
Solstizio,
sol stat,
sto stas, steti, statum, stare.
Fermati, o frate sole,
ho gridato,
anch’io sto,
anch’io risto,
io mi fermo qui,
qui con te,
qui dove vivi tu,
dove c’è sempre il sole,
il sole,
il sole nel cielo,
in mezzo al mare,
il mare nel cielo,
il cielo azzurro nel sole arancione,
il mare verde nel sole giallo,
dove ci sei tu,
tu che cucini le lasagne al ragù
in ricordo della pasta con la salsa della mia adorata mamma,
una pasta fritta e rifritta la sera del dì di festa
e non solo per me e Silvia,
la pasta al forno con le melanzane e le polpette,
la mortadella e la provoletta a forma di caciocavallo.
Eh, cosa succede?
Ahi, ahi, ahi,
an’ammazzatu cumpari Turiddru!
Aveva fatto becco Alfio con donna Lola,
ma Alfio lo ha mandato in paradiso.
Erano amanti.
Ora Turiddru, il masculu, non vuole entrare senza la sua Lolita,
Lola,
pardon,
quella Lola
che sa ancora di latte nelle poppe
e porta la camicia bianca e rossa
come una ciliegia turgida dell’Etna focosa,
il Mongibello,
u Muncibbeddru,
quella Lola che si affaccia al balcone bombato di ferro barocco
e atteggia la bocca al sorriso malizioso della piana di Catania
e non al riso sguaiato della pianura padana.
O Lola,
sia beato
chi ti da il primo bacio
in sul mattino e sul far della sera,
anche nel dì di festa,
o Lola,
sulla tua soglia è sparso il sangue amaro di Salvatore,
il compare infido di Alfio il selvaggio,
u sarbaggiu.
Che me ne importa a me,
ah, ah,
ah, ah,
se muoio ucciso da un carrettiere cafone,
io speriamo sempre che me la cavo,
e se muoio
e vado in paradiso
e non La trovo quella madonna angelicata,
io manco ci entro
e torno giù,
giù da Lola,
donna Lola.
Salvatore Vallone
Hàrah Làgin, ( il Giardino degli aranci ), 21, 05, 2023