
Non è facile,
caro Vasil Bufardey Ulianov,
pensare di andare via,
magari in ospedale o in camposanto,
e rinascere cervo a primavera
portandosi dietro la malinconia
con le nuove corna incorporate
e all’uopo inforcate per forchetta in un bordello,
par piron,
per quello che addiverrà nel tempo ingiusto di un’eiaculazione,
di una sborrata infinita all’ultimo seme,
zoon spermaticon in un olon zoon,
un seme vivente in un Tutto vivente,
una omeomeria,
un qualis,
un atomo,
un quantum,
una carica di bellezza,
un qualisquantum,
un bosone,
ottanta protoni messi in fila e senza il resto di due.
Non è facile morire
dove tutto è vivo come un uovo prima del mestruo
e rinascere in un mondo migliore,
magari partire per tornare coniglio d’inverno.
Non è facile cambiare una stagione,
magari la stagione della vita,
di una vita che è passata come un lampo
e che fila dritta verso la stazione di Conegliano
in attesa di quel treno che sferra e sfrigola sui binari consunti.
Un mondo migliore di un mondo migliore non esiste,
non ha mai visto la luce
perché il mondo è buono di per se stesso
e non abbisogna di dottori ma soltanto di cantori,
abbisogna di poeti e non di vati,
abbisogna di criatori e non di monaci e preti,
abbisogna di cessi pubblici per le donne in pollacchiuria
e per gli uomini in odore di prostatite
e non di gran sacerdoti all’ashish
che uccidono la meglio gioventù
in nome di dio e delle sue umane parole.
La libertà del poeta e del cantore,
la libertà del menestrello e del giullare,
la libertà del donatore e del genitore
non sono rimpianti da ripiangere
perché non esiste un mondo migliore
dove tutto è possibile e doveroso,
nauseabondo come il torrone al pistacchio
e allettante come il deretano del tiranno.
Ora che siamo sulla giusta strada di Samarcanda,
soltanto ora passa il tram dei desideri
che porta in un mondo migliore.
Prendi il bagaglio a mano e più non dimandare,
più non rimandare.
Salvatore Vallone
Carancino di Belvedere, 30, 12, 2022