preziosa e bella persona. La risposta può attestarsi nella
nostalgia di avere un maschio che sappia far bene l’amore come il
suo “ex e sulla crisi di maschi di questo tipo nella panoramica
esistenziale di Merigiò. Magari è in una situazione di crisi
relazionale e di astinenza sessuale, per cui il corpo di notte chiede
in sogno l’appagamento erotico e magari un orgasmo per culminare
nel cielo delle stelle cadenti. Comunque, Merigiò è una donna
libera e disinibita che dispone del suo corpo e della sua sessualità
come le aggrada e le conviene. Questo è un dato notevole di
autonomia psicofisica, ma non sempre tutte le ciambelle vengono con
il buco. Vediamo come procede questo sogno descrittivo e con pochi
connotati simbolici: una “fantasia a occhi chiusi” in forma
narrativa come un fotoromanzo degli anni sessanta nel giornale del
popolo che si titolava “Grand hotel”.
“Mentre
andiamo verso casa, io davanti e lui di dietro, mi viene il dubbio
che se facciamo sesso poi non riesco più a sganciarmi da lui, perché
magari si farà insistente. Mi chiedo se sia stata una
buona idea accettare la proposta e ci rimugino fino a casa.”
Come
dicevo, quello di Merigiò è un sogno quasi a occhi aperti dal
momento che si serve di una vena narrativa e di una verve descrittiva
che aggiungono chiarezza alla tensione che via via la protagonista
costruisce su questo meraviglioso incontro del suo tipo: un rapporto
sessuale, una storia di sesso, punto e basta. L’andare “verso
casa” attesta della familiarità e della condivisione vissute in
precedenza e “l’io davanti e lui dietro” conferma la
direttività consapevole e volitiva di Merigiò durante il precedente
menage di coppia, proprio quel menage sessuale che era il fiore
all’occhiello e che la protagonista teme perché può rievocare una
forma di dipendenza e un desiderio di ritorno al passato. Merigiò
teme di riattaccarsi al suo ex proprio per quello che rappresentava
nella coppia, un uomo che fa bene il sesso e che sa ben percorrere le
località limitrofe. Non è messa bene a questo riguardo la donna e
rimugina se aderire alla pulsione che la vuole eccitata o aderire al
divieto che la vuole a rischio dipendenza. Riepilogando: un uomo e
una donna si sono incontrati a suo tempo e hanno vissuto una buona
intesa sessuale che è stata la parte costitutiva del loro rapporto.
Dopo la separazione la donna vive una frustrazione sessuale e in
sogno rievoca il suo partner con la gioia di rivivere l’eccitazione
sessuale del passato e con il timore di ricadere nella storia a causa
delle frustrazioni del tempo presente.
“Arrivati
a casa non mi ricordo da che parte salire al mio piano. Ed invece di
andare dietro alla casa, vado sul davanti. Mentre passo davanti alla
porta di mia madre, sento che si apre ed io in quel momento non
voglio che mi veda con il mio ex. Vedo sgattaiolare fuori qualcosa di
nero, ma non capisco cosa e poi la porta si richiude.”
Merigiò
ragiona e valuta perdendo
in attrazione e crescendo in riflessione. Merigiò aumenta le sue
resistenze a lasciarsi andare alla trasgressione e al ritorno della
fiamma erotica. Merigiò istruisce le sue difese dal coinvolgimento e
tira fuori i tabù materni e familiari che hanno contrassegnato la
sua formazione psichica e sessuale nel caso specifico. L’educazione
di Merigò ha conosciuto l’intolleranza e la condanna della
sessualità e della vitalità che a essa si ascrive, almeno prima del
matrimonio. La figura materna è stranamente il “Super-Io” di
Merigiò, perché di solito è il padre a investire questo ruolo di
censore della mente e di torturatore del corpo delle figlie.
Possibilmente l’ombra scura, “vedo sgattaiolare fuori qualcosa di
nero”, è quel padre che non supera la prova repressiva perché
l’istinto sessuale e la pulsione erotica della figlia sono
decisamente più forti del divieto familiare e del tabù culturale
dominanti. Il “salire” in
questo caso non si traduce
simbolicamente nel processo psichico di difesa dall’angoscia della
“sublimazione della libido”, ma rientra nella costruzione della
scena onirica e nel fomentare il quadro con l’effetto sorpresa, in
maniera che l’eccitazione prenda il sopravvento con giusta causa e
buon effetto di claque. Le
porte che si aprono e si chiudono, la madre che c’è e non c’è,
il davanti e il didietro, il vedere e il non vedere sono elementi
costitutivi della sceneggiatura onirica e sono funzionali ad
accrescere la tensione erotica della trasgressione e il rischio
dell’avventura tra riedizione del “già vissuto” e dipendenza
sempre dal “già vissuto”. Merigiò non riesce a liberarsi dalla
morsa di eccitazione che sta
elaborando in sogno e nello stesso tempo la fomenta attraverso il
ricorso a tappe e a momenti di preparazione della scena finale con
l’evento clou: fare sesso, vivere una contingenza di sesso.
Il quadro costruito da
Merigiò sa di ormoni in movimento, ha un sapore adolescenziale fatto
di desiderio e repressione, di eccitazione e contenimento, di sblocco
e di argine.
“Io
continuo a camminare verso una scala e ci salgo, mentre faccio gli
scalini, continuo a pensare se sto facendo la cosa giusta.”
Merigiò
a questo punto insiste sul “camminare” e sul salire la “scala”
e sul fare “gli scalini”, per cui richiama il processo psichico
di difesa della “sublimazione della libido” per aiutarsi a
reprimere la voglia di sesso che si porta dietro sin dall’inizio
del sogno e anche prima di andare a letto e dormire. Il ricorso alla
valutazione del suo “Super-Io” attesta che la donna è anche
disposta a sacrificare la sua “libido” pur di non sentirsi in
colpa per il resto dei suoi giorni e per non avere l’amara sorpresa
dell’ex che fraintende la finalità erotica dell’amplesso e
magari la tarma a vita per tornare con lei. Merigiò sta giocando con
il morto e lo sa, ma l’unico ostacolo allo sballo erotico può
essere, almeno fin adesso, la censura morale del padre e della madre
che poco prima sono sgaiattolati nell’ombra degli atavici tabù
sessuali, quelli che rasentano la sessuofobia. Ma si sa che più
reprimi e più ti ecciti, per cui Merigiò, per continuare a dormire
e non svegliarsi in preda al desiderio inappagato, deve trovare
l’espediente giusto e la forza di ascoltare i suoi bisogni erotici
e le sue pulsioni sessuali senza ricorrere a frustrazioni inopportune
e a dannose auto-castrazioni. Sta facendo la cosa giusta? A Merigiò
prima il piacere e dopo l’ardua sentenza.
“Arrivata
sopra non riesco a salire sul terrazzo se non arrampicandomi su una
struttura in legno traballante e mi siedo in cima, ha un fondo in
compensato che sembra stia cedendo e continua ad oscillare, procedo
da seduta spingendomi con fatica.”
La
“sublimazione della libido” fortunatamente non funziona, dico
fortunatamente perché la frustrazione di tanto desiderio sessuale
avrebbe portato a una “conversione isterica”, a una
somatizzazione delle tensioni inespresse con grave e contingente
danno per l’equilibrio psicofisico di Merigiò. All’incontrario
il fallimento della “sublimazione” scompensa meno il sistema
economico e dinamico della psiche e apporta il vantaggio di usare la
via diretta e non la via surrogata per espletare correttamente le
funzioni sessuali. La “sublimazione della libido” traballa e si
poggia su una base sottile che rischia di cedere e che oscilla. La
fatica di Merigiò è tanta nel contenere il desiderio di fare sesso
con il suo ex, per cui non le resta che abbandonarsi al moto degli
organi vitali e al desiderio di avere un uomo adeguato al compito e
collaudato nel tempo. Il quadro costruito da Merigiò è formidabile
perché dà pienamente il senso dell’incertezza e del travaglio
della scelta tra il prendere e il lasciare, una decisione tutta sua,
un combattimento con se stessa e le istanze psichiche dell’Es che
vuole, del Super-Io che impedisce e dell’Io che sta a guardare.
“Penso:
guarda che lavoro fatto male che ho fatto senza di lui e da quando
lui non c’è, mi dirà che non so fare niente.”
Qualche
senso di colpa Merigiò se l’è trascinato dopo la rottura con il
suo ex e in particolare teme che lui la riprenda sul fatto che è
rimasta una donna incompleta e non ha trovato un uomo equivalente a
lui e tanto meno uno migliore. Merigiò ritiene che il suo ex le
contesti la debolezza manifestata nel circuirlo e nell’accettare il
suo invito a fare sesso, insomma non è tanto sicura della relazione
che si può stabilire e dei discorsi che possono intercorrere in
questo recidivo happening e soprattutto dopo. Merigiò teme anche la
gelosia dell’uomo e la possibilità di sentirsi tradito in questo
periodo in cui lei ha goduto della sua libertà e della sua
autonomia. Merigiò non è tranquilla perché non è sicura della
bontà della sua decisione di tornare sul luogo del delitto, si
convince di non essere una buona assassina, ma la spinta pulsionale e
gli ormoni indicano la direzione di una sana scopata.
“Ma
non importa, continuo ad avanzare con la paura di cadere, finché
non salto sul terrazzo. Mi giro per avvisarlo di stare attento, ma
lui è già sceso ed è al mio fianco.”
“Alea
iacta est”, disse Cesare attraversando il Rubicone. “Il dado è
tratto e la cosa si può fare”, dice Merigiò in sogno a se stessa
e al suo ex: “non importa, continuo ad avanzare” anche con la
sana paura di sbagliare. Merigiò riprende la seduzione e rilancia
l’intesa anche se nei suoi desideri lui è già pronto al suo
fianco per l’amplesso fatale. Marigiò non attribuisce al suo ex
alcuna titubanza e segue la linea sperimentata di descrivere un
maschio che riflette poco e che non ha paura di stare con una donna.
La disinibizione, in effetti, appartiene a Merigiò, che la proietta
su di lui per incentivare la sua spinta a sentirsi libera nella
scelta e autonoma nella decisione. Decisamente si tratta di un
invidiabile e auspicato traguardo. Il sogno continua e si compiace
di accrescere la tensione come una forma di eccitazione preliminare.
“A
quel punto dobbiamo entrare in casa, ma io sono ancora assalita dal
dubbio di fare la cosa giusta, anche perché lui è brutto, io ho
paura … ma non mi viene di dirgli di no.”
Si
conferma la decodificazione precedente. Merigiò è combattuta come
Amleto e si chiede se scopare o non scopare. L’intimità è pronta
e bella e fatta, la recezione sessuale è al punto giusto, bisogna
sconfiggere le ultime resistenze che vorrebbero illegale e pericoloso
il fattaccio e il tramaccio. Merigiò è assalita più dal desiderio
che dal dubbio. In questo capoverso opera una traslazione dei
significati ed è come se dicesse “che lo vuole e che è eccitata”.
Convertendo le tensioni negative della paura e dell’incapacità a
negarsi in positive, viene fuori quanto si diceva prima, uno stato di
eccitazione sessuale che aspira a realizzarsi. “Brutto” si
traduce eccitante. Merigiò non sa dirsi di no, non sa negarsi il
benessere. E allora si va avanti verso il meglio, come prescrive il
principio filosofico dell’ottimismo evoluzionistico.
“Una
volta entrati, lui mi chiede se può andare in bagno. Io gli dico di
si, e lui mi risponde “sai, io devo andare anche a far la cacca.”
E’
la descrizione del coito desiderato: “entrare in casa”, “sono
assalita”, “lui è brutto”, “io ho paura”, “una volta
entrati”, “devo andare anche a fare la cacca”. Ho ripreso parti
del precedente capoverso e del presente ed è venuta fuori
l’allegoria del coito. I condimenti sono quelli giusti: la
penetrazione, l’eccitazione, la forza dell’istinto,
l’aggressività sessuale. In poche parole Merigiò ha tradotto
mirabilmente in parole il suo desiderio sessuale e nelle sequenze in
cui lo ha immaginato. I simboli dicono che “andare in bagno”
significa intimità e ricerca di fusione, “fare la cacca”
equivale allo scarico dell’aggressività anale, alla componente
sadomasochistica della “posizione psichica anale” e propria della
“libido” che si realizza nell’aggressività e nella passività
del subire. Merigiò è una donna che vuole il maschio deciso e
aggressivo, incisivo e determinato nell’esternare carezze
inequivocabilmente condite di tollerabile sadismo. Ecco perché in
sogno manda il suo ex a fare la cacca. La castità per Merigiò è
veramente una sofferenza, ma ancora il sogno continua e può
riservare sorprese oppure si può acquietare nel dopo l’orgasmo.
“Intanto
io vado a preparare la camera. Ma mentre sono là penso a come fare
per mandarlo via, allora prendo il cellulare per mandare un messaggio
all’amico con cui mi vedo ora per avvisarlo di dove e con chi sono
(una forma di sicurezza se dovessi aver bisogno).”
Merigiò
sta facendo di tutto, anche l’impossibile, per tenere sotto
controllo i suoi istinti, ma non ci riesce e tra un prepararsi nella
sua “camera” psicofisica e un pensiero di fuga elabora anche un
senso di colpa nei riguardi dell’uomo che sta frequentando.
Certamente Merigiò sta dicendo a se stessa che andare a letto con
l’ex significa tradire l’altro, non è tanto sciocca da dover
comunicare all’interessato il tradimento e oltretutto in diretta.
Merigiò non si sente sicura solamente perché interviene a
intermittenza il “Super-Io” a dirle che queste cose non si fanno
tra la agente per bene e a prescriverle l’astinenza sessuale in
cambio della virulenza della “libido”. “Una forma di sicurezza
se dovessi aver bisogno” ricalca l’eccitazione tormentosa che
Merigiò vuole vivere e che rientra nelle sue modalità eccitative e
sessuali. Non è una donna che fa punto e basta, Merigiò è una
donna che usa tanto la fantasia e che le cose le gusta fino in fondo,
dall’inizio alla fine e nel mezzo ci mette tutti i condimenti
necessari a un thriller di sessuale ispirazione.
“Però
quando apro il cellulare c’è un gioco che gira e non mi permette
di accedere ai messaggi ed io provo e riprovo, ma non riesco ad
uscire da quella modalità gioco e non potendo fare il messaggio mi
prende la paura.”
Ritorna
in versione amplificata e diretta il bisogno di Merigiò di
complicare i preliminari psicofisici in vista di un’eccitazione che
non tralascia alcun particolare nel midollo spinale e nella vagina,
si manifesta ancora questa tendenza a fare di un volgare coito un
poetico coito, di un prosaico amplesso un poetico amplesso, di una
semplice scopata una accurata scopata. Merigiò non è donna che si
fa mancare qualcosa quando fa le sue cose e questo capoverso onirico
lo testimonia proprio con il bisogno di cercare aiuto e l’incapacità
a trovarlo proprio perché non lo vuole, proprio perché non ne ha
bisogno. Merigiò è sorniona e sa il fatto suo e, di certo, non ha
paura di un uomo che già conosce e sa come prendere o di un uomo che
si presenta nella scena della sua vita. Tutto questo semplicemente
perché Merigiò sa di sé, ha una buona autocoscienza, una limpida
auto-consapevolezza. Il “gioco” che le impedisce “di accedere
ai messaggi” conferma quanto prima affermato. Merigiò sta giocando
e si eccita con questi preliminari della seduzione e della conquista
e non pensa minimamente di ragionare e di riflettere in questo
trambusto dei sensi che aspira in progressione all’appagamento
orgasmico. Se Merigiò cambiasse “la modalità di gioco”,
andrebbe decisamente in crisi erotica e sessuale.
“Sento
che la porta del bagno si apre e nascondo il telefonino sopra
all’armadio in modo che il mio ex non vada a controllare se ho
mandato messaggi a qualcuno.”
Anche
l’effetto sorpresa non manca in questo lungo e tormentato sogno di
Merigiò. Il thriller non manca, con tutta l’eccitazione che si
porta addosso, di testimoniare che il sentimento della gelosia è per
lei una fonte di godimento. Non è il suo ex a essere geloso, ma lei
che è gelosa e possessiva e non gode a condividere un uomo. Merigiò
si difende con il meccanismo della “proiezione” e attribuisce al
suo ex quello che è un suo precipuo vissuto, il sentimento della
gelosia. E’ una donna che non vive in condominio e non concepisce
la condivisione di un uomo, è una donna che le pensa tutte e ne
pensa troppe, è una donna dal palato delicato e non si confonde con
la massa anonima e asettica. Tutto è pronto per l’amplesso fatale
e le ultime resistenze sono state debellate. Finalmente Merigiò è
sola con se stessa e in compagnia del suo ex. Adesso si possono
adempiere le scritture profane e laiche. Ora o mai più.
“A
quel punto aspetto che arrivi in camera … e là finisce il sogno.”
Merigiò
ha combinato o non ha combinato?
Il
lettore di questo testo deve farsene una ragione e deve prendere una
posizione sul possibile prosieguo del sogno erotico di Merigiò. La
mia risposta è la seguente: Merigiò si è fatto il suo ex
abbondantemente durante il sogno, per cui non era necessario vivere
narrativamente la fase finale del coito. Era giusto e naturale che si
svegliasse senza cadere nell’incubo, proprio perché aveva tanto
speso in eccitazione durante il “lavoro onirico” di costruzione
delle varie sequenze. Anche l’attesa di lui, “aspetto che arrivi
in camera”, dice dell’atmosfera seduttiva che Merigiò ha voluto
costruire nel suo sogno elaborando scene magiche e umanissime allo
stesso tempo.
Il
sogno di Merigiò si può definire un sogno di sesso e si può
degnamente concludere con il trionfo dei sensi di una donna
fantasiosa e pratica.