RITIRO PRIMITIVO

I MECCANISMI DI DIFESA DALL’ANGOSCIA

Come ci si può difendere dall’angoscia di morte?

In progressione spiego e adatto i processi e i meccanismi psichici di difesa gestiti dall’Io in riferimento alla drammatica contingenza che stiamo vivendo. Comincio dal

RITIRO PRIMITIVO

Il “ritiro primitivo” è un meccanismo psichico primario, elaborato e sperimentato nel primo anno di vita e portato avanti all’occasione e alla bisogna in età adulta. Consiste nella risoluzione dell’angoscia attraverso una fuga rudimentale dalla realtà e dalle relazioni sociali, evitando in tal modo i pesi del mondo esterno a favore della leggerezza di un mondo interiore fantasioso. La pericolosità del “ritiro primitivo” si attesta nell’elaborazione di una realtà autistica gratificante e nel gusto della perdita del contatto con la realtà oggettiva, nel distacco dal mondo e dalla società, nonché nel mancato uso di altri meccanismi psichici di difesa, sempre dall’angoscia, meno delicati e più spediti. Il pregio si attesta nel favorire la creatività e nel fomentare il talento. Infatti il meccanismo rende spettatori del mondo e della società e permette di collocarsi fuori dalle convenzioni ordinarie, monotone e spesso banali. Il “ritiro primitivo” ha una valenza schizoide e autistica, spacca in due la realtà e opera il ritiro in se stesso.

Nell’attualità drammatica dell’azione “coronavirus” e dell’angoscia dettata dal “fantasma di morte” evocato, il “ritiro primitivo” comporta una pericolosa alienazione e una perdita di contatto con la realtà. Il bambino lo può fare, l’adulto no. Il bambino si corregge, l’adulto sfugge e persiste in un atteggiamento individualistico e in una sindrome patologica. Ad esempio, la fuga dalla possibilità di infettarsi e di infettare è nettamente da evitare, così come la fantasia compensatoria di un mondo pulito e protettivo in cui rifugiarsi o di un uomo della Provvidenza che sa tirarci fuori dalla merda. Escludere la realtà in atto ritirando gli investimenti per una effimera tranquillità, è decisamente da evitare per il danno individuale e sociale che arreca. Dire che il “coronavirus” è un agente patologico come tanti altri virus e che arreca una semplice influenza, è un pericoloso inganno personale e sociale che allevia momentaneamente l’angoscia ma danneggia tutto il contesto di per se stesso critico. Se poi questa tesi compensatoria e consolatoria viene da addetti ai lavori, la questione si complica e si aggrava per l’effetto della distorsione suggestiva che può avere nella gente che ascolta. Gli artisti, le persone originali ed estrose, i creativi e i teorici, gli individualisti e i narcisisti, i mistici e i filosofi, i poeti e i talentuosi, i geni mancati e i geni realizzati devono esser riportati alla loro responsabilità individuale e sociale anche tramite imposizioni e prescrizioni. Meglio un poeta vivo che un poeta morto, meglio un artista realista che un artista contagiato e datore di contagio. Nei media spesso si vedono i soliti opinionisti stravaganti e i soliti personaggi con il ghigno che hanno la necessità di essere originali e di derogare dal comune buon senso, quelli che cercano di emergere e di apparire tramite il dissenso: Narciso e Autos sono da fuggire come la peste, meglio, come il “coronavirus”.

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