
Buon onomastico, mamma!
Buon onomastico, papà!
Nelle vostre regioni di perenne certezza
accogliete gli auspici
del vostro devoto figlio Salvatore.
08, 12, 2023, Carancino
Buon onomastico, mamma!
Buon onomastico, papà!
Nelle vostre regioni di perenne certezza
accogliete gli auspici
del vostro devoto figlio Salvatore.
08, 12, 2023, Carancino
Coincidentia oppositorum,
mio caro Nicolò da Cusa?
Chi sei tu?
Quello vero e autentico,
quello fresco di giornata come le uova di Paolo in Avola,
non quello dell’Università ad alto costo e a basso rischio,
non quello dell’Università che salda con i saldi di lauree,
a votre plaisir,
a volontè,
come la maionese che abbonda
nel camioncino sgangherato e odoroso di Ferruccio e di Ivana,
quelli che in piazza della Libertà nelle domeniche di tramontana,
sempre in Avola,
la cittadina delle mandorle e del cannolo di ricotta,
del vitigno antico e del vino nero,
quelli che vendono i micidiali mc donald nostrani,
impastati di sego di maiale,
del povero porsel,
e di sfilacci di carne di cavallo,
del povero cheval.
De docta ignorantia,
mio caro Nicolò Cusano?
Chi sei tu,
quello vero e autentico della Dotta ignoranza,
quello che disserta su una contrazione e una esplicazione dell’Infinito,
di un Dio fatto così e così,
tra ragione e inconsapevolezza,
tra pane e panelle che fanno le figlie belle?
La tua Dotta ignoranza esige
che la linea coinciderà con la circonferenza
secondo le rigide e precise norme del processo all’infinito,
che l’uomo è un piccolo dio,
soprattutto quando sforna il pane caldo quotidiano
in quel forno di Avola,
a putia ro pani i casa.
La tua Dotta ignoranza
afferma che del Supremo si può dire soltanto quello che non è,
il nominabile che manca sempre di qualcosa,
il Dio fatto in casa come le tagliatelle di nonna Giuseppina.
Cosa vuoi o Nicolò?
Dei nostri desideri son piene le fossa.
Della sua creatura preferita rimane ben poco,
non Gli è venuta poi tanto bene.
Lui, il Perfetto, se ne dispiace e si addolora,
ma in compenso ha pronto il gatto Coraggiosetti
con tutte le sue manfrine sicule e le sue sceneggiate napoletane.
Al felino improvvido sono destinate le ricchezze dell’universo,
in una con le difficoltà a reperire un mondo d’amore
dove inviare l’inviato del giornale o del telegiornale,
l’opinionista e l’esperto,
il leccaculo e il ruffiano,
il furbetto del primo piano e la bonazza di Instagram.
De venatione sapientiae,
mio ultracaro Nicolò da Cusa?
L’universo si contrae e si espande come il mio cuore,
batte come un martello e suona come un mantice.
Questo spazio infinito dove tutto è al suo posto,
dove ogni cosa è al suo posto,
come nella mia officina di campagna,
come nella cucina di mia sorella,
di mia cugina,
della madre del milite ignoto
che ancora aspetta il figlio partito per il fronte della Carnia,
Vincenzo Mamo,
detto ‘Nzino,
fu Antonino e zia Concettina,
quelli delle colonie africane del Duce,
quello che ancora oggi promette al suo popolo l’acqua e la luce.
Mira il tuo popolo,
o bella Signora,
che pien di giubilo oggi ti onora.
Anch’io festevole corro ai tuoi piè,
o santa Vergine prega per me,
che io, chissà se me la cavo.
Io?
Speriamo.
Speriamo che me la cavo
senza andare dal dentista.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 08, 12, 2021
In un letto di spine spinate giace la Pia.
E’ appena caduta dalle mura del maniero di Nello dei Pannocchieschi,
in quel Castel di Pietra,
in Maremma,
un castello arcinoto per i suoi fantasmi in ghingheri bianchi e neri.
Ricordati di me che son la Pia,
Siena mi fè,
disfecemi Maremma.
In un letto di fuoco il Sommo poetastro la colse
e la depose sopra la pubblica coscienza
mettendola in versi aulici e proletari,
tanto da far contente la destra e la sinistra.
Quando tornerò nel mondo dei morti,
dopo questo gran paradiso di plastica e di amianto,
appena avrò un minuto di tempo in quella terra,
di te mi ricorderò,
o donna Silvana
dal mento aggraziato e dalle tette grosse,
tu che, insieme alla gracile Francesca da Rimini, girovaghi
nei gironi dei bordelli maltesi dell’Inferno di Dante,
l’amica di Paolo,
la moglie di Gianciotto lo sciancato,
quello che firmava i pizzini di Totò lu curtu
a che più oltre il becco non si metta.
Quando finirà questa cruenta guerra tra maschi e femmine,
tra uomini e donne,
tra mariti e mogli?
Da lì trarrem gli auspici della civiltà e della nuova Armonia.
Salvatore Vallone
Giardino degli Aranci, 28, 10, 2023
Ettore ha chiesto di uscire in giardino.
Ha respirato profondamente.
E’ rientrato in casa.
Ha guardato la sua cuccia.
Ha scodinzolato a Ivan.
E’ passato di là.
Salvatore Vallone
Karancino, 17, 11, 2023
380260043629229,
nome – Bella,
di poi Gianna, Tita, Tota, Billy, Billybilly, Duani, Duadua, Kamanbaby, Puccipucci,
microchip nel collo sinistro,
specie – cane,
sesso – femmina,
mantello – nero focato, (black tan),
testa – sale e pepe,
sterilizzato – si, ma da altri,
ultima ubicazione – traversa vallone Carancino, n° 62, 96100 Siracusa,
razza – meticcio
data di nascita – 09/04/2020,
tipo – pelo medio,
taglia – piccola,
segni particolari – BELLISSIMA, INTELLIGENTISSIMA, RIOTTOSA.
Abbandonata a raffica,
una volta,
due volte,
tre volte,
quattro volte.
Sopravvissuta a se stessa e all’ignominia umana.
E’ l’amor di Salgareda e del Ponte del mio Piave,
è l’amore che non ha pietà di me.
Adesso non cambierà bandiera.
Sei arrivata,
mi hai scelto
e ancora oggi resti con me per amarmi.
Came on my baby!
Caminamu!
Salvatore Vallone
Giardino degli aranci, 08, 11, 2023
Lei era dal macellaio.
Ieri ho incontrato la Silvana dal macellaio Rosario.
Deh, quant’era bella!
Ella non mi ha riconosciuto,
mi ha sentito.
Deh, quant’era donna!
Domina et magistra senza essere mater.
Era irrequieta e nervosa,
ma non aveva il mestruo,
non doveva purificarsi nei bagni della Giudecca,
sottoterra,
al terzo piano col suo nasino all’ingiù.
Silvana non è ebrea
e da tempo non ha più uova
da smerciare nel mercato di via de Benedictis,
tanto meno nella putiula dello zio Caitano,
Gaetano per l’anagrafe.
La donna delle selve aveva ancora il mento vezzoso,
lo sguardo fascinoso e ammiccante,
le tette basse basse,
il fare springo e l’incedere elegante,
il sedere liscio e cadente,
liscio come il culo di un monaco,
ma Silvana non è una suora,
cadente come le palle di Salvatore,
ma Silvana non è un maschio ernioso.
Ha comprato un chilo di spezzatino misto,
sette etti di salsicce di maiale
e mezzo chilo di fettine scelte di vitellone
per fare gli involtini alla messinese,
quelli con i pinoli delle Madonie e il pan grattato.
Ha pagato 42 euro
senza fare una piega.
Girando i tacchi altissimi,
è inciampata.
Non è caduta
perché io l’ho sorretta al volo
e l’ho baciata sulle gote rosse da alcolista.
Di poi è tornata nelle selve
con la sua Kaptur a trazione posteriore
e con venti valvole in tutto il corpo.
Salvatore Vallone
Karancino, 30, 10, 2023
Intorno al sole c’è sempre un’aura
che brilla nel cielo spazioso,
che ottunde prima della scarica nervosa,
che risuona dopo la liberazione emotiva,
che vibra nello sposalizio della nuova energia.
Oggi intorno al sole c’è anche un’aureola che piange.
Intorno al sole ci sono le persone
vissute solitarie in mezzo alla gente
e morte in un letto d’ospedale,
abbandonate a “nostra sora morte corporale”
dalla pubblica indifferenza e demenza.
Oggi tra tanta Luce c’è mio cugino,
Salvatore il grande e il piccolo,
il forte e il debole,
l’uomo che non ha conosciuto l’equilibrio della normalità,
l’eterno sopravvissuto e mai cresciuto,
il marinaio della regia Marina militare italica
con la sua pizza in testa nel porto di Barcellona,
l’uomo di mare andato oltre la vita con la sua pilotina a nafta,
il giovinotto in Fiat spider prima del Sorpasso,
prima di Vittorio Gassman e di Dino Risi,
il ragazzino che ha cercato la sua verità,
l’uomo dagli affetti travagliati e dagli amori infelici.
Ti guidino tra le braccia del primo Nulla Giovanni ed Enzo,
i fratelli capitani di lungo corso,
e non ti manchi mai quella pietas
che merita un fedele marinaio dell’Albatros celeste.
Salvatore Vallone
Karancino, 01, 09, 2023
Caro malfattore,
mi dà allegria trovare una tua lettera nella bussola,
anche se non è più quella rossa dell’infanzia
e non c’è più il postino a recapitarla.
O tempora, o mores!
Qui non sono tutti trogloditi,
solo alcuni e sempre agguerriti,
certo,
ma siamo fortunatamente riusciti a ingentilirci
per poter sedere dignitosamente alla tavola dei pari.
Credo che sia così,
ma frequento poco la società,
quindi potrei essere troppo generosa
nel contrastare il pregiudizio.
Sono felice di sapere che stai bene,
a volte mi colgono pensieri cupi
e mi sembra che l’eternità si sgretoli
dentro il passaggio inesorabile delle stagioni,
poi rientro subito nei ranghi sgangherati dei miei sogni
e ti vedo così come sei:
estivo,
forte ed estivo,
caldo e ventoso,
folle come una tempesta
e fermo come la bonaccia.
Verrò a trovarti e ti abbraccerò,
la mano e basta non si usa con le persone amate,
nemmeno qua nella valle di Neanderthal.
Le mie migliori intenzioni collimano con le mie peggiori intenzioni,
quindi tocco tutto per sentire che esisto.
Se non ti piace,
mi dispiaccio,
ma piace a me il tuo odore di estate
e me lo godo tra il cicaleccio delle comari sudate.
Ciao, grillo parlante.
Sabina
Trento, 21, 06, 2023
Tra le viti ramate e odorose di mosto,
tra i filari antichi di crocifissi lignei e bagnati di zolfo,
si è addormentata la donna in un ripido letto di rovi.
Ahimè,
la giovine era angosciata,
era d’acciaio temprato,
aut aut e non et et,
tanto mai vel vel,
ma la giovine era angosciata.
Lei volle e sempre volle,
fortissimamente volle,
ma la sua forza si sposava con la fragilità.
Ella volle una corda di canapa
per il suo necessario esodo.
“Lascia che sia fiorito il suo sentiero”,
canta il menestrello
in quella terra laboriosa di gelide freddezze.
Fai buon viaggio,
o anima inquieta,
tra le energie cosmiche intrise di terrene e umane storie.
Salvatore Vallone
Giardino degli aranci, 30, 10, 2023
Dimmi,
orsù e di grazia,
perché t’imballi
quando ti sballi
nel casinò di san Vincenzo
tra le dame di carità
vestite di nuovo
come le brocche dei fiordalisi
in questa domenica d’agosto
e dimmi,
ancora e per favore,
come mai le chiappe estetiche
sono soltanto abilitate
a supportare la defecazione
in questa giornata di amena calura
con tanto di sole che fulmina anche a Damasco.
Eppure eran belle le tue forme,
imperfette come un panettone di scarto,
originali in quel nonsochè osceno della provincia
tra i mercatini di broccoli aulenti,
tra i desideri di un cinema di periferia,
in mezzo alle strade che portano a Pieve di Soligo,
in attesa di essere nichelate dal fabbro ferraio.
Non facciamo storie,
dai e per cortesia.
Intanto si liberi,
di poi si desti come la donna di provincia,
non quella di bordello.
Come si ameranno le donne e gli uomini
senza fronzoli e cime di rapa,
senza crauti e cicoriette selvatiche.
Amami,
Alfredo,
e dimmi che non vuoi più vivere così,
con il culo in fronte
e non toccare le corde della tv
quando la tavola è imbandita.
Ti ritrovo tra un agosto di culi agognati
e un dicembre di avanzi festosi,
ermetico come il vaso di cetrioli
che il pianista di Polanski non riusciva ad aprire
nel bel mezzo di un gelido inferno.
Poi lo aiutò un nazista.
Comunque,
qui non si tratta di capire il sottotesto,
l’animo umano è così contorto
che cedere al piacere dell’enigma
a volte è solo un peccato di vanità.
E noi?
Noi com’eravamo?
Allegri e gentili,
credo,
pronti a toglierci gli abiti
e a non calare la maschera.
Una fetta della mia libertà
e una fetta di ottimo panettone artigianale
sono sempre a disposizione per te.
Che sia di scarto e di provincia non mi riguarda,
a me piacciono i sogni
e i sogni mi piacciono belli.
Con affetto, passione e un pizzico di oscenità,
bacio il viso di colui che sa mal cucinare le trippe.
Sava
Carancino di Belvedere, 08, 12, 2021